Capitolo trentotto
Camila pov
«Ma ancora non capisco. Perché se ne è andata senza salutarmi?» Domandò Heali mentre ero inginocchiata davanti a lei e faticavo ad abbottonare il golf; i bottoni erano troppo piccoli e sgusciavano dalle mie mani.
Aveva passato dei giorni a casa dei genitori di Ally. L'avevo allontanata da tutto quel frastuono e fortunatamente i parenti della ragazza si erano offerti volontari. Allison si era occupata personalmente di portarla da loro, dopo che Lauren se ne era andata.
Aveva sentito le urla, ma avevo gestito la cosa...
«Heali... Aveva da fare.» Sospirai ripensando al volto di Lauren mentre chiudeva la porta. Ally si era preoccupata di sorreggermi perché in quell'istante le mie gambe avevano avuto un cedimento.
«Era molto impegnata. Te l'ho già detto.» Deglutii, respingendo la sensazione di pianto che mi attanagliava ogni volta che parlavo di lei.
«Ti saluta tanto e ti manda un bacio. Ci aspetta a casa.» Dissi riuscendo finalmente a chiudere l'ultimo bottone.
Heali sembrò rallegrarsi subito, ma i bambini hanno una certa predisposizione per intuire lo stato d'animo altrui.
Si accigliò e buttò istintivamente le braccia al mio collo, inclinando la testa per studiarmi meglio.
«Però tu non sembri felice.» La sua voce dolce e vagamente preoccupata mi strappò un sorriso veritiero. Le sfiorai la punta del naso con il dito, ricordando di quando Lauren l'aveva fatto per la prima volta con lei, facendola ridere così tanto da farle male la pancia.
«Beh, mi dispiace che se ne sia andata, ma sto bene.» Mentii. Non mi sarei mai permessa di cedere davanti a Heali, sapevo quanto lei necessitasse di ricevere certezze, anche se in quel momento forse ero io quella più bisognosa di conferme.
«Mhh..» Arricciò il naso in maniera adorabile, prese a giocare con le punte dei miei capelli e poi esordì dicendo qualcosa che nella sua banalità mi rincuorò in maniera indicibile.
«Però non dovresti essere triste. Lauren ci aspetta a casa.»
Respirai. Forse per la prima volta dopo quattro giorni respirai. Era incredibile quanto le sue parole riuscirono a riportarmi la calma, quando le ragazze ci avevano provato vanamente per tutto quel tempo.
«Hai ragione.» Puntai il dito contro il suo petto attribuendole il rispetto che meritava di essere riconosciuto. «Lauren ci aspetta a casa.» Unii le labbra in un vago sorriso, poi attirai la bambina fra le mie braccia e la strinsi più forte che potevo, sentendo il suo corpo esile colmare momentaneamente il vuoto che ormai sentivo da giorni.
L'afferrai per la mano e la guidai fino a piano di sotto. Le ragazze avevano deciso di portarmi fuori, dopo avermi lasciato poltrire per giorni sul divano. Avevo chiamato e richiamato Lauren, ma il telefono era spento. Non ero nemmeno certa che fosse arrivata a casa. E se le fosse successo qualcosa?
No, di sicuro stava bene, mi stava solo evitando. L'aveva detto che voleva restare da sola e ora sicuramente lo era.
Avevo lasciato più di venti messaggi in segreteria, uno più disperato dell'altro. Poi mi ero arresa alla sua volontà, avevo accettato con riluttanza di doverla lasciare in pace per almeno quei giorni di tempo che aveva esplicitamente richiesto.
Anche Dinah aveva provato a mettersi in contatto con lei, ma non aveva risposto. L'ultima volta che l'avevamo vista era stato quel giorno quando si era chiusa la porta alle spalle e ci aveva tagliato fuori dalla sua vita, almeno per quei setti giorni.
Avevo pensato di prendere un volo e tornare a casa, ma le ragazze mi avevano convinto che avrei solamente peggiorato le cose.
Dinah mi spiegò che, conoscendola, non era arrabbiata per tutta la storia di Heali, (sì avevo condiviso con loro quel segreto, in un momento di debolezza) la cosa che l'aveva fatta stare male era che fosse venuta a conoscenza del segreto grazie a Lucy e probabilmente si era auto convinta che le avrei tenuto nascosto quella cosa sempre; che avrei continuato a mentire se non fosse stato per Lucy.
Non volli ascoltare altro. Non potevo ponderare l'idea che fosse tornata a casa e avesse trovato quella donna ad aspettarla. Preferivo evitare il pensiero, eliminarlo ogni qualvolta si fosse ripresentato...
Altrimenti sarei impazzita.
«Camila siamo pronte!» Urlò Dinah dabbasso. Eravamo già sulle scale, perciò Heali alzò la mano in alto, come per dire "presenti."
Normani si apprestò a prendere la bambina fra le braccia, la quale aveva già teso le mani verso di lei in attesa di essere sollevata.
Si era instaurato un bel rapporto fra le due e non mi dispiaceva affatto che Heali avesse qualcun al di fuori di me, Ally e Lauren su cui fare affidamento.
«Oggi andiamo tutti a trovare i parenti della zia Allyson in una casa sulla spiaggia. Hanno una villa enorme.» Ingigantì la situazione Mani, disegnando il paesaggio con le mani davanti agli occhi trasognati della bambina.
«C'è anche una piscina!» Non si dimenticò di aggiungere, mentre si avviavano verso la porta insieme ad Ally.
Dinah si era trattenuta in cucina. Stava trafugando alcune mele, sostenendo che gli aristocratici mangiano sempre cose troppo sofisticate per il suo palato e di sicuro non voleva restare tutto il giorno a stomaco vuoto.
«Ne metto una anche per te.» Disse ammiccando nella mia direzione, infilando nello zaino una mela verde.
La ringraziai con un veloce cenno del capo e un sorriso tirato.
«Ci... ci sono novità?» Ormai era l'unica domanda che facevo da quattro giorni. E la risposta di Dinah era sempre la stessa.
«No Camila, mi dispiace.» Le sue labbra si unirono in una linea amareggiata e per un momento smise di pensare alle mele e mi fissò dritto negli occhi, come per rimarcare la sua sincerità.
«Ma se dovessi sapere qualcosa...» La spronai prontamente.
«...Te lo dico subito.» Terminò la frase per me, ormai conoscendo a memoria quella nenia.
Nascosi le mani nelle tasche dei jeans e spostai il peso dalle punte dei piedi sui talloni, annuendo riconoscente.
Dinah tornò a parlare delle mele e di come le preferisse all'aragosta che probabilmente ci avrebbero servito quel giorno a pranzo. Parlavamo il minimo indispensabile di Lauren e la sensazione era che tutte volessero ignorare l'argomento di proposito, per evitare di infierire il meno possibile.
Raggiungemmo la macchina dove le altre avevano già preso posto. Ally era alla guida e quel giorno sembrava più disperata di me.
Era in ansia, le si leggeva chiaro sul volto e anche il tamburellare nervoso delle dita contro il volante ne era un chiaro segno.
Sapeva che la sua famiglia viveva in uno stile di vita diverso dal nostro, molto più adagiato e forse temeva che questa differenza ci avrebbe messo in imbarazzo, ma io non mi sentivo così.
Ero contenta della mia vita. Per quanto dolorosa potesse essere stata mi aveva anche donato gioie immense... Heali, le amiche che sedevano nella macchina e Lauren.
Erano doni da non sottovalutare.
«Mi scuso in anticipo per il comportamento snob che assumeranno i miei genitori.» Disse volgendo lo sguardo nello specchietto retrovisore per poterci osservare.
«Ally smettila. Staremo benissimo.» La rassicurò Normani, la quale era seduta accanto a lei sul sedile anteriore. Dinah annuì, anche se con poca convinzione e sorrise rassicurante. Heali si mise a ridere.
Io mi sporsi in avanti, abbracciai impacciatamente il sedile e poggiai le mani sulle sue spalle, incontrando il suo sguardo nello specchio.
«Andrà tutto bene. Devi stare tranquilla.» Massaggiai il punto dove avevo poggiato le mani, cercando di allentare la pressione.
«Scommetto che i tuoi genitori sono fantastici. Heali già li adora. » Sorrisi incoraggiandola, ma il suo volto assunse un'espressione contraddittoria, per niente incline alle mie parole.
Quando arrivammo alla villa venne ad accoglierci un maggiordomo, che Ally si premurò di mandare via prima che potesse tendere la mano ad ognuna di noi per aiutarci a scendere dalla macchina. Heali invece accettò volentieri quella ossequiosa attenzione e afferrò la mano dell'uomo, avvolgendo le sue dita minute intorno al guanto bianco.
La villa era enorme, molto più grande di come Ally ci avesse descritto.
I suoi genitori ci aspettavano in cima alla veranda. Per raggiungerla dovemmo salire due scalinate in marmo e ovviamente Heali dopo un po' si stancò e volle essere presa in braccio.
Ally ci presentò svogliatamente ai suoi parenti, i quali si affrettarono a lanciarle occhiate sbieche per rimproverarla del tono indolente che aveva assunto.
Normani si complimentò con la sua famiglia con fare riverente, Dinah invece strinse loro la mano, ma si lasciò anche sfuggire una confessione che i due non compresero, ma che fece sorridere tutte noi.
«Sono contenta di aver portato le mele.»
Mi avvicinai e strinsi la mano ai genitori di Ally. Per me era una presentazione più impegnativa rispetto alle altre. Dovevo tutto a loro figlia, era stata l'unica amica che mi era rimasta accanto nel momento del bisogno.
Ci tenevo a fare bella figura.
Ci accomodammo all'interno. Dei lampadari in cristallo pendevano dal soffitto, un tappeto a pelo lungo occupavano l'atrio e riprendeva il color mogano della libreria colma di sapienza. Alcuni quadri appesi in cornici spesse e rifinite in oro spiccavano sulle pareti sulfuree, creando delle fluorescenze sullo specchio alla mia destra.
Heali si guardava attorno spaesata, con gli occhi trasognati. Chissà quali scenari fittizi stava creando la sua mente immersa in un ambiente tanto diverso dal suo usuale.
«Siamo felici di conoscere finalmente le amiche di nostra figlia. Parla spesso di voi.» Esordì la madre, facendoci segno di accomodarci sul divano che sembrava risalire ad un altro secolo.
«Fin troppo.» Aggiunse il padre sorridente, mentre versava del bourbon in due bicchieri posizionati sopra un vassoio d'argento.
«Anche noi ne siamo contente.» Si affrettò a riempire il silenzio Normani, dando una gomitata a Dinah, la quale l'assecondò annuendo e abbozzando un sorriso.
Non risposi. Ero troppo impegnata a controllare che Heali non rompesse niente ora che aveva preso a girovagare per la casa e sfiorava ogni oggetto che attirava maggiormente la sua attenzione e, ovviamente, erano sempre quelli più delicati e apparentemente costosi.
La richiamai, facendole cenno di avvicinarsi a me. Anche se con riluttanza tornò a sedersi sulle mie gambe, abbassando la testa sulla bambola che stringeva nella mani. Ebbi l'impressione che stesse facendo vedere anche a lei la casa, immaginando magari di esserne la proprietaria.
Sorrisi contemplando il suo atteggiamento da donna di casa.
«È proprio una brava bambina. Non ci ha dato per niente fastidio, anzi se avrai di nuovo bisogno in futuro spero che penserai a noi.» Asserì la madre di Ally con un certo cameratismo, riconoscendo il sorriso che si era increspato sulle mie labbra come un vecchio ricordo imperituro legato a sua figlia.
«La ringrazio.» Dissi volgendole un tipo di sorriso diverso, più tirato, ma non del tutto falso.
La madre di Ally ci disse che potevamo accomodarci a tavola, ma mentre ci stavamo alzando il telefono di Dinah squillò.
Il mio cuore prese a battere all'impazzata. I miei occhi erano impietriti su di lei e le mie mani si erano strette con forza sulla maglia di Heali, mentre aspettavo una risposta.
«Sì, sono io, ma chi parla?» Rispose lanciando uno sguardo nella direzione di tutte noi.
«Lucy? Ma come diavolo hai fatto ad avere il mio numero...? Anzi no, non voglio saperlo.»
Al sentire pronunciare quel nome mi ribollì il sangue nelle vene. Maledizione.
Scostai gentilmente Heali dalle mie gambe e la poggiai a terra, mentre io mi apprestavo a raggiungere Dinah accanto al camino. Normani, Ally e i genitori di quest'ultima si avviarono verso la cucina, portando con sé Heali.
«Non capisco..» Sembrò turbata e la sua inspiegabile apprensione turbò il ritmo del mio respiro.
«Tu ne sei sicura? Si certo. Glielo farò presente. Okay, ciao.» Appena mise giù mi fiondai sul suo braccio, lo strinsi con forza e scossi al testa trepidante in cerca di spiegazioni.
Dinah sbatté il telefono contro il palmo della mano, poi lo infilò in tasca e si girò verso di me, appoggiando la spalla contro la parete.
«Dice che aveva un appuntamento con Lauren ieri l'altro per concludere alcune pratiche inerenti alla casa...» Sospirò e cercò di attenuare la preoccupazione vivida nel tono di voce, e poi proseguì
«Non si è mai presentata.»
«Come non si è presentata? Che vuol dire che non si è presentata?! Lauren tiene tantissimo a quella casa. Che significa che non si è presentata?!» Il tono troppo alto fece vibrare i cristalli dei lampadari.
Sentii le mie mani tremare, le gambe e il cuore si unirono a quel tremolio.
«Okay Camila calmati.» Dinah appoggiò le mani sulle mie spalle, poi le fece scivolare lungo le mie braccia «Probabilmente voleva solo evitare di vedere Lucy, il che è un bene, non credi?» Domandò affabilmente. Lentamente il mio respiro riprese un ritmo normale; le sue parole mi confortarono appena.
Annuii impercettibilmente, intrappolando il labbro inferiore fra i denti.
«Ok, ma perché dovrebbe andare a dormire in albergo se ha una casa in cui alloggiare?» Chiesi stranita. Era un ragionamento illogico, perché avrebbe dovuto prenotare una camera d'hotel se si era impegnata tanto per ristrutturare la casa? Non aveva senso.
«Non lo so Mila, non lo so.» Scosse la testa anche lei dubbiosa e poi nascose la sua apprensione serrando gli occhi e stringendomi in un abbraccio consolatorio.
Dove cazzo sei finita Lauren?
----
Buongiorno a tutti. Probabilmente risulterò ripetitiva, ma ci tenevo ancora a ringraziarvi di tutto. Mi fa davvero piacere che vi piaccia la storia e che molti di voi me lo facciano presente in chat.
Grazie davvero!
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se lascia un po' di suspence, ma in fondo è il bello della lettura no? 😉
Vi aspetto nei prossimi capitoli...
ciao 😘
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro