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Capitolo quarantasette

«Tu mi ami?» La sua voce tonante riecheggiò nella stanza, turbandone l'equilibrio.

«Questo non è il punto.» Mi limitai a dire, alzandomi dal divano velocemente e prendendo a camminare nella stanza.

«Potrà anche non essere il punto, ma io voglio saperlo.» Incrociò le braccia al petto, portò lo sguardo su di me e, anche se riuscii a catturarlo solo per un istante prima di abbassare la testa e tornare a marciare avanti e indietro, lo sentii ardere contro la mia pelle.

Sospirai pesantemente, percependo un senso di asfissia aggredirmi irrefrenabilmente.
Mantenni lo sguardo fisso sulle punte dei miei piedi, nonostante ciò riuscì a sentire il suo sguardo ispezionare ogni mio movimento. Forse stava cercando la risposta nei miei gesti.

«Io sono solo... confusa.» Ammisi infine, voltandomi verso di lei con esasperazione.
I suoi occhi si ridussero in due fessure strette, dalle quali cercava di comprendere il senso della mia dichiarazione, che evidentemente le sfuggiva.

«No, non sono confusa.» Mi corressi, stringendomi nelle spalle «Sono impaurita.» La mia voce risultò leggera come un sussurro proferito nel vento.

Camila respirò profondamente, le sue iridi si illuminarono e annuì risoluta, come se adesso avesse messo un punto esclamativo lì dove ne persisteva uno interrogativo.

«Okay? Sì, sono spaventata. Ho paura che la tua dichiarazione non sia reale, che te ne pentirai, che domani mattina ti guarderai indietro e capirai di aver sbagliato.» Presi a giocare nervosamente con le dita della mani, mentre il mio sguardo si posava distrattamente su ogni punto della stanza senza però coinvolgere il suo. Temevo che nei suoi occhi avrei potuto leggervi la verità delle mie supposizioni.

«Non è così.» Mi interruppe bruscamente, quasi irritata. Si avvicinò a me, dimezzando la distanza che prima disgiungeva i nostri corpi.
«Dovrei essere arrabbiata perché sottovaluti i miei sentimenti, ma sto cercando di vedere le cose da un altro punto di vista. Hai cambiato vita per me e in tre mesi hai rivoluzionato le tue abitudini. Lo so che fa paura, che hai il timore che io non mi senta pronta ad una relazione seria, ma ti assicuro che non è così.» La sua voce spezzata e tremula mi trasmise parte della disperazione che riluceva nei suoi occhi.

Afferrò le mie mani e le intrecciò alle sue, facendomi trasalire.
Camila mi attirò più vicina, ad un passo dalle sue labbra.
Poggiò la fronte contro la mia e scosse leggermente la testa, enfatizzando il messaggio che tentava di trasmettermi.
Chiusi gli occhi, colta da un'improvviso senso di protezione.
La vicinanza con il suo corpo azzerò i miei pensieri, rimodellò i miei dubbi, diede un senso alle sue parole.
Stava cercando di convincermi senza usare frasi superflue, perché certe cose si possono dire solamente abbracciandoci.

«Ho ragione? Hai paura?» Mormorò. Il suo respiro si infranse contro il mio, le sue mani presero ad accarezzare i miei capelli gentilmente, come per assottigliare le mie insicurezze.

«Sì. Ho davvero tanta paura, perché io ti amo davvero e non so...» Non mi accorsi neanche di averlo detto, di aver finalmente ammesso quello che provavo, ma constatai di averlo fatto leggendo la luce improvvisa che contraddistinse le sue iridi.
Se prima erano spente e annebbiate, ora risplendevano come un cielo terso.

Camila spinse le sue labbra contro le mie con foga, passando la lingua sulla giunzione per farsi spazio dentro la mia bocca.
Le sue mani avevano assunto un tocco del tutto diverso, voluttuoso. Si erano strette in due pugni sui miei capelli e aveva preso a tirargli leggermente all'indietro provocando brividi lungo la mia spina dorsale.
Intanto la sua lingua disegnava movimenti circolari contro la mia, con disperato bisogno.

«Camz..» Cercai invano di dissuaderla per riprendere l'argomento, ma infondo nemmeno io volevo smettere ciò che avevamo iniziato.

«Lauren... Sta zitta.» Mi ammonì, distaccando le sue labbra dalle mie solo di pochi millimetri.
Il mio respiro si era fatto affannoso, rispondeva alle necessità delle quali il mio corpo intendeva essere soddisfatto.

«È ancora San Valentino.» Sentenziò con voce rauca, ammiccando nella mia direzione.
Non ci capii più niente.

Ripresi a baciarla passionalmente, inondando le sue labbra di morsi e le sue spalle di graffi.
Camila intrecciò la sua mano alle mie e, senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi, mi guidò al piano di sopra.

Quando la porta di camera si richiuse alle nostre spalle, Camila mi fece voltare di forza. Poggiai istintivamente le mani contro il muro per non cadere. Spostò i miei capelli su un lato, lasciando scoperto il collo.
Si abbassò lentamente su di me, facendo scontrare la sua intimità con le mie natiche.
Sussultai al contatto e lanciai la testa all'indietro, pregandola tacitamente di baciarmi la pelle scoperta.

Camila soddisfece la mia richiesta.
Le sue labbra si impressero contro il mio collo. Lasciò una scia di baci umidi fino alla spalla, poi risalì tracciando il sentiero con la punta della lingua. Si soffermò su un punto indefinito e afferrò un lembo della mia pelle con i denti.
Inarcai la schiena, scossa da un'improvvisa, e insostenibile, scarica di elettricità che percorse tutto il mio corpo aumentando le pulsazioni del mio basso ventre.

Mentre era impegnata a succhiare, mordere, leccare, marchiare il mio collo le sue mani si concentrarono sulla zip del vestito.
L'abbassò del tutto, aiutandomi poi a sfilare l'abito e restare solamente in intimo.
Velocemente si sbarazzò anche del suo vestito nero e lo ammucchiò sul pavimento assieme al mio.

Le sue mani fredde strinsero subito i miei fianchi, facendomi trasalire. Le sue dita si spostarono verso l'ombelico, risalirono su fino si miei seni dove vennero ostacolate dal tessuto in pizzo. Camila percorse l'orlo del reggipetto con le sue dita, solleticando le scapole.
Sganciò il ferretto, permettendomi così di togliere l'indumento.
Le sue mani tornarono sopra i miei seni, stavolta con più vigore, sicure di trovare un contatto con la pelle.
Ghermì le mie coppe con fare istruito, togliendomi immediatamente il respiro.
Si concentrò sui miei capezzoli già turgidi e giocò con essi, facendomi avvertire il bisogno di sentire le sue labbra contro di essi.

Mi voltai agilmente verso di lei, afferrai la sua nuca e la condussi verso i miei seni.
Camila non oppose resistenza, ma anzi si lasciò guidare dalle mie mani, dalle mie necessità.
Le sue labbra si chiusero attorno ai miei capezzoli e la sua lingua lavorò su di essi in maniera esperta.
Gemetti rumorosamente, non riuscendo più a fermare i mugoli che si formavano in gola.
Lei, per zittirmi, portò due dita contro le mie labbra ed esercitò una leggera pressione, inducendomi a succhiarle.
Obbedii ai suoi ordini, intenzionata a seguire le sue direttive per filo e per segno.

Inumidii le sue dita come mi era stato esplicitamente richiesto, mentre con l'altra mano Camila abbassò impacciatamente l'elastico delle mie mutandine. L'aiutai a sfilare del tutto l'intimo e mi ritrovai completamente esposta davanti ai suoi occhi famelici.
Portò le dita precedentemente bagnate contro il mio sesso.
Percorse interamente le labbra e si soffermò sull'entrata, solamente stuzzicandola con la punta delle dita. Divaricai le gambe e avvicinai il bacino contro la sua mano, affamata di un desiderio insaziabile.
Un sorriso compiaciuto increspò le sue labbra, ma stavolta non si piegò sotto la mia volontà.
Ripercorse la mia intimità all'inverso e prese massaggiare il clitoride, avvalendosi di movimenti circolari e rapidi.

Gettai la testa all'indietro, appoggiando solo essa contro la parete mentre tutto il mio corpo era sospinto verso l'alto, inarcato verso di lei.
Camila baciò nuovamente il mio collo, marcò i lineamenti del mio volto con le sue labbra e, quando il mio respiro si fece più pesante e il mio corpo accennò ad irrigidirsi, diminuì la velocità del polso.

«Camz...» La pregai, aggrappandomi alle sue spalle per non cedere.
Le sue labbra si trovarono ad un centimetro dalle mie, il suo respiro caldo si confuse al mio.

«Non ho ancora finito.» Sussurrò, sfiorando solamente l'epidermide rossa e gonfia per i continui assalti subiti dai suoi denti.

Fece un passo all'indietro, mantenendo lo sguardo dentro al mio. Percepivo il sangue affluire irregolarmente dentro le mie vene, riversarsi nel mio basso ventre e riverberare sulle mie guance accaldate.
Camila si tolse gli ultimi indumenti che coprivano il suo corpo, poi mi tese la mano che non tardai ad afferrare e mi sospinse contro il letto.

Ricaddi sul materasso, credendo che anche lei si sarebbe adagiata su di me, ma invece era ancora in piedi, davanti ad una cassetta aperta.
Tirò fuori l'oggetto erotico che le avevo regalato per commemorare il giorno di San Valentino.

Girai la testa dall'altra parte, sentendo improvvisamente il mio volto avvampare per l'imbarazzo.
Il materasso si affossò sotto di me e la figura di Camila inginocchiata in fondo al letto si stagliò di fronte al mio sguardo.
Deglutii a forza, perdendo completamente l'andamento regolare del respiro.

Gattonò fino a me, poggiò le mani ai lati della mia testa, ingabbiandomi fra le sue braccia e serrando il mio bacino con le sue gambe.
Sentii una protuberanza strusciare contro la mia intimità, ma non ebbi tempo di realizzare che si accasciò contro di me, i suoi seni incontrarono i miei e con un movimento deciso entrò di me.

Tutta l'aria uscì dai miei polmoni in un solo ed unico disperato sospiro.
Strinsi le coperte fra le mani e lasciai che il suo corpo facesse mi cullasse in un maremoto di piacere.
Camila si muoveva avanti e indietro, riempiendomi con movimenti sempre più determinati.

Si accorse che il mio corpo si stava lasciando trasportare dal desiderio, che stavo per raggiungere l'apice, così dissolse la stretta contro le lenzuola e intrecciò dolcemente le sue dita alle mie.
Un'altra spinta e mi irrigidì sotto di lei, mentre i miei umori si riversavano sullo strap-on, la mia voce gridò il suo nome, aleggiando nella stanza come un'eco e subito dopo mi rilassai.

Camila sfilò il giocattolo e lo lasciò cadere sul pavimento, poi si riposò contro il mio petto.
La sua pelle aderì subitamente alle mia, i suoi capelli si appiccicarono contro le mie spalle sudate.
Respirai profondamente, dando tempo al mio corpo di ristabilire un ordine regolare.
Lei baciò il mio petto, come per moderarne l'innalzamento convulso.

«Cazzo, è stato...» Anelai, lasciando la frase in sospeso perché diminutivo sarebbe stato l'utilizzo di qualsiasi aggettivo.

Camila annuì flebilmente, concordando silenziosamente con me.
Quando ebbe ripreso un minimo di forza, si alzò per adagiarsi al mio fianco e puntò lo sguardo sulle mie labbra ancora schiuse.

«Devo ancora darti il mio regalo di San Valentino.» Mormorò, avvicinandosi alla mia spalla e puntellando il mento contro di essa.

«Puoi farlo in un altro momento.» Minimizzai, voltandosi verso di lei e lasciandole un bacio casto sulle labbra.

«No, voglio farlo adesso.» Si sporse verso il comodino alla mia destra e aprì una cassetta, tirando fuori una busta bianca. Per un istante il suo sguardo si posò sulla carta con indecisione, ma subito dopo me la porse accennando ad un flebile sorriso.

«Mi hai regalato una stella?» Scherzai mentre schiudevo malamente la busta, strappandone prima i bordi e poi dirigendomi verso il centro.

«Qualcosa di molto meglio.» Suggerì maliziosamente, allungando la testa verso di me. Corrugai la fronte e prima di venire a conoscenza del reale contenuto, ipotizzai giocosamente
«Un pianeta?»

Camila mi tirò un pugno sulla spalla, rise scuotendo la testa in segno di diniego.
Tirai fuori il documento dalla carta.
Tanto rimasi sbalordita che diverti rileggere per quattro volte le righe stampate con inchiostro nero.

«No, non è vero... Non l'hai fatto...» Mi voltai verso di lei. Un ampio sorriso illeggiadriva il suo volto, mentre immaginavo la mia espressione allibita suscitare la risatina che Camila mi dedicò successivamente.

«Avevo dei risparmi e quindi..» Scrollò le spalle come se niente fosse e mi lasciò un bacio sulla guancia, afferrando l'altra nel palmo della sua mano.
«Adesso dovrò trovare un lavoro, ma ne è valsa la pena.» Il modo suggestivo in cui le sue parole riempirono l'ambiente immerso nel silenzio, mi fece ammettere la realtà dei fatti e gli angoli della mia bocca si incurvarono in un sorriso.

«Camz, tu sei pazza.» Dichiarai, stringendo in una mano il documento ufficiale e con l'altra cinsi la sua vita per avvicinarla a me.

«Non è uno scherzo vero? Perché preferirei saperlo, voglio dire...» Iniziai a farneticare, sospettando dell'autenticità del foglio.
Camila rise, abbattendo ogni mio dubbio.

«No Lauren. È la verità. Ti ho regalato la casa di Washington perché hai detto che la sentivi tua.» Alzò il mento verso di me, incrociando il mio sguardo «Magari un giorno, fra qualche anno, potremo andarci a vivere insieme. Ci sarebbe molto più spazio anche per Heali.» I suoi occhi erano ora rivolti verso il soffitto, edificano progetti, ricostruivano i muri in disfacimento, ornavano le pareti con quadri e fotografie di famiglia, ritinteggiavano le stanze e le ammobiliavano.
Era bellissima, immersa in progetti riguardanti un futuro che coinvolgeva entrambe.

«...Un caminetto, sarebbe bello e due bagni, ne abbiamo bisogno perché tu ci metti un'eternità a farti la doccia. Penso tu sia la persona più lenta che...»

«Ti amo.» Dissi impulsivamente, ammantandola maggiormente fra le mie braccia. Camila sorrise e annuì, come se già lo sapesse.

«Anch'io ti amo.» Pausa «Ma ero sincera sul fatto della doccia. Sei incredibilmente lenta.»  Scoppiammo a ridere e ci addormentammo fra progetti futuri, speranze rinnovate.

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Ciao a tutti. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo inizierò a scriverlo domani, o forse stasera, perché ho impiegato più tempo del previsto per concludere questo e oggi non avrò molto tempo per dedicarmi alla scrittura, perciò penso che il prossimo capitolo uscirà fra Martedì, forse Mercoledì.. scusatemi.

Vi ringrazio ancora una volta per tutto e vi aspetto nei prossimi capitoli. Ciao😘

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