2- Non posso, devo lavorare
Speravo fosse passata almeno una settimana quando la mia sveglia prese a suonare, ma appena lessi la data sul dispositivo trattenni un urlo disperato. Erano passati solo due giorni da quando la direttrice mi aveva spedita a casa, senza motivazioni valide.
Rimasi sdraiata a letto, potendomi permettere qualche minuto di riposo in più, o meglio, qualche minuto di ruminazioni e altro.
"Cos'è per me Young Adult? " mi costrinsi a pensare, ma a parte qualche frase scontata e superficiale non riuscivo proprio a capire cosa volesse da me Melania. Non ero cambiata, avevo solo cominciato a mettere la testa a posto, diventando più responsabile. Essere responsabili non si poteva definire un cambiamento, se mai un miglioramento.
Il mio telefono da lavoro squillò, avvisandomi che fosse arrivato un messaggio, facendomi dimenticare i miei precedenti pensieri. Appena lo presi in mano lessi il nome della mia assistente Sara e lo aprii senza troppe cerimonie.
Sara-
Buongiorno, volevo solo avvertiti che tua madre ti sta cercando.
Mi ha chiamata come suo solito e ha saputo che sei in ferie, credo stia arrivando nel tuo appartamento.
I miei occhi si spalancarono spaventati. Poteva succedere di tutto, ma non l'arrivo di mia madre in città. Non la volevo qui, avrebbe combinato solo che guai, per non parlare delle prediche che mi avrebbe rifilato.
Mi alzai velocemente dal letto, liberandomi dalle pesanti coperte. Corsi per la casa come una disperata, cercando di sistemare il più possibile, anche se per lei nulla era mai veramente in ordine. Trovava sempre il pelo nell'uovo, l'ago nel pagliaio, non ero mai abbastanza per lei, non lo ero mai stata.
Come predetto da Sara, il campanello suonò pochi minuti dopo, non dandomi nemmeno il tempo di cambiarmi o di fare colazione. Presi la cornetta e la telecamera del citofono mi mostrò un immagine sfuocata di una donna ben vestita con il volto mascherato dalla grande montatura degli occhiali da sole.
<<Sì? Chi è?>> dimandai comunque, cercando così di indagare su come fosse il suo umore.
<<Tua madre Sibyl>> rispose. Se non altro il suo tono non era sembrato tagliente. Le aprii, non volendola far aspettare e mi preparai psicologicamente alle sue frecciatine, ero in pigiama e non mi ero nemmeno resa presentabile.
Prima di aprirle, appena dopo che bussò, mi costrinsi a fare un respiro profondo, chiamando a me quanta più pazienza ci fosse al mondo.
<<Mamma!>> dissi sorpresa.
<<Sibyl cara, buongiorno>> annunciò entrando nell'appartamento, portandosi i grandi occhiali da sole sulla nuca, senza rovinare l'impeccabile acconciatura dove erano stati raccolti i suoi capelli color caramello, proprio come i miei.
<< Non mi offri niente?>> domandò voltandosi, osservandomi da cima a fondo con i suoi occhi glaciali, proprio come i miei.
<<Certo>> balbettai. <<Un caffè?>> domandai, avviandomi in cucina. <<Prego posa pure il tuo cappotto sul divano>>.
Cercò di fare un sorriso, ma ne uscì una smorfia tirata. La ignorai e mi concentrai a fare il caffè.
Mia madre era una donna elegante, sia nei modi che nei lineamenti. Zigomi alti, naso piccolo e perfetto, labbra fine rosee e la pelle perlata era appena segnata, sotto gli occhi, dalle rughe date dall'età.
<<Allora>> indagai. <<Come mai qui?>>.
<<Abbiamo un pranzo con tua sorella maggiore>> affermò raggiungendomi in cucina. << E sapevo che te ne saresti scordata>>.
Mi voltai a guardarla stranita. <<Mamma non me ne sono scordata, semplicemente non mi avevate avvertito>> la informai.
<<Ah no? Non ti ho fatta chiamare da qualcuno?>> domandò.
<<No>> sussurrai, accendendo il fuoco, dove avrei messo a scaldare il caffè. <<Non mi ha chiamata nessuno>>.
<<Beh andremo a pranzo con tua sorella>> disse. <<Spero tu riesca a trovarti qualcosa da mettere e magari a sistemare il viso>> sussurrò.
Ecco la prima frecciatina.
Lasciai correre, ero pronta a questa. <<Come va al lavoro Sibyl? Ho sentito che finalmente sei in ferie, quel tuo capo non ha ritengo nella vita privata dei suoi dipendenti..>> disse.
<<No mamma, sono io che non ho voluto ferie fino ad adesso, sto lavorando sodo per raggiungere il mio scopo>> le ricordai, preparando le tazzine.
<<Sarà>> sospirò. <<Ma non sono mai stata d'accordo con questa tua voglia di dirigere un giornale per ragazzine, perché non ambire ad una carriera come quella di tua sorella? Ha così tante gratificazioni>> osservò.
Seconda frecciatina. Ignorai anche questa, mia madre non aveva mai accettato il mio sogno, era convinta che solo con una ventiquattr'ore si era vere lavoratrici di valore. Un avvocato, un manager, tutto fuorché sedere dietro una scrivania a scrivere e a dirigere le pubblicazioni mensili di una rivista.
Mia sorella maggiore Aurora era un avvocato, ben conosciuto in tutta Verona e vantava di riuscire a mantenere sia il lavoro che la famiglia, senza che questi le si ritorcessero contro. Era la preferita di nostra madre e non solo perché aveva deciso di seguire le orme di nostro padre, ereditandone la fama e lo studio legale, ma perché era la figlia perfetta, la sorella perfetta, Aurora era..perfetta.
Io ero la minore che non aveva studiato giurisprudenza, ma si era impegnata in corsi come scrittura creativa e giornalismo, ottenendo voti meravigliosi, ma non sufficienti a soddisfare le aspettative dei propri genitori.
<<Anche io ho molte gratificazioni mamma, ma non credo ti vada di parlarne ora>> dissi, servendole il caffè. <<Papà come sta?>>.
<< La pensione gli sta dando alla testa parla solo di tennis, giornali, tennis e recentemente ha trovato un nuovo argomento con cui deliziarmi a cena: le auto d'epoca>> sorseggiò un po' di caffè prima di proseguire. <<Non sa nemmeno come funzioni un motore, eppure è diventato un esperto>>.
Sorrisi al pensiero di papà che facesse impazzire mamma a tavola, sorvolando sulle cose a lei importanti per spiegarle quanto affascinanti fossero le auto d'epoca. <<Quindi sta bene?>> chiesi.
Lei accennò ad un sorriso. <<Sì, sta bene, Nicola lo tiene a bada per me in mia assenza>> disse, riferendosi al suo amico di vecchia data, prima di alzarsi. <<Grazie per il caffè Sibyl, ma ora devo andare>>.
<<E dove vai?>> domandai.
<<Qualcuno dovrà pur mantenere il nome di famiglia, dato che tu non lo stai facendo>> affermò mentre si rinfilava il cappotto. Alzai gli occhi al cielo seguendola in entrata. <<Mi raccomando all'una in quel ristorante che piace tanto a tua sorella, non ricordo il nome, ma dovrebbe essere vicino a Piazza Bra>>.
<<Ho capito lo stesso, non preoccuparti ci sarò>> cercai di tranquillizzarla.
<<Cerca di renderti presentabile>> sussurrò osservandomi, dall'alto verso il basso.
<<Farò tutto ciò in mio potere, promesso, a dopo>> la salutai aprendole la porta.
<<A dopo cara>> alzò la mano in segno di saluto mentre, con molta eleganza, varcava l'uscio.
Appena chiusi la porta mi ci appoggiai sopra. Era stato un incontro breve, ma intenso.
-
Alle due ero seduta accanto a mia sorella mentre mia madre ci raccontava una storia secondo lei divertente.
<< Quindi ho detto alla cameriera: trova mia figlia e fatti dare la ricetta>> esclamò, prima di scoppiare a ridere, insieme a mia sorella Aurora. Eravamo nel ristorante indicato da mia sorella e stavamo aspettando il caffè per concludere il pasto.
Aurora Zanetti aveva i capelli di un castano chiaro tendente ad un dorato che contornavano due grandi occhi grigi, tutta suo padre. Era molto affascinante, vestiva abiti eleganti firmati, il tacco era un accessorio che non poteva mancare; tutta sua madre.
Era curata in tutto, dalla manicure ai capelli mossi che le ricadevano sulle spalle, era una vera bellezza, era perfetta. Aveva un carattere magnifico anche, era la miglior sorella maggiore che si potesse immaginare. Nonostante la sua vita frenetica riusciva a trovare del tempo per me e non perché dovesse, ma perché volesse.
<<Come va al lavoro Bibi?>> mi domandò, chiamandomi con il mio nomignolo, allargando le labbra rosee in un meraviglioso sorriso. <<É dura la vita da vicedirettrice?>> continuò.
<<No>> esclamai. <<O meglio, è impegnativa, ma mi piace ciò che faccio e mi ci metto d'impegno>> le spiegai.
<<Il suo capo l'ha costretta ad andare in ferie>> si intromise mia madre. <<Tua sorella sarebbe rimasta giorno e notte in quel postaccio>>.
<<Mamma>> la ripresi, lei mi rivolse uno sguardo confuso, secondo lei era in suo diritto riferire quello che aveva strappato dalla bocca della mia segretaria a tutta la città.
<<Sibyl>> sussurrò mia sorella. <<Non stancarti troppo, fa il giusto, ti prego>>.
<< Sarò a casa per due settimane, se metterò solo piede in ufficio, Melania chiamerà l'esercito>> spiegai. <<E poi non è un postaccio, mamma, non ci sei mai stata>>.
<< Non ne vedo il motivo >> affermò alzando il mento, sottolineando il suo disinteresse.
<<Ha ragione Bibi, è un posto molto moderno e professionale>> mi difese Aurora, facendomi l'occhiolino.
<<Sarà, ma sono ancora convinta di quello che ti dissi quando ti assunser..>>.
<<Mamma per la milionesima volta, non diventerò avvocato!>> esclamai, scaldandomi leggermente.
<<Sei proprio testarda, non capisco da chi tu abbia preso>> disse, sistemandosi leggermente i capelli. <<Di certo non dalla mia rispettabile famiglia, sangue nobile quello mio e di tua sorella>>.
Alzai gli occhi al cielo, abbandonandomi alla sedia, non sapevo per quanto ancora avrei retto. <<Sibyl siediti composta!>> mi riprese subito la donna, facendomi alzare.
<<Ehi ascolta>> sussurrò Aurora, cogliendo la mia attenzione, prima che strozzassi la donna di fronte a me. << Camilla mi ha chiesto se un giorno di questi potete uscire insieme, come quando era piccola>>.
Camilla era la figlia maggiore di Aurora, un'adolescente a tutti gli effetti che frequentava il liceo classico. Amante della musica rock, orecchini di perle ai lobi e un'ottima media a scuola. Adoravo quella ragazzina, era sempre piena di sorprese, oltre ad avere una personalità forte che poteva domare qualsiasi puledro impazzito le si presentasse davanti.
<<Certo! Così ne approfitto per scrivere un articolo..>> le dissi sorridendo.
<<Hai ripreso a scrivere finalmente?>> mi chiese mia sorella, mentre mia madre si alzò per andare a pagare il conto.
<<Sono stata costretta, Melania ha detto che non mi farà andare avanti con la carriera, se non tornerà la ragazza piena di energie e vita, che aveva conosciuto un tempo..mi sembra abbia usato queste parole>> le spiegai. <<Magari stando a contatto con Camilla ritrovo la ragazzina che c'è in me>>.
<<É un'idea grandiosa>> rispose entusiasta, illuminando gli occhi grigi. << Così ti sforzi a scrivere, sei così brava Bibi..>>.
<<Oh non cominciare anche tu Auri, ne ho abbastanza del capo>> dissi. <<Comunque quando le andrebbe bene?>> le chiesi riferendomi a sua figlia.
<<Finisce intorno alle due, poi ha i compiti da fare di solito, oh e il martedì e il giovedì ha il giornalino, mentre il venerdì ha canto..>> iniziò a dire.
<<Okay, okay>> la bloccai. <<Oggi è libera?>>.
<<Mi sembra che si fermi a scuola fino alle quattro, perché?>>.
<<La andrò a prendere, le farò una sorpresa>> le dissi, mentre cominciammo ad alzarci dal tavolo, vedendo nostra madre all'entrata che ci faceva segno di andare.
-
Uscii dalla mia auto, chiusi la portiera e mi ci appoggiai sopra, aspettando che Camilla uscisse da scuola.
Mi strinsi il cappotto e recuperai il mio cellulare dalla borsa, per controllare se mi fossero arrivate e-mail o altro, ma come potevo sospettare non c'era assolutamente nulla, la casella era deserta.
Sbuffai, prima di alzare lo sguardo e notare qualche persona uscire dall'edificio. Tornai quindi a concentrarmi sui miei affari, dopo essermi accertata che non fossero ragazzi, e recupererai il telefono del lavoro. Inutilmente cercai qualche notizia da parte della redazione, ma sembrava che filasse tutto liscio anche senza la sottoscritta.
<<Salve!>> sentii salutare davanti a me. Appena alzai lo sguardo trovai il giovane uomo che aveva "salvato" la mia mela al supermercato, qualche giorno prima. <<Mi sta forse seguendo?>> domandò allargando le labbra morbide avvicinandosi a me, prima di sistemarsi meglio la montatura degli occhiali da vista sul naso, che non avevo nemmeno notato la prima volta che ci eravamo visti, forse nemmeno li indossava.
Portava un cappotto scuro sopra ad un maglioncino verde e dei jeans neri, un abbigliamento quasi informale.
<<Salve>> lo salutai, bloccando lo schermo del mio cellulare. << Potrei domandarle la stessa cosa>> gli sorrisi, non sapendo bene che altro fare.
<<Non ha tutti i torti>> alzò le spalle. << Un gioco che ci ha voluto fare il destino, molto probabilmente>> sorrise di nuovo, evidenziando delle rughe di espressione che sparivano sotto la barba non troppo folta, me ben curata. <<Cosa la porta a scuola? Se mi è permesso chiedere>> aggiunse anche, facendomi notare quanto fosse gradevole il suo tono di voce.
<< Sono venuta a prendere mia nipote>>. Era un completo estraneo, che stavo combinando?. <<E lei?>> chiesi.
<<Sono un insegnante, ma mi dia pure del tu>> disse. <<E non mi sono nemmeno presentato!>> affermò. <<Sono Massimiliano >> si presentò allungando la mano.
La afferrai titubante. <<Sibyl, e andrà benissimo anche per me darsi del tu>>.
<< Un nome davvero affascinante>> si complimentò sorpreso. << Consigliera degli dei>> barbugliò osservandomi. <<Perdonami>> si ricompose in imbarazzo. <<É un piacere Sibyl>> annuì, indietreggiando un po'.
Calò un breve silenzio, ma in qualche modo lui riuscì a non renderlo scomodo.
<<Lo so che può sembrare una cosa folle>> iniziò a dire. <<Ma ti andrebbe se ti invitassi fuori?>> chiese.
Lo fissai per qualche secondo, prima di realizzare che fosse veramente serio. Non volevo accettare, in più il lavoro era la cosa più importante in quel momento della mia vita. <<Mi dispiace, non posso>>.
Sorrise. <<Nemmeno per una cena? >>.
<<Non posso, devo lavorare>> ripetei.
Si avvicinò leggermente, osservandomi con i suoi dolci occhi grigi. <<Sei un medico?>> chiese.
<<No, lavoro per la Young Adult, una rivista>> lo informai. Da fuori dovevo sembrare patetica in realtà.
<<E non fai mai una pausa>> osservò mettendo una mano nella tasca dei pantaloni.
<<Mi concedo solo un caffè>> gli dissi, prima che delle risate di ragazzini dietro a Massimiliano cogliessero la mia attenzione.
<<Allora potresti concederlo anche a me>> disse. <<Solo un caffè>>.
Pensai di poterlo ignorare e cercare Camilla con lo sguardo, anche se qualcosa mi diceva che non mi avrebbe mollata tanto facilmente. <<Mi stai complicando le cose>> risposi scuotendo la testa.
<<Certo non vorrei risultare invadente>> disse. <<Ma credo che non sia da ignorare il fatto che il fato ci abbia fatto incontrare in circostanze così improbabili>> osservò facendomi sorridere.
Massimiliano si avvicinò più a me, cogliendo del cedimento da parte mia. << Non prenderlo come un invito>> disse. <<Prendilo come due persone che si incontrano in un bar, cosa ci sarà di male?>> di nuovo mi rivolse un sorriso ammaliante.
Allungai la testa per vedere se riconoscessi mia nipote tra quei ragazzini che si erano fermati appena fuori dall'edificio. Notai Camilla e tentai di farmi vedere, cosa che risultò stranamente semplice e non appena si accorse di me, allargò le labbra in un enorme sorriso.
Tornai a guardare Massimiliano. <<Mi piace prenderlo in zona universitaria, intorno a quest'ora>> lo informai, usando tutta la gentilezza che potessi avere.
Stavo accettando. Avevo accettato.
Mi sentivo come una ragazzina che veniva approcciata in una discoteca dal belloccio di turno.
<<Ma ce ne saranno decine!>> rise.
<<Zia Bibi!>> urlò Camilla abbracciandomi.
<<Ehi stellina>> la salutai. La ragazzina si voltò notando l'uomo con cui stavo conversando e gli sorrise. <<Buon pomeriggio professore>>.
Lui le sorrise calorosamente. <<Buon pomeriggio Camilla>>.
<<Bene andiamo, che abbiamo delle cose da fare>> annunciai a mia nipote sorridendole.
<<Un momento, non mi hai detto quale caffetteria>> insistette Massimiliano, ridendo, mentre aprivo la mia portiera.
Gli sorrisi. <<Buona fortuna>> gli feci l'occhiolino e me ne andai, salendo sull'auto, lasciandolo davanti a scuola.
<<Hai un appuntamento con il mio prof zia?>> mi chiese Camilla divertita, non appena svoltammo l'angolo.
<<Non saprei, non vorrei definirlo così>> risi. <<Sarebbe sconveniente?>> indagai.
<< Sconveniente?>> Camilla mi guardo stranita. <<Lo hai visto? Nessuno riterrebbe un uscita con lui sconveniente..>> mi rimproverò.
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