Capitolo venticinque
Ero riuscita a trovare solo una stanza in pieno centro città. Era una catapecchia, ma sicuramente meglio di tanti altri hotel dove avevo tentato di prenotare. Almeno qui ero sicura che nessun pervertito avrebbe portato l'amante e quindi non dovevo preoccuparmi di udire rumori provenire dalla camera adiacente.
È una cosa che odio.
Salii in camera, infilai la chiave nella toppa e feci scattare la serratura. C'era un letto a baldacchino, un armadio in legno, una piccola televisione, una porta a vetri che dava sul davanzale e dei quadri terribili che ritraevano donne di mezzo secolo fa. Sapete quel genere di quadri che la nonna appende in casa, ma ogni volta che ci passate davanti si accappona la pelle, come se gli occhi ti seguissero in ogni movimento? Ecco quella stanza ne era piena.
Mi tolsi gli stivali e mi buttai sul letto. Le molle sotto di me uggiolarono, ma sembrò comunque stabile. In un primo momento accesi la televisione, feci zapping fin quando non mi si indolenzì il dito e lasciai il canale della natura. C'erano delle persone davvero strane. Ad esempio, un'avventuriero che mostrava come sopravvivere nel bosco, o nel deserto, o persino al polo nordico. Ciò che diceva era interessante, ma pensai che fossero tutte cose da copione che gli fossero state propinate dagli sceneggiatori. Si lo so, sto divagando.
La verità è che era da un po' che non m prendevo del tempo per me e solo per me. Non intendo i momenti trascorsi a scuola, quello è un impiego, un dovere. Sto parlando di questo, di restare sdraiata sul letto a prendere in giro i presentatori bislacchi della televisione.
Il mio tempo girava attorno a Trevor, alle medicazioni, alle volte in cui non voleva farsi il bagno, alle girate in spiaggia, al fronteggiare i suoi genitori. Non c'era spazio per Lauren, non c'era mai stato spazio per me.
Con Camila avevo ritrovato la parte di me che avevo seppellito per tutti quegli anni, ma comunque anche con lei non era facile.
C'era una bambina a cui pensare. Le azioni sarebbero riflettute su di lei. Se io e Camila avessimo avuto un'ipotetico litigio, Heali ne avrebbe risentito. Dovevo tenere di conto non solo i sentimenti di Camila, ma anche quelli della sorellina ed equilibrare il tutto non era facile.
Ero sicura della scelta che avevo fatto, sto solo dicendo che avrei potuto impelagarmi in qualcosa più grande di me. E non che non fossi pronta ad accettare questa sfida, ma avevo la costante paura di deludere qualcuno al fine.
Forse Camila. Forse Heali. Forse me stessa.
Tirai fuori un pacchetto di patatine che avevo comprato al distributore nell'atrio. Continuai a guardare quelle scemenze in televisione, mentre ingurgitavo una patatina dietro l'altra.
Quando il programma finì si era fatto tardi e tutto ciò che trasmettevano erano stupide fiction, programmi da bollino rosso e film horror. Spensi lo schermo, che per qualche secondo continuò a friggere.
Aprii la portafinestra e andai sul davanzale. Era ornato con vasi di fiori appesi alla ringhiera, c'era qualche segno nero di alcuni mozziconi evidentemente spenti sulla terracotta.
Le luci percorrevano parallelamente la baita, illuminando la costa. In città era diverso. I lampioni erano disposti in modo più disordinato e ora una luce si accendeva sulla strada, altre abbagliavano il parco, alcune provenivano direttamente dalle case.
Tirava un leggero vento, ma non esageratamente audace, anzi sembrava sollecitato da una forza esterna, come se fosse quasi costretto a soffiare. Si depositava sulla pelle leggiadramente, per niente fastidioso o incombente.
Pensai di accendermi una sigaretta. Erano da anni che non fumavo più, avevo smesso quel giorno in ospedale, quando i medici avevano diagnosticato a Trevor la malattia.
Per tutto questo tempo non avevo neanche sentito il bisogno di fumare, ma adesso agognavo per avere una dannata sigaretta.
Restai seduta sul balcone a lungo, lasciai scorrere gli occhi da un punto all'altro della città. Percorsi tutta la costa, tracciai la strada con le dita e mi soffermai al parco, dove ripresi pochi secondi dopo a guardare oltre per incontrare il quartiere dove viveva Camila.
La sua casa era oscurata da un albero, ma riuscivo a intravedere la facciata accanto, quella dove abitava Ally.
Improvvisamente mi sentii lontana da Camila. Non so perché, ma un'angoscia inesplicabile mi oppresse il petto, come se la mattina non sarebbe mai arrivata.
Rientrai nella stanza angusta prima di impelagarmi in congetture senza senso.
Passai una notte tranquilla, tutto sommato. E quando l'intrepido sole bussò alla finestra e si depositò nella camera senza che nessuno gli avesse dato il permesso, mi svegliai con una nuova consapevolezza.
La notte passata aveva portato consiglio.
Non vedevo l'ora di dirlo a Camila.
Mi feci una doccia veloce, lavando via i segni di una notte quasi insonne. Comprai tre cornetti e gli feci incartare, e dopo aver pagato lasciai l'albero per dirigermi a casa di Camila.
Bussai vigorosamente alla porta, stringendo in mano i cornetti ancora caldi e sfoggiando un sorriso genuino.
Venne ad aprirmi subito, quasi correndo.
Il suo volto si addolcì in un sospiro sollevato. Gettò le braccia al mio collo e non si guardò intorno, come era solita fare quando ero ancora la fidanzata di Trevor, ma mi baciò di slancio.
«Ho portato i cornetti.» Dissi afferrando la busta e sventolandola in aria davanti ai suoi occhi. Si alzò sulla punta dei piedi per raggiungere l'altezza alla quale stavo impugnando il sacchetto e me lo strappò via.
«Spero per te che tu abbia preso quelli alla marmellata.» Disse leccandosi i baffi pregustando già il momento in cui ne avrebbe staccato un morso.
«Si, ma per Heali ne ho preso uno al cioccolato.» Mi sporsi in avanti per guardare meglio dentro al sacchetto e assicurarmi che mi avessero dato quello giusto. Camila mi invitò ad entrare.
La casa era un po' sottosopra. Calzini sporchi lasciati per terra, piatti ancora da lavare e giocattoli sparsi un po' dappertutto. Oltre a questo non c'era granché da rimettere, ma l'avrei aiutata volentieri a farlo. Sono una maniaca dell'ordine. Okay non proprio una maniaca, però ci tengo molto.
Ci sedemmo a tavola. La sorella minore stava ancora dormendo. Mi ero presentata un'ora prima per ritagliarmi del tempo da sola con Camila.
«Hai dormito bene?» Domandò lei tirando fuori il primo cornetto dal sacchetto. Lo spezzò a metà per constatare che era riempito con marmellata di more.
«Non ho dormito molto, ma sono stata piuttosto bene.» Risposi con voce atona. Spezzò il secondo cornetto, trovando all'interno la marmellata di albicocche. Optò per il primo e lasciò quest'ultimo a me.
Per Camila la confettura non era uno scherzo.
«Mhh.. Neanch'io ho dormito tanto.» Ammise abbassando lo sguardo sul cornetto che ora stringeva nelle mani.
«Non riuscivo a non pensare a te, in quale buco ti fossi ridotta a dormire.» La voce bassa, imbarazzata da quella confessione inaspettata persino a se stessa.
Allungai la mano verso la sua, intrecciai le nostre dita, mentre con l'altra mano portai il cornetto alla bocca per morderlo.
«Non dovrai più avere di questi pensieri.» Sorrisi aumentando la pressione nella stretta salda delle nostre mani.
«Perché mi comprerò una casa.»
«Una casa? Come una casa? Ma dove?» Blaterò sorpresa. Poggiò il cornetto sul tavolo per focalizzare la sua attenzione su di me.
«Qui. In questo quartiere.» Spostai gli occhi attorno a me, immaginando già come avrei arredato la mia nuova casa che avrebbe avuto le somiglianze di questa.
«Lauren io non credo che...» Scosse la testa, lasciò il discorso a metà non riuscendo a completare la frase.
Corrugai la fronte e inclinai la testa per osservare meglio l'espressione dipinta sul suo volto.
«Non era questa la reazione che mi aspettavo.» Dissi sinceramente.
Camila si affrettò a riportare lo sguardo dentro al mio e velocemente aggiunse
«Sono contenta che verrai a vivere vicino a noi, ma non vorrei che restassi al verde per comprare una casa nel mio quartiere.» Si strinse nelle spalle, lanciando un'occhiata al cornetto morsicato.
«Camz non ti devi preoccupare. Ho dei soldi da parte e preferisco spenderli per assicurarmi un posto stabile dove vivere, piuttosto che sperperare tutto in stanze di hotel.» La rassicurai con tono gentile, alzando il suo mento con due dita. Non sopportavo di non poter guardare i suoi occhi, erano la cosa più pura che avessi mai visto.
«Beh allora...» Sciolse la tensione in un sorriso «Non vedo l'ora di diventare la tua vicina.» Si sporse sul tavolo per baciarmi.
Le sue labbra si unirono alle mie, il sapore della marmellata si infiltrò nella mia bocca in sincronia con la sua lingua. La trattenni a me per la nuca, approfondendo maggiormente il bacio che lei aveva cominciato.
Camila aggirò il tavolo, mantenendo lo sguardo su di me e si sedette sulle mie gambe.
La cinsi per la vita, assicurandole stabilità e immersi la testa nel suo collo. Venni subito inebriata dal profumo caratteristico della donna. Adesso mi domandavo perché non l'avessi fatto prima, perché non avessi scelto quella vita fin da subito.
«E comunque...» Sollevai leggermente il capo per guardarla negli occhi. Lei mi scostò una ciocca di capelli dal volto per consentire ai nostri sguardi di incontrarsi senza barriere «Mi piace quando ti arroghi il diritto di difendermi.» La punzecchiai giocosamente, ricevendo in cambio un pugno sul braccio che fece tutt'altro che male.
«Sai che? Chiamo subito l'agenzia immobiliare.» Battei il pugno sul tavolo, come per sottolineare la mia decisione.
Camila sollevò le natiche solo per permettermi di sfilare il telefono dalla tasca dei jeans, ma si risedette subito.
Cercai il numero su internet di una qualsiasi agenzia e composi il numero. Aspettai impazientemente che rispose qualcuno, come quando si tratto una conclusione, ma per paura di cambiare idea si sbriga nel minore tempo possibile.
«Sì pronto? Potrei parlare con un'agente immobiliare? Okay grazie, aspetto.» Camila seguiva attentamente il discorso, sforzandosi di sentire anche la voce dall'altra parte.
La guardai sopprimendo un sorriso sul nascere.
Una voce femminile prese la linea e con fare troppo sensuale per lavorare in un'agenzia che si occupava di immobili disse
«Salve sono Lucy, come posso aiutarla?»
Le spiegai che volevo diventare proprietaria di una casa nella zona del parco. Sperai che ce ne fossero alcune in vendita, quando mi comunicò che ne erano disponibili due e che poteva scortarmi a fare un giro già dall'indomani.
«Perfetto. La ringrazio, arrivederci.» Attaccai velocemente e riferii le notizie a Camila.
L'afferrai per la vita e mi alzai in piedi, sostenendola a qualche centimetro da terra.
Lanciò cadere la testa all'indietro, mentre la facevo piroettare intorno alla stanza e le nostre risate risuonarono vivaci.
Camila mi baciò quando la posai a terra, sentendo i muscoli ormai indolenziti.
Le nostre lingue si scontrarono in un duello umido e passionale. Le sue mani si introdussero sotto la mia maglietta, accarezzando la pelle sull'addio me. Subito sentii un calore percorrermi tutto il corpo per esplodere in mezzo alle gambe.
«Stasera Heali dorme da Ally...» Ansimò Camila interrompendo il bacio. Sorrisi maliziosa, intuendo ciò che stava cercando di dirmi.
«Lascerai che ricambi il favore?» La stuzzicai, percorrendo l'orlo dei pantaloni con le dita per entrare sotto i jeans e stringere le sue natiche.
Lei aprì la bocca per lasciare uscire un gemito e annuì, impossibilitata a proferire parola.
Unii nuovamente le nostre labbra, succhiai con forza il suo labbro inferiore per poi morderlo con i denti e tirarlo a me. Lei si lasciò sfuggire un suono lamentoso, a metà fra dolore e piacere.
Camila andò a svegliare Heali, la quale fece colazione con il cornetto che le avevo portato e poi l'accompagnai a scuola.
«Lauren..» Esordì timidamente mentre eravamo in viaggio verso l'edificio. Mugolai in risposta, mentre tenevo gli occhi fissati sulla strada.
«Camz è fidanzata?» La sua domanda mi colse di sorpresa. Deglutii faticosamente, già sentivo il peso della responsabilità di quella conversazione che avrei dovuto lasciare alla sorella più grande.
«Forse. Ti darebbe fastidio?» Chiesi lanciandole un'occhiata fuggevole, mentre svoltavo l'angolo.
«Uhm...» Ci pensò su qualche istante, attimi che mi parvero anni. Sapevo che se Heali avesse sofferto di quella relazione Camila si sarebbe subito tirata indietro. «Vuol dire che non mi vorrà più bene?» Domandò infine con la voce rotta.
Misi la mano sulla sua, stringendola con amorevolezza.
«Assolutamente no. Camila ti vorrà sempre bene, nessuno potrà mai prendere il tuo posto nel suo cuore.» La guardai mentre il suo viso si accendeva in un sorriso rasserenato. Sembrava aver abbandonato la teoria di qualche secondo fa. «Camila ha un cuore abbastanza grande per poter amare sia te, che qualcun altro.» Continuai, sorridendo io stavolta. Era vero. Non avevo mai conosciuto una persona più buona, affabile, o premurosa di Camila.
«Allora va bene. Può essere fidanzata con chi le pare, ma...» Spostò rapidamente lo sguardo verso il finestrino, evitando il mio «Questo non vuol dire che non posso più vederti vero?» Mormorò a bassa voce, ignorando il mio sospiro.
«Certo che continuerai a vedermi, anzi..» Ponderai le parole. Non volevo entrare in argomenti che doveva essere Camila ad affrontare, ma mi sentii tirata in causa e non ero il tipo da lasciare le cose a metà «Passeremo molto più tempo insieme adesso.» Le pizzicai il naso con la mano che prima stringeva la sua e lasciai che la sua risata riempisse l'abitacolo.
Arrivammo davanti a scuola. Come ogni mattina volle attraversare il viale da sola e io la lasciai fare, ma non me ne andai finché non raggiunse le braccia della maestra, la quale mi salutò da lontano, come se orami conoscesse la pantomima.
Anch'io quella mattina andai a lavoro. Dinah mi stava aspettando con due tazze di caffè, non tardò a dirmi quanto le fosse mancata e di come fosse stato noioso affrontare una giornata senza la mia compagnia.
Mi aggiornò sul rapporto con suo marito, ma mi disse anche che ora era più convinta a chiedere il divorzio e in qualche modo pensai che ci fosse lo zampino di Normani. L'avevo vista una sola volta, ma quella ragazza aveva un'ascendente su Dinah, ne ero sicura.
«Quindi adesso sei fidanzata con Camila?» Domandò dopo che ebbi finito di raccontarle gli avvenimenti delle ultime settimane.
Annuii e le confidai anche che stavo cercando una casa nel quartiere di Camila, un posto che mi facesse sempre sentire vicino a lei.
«Ho un appuntamento domani mattina con l'agente immobiliare.» Estrassi il biglietto dove avevo appuntato tutti i dettagli e lo passai a lei. Dinah corrugò la fronte mentre leggeva il pezzo di carta. Scossi la testa confusa, chiedendole silenziosamente che cosa non le quadrasse.
«Niente è che...» Oscillò il biglietto fra le mani, come se quel movimento incondizionato l'aiutasse ad esprimersi «Niente.» Concluse infine ripassandomi l'oggetto e sorridendo con disinvoltura.
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