Capitolo quarantuno
«I miei torneranno a breve. Sarebbe il caso che ti rivestissi.» Ero embricata a lei, il mio peso poggiava parzialmente sul suo petto e la mia gamba era sopra la sua, di modo che riuscissi ad accarezzare la sua caviglia con la punte delle dita del piede.
«Altrimenti ti mettono in punizione?» Domandai sarcastica, alzando il mento verso di lei. Stava ancora riprendendo fiato, le sue labbra, sotto quel colore rosso, avevano ancora impresso la trasgressione che avevamo condiviso sotto le coperte.
Mi venne voglia di strapparla via con un bacio, ma Lauren replicò e mi impedii di prosciugare la voluttà intrinseca agli angoli della sua bocca.
«Non è divertente. Mia madre ha pianto molto quando ha saputo che avevo lasciato Trevor. Sarà difficile farle capire che adesso sto insieme ad una ragazza, e non vorrei che lo venisse a sapere trovandoci a letto insieme.» Ironizzò sistematicamente, disegnando cerchi sulla mia schiena con l'eleganza di una penna stilografica che fa scivolare l'inchiostro sul foglio, dando vita con il colore nero alla carta bianca.
«Ok... Hai fatto il punto della situazione.» Sintetizzai accondiscendendo alle sue regole intransigenti. Mi alzai con riluttanza dal letto, lasciando la fossa sul materasso lì dove il mio corpo si era riposato.
Recuperai il reggiseno da terra e le mutandine, dopodiché indossai la maglietta e i pantaloni e mi sedetti sulla sedia vicina alla finestra.
Lauren scivolò fuori dal letto con pesantezza, evidentemente stremata. Prese degli abiti puliti dall'armadio e si premurò di buttare gli altri, sparsi per la camera, dentro la cesta del bucato.
«Dirai la verità ai tuoi genitori?» Domandai improvvisamente, rompendo l'apparente silenzio che era caduto nella stanza.
«Sì te l'ho detto.» Scrollò le spalle placidamente, tentando di abbottonare la chiusura dei pantaloni «Gli dirò che sei la mia fidanzata.» Alzò la testa velocemente mostrando un sorriso tranquillo.
«Non intendevo quello.» Spostai lo sguardo fuori dalla finestra, fissando la cima di un albero che si piegava alla volontà del vento.
«Gli dirai anche di Heali?» Un leggero tremore scosse la mia voce e mi sentii come la chioma del pino; soggiogata dalla sentenza che Lauren avrebbe emesso a breve.
«Camz.» Camminò verso di me lentamente, si inginocchiò di fronte a me, poggiò le mani sulle mie ginocchia e per finire si portò indietro i capelli, dando volume alla massa corvina.
«Heali è parte di te, tu lo sei di me e perciò anche tua figlia lo è. Non tralascerò un dettaglio così importante. Voglio che siano al corrente della mia vita e delle mie scelte. Spero che le accetteranno e le apprezzeranno tanto quanto me.» Intrecciò le sue dita alle mie, il suo sguardo era fisso sulle nostre mani unite assieme. Aveva un'aria talmente che assorta, sembrava vedere oltre un semplice legame fisico, trovare il senso del nostro sentimento in quel gesto semplice agli occhi, ma non al cuore.
«Grazie.» Dissi sinceramente.
Non mi ero mai sentita accettata e se lo ero io, non lo era mia figlia. Non avevo mai fatto parte di qualcosa, rimanevo sempre fuori dal cerchio, ma stavolta sentivo di esserci dentro, forse anche di più... Sentivo che stavamo tracciando il perimetro insieme. Conformavamo la nostra vita in base alle esigenze l'una dell'altra. Era una penna che stringevamo assieme, senza che nessuna delle due si permettesse di calcare maggiormente la propria linea.
«Non devi ringraziarmi, devi baciarmi.» Gli angoli della sua bocca si alzarono in un sorriso dolce ma, quando sporsi la testa in avanti per accontentarla, si increspò assumendo un'aria maliziosa.
Afferrai il suo volto fra le mie mani, sollevandolo leggermente per eguagliare l'altezza fra di noi. Lauren succhiò il mio labbro inferiore, la punta della sua lingua chiese il permesso di entrare e io glielo consentii, sentendomi subito riempita dal suo sapore.
Le sue dita strinsero il tessuto della mia maglietta, arrivando a ghermire la pelle sottostante. Emisi un sussulto quando le sue unghie mi graffiarono, seppur lievemente perché ostacolate dalla maglietta.
Mi distaccai, senza però dare requie alla sua bocca. Morsi il suo labbro inferiore, catturandolo saldamente fra i denti e lo tirai verso di me, fin quando Lauren gemette di un dolore lieve che le portò piacere.
Lauren mi guardò di tralice quando rilasciai andare il suo labbro e si alzò lentamente, mantenendo lo sguardo fisso dentro al mio. Anche se avessi voluto distoglierlo non avrei potuto, ero ipnotizzata da quegli occhi verdi nei quali vedevo ardere il desiderio avido.
Le sue mani risalirono le mie gambe e si fermarono sull'orlo dei pantaloni. Indugiarono per qualche istante sull'elastico, togliendomi il respiro quando di colpo sentii le sue mani fredde contro la mia pelle calda.
«Camila, Camila...» Sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra. Il suo corpo aderiva contro il mio, la scollatura della sua maglietta permetteva di intravedere il prosperoso seno stretto sotto il tessuto chiaro.
Fissai i suoi occhi, poi la sua bocca schiusa a forma di "o". Pendevo letteralmente dalle sue labbra.
«Dovrai aspettare, perché sono appena arrivati i miei genitori.» Sentenziò alzandosi velocemente, interrompendo il contatto che lei stessa aveva creato.
Mi lasciò inerme a boccheggiare, gli occhi socchiusi, le labbra protese verso di lei, le mani strette al fianco della sedia, madide di sudore.
Aprii lentamente le palpebre, trovandomi davanti Lauren, con un sogghigno in volto e la mano tesa verso di me.
Mi schiarii la voce e cercai di apparire il più normale possibile, ma ero sicura che ormai avesse memorizzato la mia espressione totalmente abbandonata al suo volere.
Sentii le guance avvampare e nascosi il purpureo del mio volto abbassando la testa sulla sua mano. Intrecciai le dita alle sue e mi alzai faticosamente, sentendo le gambe ancora molli per l'effetto che Lauren aveva avuto su di me.
«Come fai a sapere che i tuoi sono arrivati?» Chiesi cambiando velocemente soggetto. Indicò la finestra alle sue spalle, senza però distogliere lo sguardo dal mio. I suoi occhi, ancora accesi di quel desiderio sbiadito che ci aveva investito poco prima, si perdevano nel colore cioccolato dei miei.
«Ho sentito la macchina parcheggiare sullo sterrato. Si vede che tu eri troppo impegnata a pensare ad altro per pensare ai rumori esterni.» Asserì maliziosamente, avvicinandosi a me in modo maledettamente pericoloso. Con il pollice accarezzò il dorso della mia mano, mentre con la testa si piegò in avanti e sfiorò delicatamente le mie labbra, baciandole prima che potessi replicare.
Sentii la porta di casa aprirsi e subito dopo chiudersi, seguita da due voci che avvertivano Lauren della loro presenza.
La ragazza corvina fece pressione sulla mia mano, forse era più agitata del previsto.
«Ci siamo.» Disse mordendosi il labbro inferiore nervosamente. Il suo atteggiamento spavaldo di poco prima adesso sembrava svanito come polvere che si solleva nella stanza ed è visibile solo per pochi attimi. I suoi occhi erano puntati rigidamente sulla porta alle nostre spalle, come se varcarla sarebbe significato cambiare qualcosa nel tempo che non sarebbe stato possibile cancellare.
«Andrà tutto bene.» La rassicurai, facendo scivolare le mani lungo le sue braccia. Sentii i muscoli contratti sotto la maglietta, ma al mio tocco si sciolsero lentamente e Lauren rilasciò andare la tensione accumulata in un sospiro.
Mi afferrò la mano in un gesto vagamente disperato, come se le mie dita intrecciate alle sue potessero darle la forza della quale aveva bisogno.
I suoi genitori erano nell'atrio, avevano dei sacchetti della spesa in mano e stavano cercando di portarli in cucina.
La madre di Lauren alzò lo sguardo su di noi, inizialmente sorrise alla figlia, ma poi notò la mia presenza e la linea della sua bocca si curvò in maniera confusa, mentre gli occhi assunsero un'aria inquisitoria. Adesso il suo sguardo era ricaduto sulle nostre mani e la sua fronte si era corrugata. Lauren dovette vedere quell'espressione poco convincente della madre perché lasciò andare subito la mia mano, prendendo a sfregare nervosamente i suoi palmi l'uno contro l'altro.
«Lauren non ci avevi avvertito che avevamo ospiti.» Esordì sua madre, lasciando perdere i sacchetti della spesa e riacquistando una giusta posizione eretta.
«Lo so. È stata una sorpresa anche per me.» Voltò la testa su di me e sorrise, reciprocai altrettanto allegramente.
Scendemmo gli ultimi gradini. Suo padre portò le mani sui fianchi, comprimendo il giubbotto smanicato. I suoi occhi erano fissi su di noi, attraverso le lenti degli occhiali ci stava squadrando attentamente, ma non con malignità, con interesse.
«Vuoi presentarci Lauren?» La riprese la madre in tono ironico, ma anche un po' severo. La ragazza corvina si interpose fra me e suo padre, poggiò una mano sulla spalla di entrambi e parlò.
«Mamma, papà. Questa è Camila...» La voce più bassa del solito, soffocata dal groppo che le si era formato in gola.
«È la mia...» Lasciò in sospeso la frase, che arieggiò nell'aria. Scosse la testa e riprese, ma non le uscì niente. Sua madre fece spola fra me e lei. Inopinatamente aveva un flebile sorriso disegnato sul volto, che Lauren non catturò perché era troppo impegnata a trovare un modo per respirare.
«Camila è la mia... infermiera.» Al suono di quelle parole virai velocemente la testa gesso di lei, spalancai gli occhi e la bocca, ma mi ricomposi pochi secondi dopo per non attirare l'attenzione dei suoi genitori.
«Cioè prima lo era, quando stava con Trevor, ma adesso è solo una mia cara amica.» Batté la mano sulla mia spalla in maniera fraterna, come per enfatizzare le sue parole e renderle più veritiere.
«Oh! È un piacere conoscerti. Io sono Aghata e questo è mio marito Aldous.» Iniziò sua madre, tendendomi la mano. L'afferrai un po' impacciatamente, costringendomi a sorridere e annuire. La morsa del padre era più stretta, quasi mi stritolò la mano.
«Ti fermi a cena cara?» Chiese la madre in tono cordiale, poggiando la testa contro la spalla del marito.
Farfugliai qualcosa di incomprensibile. A quel punto non sapevo più comportarmi, se accettare, o declinare. Cosa voleva Lauren? Lasciai che scegliesse lei per me.
Voltai lo sguardo sulla ragazza al mio fianco, la quale sembrava ancora un po' spaesata e affranta. Le diedi una leggera gomitata riportandola alla realtà.
«Che dici... Mi fermo a cena?» Domandai in maniera più disinvolta possibile.
«Oh si certo. Sì.» Annuì energicamente, poi sorrise in direzione di sua madre e si offrì di aiutarli con le buste della spesa, ma Aghata rifiutò e le disse di fare gli onori di casa mentre loro pensavano a riempire la dispensa.
Quando i suoi genitori, bisbigliando fra di loro, sparirono dietro lo stipite della porta, mi piazzai a braccia conserte davanti a Lauren e la guardai di sbieco.
«Infermiera? Una cara amica? Davvero!?» Non ero arrabbiata, solo molto in apprensione per la situazione quasi divertente che si era venuta a creare.
Lauren si affrettò a poggiare le mani sulle mie spalle, il suo sguardo si era addolcito e le labbra si erano curvate esponenzialmente all'ingiù, marcando il suo disappunto.
«Mi dispiace davvero. Non mi sono uscite le parole. Scusami.» Mormorò rapidamente. Le rivolsi un sorriso comprensivo, portai le mie mani sopra le sue e la rassicurai.
«Abbiamo tempo per dirgli la verità. Non ti dispiacere.» Mi sporsi in avanti per darle un timido bacio sulla guancia. Lauren avvinghiò istintivamente le braccia al mio collo e rifugiò la testa nella mia spalla. La strinsi a me, carezzando la sua schiena ancora irrigidita.
«Grazie.» Mormorò al mio orecchio in un sospiro sollevato, con tale trasporto che parve quasi venerazione.
«Non devi ringraziarmi. Devi baciarmi.» Spostai la testa all'indietro per incontrare i suoi grandi occhi verdi. Un sorriso malizioso era caduto sulle mie labbra.
Lauren si ricordò di avermi detto le stesse identiche parole nella sua camera e un barlume di complicità sommessa accese le sue iridi.
Controllò che i suoi genitori non fossero alle nostre spalle, poi mi attirò a se e mi diede un bacio casto, non passionale come quello che ci eravamo scambiate prima, ma più melliflue.
.....
«Resterai fino al giorno del compleanno di papà?» Chiese Aghata rivolta verso Lauren, mentre serviva il polpettone nei nostri piatti.
«Penso di sì.» Il suo sguardo guizzò verso di me, come se cercasse un accenno da parte mia. Sorrisi acconsentendo silenziosamente alla sua scelta è Lauren si affrettò a confermare ai genitori la sua effettiva presenza.
«E tu Camila? Resterai con noi?» Domandò Adlous mentre addentava un pezzo di carne.
Cercai le parole giuste per rispondere, ma non mi venne in mente niente. Lasciai che Lauren rispondesse per me.
Mi sentivo a disagio. Studiavo ogni movimento, ponderavo ogni parola e avevo il timore di dire o fare qualcosa di sbagliato che avrebbe messo la corvina in imbarazzo. Speravo solo che la cena finisse il più velocemente possibile.
«Dev'essere stato difficile fare l'infermiera per Trevor. Sappiamo quanto sia volubile.» Asserì con un certo sorriso la madre di Lauren, mentre con le mani si sistemava la gonna per accomodarsi sulla sedia.
Lauren tossì forsennatamente quando sua madre intavolò l'argomento Trevor.
Mi sfregai le mani l'una contro l'altra, alzai lo sguardo verso il soffitto e pensai ad una risposta che potesse non lasciar trapelare nessuna emozione che avevo riguardo quel ricordo.
«Non è stato facile, ma era il mio lavoro.» Scrollai le spalle e mi costrinse a mantenere un'espressione inafferrabile.
«Era proprio un bel tipo.» Rise Aldous sarcastico, puntando la forchetta contro la figlia seduta di fronte a lui «Non mi è mai piaciuto.» Terminò in maniera autoritaria, come per mettere in guardia Lauren di non trovare un altro che oltraggiasse la sua esigua pazienza.
«Tu hai un fidanzato Camila?» L'argomento si spostò velocemente su di me, in maniera troppo rapida per poter pensare ad una bugia plausibile.
«Io-io... Non credo.» Balbettai imbarazzata. Sentii le guance avvampare, tingersi dello stesso colore granata delle tende.
La madre di Lauren corrugò la fronte, appoggiò entrambi i gomiti sulla tavola e si sporse leggermente in avanti, verso di me.
«Non capisco. Sei fidanzata, oppure no?» Chiese nuovamente con aria più affabile stavolta, come se un sorriso cordiale potesse aiutare a compensare la mancanza d'ossigeno.
«Per l'amore di Dio!» Sbottò Lauren, sbattendo due pugni sulla tavola e richiamando l'attenzione dei presenti su lei.
«Camila è la mia fidanzata.»
Calò il silenzio.
Dapprima abbassai gli occhi sulla tavola, poi voltai lo sguardo verso la ragazza corvina seduta al mio fianco. Il respiro affannato di Lauren era l'unica cosa che spezzava il silenzio, ospiti sgradito.
«Aldous.» Aghata fu la prima a interpellare il marito. La mano della donna si poggiò sull'avambraccio del marito e si strinse attorno ad esso, esercitando una discreta pressione.
«Nostra figlia ci ha finalmente detto la verità.»
Quella frase inaspettata attirò l'attenzione spontanea di Lauren. Alzò di scatto la testa, portando lo sguardo sui genitori seduti di fronte a noi, i quali si guardavano con un sorriso complice.
«Aspetta... Cosa?» Domandò la corvina alla mia destra. La sua mano brancolava sotto il tavolo. Per pochi istanti rimasi inerme, giusto il tempo che mi accorgessi che stava cercando la mia.
L'afferrai velocemente, intrecciai le dita alle mie e sentii Lauren sciogliersi subitamente e tornare a respirare ad un ritmo più stabile.
«Lauren, lo abbiamo sempre saputo. L'abbiamo capito prima di te.» Iniziò suo madre. Si asciugò le mani sulla gonna, doveva essere un tic nervoso che aveva acquisito nel tempo.
«Da piccola guardavi le partite di football con tuo padre invece che accompagnarmi a fare shopping. Quando le tue amiche facevano commenti sui ragazzi, la tua opinione si basava sempre sugli attributi della ragazza che stava al suo fianco. Noi siamo fieri di te e oggi ancora di più, perché finalmente hai ammesso a te stessa chi sei. Sei nostra figlia, ti ameremo sempre.» Quando sua madre concluse il discorso, il padre annuiva lentamente concordando con le parole che la moglie aveva espresso meglio di quanto potesse fare lui.
Lauren aveva le lacrime agli occhi, ma era tutt'altro che triste. Si lasciò sfuggire un sospiro che presto si trasformò in un sorriso. Si alzò, circumnavigò il tavolo e fece scivolare le braccia attorno alle spalle di entrambi i genitori. Gli strinse forte e sussurrò un grazie all'orecchio di entrambi.
«Almeno non diventeremo nonni a breve.» Sdrammatizzò Aldous, ridendo.
Lo sguardo di Lauren guizzò su di me, gli angoli della bocca di entrambe si alzarono lentamente, fino ad innalzarsi esponenzialmente.
«A dire il vero...» Cominciò Lauren, raccontando alla sua famiglia di Heali.
Aghata quasi si mise a piangere dalla felicità e disse che già sentiva quella bambina parte della famiglia. Aldous invece non accennò a nessun pianto, ma volle vedere le foto di Heali e si innamorò di mia figlia appena riconobbe, a parere suo, gli occhi di Lauren sul volto paffuto della bambina.
......
Lauren sfilò la mia maglietta, mentre le sue labbra scorrevano sul mio collo, provocando brividi lungo tutto il mio corpo.
Alzai le braccia verso l'altro, aggrappandomi all'armadio dietro di me, cosicché le sue mani potessero sollevato l'orlo della t-shirt e toccare la mia pelle senza ostacoli.
Gemetti rumorosamente, aumentando il desiderio che scorreva veloce nelle sue vene.
«Lau...Lauren.» La interruppi, prendendo il mio volto fra le mie mani. Il suo respiro si infranse fragorosamente contro le mie labbra e l'impulso di baciarla si fece prepotentemente spazio in me.
«Ci sono i tuoi genitori.» Mormorai con tono sommesso, deplorato dalla scintilla di desiderio che Lauren aveva acceso in me.
La ragazza si avvicinò alle mie labbra, poggiò le sue mani sopra le mie e sfiorò la punta del mio naso con il suo, sfiorando solo lievemente la mia bocca schiusa per lei. Istintivamente sporsi la testa in avanti, cercando di afferrare le sue labbra erranti fra le mie.
«Non lo trovi più eccitante?» Sussurrò, allontanandosi di qualche centimetro per controllare l'espressione che si era dipinta sul mio volto al fine di quella che sembrò più una rivelazione che una domanda.
«Dannazione.» Imprecai, riprendendo le sue labbra fra le mie prima che potesse perdere il rossore che si era camuffato su di esse.
Afferrai i suoi fianchi e l'attirai verso di me, facendo scontrare i nostri bacini. Lauren lasciò scappare un sospiro mozzato, che mi permise di entrare nella sua bocca.
La sua lingua si attanagliò subito alla mia, disegnando cerchi ritmici.
Sfilò la mia maglietta, lasciandola cadere per terra e subito dopo si tolse anche la sua. Approfittai del momento di distacco per spingerla indietro e farla ricadere sul letto.
Mi sfilai i pantaloni, senza lasciare i suoi occhi. Il suo sguardo ispezionò il mio corpo ammaliato da ciò che vedeva.
Lauren si sbottonò i jeans, aprì le gambe e mi fece segno di avvicinarmi. Restai in piedi davanti a lei, mentre con le mani raccolsi i suoi capelli e li spostai dietro la schiena, scoprendo il collo.
La donna seduta di fronte a me carezzò la mia schiena con tocco gentile, sganciò il reggipetto e abbassò lo sguardo sul mio seno ora in bella vista. Al buio riuscivo a catturare a malapena i suoi movimenti, ma percepii le sue mani stringere il mio sedere e subito dopo le sue labbra si chiusero attorno al mio capezzolo.
Lanciai la testa all'indietro quando la sua lingua succhiò con forza il mio seno. Arrancai cercando la sua nuca, intrecciai le mani dietro il suo capo e la trattenni a me, serrando duramente le labbra per soffocare i gemiti.
Con le mani ancora sul mio sedere mi condusse sulle sue gambe e mi permise di montare a cavalcioni su di lei. Con le mani raggiunsi l'orlo dei suoi pantaloni e li abbassai. Lauren si dimenò per sfilarli del tutto. Nel movimento repentino i suoi pantaloni caddero in mezzo alla stanza e io mi ritrovai distesa sopra di lei, a contatto con il suo corpo quasi completamente nudo.
«Ho bisogno di sentirti.» Anelai sulla sua guancia, mentre mi aiutavo con le mani a sganciare il suo reggiseno e Lauren si occupava delle mutandine.
Le baciai il collo, scendendo lungo il suo petto e poi sul seno.
Afferrai le coppe nel mio palmo, giocai con il suo capezzolo stuzzicandolo con la lingua e tenni impegnato l'altro fra le mie dita.
«Ho voglia di sentirti contro di me.» Ripetei mentre serpeggiante scivolavo verso il basso.
Sfilai anche l'ultimo indumento, poi mi immisi fra le sue gambe, facendo forza con le mie per aprirle. Risalii al cima del letto, poggiai le mani al lato del suo volto e mi strusciai contro di lei, facendo scontare le nostre intimità.
Lauren si aggrappò alle mie spalle, mi schiacciò verso il basso, unendo i nostri seni l'uno contro l'altro. I suoi capezzoli turgidi sfregarono contro i miei, bruciando il mio corpo di desiderio.
«Più veloce, ti prego.» Lanciò la testa all'indietro disperatamente, come se avesse appena usato l'ultima riserva di ossigeno per implorarmi.
Aumentai il ritmo delle spinte, avvertendo la stessa esigenza che arrovellava anche lei.
Immersi la testa dentro l'incavo del suo collo, i suoi capelli solleticarono la pelle della mia schiena, le sue unghie invece la graffiarono.
Lauren gemeva più forte adesso e vanamente cercava di soffocare quel piacere ardente.
Percepii i suoi muscoli contrarsi sotto di me, di riflesso il mio corpo seguii il suo.
Lauren spalancò la bocca e lasciò uscire un sospiro che sembrò ricordare il suono del mio nome, poi si rilassò e i suoi ormoni si riversarono su di me.
Pochi secondi dopo anche io mi abbandonai alle braccia della passione e venni su di lei.
Riposai la testa sul suo petto, il quale si gonfiava irregolarmente seguendo la cadenza del suo respiro.
«Camila.» Lauren aveva preso ad accarezzarmi i capelli, quando la sua voce sfiorò le mie orecchie.
Mugolai in risposta, troppo esausta per poter alzare lo sguardo su di lei, o rispondere vocalmente.
«Non sono mai stata felice come lo sono adesso.»
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Ciao a tutti! Spero il capitolo vi sia piaciuto e che perdoniate la mia assenza. Non so se riuscirò a pubblicare assiduamente come prima, al massimo aggiornerò un giorno sì è un giorno no. Purtroppo ho delle cose da risolvere e spero questo non influisca su di voi e che vi faccia comunque piacere leggere questa storia :)
Vi ringrazio e vi aspetto nel prossimo capitolo! Ciao a tutti ❤️
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