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Capitolo trentuno

«Mi stai palpando il sedere.» Disse maliziosamente. Farfugliai qualcosa che parve assomigliare a delle scuse, ma quando feci per spostare la mano verso i fianchi la sua raggiunse la mia con rapidità e mi impedì di muoverla dal punto in cui l'avevo sbadatamente fissata.

«Non ho detto che mi dispiaccia.» Aggiunse con voce rauca, accendendo quel familiare tepore in mezzo alle mie gambe.
Non ne avevo mai abbastanza di lei. Qualunque cose facesse, dicesse, pensasse, era sempre troppo poco per me; volevo di più, non solo scoprire ogni centimetro della sua pelle, ma sondare più in profondità.

«Ci sono quasi.» Disse alzandosi sulle punte dei piedi, per sistemare il puntale sull'albero.
Quando ebbe finito scese gradino per gradino e si mise a braccia conserte accanto a me, ad ammirare il suo capolavoro.

Le palline dorate attribuivano luce alle chiome verdi, i fili argentati rendevano giustizia all'insieme e infine il puntale racchiudeva tutte le iridescenze della stanza, sprigionando i colori tutto attorno. Camila aveva posizionato i regali sotto l'albero. Ce ne erano cinque.

«Pensavo avessi detto che ne avevi comprati tre.» Le feci notare, mentre con la mano cingevo la sua vita per attirarla a me.

«Ho detto che ce ne sono tre per Heali. Gli altri sono di Ally e tuoi.» Alzò il mento verso di me sorridente, i suoi occhi riverberarono il dorato della stanza e le sue guance si colorarono di rosso, sferzato da luccichii argentei.

«Camz...» Dissi con fare di rimprovero, ma reciprocai il sorriso perché di fronte alla sua contentezza era impossibile non essere felice.
«Non avresti dovuto.» Le feci presente, senza distogliere lo sguardo dal suo. Avevo trovato rifugio nelle sue iridi, la mia casa erano i suoi occhi. Così caldi, accoglienti, nitidi.

«Lo so, ma non l'ho fatto per senso di dovere. Volevo farlo.» Scrollò le spalle con disinvoltura, un po' per nascondere la serietà del suo intento. Le diedi un bacio sulla fronte prima di distaccarmi da lei e andare a prendere il suo regalo, già incartato, e metterlo sotto l'albero.

Camila mi seguì scrupolosamente con lo sguardo in ogni mio movimento, fino ad accompagnarmi nuovamente al suo fianco.
Scosse la testa incurvando le labbra all'insù e si alzò sulla punta dei piedi per darmi un bacio sulle labbra.
Mugolai al contatto a me gradevole e approfondì il bacio velocemente, voltandosi verso di lei per far scontare i nostri corpi.

«Vi prego, non anche a Natale.» Ci riprese la familiare voce di Dinah. Staccai le labbra dalle sue con uno schiocco sonoro, mi girai verso la mia amica e alzai il dito medio.

Camila scoppiò a ridere, mentre l'altra alzò gli occhi al cielo e lasciò la stanza per raggiungere le altre che stavano addobbando la casa.
C'era del vischio sotto quasi ogni porta, un'idea- un po' perversa- di Normani.
Delle ghirlande coloravano le pareti e dei fili rossi si intrecciavano lungo il corrimano della scalinata. Si respirava aria natalizia e forse era grazie a questo scenario suggestivo che aleggiava in casa un'aria stranamente pacifica, che pareva non poter essere disgregata in alcun modo.

«Ho comprato del pandoro.» Disse fieramente Ally, prendendo fra le mani una scatola rossa con la rappresentazione di una donna intenta a mangiare una fetta di pandoro raffigurata sul davanti.
«Che c'è? Non siete contente? C'è anche lo zucchero a velo!» Scosse la scatola che teneva fra le mani per invogliarci a mangiarne un pezzo. Camila andò verso di lei ridendo e le disse che lei ne avrebbe preso volentieri una fetta e così Ally ci lanciò un'occhiata disprezzante per non aver accondisceso alla sua richiesta.

Andai incontro a Dinah, la presi da una parte e prima di tutto le domandai come stava, se aveva risentito sua madre, ma lei mi disse che non c'era nessuna buona nuova buona.
Parlammo a lungo dell'argomento, fin quando notai la sua espressione indurirsi e capii che era il momento di chiudere la conversazione.
A quel punto le confessai di Lucy, le dissi che ci eravamo rincontrate quella mattina, che aveva flirtato con me a lungo e che Camila se ne era accorta. Le dissi anche che aveva provato a contattarmi, ma non ricevendo nessun consenso da parte mia, era venuta fino a Miami.

«Lo sapevo che era lei. C'era qualcosa di familiare in quel nome, non so come tu abbia fatto a non pensarci.» Disse dandomi un pugno sul braccio, come se fosse colpa mia.

«Non sarei mai andata a pensare di rincontrare Lucy Vives.» Digrignai i denti, puntando il dito contro il destino beffardo. Dinah si accigliò e mi riservò un'occhiata indagatrice.

«Certo che... È strano che una ragazza ti venga dietro dal collage. Chissà quante ne avrà baciate, eppure ha preso una fissazione proprio per te...» Abbassai lo sguardo. Il suo tono allusivo mi mise a disagio e mi costrinse ad ammettere ciò che non avevo ancora rivelato a nessuno.

«Va bene.» Sbottai contro di lei, dato che era stata Dinah ad indurmi a confessare «Non c'è stato solo un bacio.» Fissai le punte delle mie scarpe con fare responsabile, sentendo gravare il peso delle scelte che avevo fatto da giovane.

Dinah mi spronò a continuare, a svuotare il sacco. Morsi l'interno della guancia, chiusi gli occhi ed inalai, poi rilasciai andare il respiro in una frase frettolosa.

«Siamo state fidanzate.»

Non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo su di lei, ma conoscevo a memoria le sue espressioni e sapevo come la sua bocca si fosse schiusa a forma di "o" e di come avesse strabuzzato gli occhi davanti a quella dichiarazione inaspettata.

«Non abbiamo mai fatto, sai...» Alzai lo sguardo verso il soffitto, non riuscendo a finire la frase. La lasciai in sospeso e passai oltre. «...Però è stata una relazione effettiva. È finita quando lei dichiarò di amarmi e io non ricambiai.» Scrollai le spalle, ricordando chiaramente la scena...
I suoi occhi speranzoso che mi guardavano, che desideravano più di ogni altra cosa sentire quelle parole uscire dalle mie labbra, ed io, impacciata e sleale, che mi tiravo indietro dicendole che non l'amavo, che era una persona importante per me, ma che l'amore non aveva niente a che fare con il sentimento che ci univa, o forse separava.

«Questo è...» Scosse la testa, a quel punto alzai lo sguardo su di lei in cerca di conforto «È tanto Lauren. Dovresti parlarne con Camila, dirle la verità.» Disse portando le mani sui fianchi. La linea dura che contornava le sue labbra mi trasmise un senso edificante ed annuii risoluta, sentendomi pronta ad ammettere la verità. Un secondo dopo questa convinzione era già decaduta e un senso di indecisione si faceva spazio nel mio stomaco.

«No, non posso.» Asserii infine, immaginando la reazione della ragazza. Mi avrebbe lasciato, avrebbe pensato che l'incontro con Lucy non fosse stato un caso fortuito, ma precedentemente meditato. Non potevo perdere Camila, come avrei fatto a respirare dopo?

«Lauren.» Mi riprese Dinah contrariata dalla mia decisione. Alzai una mano, fermandola dal proseguire nella sua ramanzina.

«Ho deciso. Non le dirò niente.» Mi incamminai verso l'uscita del salone per raggiungere la cucina dove le altre stavano apparecchiando, ma mi girai un secondo prima di varcare la soglia per intimidire Dinah di restare in silenzio, di tenere per se ciò che le avevo svelato.
Non disse niente in contrario, sostenendo che mi appoggiava nella mia scelta, seppur, secondo lei, erronea.

In cucina il tavolo era già apparecchiato, una tovaglia rossa sventagliava su di esso, il servito d'argento splendidamente posizionato, le stelle natalizie a coronare la tavola e la voce squillante di Heali che batteva le mani entusiasta, mentre giocava con la sua sua nuova bambola.

«Ah finalmente. Iniziavo a preoccuparmi.» Disse Normani alludendo ad un doppio senso scontato. Le rivolsi un'occhiata di tralice e mi incamminai verso Camila dall'altra parte del tavolo, mentre Mani prendeva posto accanto a Dinah.

«Grazie, ma sono già felicemente fidanzata.» Risposi senza pensare, facendole la linguaccia per sfaldare l'aria pesante che si era venuta a creare. Camila mi guardava con un sorriso stampato in faccia, Ally accarezzava la testa di Heali con fare amorevole, riempita di contentezza nei confronti delle due sorelle per aver finalmente trovato qualcuno che l'amasse come meritavano e io, alla quale mi veniva attribuito tale merito, mi sentivo colma di gioia.

La mano di Camila cercò la mia sotto al tavolo, intrecciò le nostre dita assieme e ancora, a distanza di tempo, mi sorprendevo di come combaciassero senza nessuna incongruenza.
Nel momento in cui il suo pollice sfregò insistentemente il dorso della mia mano, mi resi conto di quanto fosse sbagliato mentirle, ma anche di quanto l'avrebbe ferita scoprire la verità sul passato che condividevo con Lucy.
Ero combattuta: dirle la verità e rischiare di perderla, o perseverare la menzogna e rischiare di perderla? Quale delle due opzioni mi dava più possibilità di restare al suo fianco?

«Ho una proposta per voi.» Iniziò Ally tentennando la forchetta contro il bicchiere per richiamare l'attenzione di tutti.
Quando fu sicura che gli occhi erano tutti su di lei, continuò il discorso arricchendolo di un sorriso che prometteva qualcosa di ben architettato

«Ho organizzato una piccola gita per noi.» Tirò fuori dalla borsa, appesa allo schienale della sedia, dei dépliant allegati a dei documenti che passò ad ognuna di noi.
Gli diedi una rapida occhiata, notando che si trattava di fogli per il consenso, ma non ebbi i tempo di scrutare a lungo perché Ally riportò l'attenzione su di lei.

«Prima di dire qualsiasi cosa, sappiate che è sicuro.» Premise, come se conoscesse già l'esito delle nostre risposte. Dinah, che si era presa del tempo per leggere le righe stampate, alzò la testa di scatto e a voce fin troppo alta disse

«Io non lo faccio! Tu sei pazza.» Guardò Normani cercando la sua approvazione, ma la ragazza spostò lo sguardo, scrollò le spalle e assunse un espressione disinvolta, come dire "per me non c'è problema." Per colpa di tale ammissione ricevette un pugno sulla spalla da parte della ragazza seduta accanto a lei.

«Ma almeno pensateci!» Sbuffò infastidita dalla sbrigativa conclusione che aveva tratto Dinah. «Se non hai problemi cardiaci non è così pericoloso.» Minimizzò. A quel punto le sue parole destarono curiosità in me e mi apprestai a leggere il documento sotto i miei occhi.

Scorsi velocemente le parole, soffermandomi solo su quelle che sembravano offrire maggiori indizi sull'idea che aveva intavolato Ally.

Arrivai in fondo, ma già a metà avevo capito di che cosa stavamo parlando.

«Bungee-jumping?!» Gridai a metà fra l'eccitazione e il terrore.

«Come siete drammatiche!» Sospirò Ally, che intanto aveva già firmato il consenso che esonerava la compagnia dalle responsabilità e le dava la possibilità di tuffarsi dal Kissimmee Bungy. «Prendetela come un'esperienza irripetibile! La struttura permette anche di saltare in coppia, quindi come vedete ho pensato a tutti.» Disse rivolgendo uno sguardo beffardo sia a me che Camila e poi a Dinah e Normani. Quest'ultima sfilò la penna dalla mano d Ally e mise la sua firma nell'apposito spazio.

«Io non ho problemi, anzi non vedo l'ora.» Disse battendo le mani entusiasta. Dinah ovviamente se la prese, le disse che era pazza e la intimò a tirarsi indietro, ma Mani desistette caparbia e alla fine cedette anche la mia amica, la quale passò la patata bollente a me e Camila.

«Beh, ammetto che ho sempre desiderato fare bungee-jumping.» Esordì Camila voltandosi verso di me, probabilmente cercando uno squarcio di consenso nel mio sguardo.

«Che? Non stai dicendo davvero.» Inclinai la testa scuotendola appena, tentando di dissuaderla dal pensiero che si era insinuato nella sua mente.
Camila si strinse nelle spalle, sporse il labbro inferiore in avanti come per non farla sembrare una notizia sconvolgente.

«No Camila, non sei seria.» Insistetti con incredulità. Non potevo lontanamente immaginare come fosse giunta a tale considerazione. Dinah le allungò la penna, ma prima di poterla afferrare fra le sue dita le bloccai il polso, interferendo in quello che sembrava un complotto.

«Andiamo Lauren! Sarà divertente e poi se hai paura possiamo lanciarci insieme.» Sorrise amorevolmente, sbattendo ripetutamente le ciglia e catturando il labbro inferiore fra i denti. Adesso usava l'attrazione sessuale per convincermi ad acconsentire a quella pazzia.

«Ma perché non passo mai un Natale normale?» Domandai più a me stessa che a loro, ma provocai una risata cacofonica nella stanza. Camila aveva fatto sgusciare la mano più in avanti ed era riuscita a prendere la penna anche sotto il mio ostruzionismo.

Provai a impedirle di firmare, ma ormai era troppo tardi. Il suo nome scritto in bella calligrafia spiccava sul fondo del foglio bianco.
Camila mi passò la penna, avvalorando il gesto con un sorriso complice.

Lanciarmi nel vuoto da ottanta metri di altezza non era proprio la mia più grande ambizione, anzi probabilmente era una di quelle cose che risiedeva nell'ambito dei "non lo farò mai", ma come potevo lasciare che Camila saltasse da sola da quella altezza sproporzionata? In qualche modo temevo che se le cose fossero andate male, lei potesse trovare conforto in me.
Non le avrei permesso di farlo da sola, come lei non mi aveva concesso di cadere durante le mie vicissitudini.

«Solo tu puoi farmi fare certe pazzie Camila Cabello.» Sentenziai decidendomi a mettere la firma sul documento e a consegnarlo rapidamente ad Ally prima di cambiare idea.

Camila appoggiò la testa sulla mia spalla e sorrise contenta, stringendo con forza l'orlo della mia maglietta trasmettendomi tutto l'orgoglio che le aveva improntato con quel gesto intrepido e forse un po' azzardato.

Il resto del pranzo trascorse in maniera usuale. I dolci furono la parte migliore, specialmente per Camila che non si limitò ad assaggiare una porzione di tutti i tipi di dessert che la tavola offriva, ma ne prese addirittura due fette di ogni torta.
Restammo a giocare a Monopoly, mentre Heali si addormentò esausta. Stavolta però stringeva fra le braccia non solo Ginger, ma anche l'orsetto nuovo di zecca che le aveva regalato Camila e che pareva averle rubato il cuore.

«Se passi da questa via devi darmi cinquecento dollari, perché l'ho comprata io.» Mise in chiaro Dinah quando Ally tentò di oltrepassare la casella senza pagare il pegno.

«Non è giusto però. Avete già preso tutte le vie migliori. Camila ha addirittura un albergo!» Rimbeccò incrociando le braccia al petto, per poi passare con svogliatezza un pezzo da cinquecento a Dinah, la quale lo incassò con fierezza e astuzia.

«Non è colpa mia se non vuoi spendere soldi. Poi ti ritrovi senza nessuna proprietà.» La canzonò Camz, sventolandole i soldi finti sotto al naso, che però agli occhi di Ally apparivano più che semplici biglietti di carta colorati.

Mentre giocavamo, o meglio litigavamo con le unghie e i denti per accaparrarci le migliore vie, il mio telefono vibrò. Mi affrettai a prenderlo, per nascondere agli occhi di Camila il nome di Lucy lampeggiante sullo schermo dello smartphone.

Ci sono problemi con la casa... Possiamo incontrarci, o il tuo cane da guardia non è d'accordo?

Mi morsi con violenza il labbro, stizzita per la nomea che aveva attribuito a Camz.
Poi rilessi il messaggio e realizzai la gravità della situazione. Merda.
Mi alzai dal tavolo con una scusa banale, ma ero sicura che a Camila non fosse sfuggito il modo furtivo con il quale avevo abbandonato la stanza. Avevo sentito i suoi occhi bruciare sulla mia schiena fino a quando non ero sparita dietro lo stipite.

Che tipo di problemi?

Riposi velocemente. Mentre aspettavo mi assicurai che Heali non cadesse dal divano. Sistemai dei cuscini accanto a lei per impedirle di scivolare al lato e ricadere con un tonfo sul parquet.
Le riposizionato anche la bambola sotto al braccio, perché sapevo che se si fosse svegliata senza Ginger si sarebbe messa a piangere.

Nel frattempo arrivò un altro messaggio. Mi sedetti sul pavimento, usando il bordo del divano come poggiatesta.

La ristrutturazione costa più del previsto, ci sono delle cose da riguardare e dei conti da fare. Davvero il tuo cane da guardia non ti lascia venire? Avrei davvero bisogno di parlartene di persona.

Non aspettai un attimo a rispondere. Digitai velocemente le prime parole che mi vennero in mente, spinta dall'impeto rabbioso che suscitava in me quell'appellativo nei confronti di Camila.

Non chiamarla più così. Dico davvero.

Pochi secondi dopo lo schermo si illuminò di nuovo e lo smartphone vibrò incessantemente nel palmo della mia mano.

Suscettibile. Ti ricordavo meno rigida e più divertente. Forse non sei più la Lauren che conoscevo.

Guardai accigliata lo schermo. La nuvoletta grigia riempita di quelle parole mi fece infuriare ancora di più. Non so perché, ma la sua supposizione mi mandò in subbuglio e per un istante mi domandai se non fosse davvero così.

Forse non sono più quella ragazza perché ho deciso di non esserlo.

Sorrisi compiaciuta della mia stessa risposta.
Heali si mosse appena, mi voltai di scatto per controllare che non stesse per rotolare per terra e con mia grande sorpresa scoprii che il piano "di contenimento dei cuscini" aveva funzionato.

Peccato. Mi divertivo molto con quella Lauren. Ti va di scoprire se c'è ancora un briciolo di quella ragazza in te?

Sorrisi e contemporaneamente scossi la testa. La sua arroganza era imprevedibile, ineffabile.
Diedi una rapida occhiata alla cucina. Le ragazze stavano ancora giocando, Camila non riusciva a vedermi da quella prospettiva, ma io catturai il riflesso del suo volto nello specchio. Si stava divertendo, era spensierata, o almeno così appariva ai miei occhi.
Guardai di nuovo lo schermo e ponderai l'idea.
In fondo era per la casa. Dovevo sapere cosa c'era che non andava.

Digitai rapidamente.

Dove ci incontriamo?

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