Capitolo diciassette
Pov Lauren
«Potresti anche smetterla. Mi stai irritando.» Mi riprese Dinah con aria scocciata. Mi ritirai indietro, poggiando la schiena contro il sedile scomodo.
«Di fare cosa?» Domandai con aria innocente, ma in realtà sapevo esattamente a cosa si riferiva.
«Di guardare Camila mentre dorme. È inquietante.» Incrociò le braccia al petto e si girò verso il finestrino. Una leggera pioggerella si imbatteva contro il vetro cadendo in grandi gocce, per poi scivolare giù in linee disordinate.
Ci stavamo avvicinando a casa, ormai mancavano pochi chilometri e sarei tornata da Trevor. Non ne ero felice, anche se avevo bisogno di parlare con lui. Per questo guardavo Camila dormire, perché non ero sicura fra quanto tempo avrei potuto osservarla indisturbatamente.
La sua testa penzolava sulla mano, i lindamente rilassati, le ciglia ombreggiavano il suo volto, le sue labbra schiuse dalle quali usciva un respiro placido, l'altro braccio stringeva Heali sul suo petto.
Aveva un'aria pacificamente celestiale. Quando dormiva sembrava ancora più bella.
«Che cosa farsi quando tornerai a casa?» Chiese Dinah riportando la sua attenzione su di me. Ovviamente le avevo raccontato quello che era successo e anche se all'inizio ne era rimasta piacevolmente sconvolta, poco dopo il suo entusiasmo si era spento e mi aveva subito chiesto che cosa avessi intenzione di fare con Trevor. Le spiegai che io e Camila ci eravamo concesse del tempo, che dovevo trovare il momento giusto per informare Trevor della nostra... relazione? Si poteva chiamare così? Non lo so, ma io usai proprio quella parola.
Relazione.
«Mi farò una doccia, poi andrò a dormire.» Cercai di divagare. Dinah mi colpì sul braccio e io sorrisi, lanciando un'occhiata furtiva verso Camila che era ancora assopita.
«Credo che parlerò con Trevor, ma gli racconterò solo dei giorni che abbiamo trascorso. Poi giorno dopo giorno gli manderò dei segnali fin quando non si renderà conto di quello che sta succedendo.» Immaginai il quadro davanti a me. Se tutti i punti si sarebbero uniti come avrei voluto io, allora sarebbe andato tutto bene. Ma diciamoci la verità, quando è che le cose vanno come previsto?
«Credo che sia il piano più stupido che abbia mai sentito.» Disse prettamente Dinah senza girarci troppo intorno.
Arricciai il naso contrariata, ma in fondo sapevo anch'io di assumere un temperamento infantile.
«Dovresti parlargliene schiettamente. Non dilungare troppo la faccenda, gli farebbe solo più male.» Si girò verso Camila, così io la imitai «Togli il dente in una volta sola.» Terminò sospirando.
Ero talmente assorta dalla visione della ragazza dai capelli scuri che mi limitai ad annuire in risposta senza aggiungere una parola di più, come se la mia voce potesse svegliare Camila e non volevo disturbare i sui sogni.
«Dinah.» Mormorai senza distogliere lo sguardo da Camila. Con la coda dell'occhio vidi la mia amica voltarsi verso di me «Ho paura.» Ammisi senza vergogna.
La sentii sospirare rumorosamente, al che spostai gli occhi su di lei per interpretare cosa quel respiro significasse.
«È normale.» Diede una rapida scrollata di spalle, alzò lo sguardo verso l'alto come se stesse ricordando qualcosa «Quando si fa un passo così importante è naturale essere spaventati. La tua vita cambierà drasticamente, le persone attorno a te ti vedranno in maniera diversa, ma ti ameranno lo stesso.» Si affrettò a rassicurarmi, poi annuii in maniera malinconica come se stesse parlando di qualcosa già vissuto.
«Anche tu non sarai la stessa persona. Diventerai qualcuno felice, perché finalmente avrai trovato te stessa.» Puntò il dito contro il mio petto e lo ticchettò sopra il cuore sorridendo.
«Ma non sarà tutto rose e fiori. A volte ti sveglierai la mattina, ti guarderai attorno e non riconoscerai niente della tua stessa vita. Per un po' ti sentirai disorientata, spaesata, ma fidati ne sarà valsa la pena. Meglio affrontare quella spiacevole sensazione che vivere una vita falsa.» Il sorriso confortante che si formò sul suo volto mi diede un incoraggiamento per affrontare il periodo difficile che mi si prospettava davanti.
Ero consapevole di come avrebbe reagito la mia famiglia. Mia madre ne sarebbe stata talmente delusa da non parlarmi più, ma anzi probabilmente sarebbe andata a consolare Trevor. Mio padre sinceramente non so come avrebbe reagito. Era un uomo insondabile e ci si poteva aspettare di tutto da lui, per questo speravo che almeno lui mi si sarebbe schierato dalla mia parte sostenendo la mia decisione.
I miei amici, nonostante ne avessi davvero pochi, non credo che gli sarebbe importato molto.
E Trevor... Ne sarebbe uscito distrutto. La prospettiva peggiore era che non avrebbe mai ritrovato la forza di rifarsi una vita e che l'unica persona che gli sarebbe vicina sarebbe stata un'infermiera. Dio, non volevo nemmeno pensarci.
L'autobus si fermò di colpo. Sobbalzai in avanti, strinsi il sedile di fronte a me per non cadere. Dinah scese velocemente per non fare la fila al bagno, del quale aveva urgentemente bisogno.
Mi trattenni con scuse banali, tipo rovistare nello zaino alla ricerca della bottiglietta d'acqua, ma in realtà stavo solo prendendo tempo.
Quando tutti furono scesi, eccetto il conducente che ora si era abbassato la visiera, incrociato le braccia e cercava di dormire, allora mi avvicinai a Camila.
Mi presi qualche secondo ancora per guardarla dormire. Era una visione troppo soave per svegliarla, ma almeno che non la volessi lasciare sul bus dovevo interrompere il suo sonno.
La scossi gentilmente per la spalla, ma lei mi scacciò via brontolando.
Risi vedendo l'espressione buffa che le si disegnò sul volto. Aveva arricciato le labbra e corrugato la fronte, come se inconsciamente sapesse che qualcuno si stava intrufolando nei suoi sogni e non le piaceva affatto.
La scossi nuovamente, stavolta con più forza, ma ottenni lo stesso risultato. Nel frattempo Heali si era destata, si era stropicciata gli occhi ed era corsa al bagno.
Mi guardai attorno per controllare che nessuno ci stesse guardando, dopodiché mi chinai davanti a lei, le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poggiai delicatamente le labbra sulle sue.
Il suo respiro dapprima pesante adesso si era calmato, le sue labbra abbandonate a loro stesse ora stavano ricambiando il mio bacio.
Lentamente schiuse gli occhi, ma gli richiuse appena notò la mia bocca premuta contro la sua. Si sistemò sul sedile, io spostai il peso sulle punte e mi sporsi maggiormente verso di lei. Le sue mani accarezzarono i miei capelli gentilmente, le mie si spostarono sui suoi fianchi e accarezzai il tessuto della maglietta facendo leggermente pressione per sentire la pelle sottostante.
«Mhh.» Mugolò sorridente, poi lentamente appoggiò la testa contro lo schienale. Il suo sguardo guizzò verso il posto accanto a lei ora vuoto.
«Dov'è Heali?» La sua apprensione era chiara. Si guardava attorno innervosita, ma la rassicurai avvertendola che aveva raggiunto Dinah e insieme avevano fatto una sosta al bagno.
«Ho dormito per tutto il tempo?» Domandò con la sua solita voce roca che mi faceva impazzire. Annuii avvertendola che eravamo arrivate da qualche minuto ormai.
Il suo volto si incupì, era chiaro il timore nella sua espressione. Le sue mani cercarono le mie e poi con un cenno del capo mi disse silenziosamente di sedermi accanto a lei. Obbedii.
«Adesso torneremo ad essere impiegata, datore di lavoro.» Il fastidio nel suo tono era evidente.
Intrecciai le dita alle sue, osservando come combaciavano perfettamente alle sue.
«Noi sappiamo di essere molto di più.» Le ricordai con voce flebile, sicura di ciò che avevo appena sentenziato, ma non altrettanto certa di quale titolo ci definisse meglio.
«Però io dovrò passare la maggior parte del mio tempo con Trevor e se si accorgesse di qualcosa? Che cosa dovrei digli?» Strabuzzò gli occhi presa dal panico.
«Non succederà.» Feci pressione con le dita sul dorso delle sue mani, con il pollice accarezzai la sua pelle liscia come se quel gesto intensificasse il messaggio.
Camila annuì lievemente, rassicurata dal mio movimento ritmico, ma non ancora del tutto convinta.
Mi alzai dal sedile strattonando anche lei per aiutarla a mettersi in piedi.
Le raccolsi lo zaino da terra e lo misi spontaneamente sulle mie spalle, ma lei mi fece prontamente notare che sarebbe stato strano vederci camminare insieme, io che portavo la sua borsa... Erano gesti che normalmente una coppia fa.
Le feci scivolare la cartella sulla sua spalla e la sistemai con dei colpetti rapidi leggermente imbarazzata.
Stavo scendendo dall'autobus, intanto il conducente si era addormentato e ronfava rumorosamente.
«Lauren.» La mano di Camila si strinse attorno al mio polso e mi girò con forza verso di lei. Inizialmente sorrisi pensando che volesse baciarmi, ma rilassai i muscoli della faccia quando mi accorsi della sua espressione buia.
«Perché ho l'impressione che sia un addio?» Chiese abbassando lo sguardo incapace di sostenere il mio.
Sospirai rasserenata. La sua insicurezza era indicibilmente adorabile.
Le alzai il mento delicatamente e quando i suoi grandi occhi si persero nei miei mi sporsi in avanti per baciarla sulla fronte. Camila inspirò profondamente quando le mie labbra si poggiarono contro la sua pelle, come se per qualche secondo le avessero tolto tutta l'aria dai polmoni e ora gliela stavo restituendo.
«L'idea che mi perderai non significa necessariamente che succederà.» La rassicurai concludendo con un sorriso. La pressione sembrò allentarsi sul volto di Camila. Questa volta su lei a dare una rapida occhiata alle mie spalle, per poi baciarmi castamente sulle labbra e in maniera troppo rapida per non poterne desiderare un altro.
«Scusa, ma non so quando potrò farlo di nuovo e...» Tentò di spiegarsi, ma la interruppi prima che potesse finire. Poggiai un dito sulle sue labbra e la intimidì di tacere.
«Se tenessi la bocca chiusa potrei baciarti come si deve.» Finalizzai in maniera alquanto sexy, ma al contempo dolce.
Camila sorrise e fece finta di cucirsi la bocca. Afferrai la sua nuca e la portai gentilmente più vicina a me, facendo scontrare le nostre labbra in un bacio casto che approfondì nel giro di qualche secondo. La sua lingua spingeva in profondità dentro la mia bocca, io percorrevo il suo labbro inferiore succhiandolo avidamente.
Feci scivolare la mano da dietro la sua nuca verso la guancia, aprii il palmo per riempirlo interamente e le accarezzai i lineamenti con il pollice.
Camila sfregò le sue mani contro la mia schiena, non pesantemente, anzi con tocco effimero. Si fermò sull'orlo dei pantaloni dove improvvisamente fu indecisa se proseguire verso il basso e stringermi le natiche, oppure interrompere lì la corsa ed entrare sotto al tessuto di jeans.
Infine eseguì la prima azione. Aprii maggiormente la bocca, facendo uscire un gemito soffocato, quando le sue dita si strinsero sulla parte bassa del mio corpo.
Ci distaccammo quando in lontananza udimmo la voce di Dinah che probabilmente aveva assistito alla scena e aveva alzato il volume del tono per avvertirci che lei ed Heali stavano tornando.
Anelammo entrambe, ancora a qualche centimetro dal suo volto adesso colorato di rosso, le sue labbra gonfie e piene, i capelli leggermente scompigliati per la foga.
Immaginai di avere lo stesso identico aspetto e velocemente mi diedi una sistemata, pettinando la massa di capelli con le mani e facendo dei respiri profondi per ripristinare il ritmo normale.
«È stato...» Mormorò boccheggiando, i suoi occhi non si spostarono per un secondo dai miei.
«Lo so.» Risposi altrettanto affannata, ma compiaciuta.
Sul viso di Camila si estese un allegro sorriso, anche un po' malizioso come se la nostra relazione occulta fosse più eccitante di qualsiasi altra avesse avuto in passato.
Per quanto possa sembrare un'idiozia, assecondavo quel suo pensiero malsano che mi faceva sentire stranamente ribelle, una sensazione carica di adrenalina che ancora all'età di venticinque anni dovevo provare.
Dinah ed Heali ci raggiunsero come previsto nel giro di qualche minuto. La bambina era in collo alla più grande e teneva la testa appoggiata sulla sua spalla.
Heali tese subito le braccia verso di me e io l'afferrai con disinvoltura. La cinsi per le gambe, lei di conseguenza appoggiò il capo nell'incavo del mio collo e mugolò qualcosa come "ho sonno" oppure "ho fame".
Dinah ci lanciò un'occhiata truce ad entrambe, rimproverandoci silenziosamente per la scena di prima. Mimai uno "scusa" e penso che Camila fece lo stesso.
Dopodiché ci dirigemmo tutte verso la sua macchina e riaccompagnammo le due sorelle a casa.
Heali restò per tutto il viaggio addosso a me e nonostante fosse pesante e avessi un braccio intorpidito, non era ingombrante, anzi mi piaceva tenerla in collo e cantarle una canzone per farla addormentare.
In pochi minuti arrivammo nel loro viale e dovemmo salutarci. Camila aprii la portiera posteriore dove ero seduta io, sfilò Heali dalle mie braccia e poi furtivamente prese la mia mano nella sua ed esercitò una leggera pressione, come per ricordarmi che anche se stavamo tornando alla nostra vita non dovevo dimenticarmi di lei. La rassicurai con un timido sorriso e allora lasciò andare la mia mano e sparì dentro casa.
Adesso capiva cosa intendeva quando diceva che le sembrava un addio. È una sensazione che ti coglie all'improvviso, ti sopraffà in un attimo e tutte le tue certezze si sgretolano fra le dita.
Cercai di non pensarci, mi focalizzai su Trevor e su quello che avrei dovuto dirgli una volta arrivata a casa, ma la mia mente tornava sempre a Camila, ai baci che ci eravamo scambiate, agli sguardi che ci eravamo dedicate.
Più la macchina si avvicinava a casa mia, più mi sentivo in colpa per ciò che sta per succedere e allora spostai l'attenzione su Dinah, sperando che il suo sarcasmo potesse sollevarmi di morale.
«Lo sai, in questi giorni abbiamo parlato quasi sempre di me. Che cosa farei tu quando tornerai a casa?» Mi girai verso di lei, mettendo il piede sotto al sedere e sganciando la cintura perché d'impaccio.
Lei mi lanciò un'occhiata contrariata. Odiava che qualcuno le sporcasse il sedile di pelle, ma comunque non disse niente e tornò a concentrarsi sulla strada.
«Quello che faccio sempre.» Scrollò le spalle annoiata «Cucinerò, guarderò Justin commiserarsi e andrò a dormire. Almeno che non abbia organizzato una festa e ci sono buone probabilità che l'abbia fatto.» La sua faccia terrorizzata all'idea di dover trascorrere una serata con gli amici di suo marito, o peggio con i suoi genitori, mi fece ridere.
«Comunque se io sto prendendo in considerazione l'idea di rivoluzionare la mia vita, tu potresti pensare seriamente al divorzio.» Allungai una mano verso il suo braccio teso sul volante e l'accarezzai incoraggiante. Volevo bene a Dinah e desideravo che anche lei conducesse la vita che voleva e non una alla quale si sentiva obbligata a rispettare.
«Ci penserò.» Disse sospirando amaramente, poi girò le chiavi e spense il motore. Inizialmente corrugai la fronte confusa, ma quando mi girai per guardare alle mie spalle riconobbi la casa sulla spiaggia. Eravamo arrivate.
«Fa' quel che è giusto.» Disse con voci confortante. Adesso si erano scambiati i ruoli ed ero quella bisogna di coraggio.
Annuii ancora rivolta verso la facciata, poi ringraziai Dinah di tutto e scesi velocemente dall'auto. Recuperai le valigie nel bagagliaio e corsi in casa riparandomi dalla pioggia con il giubbotto.
Entrai nel corridoio ansimante. Feci scivolare il giubbotto sull'attaccapanni. Nonostante avessi avuto la premura di coprirmi alcune ciocche erano bagnate.
Mi tolsi le scarpe fangose e le lasciai vicino all'entrata. Provai a chiamare Trevor, ma la voce mi si bloccò in gola, ostacolata da tutti i dubbi e i timori.
Feci un bel respiro, riempii i polmoni e lasciai uscire tutta l'aria urlando il suo nome.
Sentii il rumore familiare delle ruote che sfregavano contro il pavimento, chiusi gli occhi infastidita e gli riaprii quando il rumore si fermò e Trevor fu davanti a me.
«Vieni qui.» Mormorò commosso allungando le braccia verso di me. Avanzai esitante in direzione delle sue braccia. Torturavo la manica del cardigan nervosamente. Non avevo voglia di abbracciarlo, ma lui sembrava averne bisogno più di qualsiasi altra cosa.
Mi sedetti sulle sue gambe riluttante e gli concessi un sorriso tirato. Lui sembrò non accorgersene.
Faticò ad alzare il braccio, ma quando ci riuscii la sua mano entrò in contatto con la mia guancia. Tentai di ampliare il sorriso, ma credo che ne uscì una smorfia. Non colse nemmeno quella.
«Mi sei mancata.» Disse in un sussurro emozionato. Non risposi, non volevo mentirgli più di quanto dovessi.
Non fece caso nemmeno a quello tanto era felice di avermi fra le sue braccia.
«Com'è andata a Houston?» Domandò fissando il suo sguardo nel mio, come se so stesse accertando che fossi reale. Sotto i suoi occhi mi sentivo a disagio, così guardai in un'altra direzione.
«Bene, tutto sommato bene.» Adesso si era formato un vero sorriso sulle mie labbra, ripensando ai giorni che avevo trascorso con Camila.
«Abbiamo girato poco, ma ci siamo divertite molto.» Parlarne mi faceva sentire ancora più in colpa, ma se evitavo l'argomento avrei dovuto affrontare le smancerie di Trevor e non ero proprio in vena.
«Dinah, Camila ed Heali sono state sempre con te?» Chiese ignaro di tutto. Sentii un'improvvisa vampata di caldo e mi alzai di scatto dalle sue gambe, con la scusa che avevo i vestiti umidi per colpa della pioggia e non volevo attaccare le sue basse difese immunitarie.
«Si, si.» Giocai nervosamente con le dita delle mani, mentre rispondevo restavo girata di spalla a guardare il mare infuriarsi sotto la percuotente pioggia.
«Dov'è Julien?» Mi voltai a cercare la ragazza, quando non la trovai da nessuna parte.
«L'ho mandata via prima. Volevo restare con te.» Spinse la manovella in avanti e automaticamente avanzò verso di me.
La luce che aveva acceso i suoi occhi non mi piaceva per niente. Conoscevo quel barlume di malizia. Deglutii quando con le ruote sbatté impacciatamente contro le mie gambe, ma non mi mossi.
«Trevor, no.» Lo fermai quando la sua mano afferrò le mie gambe e strinse sotto le natiche.
Feci un passo indietro, trovandomi con le spalle contro la porta.
«Non ti va?» Domandò indispettito. Una ruga si era formata al lato dei suoi occhi.
Chiusi gli occhi e scossi la testa dissentendo.
«Non mi va, no.» Confermai dispiaciuta, riportando lo sguardo dentro al suo che adesso si era annebbiato. La sua faccia era diventata improvvisamente pallida e il suo respiro si era fatto più corto e spezzati.
Non avevo mai rifiutato prima d'ora. Sentivo la necessità di assecondare i suoi bisogni per non rendergli la vita più difficile di quanto fosse già, ma per la prima volta quella sera rispettai la mia volontà.
«Trevor io...» Iniziai a spiegargli, ma venni interrotta subito. Il suo corpo aveva iniziato a contorcersi convulsamente, la testa lanciata all'indietro senza controllo e i denti che stringevano con forza la lingua.
«Trevor!»
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Ciao a tutti. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ho cambiato la copertina della storia perché questa nuova mi piaceva di più, quindi speriamo la pensiate alla stessa maniera :)
Un bacio e alla prossima 😘
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