Capitolo trentasette
«Cinema?» Propose Dinah, speranzosa, ma Camila ricusò l'invito con un cenno sconsolato del capo, portando una patatina fritta alle labbra. Le piaceva il sapore del sale che le inaridiva le labbra, tanto che leccava via ogni granello, fino a sentire la lingua bruciare.
«Mila, andiamo.» Supplicò la polinesiana, intenta a consolare Camila, ma ostacolata dagli aculei che tempestavano in guscio dell'amica.
Non era disposta a lasciar entrare nessuno. Si era chiusa a riccio, proprio come era avvezza fare prima che conoscesse Lauren. La corvina l'aveva instradata verso un atteggiamento più aperto, infatti negli ultimi mesi Camila non si era vergognata di esternare i suoi sentimenti, tanto che, a volte, aveva persino dimenticato di trascriverli sul diario. Ora, invece, era tornata ad essere la ragazza che Dinah conosceva bene, colei che evitava i rapporti sociali a priori, si rifiutava di parlare apertamente con la sua migliore amica, ma si appellava solo alla scrittura. Sperava di essersi lasciata alle spalle quella Camila insicura e remissiva, ma invece era apparsa di nuovo, appropriandosi della scena e rimpiazzando l'ardita Camila.
«Posso venire da te e guardiamo il film a casa.» Suggerì Dinah, dolcemente, cercando di sollevare l'umore appassito della cubana.
«Veramente.. Io, io non... Cioè. Voglio stare sola.» Formulò Camila, incassando le spalle intimorita, come se la risposta potesse in qualche modo allontanare Dinah.
Perché succedeva così ogni volta, no? Ciò che diceva era sempre inappropriato, scomodo da farle perdere chiunque avesse accanto. Era sempre colpa sua e del suo carattere introverso.
«Va bene.» Si arrese Dinah con un sospiro scorato. Insistere non avrebbe migliorato la situazione, non avrebbe sfondato i muri che Camila aveva eretto, anzi sarebbe servito solo a rafforzare le difese che aveva metodicamente costruito.
Un gruppetto di ragazzi le passò accanto, uno di loro le fece la linguaccia, mentre l'altro le urlò «Mi fai l'autografo?» Mostrandole le pagine del diario fotocopiate. La combriccola scoppiò a ridere, Camila abbassò lo sguardo e Dinah mostrò il dito medio.
Adesso che non c'era più Lauren a difenderla, tutti si erano presi la libertà di deriderla come facevano un tempo. Non era più spaventati dall'aleggiante e costante presenza della corvina, quindi i giochi erano di nuovo aperti.
«Un giorno darò fuoco a questo posto.» Ringhiò Dinah fra i denti, stringendo i pugni per la rabbia.
Era su di giri per come gli studenti si atteggiavano con Camila, ma non era soltanto quello. Come aveva permesso Lauren che questo accadesse di nuovo? In realtà, non era mai finito, ma mentre c'era lei nei dintorni gli scherni erano notevolmente diminuiti e Camila si era rinvigorita. Non la vedeva stare bene così da tempo. Adesso che Lauren aveva preso le distanze, impaurita dalla confessione che le aveva fatto Camila due settimane prima nel bar, la "gerarchia" era tornata all'ordine abitudinario. Dinah non credeva che Lauren non fosse a conoscenza dei fatti, quindi perché non agiva? Perché non faceva niente, maledizione?!
«Se.» Sbuffò Camila, scuotendo la testa, ma tenendo per se ulteriori pensieri.
Sapeva che Dinah era infuriata ed era inutile parlare quando l'ira prevaleva. Non ascoltava e non recepiva, vedeva solo ciò che la rabbia le plasmava davanti agli occhi.
La campanella suonò e Camila si alzò a fatica, come se i suoi movimenti fossero rallentati da pesi che le ciondolavano sugli arti, invalidandone la fluidità.
«Meglio che vada, se arrivo tardi...» Non terminò la frase, ma non ce ne fu bisogno. Quell'ellissi lasciava interpretare lucidamente ciò che intendeva.
«Ti chiamo!» Le urlò dietro Dinah, aspettando che Camila si voltasse e le regalasse un sorriso spensierato come aveva fatto negli ultimi tempi, ma si dovette accontentare di un lesto cenno della mano, guardandole le spalle.
Se ti trovo Jauregui, sei finita. Pensò dentro di se, lasciando che la rabbia le assottigliasse le labbra.
Un filosofo, non ricordava bene il nome o l'origine, ma rammentava perfettamente la teoria. Sosteneva che alla fine di un rapporto, qualunque esso fosse, bisognasse sbarazzarsi delle cose materiali per sancirne il vero finale. Ad esempio. Muore un familiare? Bruciare i vestiti. Finisce una storia? Gettare via le foto. Ecco, Camila pensava a lui mentre ciondolava verso la sua classe, frastornata dalle risatine che echeggiavano alle sue spalle. Avrebbe voluto materializzare i suoi sentimenti, chiuderli in una scatola e buttarli nel cassonetto. Questo avrebbe reso molto più facili le cose con Lauren che le aveva chiesto del tempo per metabolizzarle la cosa, sentendosi presa in giro da Camila.
Lei si sentiva presa in giro.
Aveva decantato che l'amicizia che avevano era fondata su una bugia, che Camila si fosse avvicinata a lei solo a causa dei suoi sentimenti ed era persino riuscita a dire che adesso non credeva più nella sua buonafede e che ciò che aveva fatto per lei e Lucy fosse un atto intento a sabotare deliberatamente la loro relazione.
Che si fotta! Pensò Camila, profondamente delusa dalle dichiarazioni di Lauren.
Come faceva a non capirlo? Non era diventata sua amica per cercare di boicottare la sua relazione, aveva stretto un legame con Lauren perché l'unica cosa che le interessava era che fosse felice e mai nemmeno per un secondo aveva creduto di essere lei la sua felicità, ma aveva cercato di suturare quella che lentamente si era sfilacciata. Ciò che era avvenuto dopo, non era stato calcolato o studiato. Ci voleva una mente machiavellica per elaborare un piano del genere e Camila non era così!
Da una parte comprendeva i dubbi di Lauren, erano leciti, ma dall'altra non realizzava come fosse possibile che la corvina fosse stata solamente sfiorata da tali incertezze.
Entrò in classe a capo basso, una delle ragazze sedute in seconda fila le lanciò un chewing-gum masticato e poi, schiamazzando, disse «Oh, scusa, ti ho scambiato per la pattumiera.» E si voltò per dare il cinque all'amica che si contorceva dal ridere.
Alle sue spalle qualcuno le rovesciò una bottiglia d'acqua in testa.
Candace. Lei era l'unica che nonostante la distanza di Lauren le era rimasta amica, anzi, da quando la corvina non gironzolava più attorno a Camila, Candace le si era fatta ancora più vicina.
«Tu non sai con chi a che fare!» Urlò la ragazza, alzandosi di scatto dalla sedia, mentre osservava i vestiti nuovi inzuppati e si preoccupava del trucco che le gocciolava in faccia.
«Ma che paura.» Mentì Candace, facendo finta di tremare, per niente spaventata.
La ragazza richiamò le sue amiche velocemente e infervorata uscì dalla classe, dirigendosi verso i bagni.
Camila restò in piedi sulla porta, a mordersi una guancia, allarmata che le conseguenze si sarebbero ripercosse su di lei. Candace le fece segno di andarsi a sedere nel banco accanto al suo e la cubana, senza temporeggiare, camminò svelta nella sua direzione.
Si sedette tacitamente, imbarazzata per come veniva trattata dai compagni in presenza della sua.. amica? Non avrebbe voluto farsi vedere così debole. Tollerava i dispregi che le venivano inferti quando era da sola, ma si vergognava tremendamente di essere trattata così davanti agli occhi di coloro a cui voleva bene. Era come tali persone che nutrivano un affetto nei suoi confronti, provassero compassione e lei non voleva pietà, voleva amicizia vera. Non pietà.
«Lasciala perdere, è un'idiota.» Minimizzò Candace, facendo uno sberleffo con la mano.
«Già.» Pronunciò timidamente, a bassa voce, cercando disperatamente di nascondere le guance paonazze.
Quando entrò il professore, tutti gli alunni si ammutolirono. La ragazza che era stata annacquata da Candace, rientrò in classe senza dire una parola, fingendo di essere stata vittima di uno scherzo dei bambini delle elementari. Forse aveva davvero capito la lezione.
Dopo quattro stressanti ore ininterrotte di lezioni, giunse il momento del pranzo. Camila si diresse immediatamente verso la biblioteca e Candace, tenace, la seguì.
«Ma dove scappi?» Domandò amichevolmente, cingendole le spalle con il braccio.
Camila si irrigidì subitaneamente. Il contatto fisico con quella che considerava un'estranea, la metteva a disagio e in profondo imbarazzo, ma non l'ammonì. Candace era stata gentile con lei, specialmente quella mattina che aveva corso il rischio di un provvedimento disciplinare pur di soccorrere la cubana. Camila si sentiva in dovere con lei e chiederle di spostarsi sarebbe stato scortese, cosa che Candace non meritava.
«I-in biblioteca.» Farfugliò all'inizio, riuscendo a concludere la frase senza incespicare.
«Posso unirmi?» Un sorriso tagliò il volto della ragazza, che innalzò le sopracciglia qualche secondo dopo di silenzio.
«Ah.. si, ok. Penso sia ok.» Proferì infine la cubana, rimirando la gaiezza imperlarsi nuovamente negli occhi di Candace.
Percorsero il corridoio assieme, il braccio della ragazza ancora penzolante sulle sue spalle. Camila non vedeva Lauren da un bel po', da quello che le aveva raccontato Dinah (ancora non si spiegava come mai fosse a conoscenza di tali dettagli) la corvina passava molto tempo in classe, si dirigeva a mensa e tornava subito in classe, passando per vie secondarie per non doversi ingolfare nella fiumana di persone che riversava nell'atrio principale. Camila paventò che proprio quel giorno si sarebbe scontrate, mentre Candace la teneva stretta a se.
Era un pensiero stupido, ormai era chiaro che a Lauren non interessasse di lei, ma era ancora perseguitata dal pensiero di poterla allontanare maggiormente se l'avesse incrociata in presenza di Candace. In qualche modo era sicura che la cosa la infastidisse, forse per la sua indennità, ma dopo che Lauren si era mostrata talmente menefreghista nei suoi confronti poteva ancora credere che le importasse della sua protezione? No, si stava solo illudendo.
Comunque non si imbatterono in Lauren e arrivarono inosservate alla biblioteca. Camila si sedette al suo solito tavolo ed estrasse il panino dal sacchetto, addentandolo ingorda. Quattro ore senza cibo sono tante.
«Fame?» Ridacchiò Candace, ponendole una domanda alquanto retorica.
«Mh-Mh.» Emise un suono monocorde, troppo impegnata a masticare il bolo per poter rispondere a parole.
Camila, distrattamente, fece cadere lo sguardo sul sacchetto e si rese conto che un altro sandwich era stato confezionato. Sua madre non aveva perso l'abitudine di farcirne due: uno per lei, uno per Lauren.
La cubana, con un sospiro, spinse la busta arrotolata verso Candace e con un eloquente cenno del capo rispose alla domanda che si era impressa nello sguardo interrogatorio.
Candace infilò la mano all'interno e afferrò il panino, poi si indicò il petto per chiederle se fosse destinato a lei e Camila annuì.
«È la cosa più buona che abbia mai assaggiato.» Lodò la ragazza dopo il primo morso, affrettandosi a staccarne un altro pezzo.
Camila si coprì la bocca ancora piena e ridacchiò, dopo aver ingoiato il boccone disse «Non sei la prima a dirlo.»
«Ci credo!» Enfatizzò, indicando il pane farcito come se fosse la scoperta nel nuovo millennio e Camila rise ancora.
Restarono a parlare, in biblioteca, saltando anche l'ora successiva. Si trovava bene con Candace, sciolto il ghiaccio era riuscita a metterla a suo agio e ora, anche se le toccava sporadicamente il braccio fra una conversazione l'altra, non avvertiva più la sensazione di inadeguatezza stringerle lo stomaco.
«Forse è meglio rientrare.» Disse Candace dopo aver sentito suonare la seconda campanella.
Camila annuì e adunò le sue cose, ma nel mentre Candace le afferrò il polso e, visibilmente impacciata, cominciò «Senti, Mila, so che è una richiesta assurda, ma i miei se ne vanno questo sabato e io non me la sento di dormire da sola...»
La cubana aggrottò la fronte, perplessa, ma lo sguardo seguente di Candace delucidò le sue idee ammassate. Schiuse le labbra e pronunziò delle lettere disgiunte e discontinue che messe insieme non avevano alcun significato.
«Si, lo so, sembra che io ci stia provando, ma non è così! Solo che.. Non mi sono fatta molti amici e tu sei l'unica della quale mi fidi veramente. Solo una notte, ti scongiuro.» La pregò Candace con occhi dolci, sperando che la sua espressione implorante ammorbidisse Camila.
«Beh, io, io credo che non sia un problema.» Sentenziò infine la cubana, pensando solo ad una cosa.
Devo comprare un nuovo pigiama. Lauren può vedermi con quello rosa, ma tu no di sicuro!
—————
Ciao a tutti!
Capitolo di passaggio che è servito per spiegare le dinamiche che si sono create fra Lauren e Camila dopo la sua confessione. Forse alcuni di voi saranno arrabbiati per il comportamento di Lauren e, sinceramente, lo sarei anche io... Ma non giudicate da questo capitolo, perché le spiegazioni le avrete nei prossimi.
I seguenti due capitoli saranno alquanto inaspettati e molto importanti..! Forse stasera riesco a metterne un altro :)
Vi aspetto.
Grazie ancora a tutti coloro che si prendono del tempo per leggere questa storia.
A presto.
Sara.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro