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Capitolo ventitré

Attenzione! Capitolo smut. Se vi dà noia, non leggete.

Mi svegliai disturbata dalla luce accecante del sole che penetrava vigorosamente attraverso la finestra. Corrugai la fronte e usai la mano per schermare il raggio che mi colpiva in pieno volto e riscaldava eccessivamente la pelle.

Mi alzai barcollando, ancora intontita dal dormiveglia e tirai le tende, in modo tale da non dover lottare contro gli spiragli di luce.
Per un momento mi guardai attorno non sapendo dove fossi. Cercai la fotografia che Trevor aveva appeso al muro quando avevamo comprato la casa. Avevo sempre odiato quella foto, ma era sempre rimasta attaccata alla parete ed era la prima cosa che vedevo quando mi svegliavo. Non c'era.
Allora mi voltai di scatto, come se avessi percepito del pericolo e i miei occhi si posarono su una cornice d'argento che ritraeva un paesaggio, invece di trovare la carrozzina di Trevor.

Subito il mio sguardo si posò su una figura contorta, che dormiva scompostamente sul divano. Tirai un sospiro di sollievo.
Dormiva in posizione prona. Le braccia ricadevano in avanti, una penzolava al lato del divano, l'altra nascosta fra la massa di capelli corvini. Le gambe erano piegate, una più tesa, l'altra accoccolata al busto.
Il suo volto era affossato contro il divano, così non riuscii a catturare l'espressione assonnata dalla ragazza.
Mi accovacciai vicino a lei, con una mano accarezzai i capelli restando impigliata di tanto in tanto in qualche nodo, l'altra poggiata sulla sua schiena accaldata dai raggi roventi del sole.

Spostai il groviglio corvino dalla sua faccia, portandolo dall'altra parte. Adesso la sua guancia rossa era in contrapposizione con le labbra rosse e schiuse. Le sue palpebre appesantite dal sonno, le ciglia proiettavano piccole ombre che si allungavano sul suo volto e sparivano sui confini dei lineamenti.

Quasi mi dispiacque svegliarla, sembrava dormire così serenamente, ma Heali doveva andare a scuola e io non sapevo come faceva colazione, o dove si trovavano i libri scolastici, o quale merenda le piaceva.
Posai un bacio sulla guancia di Camila. Dapprima lei mugolò contrariata, come se avessi appeno oltraggiato i suoi sogni. Le diedi un altro bacio, stavolta più vicino all'angolo della bocca che era l'unico punto visibile al momento.
Lei arricciò il naso, come se una piuma l'avesse appena solleticata e io sorrisi notando le sue guance farsi più paffute.
A quel punto decisi di fare qualcosa di più spinto, un gesto al quale non avrebbe saputo resistere.

Mordicchiai il lobo del suo orecchio e subito le sue palpebre si fecero meno pesanti, poi scesi giù lungo il collo e baciai la pelle più sensibile.
Con la coda dell'occhio vidi che aveva schiuso le palpebre e che ora stava realizzando ciò che stava accadendo.
Non mi fermai comunque. Afferrai la pelle fra le labbra e succhiai leggermente aiutandomi con i denti. Camila gemette in risposta, la sua mano si fermò sulla mia testa, costringendomi a continuare. Il suo gesto implorante mi diede una scarica di eccitazione. Sapere ciò che il mio corpo era capace di fare al suo era una sensazione predominante e reciproca.

Feci scivolare la mano lungo i suoi fianchi, fino a catturare l'orso della canotta e con la punta delle dita mi aiutai a sollevarlo per entrare a contatto con la pelle della sua schiena.
Camila sospirò avidamente quando la mia mano percorse le sue curve, soffermandosi sul punto vita. Spinsi con forza contro il divano, che mi impediva di arrivare alla sua pancia. Camila alzò leggermente il busto, permettendomi di toccare i suoi addominali ora afflosciati.
Riuscii faticosamente ad arrivare all'elastico dei pantaloni, spinsi la mano più in basso fino a toccare il tessuto delle sue mutandine.

Camila emise un suono soffocato che mandò in estasi anche me. Con la bocca intanto avevo continuato a succhiare e mordere la sua pelle, che adesso lasciai andare in uno schiocco umido e potei apprezzare il mio lavoro finito.
Un succhiotto violaceo si estendeva sulla parte laterale del collo, abbracciando leggermente anche il la pelle più visibile ad occhi indiscreti.
Tolsi la mano dai suoi pantaloni di flanella, ottenendo un gemito rimostrante da parte sua.

«Buongiorno.» Mormorai sporgendomi verso le sue labbra, ma senza catturarle effettivamente. Camila sorrise compiaciuta, gli angoli della sua bocca si incresparono in un sorriso mezzo assonnato, ma anche divertito.
«Buongiorno a te.» Alzò il capo dal divano, sostenendosi con gli avambracci e liberò la sua voluttà in un bacio alquanto passionale.
La sua mano era ancora premuta contro la mia nuca, adesso giocava con i miei capelli arricciandoli alle dita.

Uscii dal bacio leccando il suo labbro inferiore. Il mio sguardo cadde sul marchio stampato sul suo collo, anche Camila cercò di raggiungere la traiettoria del mio sguardo per costatare il mio lavoro. Passò due dita sopra il punto violaceo, le sue labbra si indurirono in una linea dolente.

«Ti ha fatto male?» Domandai osservando meglio quello che sembrava più un livido che un succhiotto. Forse avevo ostentato un po' troppo.
«No.» Scosse la testa continuando a massaggiare lo stesso punto di prima, dove delle striature rosse si mischiavano ad un viola scuro «Adesso un po' sì, ma è piacevole.» Sorrise maliziosa. Controllai meglio di non aver esagerato, ma a me sembrava solo un succhiotto forse troppo esuberante.

Sentimmo dei passi attutiti dal tappeto avvicinarsi a noi. Camila si alzò rapidamente, si diede una sistemata ai capelli e si assicurò di coprire meticolosamente il succhiotto.
Dopo qualche secondo Heali apparì dalla porta, stringeva fra le braccia Ginger e il suo volto era nascosto dietro la folta chioma bionda.

«Camz, sono pronti i...» Non finì la frase perché il suo viso si addolcì in un sorriso smagliante quando lo sguardo si posò su di me. La sorpresa nei suoi occhi fu evidente, tese le braccia mentre correva verso di me. Mi chinai per farla salire in collo.
«Che ci fai tu qui?» Domandò incuriosita. Le scostai i capelli dagli occhi e li appuntai dietro le orecchie, poi lanciai uno sguardo a Camila la quale non mi sembrò propensa a svelare la verità. Non ancora almeno.

«Sono venuta ad accompagnarti a scuola.» Fu la prima cosa che mi venne in mente. Heali applaudì entusiasta, poi il suo stomaco le ricordò, con dei gorgogli rumorosi, l'appetito che aveva.
«Vado a preparare la colazione.» Si congedò Camila, passando una mano sulla mia schiena con fare riconoscente.

Restai da sola con Heali, giocai con la sua bambola e le pettinai i capelli scompigliati, poi ci mi raccontò del sogno che aveva fatto quella stessa notte. Non capii bene quello che cercò di dirmi, mi persi nei suoi discorsi sconnessi, ma tentai comunque di prestarle attenzione e lei sembrò non accorgersi della mia espressione persa.

Camila ci chiamò a fare colazione. Aveva imbandito la tavola con succo d'arancia rosso, waffle e muffin al cioccolato comprati al supermercato.
Indossava un grembiule chiaro, chiazzato qua e là da macchie d'olio e farina. Le conferiva un'aria casalinga e materna, rispecchiava esattamente il suo temperamento in presenza di Heali.

La bambina si sedette al suo posto, volle essere servita solo ed esclusivamente da me. Misi nel suo piatto un waffle e due muffin, infine riempii i bicchieri di tutti con succo il d'arancia.
Intanto Heali stava elencando le materie di quel giorno a Camila: scienze e italiano. La sorella più grande annuii coscienziosa e lanciò uno sguardo verso lo scaffale, come se sapesse già dove trovare libri e quaderni.

«Vatti a cambiare, sennò facciamo tardi.» L'intimò gentilmente Camila ed Heali acconsentì senza fare una piega, come se la mia presenza a la inducesse a mostrarsi per il meglio.
Io e Camz restammo da sole. Lei si occupò di sciacquare i piatti, mentre io pensavo alle briciole sulla tovaglia.

«Mi dispiace.» Disse fra un tintinnio di piatti e l'altro. Mi girai verso di lei confusa.

«Di che cosa?» Scossi la testa non capendo ciò di cui stava parlando.

«Per Heali. So che tu hai affrontato il discorso con Trevor, mentre io ancora non sono riuscita a parlarne con mia sorella.» Sospirò colpevolmente. Percepivo che per lei era un peso da portare, ma capivo le sue ragioni. Era rimasta da sola con Heali, aveva sempre pensato a tutto lei e sconvolgere la vita della bambina dandole l'appoggio di un'ulteriore figura, al momento precaria, poteva capovolgere la sua quotidianità.
Capivo la sua insicurezza nell'inserirmi nella vita della sorella minore la quale prendeva l'affettività in maniera più esuberante rispetto a noi adulti.

«Camila, le parlerai a tempo debito, quando crederai che sia il momento giusto.» Appoggiai le mani sulle sue spalle e riposai il mento sulla sua spalla, immergendo la testa nei suoi capelli profumati «Non c'è fretta.» La rassicurai. La mano di Camila afferrò la mia, portandola sulla sua clavicola.

Fece una veloce piroetta e si ritrovò davanti a me. Le sue labbra piene mi invitarono a baciarla. Camila immerse le mani nell'acqua del lavello e quando furono sufficientemente bagnate alzò il bordo della mia maglietta, esplorando la mia pancia con le sue mani fredde e umide.
Restai a bocca aperta, senza fiato, mentre il suo tocco si faceva sempre più intenso e con le dita arrivò ad alzare il reggiseno.
Il mio corpo era tutto un fremito, un po' per il contatto freddo, ma soprattutto per le sensazione che Camila scatenava in me.

Stava giocando con me e io glielo permettevo, essendo quello il gioco più bello a cui avessi mai preso parte.
Mi aggrappai alle sue spalle con più forza quando le sue dita raggiunsero i miei capezzoli e li stuzzicarono forsennatamente.
Ansimai lanciando la testa all'indietro, cosicché le sue labbra entrarono in contatto con il mio collo scoperto.

Cercai la sua mano con la mia, l'afferrai per il polso e cercai di introdurla sotto l'orlo dei pantaloni, dove le mie mutandine erano abbondantemente bagnate.
Camila sorrise maliziosa, protese le sue labbra verso di me, ma senza premerle contro le mie. Il suo respiro solleticava la mia pelle.

«Ora siamo pari.» Sussurrò togliendo le mani da sotto la mia maglietta e asciugandole rapidamente con uno straccio.

Catturai il labbro inferiore fra i denti per fermare il ritmo anelante del mio respiro.
Il sangue affluiva maggiormente sulle mie guance, ma mai quanto in mezzo alle gambe.
Avevo ancora impresso il suo tocco sulla mia pelle e il desiderio di prenderla non era ancora scemato, ma anzi aumentava a ritmo smisurato.

«Camila...» Ringhiai a denti stretti, guardandola di tralice. Lei mi rivolse un'occhiata furba e alzò l'angolo della bocca in un mezzo sorriso.
Non ebbi il tempo di dire o fare altro perché Heali ci raggiunse. Mi allontanai velocemente da lei, poi sotto le istruzioni della sorella più grande presi libri e quaderni e li misi nella cartella della bambina.

«Ok, allora noi andiamo.» Comunicai a Camila quando ebbi finito di sistemare le cose della sorella più piccola. Heali era già corsa verso la mia macchina, mentre io mi ero soffermata qualche secondo alle spalle della ragazza dai capelli scuri.

«Poi però torno.» Le sussurrai maliziosa lasciandole un bacio sotto l'orecchio, nel punto esatto dove sapevo di farle accapponare la pelle.
Camila si irrigidì subitamente, si alzò sulle punte di piedi come per ricevere un contatto maggiore con le mie labbra, ma non le concessi la soddisfazione di averlo.
Mi allontanai salutandola con la mano, ma senza voltarmi verso di lei e la lasciai lì a immaginare scenari fittizi e alquanto erotici che sarebbero avvenuti a breve.

In macchina Heali insistette per ascoltare la musica che piaceva a me. L'idea di passare del tempo con le persone grandi e potersi immedesimare nei miei panni la faceva sentire più vicina a quella maturità a cui tutti i bambini aspirano.

«Siamo arrivate.» Dissi spegnendo il motore della macchina e parcheggiai davanti all'entrata scolastica per agevolare la bambina, che mi aveva pregato di percorrere qualche metro in completa autonomia.
«Grazie Lauren. Mi porterai a scuola anche domani?» Chiese indugiando sulla maniglia della portiera, come se tutto dipendesse dalla risposta che avrei dato.

«Se tu vuoi, ti accompagnerò ogni giorno.» Le pizzicai il naso con le dita, facendola sorridere di rimando.
Heali annuì vigorosamente, una molletta rosa si allentò scendendo lungo la ciocca dei capelli.
La rimisi al suo posto, assicurandomi che fosse ben fissata.
La seguii con lo sguardo fino alle scalinate, me ne andai solo quando fu al sicuro fra le braccia della maestra.

Sarei dovuta andare a lavoro, ma avevo pregato Dinah di spargere la voce che ero malata. Lei accettò, ma solo ad una condizione: voleva essere messa al corrente di tutti i dettagli succulenti.
L'avrei fatto comunque perciò era una premessa alla quale potevo piegarmi facilmente.

Tornai a casa velocemente, spinsi più del dovuto il piede sull'acceleratore, ma non vedevo l'ora di restare da sola con Camila, di poter andare oltre ai giochi infantili delle quali eravamo state vittime nelle prevenirti settimane.
Non mi bastava più un semplice sguardo, un sorriso fuggevole, o un tocco malizioso. Avevo bisogno di sentirla nel suo assoluto essere.

Scesi dalla macchina sorridente, immaginando già ciò che ci attendeva. Camila mi aveva confidato dove nascondeva le chiavi di riserva, così scavai dentro il terriccio della pianta alla mia destra ed entrai di soppiatto, pronta a coglierla di sorpresa.

La sentii canticchiare una canzone; la sua voce proveniva dal salotto.
Mi tolsi le scarpe per non fare rumore e mi mossi in punta di piedi sul marmo.
La vidi ballonzolare da un piede all'altro, la testa lasciata cadere all'indietro e le gambe nude. Indossava solo una maglia oversize che la copriva fin sotto le natiche, lasciando intravedere l'intimo di pizzo celeste.

Mi morsi il labbro immaginando quello che sarebbe successo di lì a poco.
I miei passi vennero sommessi dalla lieve musica che si diffondeva nella stanza, così arrivai alle sue spalle senza essere notata.

Poggiai le mani sui suoi fianchi. Camila si irrigidì immediatamente, smise di danzare e girò di scatto la testa per controllare chi fosse l'intruso.
«Scema.» Esordì dandomi un pugno sul braccio quando mi riconobbe.
Scostai i suoi capelli sull'altra spalla, lasciai scoperto il suo collo e un secondo dopo lo baciai lascivamente.

Camila gemette in risposta, appoggiò la sua testa contro la mia spalla e con le mani accarezzò le mie gambe, approfondendo la pressione sull'interno coscia.
Sussurrai il suo nome in un respiro soffocato, che elargì comunque l'effetto sperato e denotò in lei un'accentuata veemenza.

Restando sulle punte virò verso di me. Non perse tempo. Avvinghiò le braccia al mio collo, spinse il bacino contro il mio, provocando in una scarica di brividi lungo la mia schiena. Il suo seno minuto premette contro il mio maggiormente prosperoso.
«Andiamo in camera.» Mormorai contro le sue labbra, perdendo il suono della mia voce nella sua bocca.

«Non ce la faccio.» Scosse la testa, unendo con più forza i nostri corpi, a rimarcare il suo feroce desiderio «Facciamolo qui.» Indicò il divano con un rapido cenno del capo e senza che mi scomodassi a rispondere intromise una gamba fra le mie, con l'altra sostenne il mio peso e barcollammo all'indietro fino a cadere in un tonfo sul sofà.

Camila montò a cavalcioni su di me, si mosse avanti e indietro sfregando il suo corpo contro il mio. Assecondai il suo ritmo afferrandola per le natiche e accompagnai i suoi movimenti, spronandola ad aumentare il ritmo, tanto ero avida del suo corpo.

«Camz..» Anelai riprendendo fiato dopo un bacio prolungato, che mi aveva privato di qualsiasi traccia d'ossigeno.
«Io.. io...» Abbassai lo sguardo imbarazzata, sentivo le guance tingersi di rosso. Piluccai la sua maglia, pretendendo di non essere in imbarazzo quando era evidente agli occhi di entrambe il contrario.

«Non ho... non ho mai...» Mi strinsi nelle spalle, cercando con tutta me stessa di finire la frase, ma le parole si bloccarono in gola e ne uscì solo un sospiro arrendevole.

«Guardami.» Disse pungendo le mie preoccupazioni con la sua voce rauca. Non obbedii al suo ordine, ostacolata dalla vergogna di sostenere il suo atteggiamento esperto e impaurita di rovinare tutto con la mia inesperienza.

Con due dita alzò il mio mento, facendo scontrare i nostri sguardi.
Il suo sorriso si increspò in una linea dolce, mentre le mie labbra si abbassarono in una curvatura responsabile.

«Lo so come ti senti, ma andrà tutto bene.» Mi rassicurò gentilmente. Attese un segno da parte mia, non si azzardò a proseguire finché non accennai ad un lieve sorriso consolatorio, non nei suoi confronti, ma verso i miei.

Lasciai perdere i dubbi, le preoccupazioni, la paura di sbagliare e mi avventai nuovamente sulle sue labbra. Camila emise un gemito che mi permise di entrare nella sua bocca e sferrare colpi decisi con la lingua.

Alzai il bordo della sua maglietta, con le mani accarezzai la sua schiena fino a raggiungere il gancio del reggiseno. Fallì miseramente la prima volta che tentai di sganciarlo, la seconda le mie mani tremarono più del dovuto e persi l'apertura per la seconda volta. Camila si accorse del mio impaccio, rallentò il movimento incessante del suo corpo e mi facilitò il compito.
Al terzo tentativo riuscii a sganciare il suo reggiseno. Camila alzò le braccia in aria, permettendomi di sfilarle la felpa esageratamente enorme e la lasciai cadere sul pavimento assieme al reggipetto.

Adesso il suo corpo era nudo davanti ai miei occhi. Le sue curve si estendevano soffici, gli addominali delineati finemente sul suo addome le conferivano un aspetto sportivo e i seni minuti, ma sodi come gli avevo immaginati, si ergevano gentilmente sul suo petto.
Protesi la bocca in avanti e afferrai il suo capezzolo fra le mie labbra. Camila lanciò la testa all'indietro, spalancò la bocca per far uscire dei gemiti soffocati e con le mani mi incitò a darle di più.
Mordicchiai il capezzolo non troppo violentemente, ma sicuramente con più audacia di quanto mi aspettassi.

Le mani di Camila si strinsero attorno ai miei capelli e mi distaccarono con forza dal suo torace. Pensai di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma l'espressione che aveva dipinto in volto mi suggerì tutt'altro.
Voleva solo togliermi la maglietta per potermi guardare, disse.

Feci come mi era stato detto. Sfilai la maglia dall'alto e la lasciai cadere a terra, poi sganciai il reggiseno di pizzo e indugiai qualche secondo prima di far passare i lacci lungo le braccia e far cadere l'indumento sopra la maglia.

Gli occhi di Camila erano diventati scuri, pieni di famelico desiderio. Le sue labbra furono subito sopra il mio collo. Lasciò una scia di baci lascivi fino al centro del petto, quando poi si spostò verso sinistra e succhiò forte il mio capezzolo, mentre con la mano si occupava dell'altro.
Persi il respiro, mentre mi godevo quella sensazione nuova ed estremamente appagante.

La mano di Camila scivolò dal mio seno verso l'orlo dei jeans. Sganciò facilmente l'unico bottone che forniva da chiusura e abbassò la zip in un movimento lento che mi fece agognare ancora di più di sentirla dentro di me.

La sua mano perlustrò la mia intimità da sopra le mutandine. I suoi occhi si accesero quando si accorse di quanto fossi bagnata.
Mi sporsi in avanti per baciarla, ma il peso del suo corpo ora mi impediva di avvicinarmi troppo, così fu lei a piegarsi in avanti e a catturare le mie labbra nelle sue.
Le nostre lingue si trovarono fin da subito, con una mano solleticò i miei fianchi, mentre con l'altra spostò l'elastico dall'inguine e infiltrò la mano sul mio sesso.

Emisi un gemito involontario, ora che la mia pelle era a contatto con la sua. Alzai il bacino verso di lei, pregandola silenziosamente di darmi ciò di cui avevo disperato bisogno.
Camila sorrise maliziosa fra un bacio e l'altro, come se sapesse bene di avere la situazione in mano e le piaceva dominarmi in quella maniera.

Con il pollice stuzzicò il mio clitoride, mentre con le altre dita percorreva le labbra per soffermarsi sull'entrata, ma senza affondare in me.
«Camz...» Sussurrai con l'ultimo filo di voce che mi rimaneva.
Lei sorrise ed annuì complice, come se sapesse già cosa le stavo chiedendo.

Lentamente fece scivolare un dito dentro di me, assumendo un ritmo piuttosto lento, mentre con il pollice disegnava dei cerchi più decisi sul clitoride.
Lanciai la testa all'indietro, ora tutto l'afflusso di sangue si concentrava sulla parte bassa del mio ventre. Sentivo il battito cardiaco riverberare in ogni parte del mio corpo, una lenta agonia dalla quale avevo bisogno di uscire.

Afferrai il suo polso e la indussi a muoversi più velocemente, se avessi potuto avrei usato le parole, ma non ero in grado di parlare in quel momento.
Camila si lasciò guidare dalla mia richiesta.
Immise un secondo dito e aumentò vigorosamente la velocità.

Mi lasciai sfuggire qualche gemito più gagliardo, assecondai i suoi movimenti andandole incontro con il bacino. Camila appoggiò il suo corpo sopra al mio, facendo collidere i nostri seni. Si mosse avanti e indietro su di me, ansimando alla stessa rapidità mia.
Sentii il mio corpo irrigidirsi, allora mi aggrappai alle sue spalle e immersi la testa nell'incavo del suo collo. Un secondo dopo il mio corpo venne scosso da un fremito incessante, i miei ormoni si riversarono sulle sue dita e potei finalmente rilassarmi.

Respiravo faticosamente, come se fosse ancora dentro di me. Appoggiai la testa contro lo schienale del divano e mi girai verso la finestra, ad occhi chiusi.
Camila baciò la mia fronte e si riposò contro di essa.

«È stato...» Iniziai a dire sorridente, ma venni interrotta dal campanello.
Ci voltammo entrambe di scatto verso la porta. Poteva essere chiunque, ma ci avrebbe comunque trovato in quelle condizioni.

«Oh cazzo.» Si alzò in piedi, barcollò leggermente, come se le sue ginocchia facessero fatica a sostenerla.
Cercai gli indumenti che avevo abbandonato sul pavimento e li infilai velocemente. Passai una mano fra i capelli per renderli presentabili e premetti le mani stranamente fredde contro le guance accaldate, per ridargli un colorito naturale.

Camila andò ad aprire la porta.

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