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Capitolo trentaquattro

Sei giorni dopo

«Non posso credere che lo stiamo facendo.» Dissi ad alta voce, stringendo la mano di Camila nella mia per trovare coraggio.

«Se morirò sara colpa vostra. Mi avrete sulla coscienza, sappiatelo!» Minacciò Dinah girandosi prima verso di noi, poi su Ally che era alla guida della macchina gentilmente imprestataci dai suoi genitori.

«Vale lo stesso per me!» Mi unii frettolosamente, additando una ad una le ragazze che occupavano l'abitacolo.

«Come siete noiose. E anche pappamolli.» Criticò Ally, che era tutt'altro che spaventata da ciò che ci attendeva.

Ottanta metri d'altezza.
Mi sarei buttata da ottanta metri, io che avevo sempre sofferto di vertigini, io che non mi avvicinavo al parapetto della terrazza dei nonni, i quali abitavano al quinto piano, per timore di cadere. Stavo per farlo davvero.

Mi voltai verso Camila, la quale si sporgeva in alto per cercare di intravedere la torre attraverso il parabrezza, ma la cintura le impediva di spostarsi più di tanto e questo non sapere le metteva ancora più curiosità ed entusiasmo.

Intrecciai le dita alle sue, lei ricambiò stringendo più forte, senza però girarsi verso di me. Posai lo sguardo sul suo profilo, appoggiando la testa contro lo schienale con aria assorta.
Ora tutta la paura sembrava scemare piano piano, allontanarsi da me come se non vi fosse mai abitata. Vedendo il sorriso impresso sul suo volto, che gonfiava teneramente le sue guance, quegli ottanta metri non mi sembrarono più tanto pericolosi.

«Ci siamo!» Disse Ally entusiasta, indicando un punto davanti a se. Ci abbassammo tutte per controllare il punto che stava additando.

Una torre altissima si stagliava davanti a noi imponente. Ai piedi della gigantesca struttura, analoga ad un grattacielo, c'era una piccola piazza gremita di persone che salivano o scendevano da essa. Alcuni baracchini erano sistemati attorno, i tavoli illuminati dal sole fornivano uno spazio caldo per mangiare un panino.

«Oh Signore Gesù.» Bisbigliò Normani, ma non impaurita quanto più eccitata.

Dinah si schiacciò contro il sedile, le mani unite in preghiera, gli occhi chiusi. Rivolse delle parole a Dio, implorandolo di avere pietà.
Per tutta risposta seguii il suo esempio, mentre Ally si mise a ridere e Camila saltellò sul sedile emozionata.

Parcheggiammo vicino alla struttura, poi ordinatamente uscimmo dalla macchina e ci dirigemmo verso lo stabile. Ovviamente io e Dinah eravamo le ultime della fila, ci muovevamo a rallentatore rispetto alle tre ragazze che marciavano rapidamente.

«Se vuoi scappiamo. Siamo ancora in tempo.» Propose Dinah, bisbigliando al mio orecchio. Mi guardai indietro, pensando seriamente di correre verso la macchina e andarmene, ma poi riposai lo sguardo su Camila e scossi la testa.

«Perché lo stai facendo? Hai sempre avuto un problema con l'altezza.» Disse. Stava cercando di parlare di altro per focalizzare la concentrazione su altro.

«Lo faccio per lei.» Feci un vago cenno della testa verso Camila «Ci tiene così tanto a lanciarsi insieme a me e poi chissà cosa penserebbe se mi tirassi indietro proprio ora.» Sospirai. Erano da giorni che mi aggrappavo a quella convinzione. Se me l'avesse chiesto qualcun altro avrei declinato l'offerta senza dubbio, ma era una richiesta che veniva direttamente da Camila e qualcosa dentro di me non riusciva a dire di no a quella ragazza.

«Hai ragione.» Confermò Dinah riempita di forza inaudita. Il suo sguardo era fisso su Normani. Realizzai che, senza volerlo, le avevo propinato la stessa percezione che avevo io, ma comunque sembrava averla incoraggiata perciò...

Raggiungemmo per ultime lo stabile, salimmo in cima insieme alle altre e venimmo accolte da alcuni ragazzi dello staff che per prima cosa vollero i documenti firmati, poi ci spiegarono come si sarebbe svolto tutto e ci imbracarono.

La prima lanciarsi era Ally, seguita da Normani e Dinah che avevano deciso di lanciarsi assieme. Io e Camila per ultime.

Prima di noi c'erano altre persone, perciò attendemmo il nostro turno posizionandoci vicino al parapetto.
Camila mi cingeva la vita, attirandomi vicina a lei. Avevo appoggiato la testa sulla sua spalla, ma un istinto primitivo mi diceva di osare e di guardare giù, così piegai leggermente il collo all'indietro.
Le poste erano diventato formiche, riuscivo a vedere i tetti delle case e mi sembrava di poter toccare le nuvole con un dito.

«Merda.» Imprecai sottovoce riportando lo sguardo su Camila. Decisi di non distoglierlo mai più, di concentrarmi solo su di lei, l'unica fonte di calma per me in quel momento.

«Tocca a voi.» Ci avvertì il ragazzo, facendoci segno di avvicinarci.

Dinah aveva ripreso a pregare, Ally aveva già indossato l'elmetto ed era sulla punta del colosso, quando aprì le braccia e si lasciò cadere all'indietro lanciando un grido entusiasta.

Seguii il suo corpo con il mio sguardo, osservandola diventare sempre più piccola fin quando l'elastico si tese e la riportò un po' in alto, per poi farla penzolare in basso.
Un ragazzo l'aiutò a scendere, la fece rimettere in piedi e l'accompagnò verso un punto sicuro mentre lei alzò i pollici verso di noi e urlò
«È una figata!»

Dinah e Normani si erano avvicinate al bordo. Quest'ultima indossò l'elmetto rosso e la prima la seguì nell'esempio.
«Ti prego Signor perdonami per ogni peccato. Mi dispiace di aver...» Non riuscì a finire la frase, perché Mani approfittò del momento di distrazione per afferrarla dai fianchi e trascinarla giù.

Le urla divertite di una e spaventate dall'altra arrivarono chiare alle nostre orecchie, riuscendo a distinguere entrambe.
Dinah non smise di urlare finché l'elastico si tese, facendole sobbalzare e rilasciandole cadere verso il basso a peso morto.
Anche da ottanta metri d'altezza la sua agitazione era visibile, almeno ai miei occhi attenti.
Vennero sganciate e raggiunsero Ally.
Normani saltellando emozionata, Dinah barcollando sopraffatta.

«Avanti il prossimo.» Merda. Toccava a noi.

Camila strinse la mia mano nella sua, mi aiutò ad indossare l'elmetto e ci sporgemmo verso il bordo abbracciate.
Diedi una rapida occhiata verso il basso. Il mio cuore prese a battere all'impazzata, la salivazione era eccessiva, sentivo di sudare freddo.
Il mio corpo era scosso da brividi persistenti, tremavo convulsamente fra le braccia di Camila , la quale colse la mia trepidazione fra le mani e cercò di tranquillizzarmi.

«Andrà tutto bene. Quando saremo in fondo e ti renderai conto di averlo fatto ti sentirei fottutamente bene.» Disse sorridendo e guardando verso il basso con fare eccitato, uno sguardo del tutto diverso dal mio.

Annuii, incapace di rispondere a parole e mi aggrappai più forte ai suoi fianchi. Sentivo che Camila si stava spostando verso il baratro, trascinandomi con se. Nonostante il mio corpo facesse resistenza, mi lasciavo trasportare dalle sue mani, fin quando sentii il vento colpirmi più forte, le voci farsi ovattate, il cuore schizzarmi in gola e mi accorsi che avevamo appena saltato.

Aprii gli occhi, trovando un'immagine di Camila sfocata davanti a me, i suoi capelli che volavano verso l'alto, le sue mani ancora legate ai miei fianchi e un grido eccitato che squarciava il cielo.
Improvvisamente mi venne da ridere.
Mentre mi lanciavo da ottanta metri, io risi.

Camila, che finora aveva tenuto gli occhi chiusi, probabilmente troppo focalizzata a fare forza ad entrambe per guardare ciò che stava avvenendo, gli aprì risvegliata dalla mia risata.
Incontrai il suo sguardo divertito e convinto ancora di più di ciò che aveva sostenuto prima di lanciarsi nel vuoto.

Prima che l'elastico si tendesse e interrompesse   quel momento, mi rifugiai nel suo petto, ghermendo le sue spalle con disperazione, non perché stavamo volando nel vuoto, ma perché tra poco sarebbe finito quel momento magico, che per quanto terrificante potesse essere sembrato prima, si era rivelato essere uno dei ricordi più belli che avrei custodito.

Quasi mi dispiacque quando l'elastico arrestò bruscamente la nostra picchiata verso il basso e mi rammentò di non avere le ali, ma di essere solo un peso che sfidava la forza di gravità perdendo drasticamente quota.

Sentii delle mani afferrare l'imbracatura e slegarmi da essa. I miei piedi toccarono terra, la vista ancora offuscata, le figure che giravano vorticosamente attorno a me e la consapevolezza di trovarmi nello stesso punto in cui anche la corsa delle altre era stata fermata.

«Porca puttana.» Mormorò Camila. La sua voce schiarì la mia vista e riuscii a contraddistinguere la sua figura davanti a me.
«Lauren è stato fantastico!» Disse con più enfasi lanciandosi fra le mie braccia.

Risi annuendo e concordando con lei. Le mie mani la cinsero da dietro la schiena, le sue si strinsero attorno al mio collo e le sue labbra furono troppo vicine per non essere baciate.

Le stampai un bacio caldo che lei approfondì rapidamente, ispezionando ogni centimetro della mia bocca con la sua lingua.
Feci scivolare la mano dietro la nuca, spingendomi più in profondità.
Le sue mani accarezzarono i miei fianchi, stringendo l'orlo della maglietta, e di conseguenza alzandola un po', per attirarmi più vicina a se.

«Siamo in un luogo pubblico.» Si intromise Dinah ironicamente, interrompendo il bacio che ci stavamo scambiando di fronte a tutti, ma che ritenevo essere solo nostro.

«Sei proprio una guastafeste.» La rimproverai scherzosamente, allungando un braccio sulle spalle di Camila per non perdere il contatto che avevamo stabilito.

«Prendiamo un panino?» Domandò Ally, indicando con il pollice il furgone parcheggiato alle nostre spalle. Tutte acconsentimmo, assecondando il mormorio proveniente delle nostre pance.

Mentre ci avvicinavamo al tavolo, sfilai il telefono dalla tasca e premetti il pulsante posizionato di lato, facendo illuminare lo schermo. Nessun messaggio, nessuna chiamata.
Sospirai.
So che non avrei dovuto, ma in qualche modo Lucy era entrata nella mia mente e ora, mentre camminavo al fianco di Camila, sentivo che c'era qualcosa che mi nascondeva. Era una sensazione radicata sotto pelle, ma se le avessi chiesto spiegazioni, dicendole che ad infondermi quel dubbio era stata la stessa persona che ci aveva fatto litigare a Natale, non ne sarebbe sicuramente stata felice.

Avevo soffocato quella vocina mentre saltavamo giù da ottanta metri, ma ora che ero tornata con i piedi per terra quella voce riprendeva a squillare nelle mie orecchie dandomi il tormento.

Alzò lo sguardo su di me, sorridendomi spensierata. Reciprocai attingendo ad un sorriso tirato estrapolato dal mio repertorio.
Merda.
Dovevo smetterla di pensarci. Erano tutte fandonie, menzogne che Lucy mi aveva propinato per mettersi in mezzo alla nostra relazione.
Dovevo mettere a tacere quella voce il prima possibile.

«Tutto bene?» La preoccupazione nella voce di Camila mi rinsavì, sopraffacendo i miei dubbi.

«Tutto ok piccola.» Mi fermai un attimo, rendendomi conto di quale appellativo le avevo attribuito.
Il suo sorriso si allargò esponenzialmente, ma non disse niente in proposito, continuò a camminare come se niente fosse, stringendo la mia mano con più forza.

Ci sedemmo ad un tavolo ombreggiato.
Prendemmo le ordinazioni e una birra a testa.
Dinah sosteneva di doversi ubriacare per dimenticare l'esperienza traumatica che aveva appena vissuto.

«Non è stato così male.» Constatai, rivolgendo uno sguardo verso la struttura torreggiante alle nostre spalle.

«Avrei da ridere su questo.» Protestò Dinah dall'altra parte del tavolo, mentre portava alle labbra il bicchiere di plastica e tracannava il liquido al suo interno.

«A me è piaciuto moltissimo. Lo rifarei subito.» Ammise Normani, mettendo un braccio attorno alle spalle della sua ragazza per consolarla, mentre con l'altra mano portò il panino alla bocca e lo morse.

«In effetti anch'io.» Si unì Camila, alzando la mano in aria per dare il cinque a Mani, l'unica che sembrava comprendere la sua adrenalina insieme ad Ally.

«Dovremo farlo più spesso sapete.» Asserì Allyson con aria vagamente dolce.
Dinah si oppose a gran voce, dicendo che se avessimo continuato così ci saremo ritrovate a scalare l'Everest.

«Non intendevo avventure estreme.» La rassicurò Ally scuotendo la testa per dissentire
«Volevo dire stare insieme. Dovremo uscire più spesso noi cinque.» Girò nervosamente il bicchiere fra le mani, mentre tutte noi lo guardavamo con un sorriso sul volto, approvando la sua teoria.

Evidentemente Ally si sentiva sola, si vedeva. Anche se era una ragazza forte, che basava la sua vita sulla propria indipendenza, capivo che magari a volte soffrisse di solitudine.
Probabilmente, anche se inconsciamente, avendo passato del tempo con noi, che eravamo delle coppie a tutti gli effetti, la voglia di trovare un partner si era fatta largo dentro di lei e se non poteva avere un compagno, allora si accontentava di stare con noi per non sentirsi sola.

Credo che tutte avemmo la stessa percezione, perché ci guardammo complici e fu Dinah a parlare per conto di tutti i presenti.

«Stasera è l'ultimo dell'anno. Perché non andiamo in discoteca o ad un pub? Giusto per movimentare le cose.» La sua voce era leggermente smorzata dalla birra che aveva tracannato e ora l'alcool si stava impossessando della sua ragione.

«Ah non lo so..» Si guardò attorno Ally un po' spaesata. «Pensavo di guardare un film con voi e di ubriacarci a casa, niente di caotico.» Avvertii un certo tremolio nella sua voce, come se avesse paura di uscire fuori, come se non lo facesse da troppo tempo.

«Ho un'idea.» Disse Camila, mentre con la mano si frugava in tasca alla ricerca di qualcosa.
Estrasse una moneta. Con il pollice e l'indice formò un piccolo cerchio e la posizionò sulla giuntura di esso.

«Croce usciamo. Testa restiamo a casa.» Cercò l'assenso di tutte noi prima di lanciare la moneta in aria e farla volteggiare fino a ricadere sul palmo della sua mano.

«Lauren. Dacci il verdetto.» Allungò la mano verso di me, schiuse il pugno mostrando la faccia della moneta.
Alzai lo sguardo sulle loro facce trepidanti e diedi il mio verdetto.

«Croce.»

......

Alla fine convivemmo Ally ad indossare un vestito elegante, diverso dal suo usuale stile casual. Dinah e Normani avevano architettato qualcosa, lo si capiva dal modo sommesso in cui parlavano scambiandosi sorrisi furtivi e rivolgendo la loro attenzione all'ignara Ally, concentrata solamente a guidare.

La discoteca non era tanto lontana da casa, ma impiegammo il doppio del tempo a causa del traffico.
I fanali delle macchine confondevano la vista, i clacson suonati dagli impazienti mi rendevano nervosa, ma per fortuna c'era Camila accanto a me che aveva intonato una canzone che passavano alla radio e la sua voce riusciva a farmi dimenticare di tutti i rumori di sottofondo.

«The last girl in the last reason to make this last for as long as I could
First kiss in your first time that I felt connected to anything.» Gorgheggiò Camz fissandomi, come se quelle parole fossero state scritte da lei per me.

La musica continuò a suonare, la voce meccanica della radio soffuse l'ambiente, ma Camila aveva smesso di seguire il ritmo per rivolgersi a me.

«È esattamente così che mi sento quando sto con te.» Sussurrò al mio orecchio, per non permettere al sarcasmo di Dinah di rovinare il momento.
Seguii la canzone, catturando ogni parola.

The weight of water, the way you told me to look past everything I had ever learned
The final word in the final seconds you ever learned to me was love

Le diedi un bacio sulla fronte, Camila raggiunse la mia mano che penzolava sulla sua spalla e intrecciò le dita assieme.

«Voglio che questa sia la nostra canzone.» Mormorò nascondendo il volto nel mio petto, e io appoggiai la testa contro i suoi capelli lasciandomi inebriare dal profumo che sprigionavano.

«Ci rappresenta.» Acconsentì, continuando a seguire la canzone che ora suonava solo per noi.

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