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Capitolo trentanove



Camila rimase a bocca aperta, sconcertata dalla presenza di Lauren, ma soprattutto dall'aggressività della domanda.

«Io, io stavo..» Farfugliò in preda al panico.

Era difficile processare tutte le informazioni quando Lauren era davanti a lei, dopo due settimane che non l'aveva intravista nemmeno per sbaglio.

«È mia ospite.» Si interpose Candace, sottraendo Camila dall'incombenza di dover rispondere.

Lo sguardo di Lauren saettò nella direzione della ragazza, talmente furente che Camila percepì una ventata di calore invaderla completamente, pur non avendo gli occhi incandescenti di Lauren su di lei.

«Ah si?» Alzò un sopracciglio, in contemporaneamente un angolo della bocca si increspò in un sorriso sarcastico.

«Si.» Rispose supponente Candace, portando le mani sui fianchi.

«Bene.» Ribatté con calma solo apparente Lauren, per poi avanzare un passo verso la cubana «Ma lei viene a casa con me.»

Le afferrò il polso nel suo e la strattonò verso di se, minacciando Candace con sguardo agghiacciante.

«Veramente.. Noi stiamo andando al bowling, Lauren.» Le ricordò Normani, paventando la reazione successiva dell'amica.

La conosceva da una vita, le era stata accanto quando aveva scoperto di provare attrazione per le ragazze, aveva vissuto passo dopo passo la relazione con Lucy e aveva propinato consigli senza remore, ma ora, ora era intimidita dalla corvina perché non la riconosceva. Non aveva mai visto Lauren così arrabbiata, nemmeno quella volta che sua madre le aveva tirato il primo schiaffo e non si erano parlate per due giorni. Nemmeno la rabbia di allora, comparata a quella di adesso, reggeva il confronto.

«Non me ne frega un cazzo!» Sbottò Lauren, facendo sobbalzare Normani «Noi andiamo a casa.» Decretò autoritaria.

Normani capì che quel "noi" non comprendeva
anche lei ed Ally «Vado ad avvertire Allyson.» Sospirò rassegnata, avviandosi abbattuta verso l'auto. Ci voleva proprio andare al bowling.

La mano di Lauren fasciava ancora il polso di Camila, ma, forse per la temperatura siderale, forse per l'esagitazione del momento, la cubana aveva preso a tremare come una foglia. Lauren affievolì la presa, rendendosi conto che, in maniera sconsiderata, forse aveva esercitato troppa forza. Comunque non le lasciò andare la mano, ma anzi, la voltò verso di se.

Gli occhi di Camila navigavano in alto mare, alla deriva. La confusione si respirava nitida in quello sguardo smarrito. Posava le pupille dilatate su ogni angolo della faccia di Lauren, scrutandone le intenzioni. La corvina le passò una mano fra i capelli, gentilmente, e le appuntò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Le sue labbra si posarono sulla fronte della ragazza, imprimendole un bacio deciso, caloroso, al gusto di protezione.

«Vai a prendere le tue cose. Ti porto a casa.» Abbordò il suo sguardo, in completo naufragio adesso, e cercò di risultare il più persuasiva possibile.

Camila era suggestionata da Lauren. Nelle ultime settimane l'aveva trattata come una pezza da piedi, ma non poteva negare che la corvina, in passato, avesse perennemente tentato di fare il suo bene o di difenderla. Adesso Camila non comprendeva da che cosa la mettesse in guardia, sapeva solo che ora che poteva andare via con Lauren, lì non voleva più starci.

Annuì flebilmente e si discostò, continuando a guardarla negli occhi. Fece per entrare in casa, ma stavolta su la mano di Candace a legarsi al suo polso e fermarla «Camila non è una bambina! Può decidere lei dove stare.» Le cinse la vita con il braccio, il che fu un volontario affronto all'ormai estinta pazienza di Lauren.

«Non toccarla.» Ringhiò a denti stretti, chiudendo le mani a pugno e flettendo i muscoli delle braccia, penzoloni lungo i fianchi.

Gli occhi di Candace caddero sulle nocche bianche di Lauren, un brivido le percorse la schiena, ma si costrinse a deglutire per ingoiare il timore e mantenere una tempra impavida.

«Adesso saresti capace anche di colpirmi? E per cosa, Lauren? Per cosa!?» Alzò il volume, animata dall'innocenza di non aver commesso alcun male.

«Ti ho detto..» Scandì in cagnesco ogni parola, avanzando due passi nella sua direzione «Di non toccarla.» La spinse all'indietro, riuscendo fortunatamente a contenere i suoi istinti implacabili. Se avesse dato sbocco alla rabbia che le impoveriva la razionalità, quella spinta controllata avrebbe causato danni seri.

Candace barcollò all'indietro, lasciando andare la presa su Camila. Questa, intontita dagli avvenimenti, si sentiva sbalestrata dal suo centro. Era come se non avesse più potere decisionale, come se i suoi meccanismi mentali si fossero arrugginiti. Non sapeva cosa fare, perché anche se assisteva alla scena, la sua mente non recepiva ciò che stava accadendo. Vedeva, ma non capiva. Sentiva, ma non ascoltava. Era cosciente, ma non comprendeva.

Lauren si voltò un istante verso di lei, il suo sguardo eloquente la esortò a limitarsi a seguire ciò che le aveva precedentemente detto e così fece.

Schizzò in casa, si diresse verso la cucina.. No, doveva andare in bagno. Spazzolino, dentifricio, filo interdentale... No, non l'aveva portato. Poi ritornò in salotto e infilò la trousse all'interno dello zaino e lo mise in spalla. I vestiti, le mancavano i vestiti. Tornò al piano superiore, raccolse gli abiti stesi sul letto e li indossò, appallottolando il pigiama per farlo entrare dentro l'esiguo spazio rimanete. Mancava qualcosa? No, forse si. Chissene importava! Lauren la stava aspettando.

Nel frattempo, le due ragazze rimaste da sole, nel ciottolato fuori di casa, si fulminavano con lo sguardo. Lauren era abbastanza sagace da tenersi defilata, sapendo che abbreviare le distanze sarebbe stato un errore madornale. Dentro di lei c'era un gran chiasso, come una polifonia scordata che le risuonava nelle orecchie, strumenti a percussione che le squassavano il petto. Non sapeva quello che le stava succedendo, non era neanche sicura di volerlo sapere. L'unica cosa che desiderava era di andarsene di lì, assieme a Camila. Non avrebbe potuto dormire sapendo che la cubana sarebbe stata sotto lo stesso tetto di Candace, vicina a lei... Il solo pensiero le faceva contrarre nuovamente i muscoli.

«Sei proprio una bambina.» Esordì Candace, scuotendo flebilmente la testa.

«Stai zitta.» Ingiunse Lauren, tagliando a metà lo sguardo con le palpebre leggermente affossate sugli occhi.

«Sei fidanzata e vieni a casa mia a fare questi teatrini.» Proseguì Candace, incurante delle conseguenze.

Sentiva una voce dentro di lei istigarla a parlare, e sapeva che tenersi tutto dentro le avrebbe abraso le facoltà. A volte, dopo che siamo stati maltrattati, umiliati o sfidati, l'unica cosa che ci importa davvero non è difendere noi stessi, ma ferire altrettanto. Non ci interessa delle parole che ci hanno trafitto, è più importante infliggere lo stesso colpo che cercare di risanare la nostra ferita. Quanto siamo ingenui.

«Candace, ti conviene tacere.» Non era una minaccia, era un consiglio.

Lauren da una parte sapeva che ciò che stava facendo era irrazionale e inesplicabile, ma non poteva domarlo. Era come un cavallo imbizzarrito. Non c'era verso di placare il suo furore, perché tanta ribellione scaturiva dalla paura. Quando non sappiamo più come proteggerci, quando il timore prende il sopravvento e ci soggioga fra le sue spire, a volte siamo troppo codardi per duellare direttamente con la paura, il sentimento più vigoroso che esista, e quindi la convertiamo in rabbia, combattendola con un pizzico di ingiustizia.

«Se vuoi stare con Lucy, stai con Lucy. Ma non confondere Camila, perché non lo merita.» Aggiunse ancora una volta, inalberandosi.

«Smettila, Candace!» Urlò Lauren, annullando la distanza intercorsa tra di loro con un solo balzo.

La ragazza inspirò profondamente, trattenne il respiro e attese che il pugno, già alzato all'altezza della testa di Lauren, si abbattesse sulla guancia, ma non avvenne. La porta di casa si aprì, Camila apparve trafelata sulla porta e Lauren schiuse la mano, allungandola verso la cubana che ancora non si rendeva conto degli eventi.

«Andiamo.» Intrecciò le dita a quella di Camila, si distanziò da Candace, in retromarcia, e le lanciò un'ultima occhiata algida prima di voltarsi e condurre la cubana verso la vettura.

Quella non era la Lauren spensierata che conosceva lei stessa, non era la Lauren amichevole che tutti descrivevano, non era la Lauren gentile che tutti conoscevano. Entrarono nell'abitacolo, nessuno disse una parola. La corvina si sedette al posto del guidatore, ma prima di partire adocchiò il suo stesso riflesso, nella penombra, dentro lo specchietto. Per un attimo non seppe più chi fosse.

Scortò Ally a casa sua, lasciandola scendere senza preoccuparsi di chiederle scusa per il cambio repentino di programma e fece lo stesso con Normani, la quale scese dalla macchina senza dire una parola, inebetita anche lei dalla successione di eventi capitati quella sera.

Camila si schiacciò contro il sedile posteriore, sperando che l'ombra le offrisse un nascondiglio adeguato per scomparire dalla vista di Lauren. Ma non fu così. La corvina procedette spedita sulla strada, ma occhieggiò spesso lo specchietto retrovisore per trovarvi la cubana accasciata contro il sedile e il finestrino.

Stava rimuginando su quanto era appena successo. Si sentiva in colpa con Candace, per averla lasciata lì senza dirle una parola. Si sentiva in colpa con se stessa, per aver concesso a Lauren di insinuarsi nella sua mente e averle lasciato governare le sue azioni, senza opporre resistenza. Si sentiva in colpa anche con Lauren, che in qualche modo sapeva di aver deluso. Portò la mano alla bocca e rosicchiò la cunetta delle dita. Non trovava soddisfazione nel mordicchiare le unghie, ma torturare delicatamente la pelle affievoliva il nervosismo.

C'era un silenzio abissale e Camila non sapeva se desiderasse che Lauren smorzasse la tensione con una parola, oppure se preferiva che non dicesse niente. Solo adesso la sua mente iniziava a metabolizzare quanto accaduto. Degli istanti le si riproducevano davanti agli occhi, ma stavolta non era inerme o succube degli eventi, li percepiva a livello emotivo e se prima aveva vissuto l'attimo come un automa, sprovveduta temporaneamente di sentimenti, adesso la travolgevano tutto assieme. Rabbia, delusione, paura, isteria, nervosismo, speranza. Tutti le si aggregavano fra le costole, appesantivano il cuore.

Con uno scatto si sporse fra i due sedili, afferrò il braccio di Lauren e le impartì «Fai inversione.»

«Cosa?» Si corrucciò la ragazza, prestando attenzione allo sguardo disorientato di Camila che rifulgeva anche al buio.

«Camz! Fermati!» Riuscì a formulare quando si rese conto che la cubana le stava facendo perdere il controllo della vettura.

Le ruote scivolavano sull'asfalto, rasentando l'altra corsia e costeggiando il baratro dall'altra parte.

«Così sbandiamo!» Le fece presente Lauren, quando una macchina, dall'altra parte, le venne incontro.

Il guidatore suonò il clacson e la corvina riuscì a sterzare in tempo, mancandolo per un pelo. Camila, a causa della deviazione improvvisa, ricadde malamente sul sedile posteriore.

«Sei pazza! Stai cercando di ucciderci?!» Domandò con tono notevolmente stentoreo Lauren, passandosi una mano nella chioma folta e traendo un respiro a pieni polmoni.

«Sto cercando di fare la cosa giusta.» Rimbeccò la corvina, tornando sugli attenti, ma evitando stavolta di agire avventatamente.

«Ucciderci non è certamente la cosa giusta!» Specificò Lauren, ancora affannata.

Il cuore le palpitava forsennatamente nel torace, sembrava che le sarebbe schizzato fuori da un momento all'altro.

«Devo tornare da Candace. È sbagliato ciò che abbiamo fatto!» Il dispiacere che tangibile nella voce incrinata di Camila.

Candace era l'unica amica che aveva avuto in classe in tutti quegli anni e, probabilmente, adesso non avrebbe voluto neanche più parlarle. Camila era contenta di avere qualcuno con cui discorrere a lezione, qualcuno che la facesse ridere e non che ridesse di lei, qualcuno che la difendesse dagli oltraggi subiti dagli altri compagni. Era contenta, ma era riuscita a rovinare tutto.

«Tu! Tu hai fatto questo!» Urlò contro di Lauren, colpendola con un destro sulla spalla.

«Tu mi hai ignorata per settimane, come se non esistessi. Con quale diritto mi hai portato via da casa di Candace? Con quale diritto hai fatto quella scenata?! Riportami indietro. Subito.» Non ammise repliche la cubana, impuntandosi autoritaria.

Lauren era ammutolita, immersa in un groviglio di pensieri che le infestava la mente. Nemmeno lei aveva una risposta, ma l'ipotesi di invertire la rotta e riaccompagnare Camila a casa di Candace era vietata categoricamente.

«Mi hai sentito?! Riportami indietro, Lauren.» Camila tese il braccio verso il volante, cercando un'altra volta, sconsideratamente, di girare la macchina, ma la corvina la intralciò prima che la loro fortuna finisse.

Le artigliò il polso e la rimirò negli occhi, voltando solo per un istante lo sguardo «È stato sbagliato, ok. Ma è stato anche uno sbaglio?»

Camila schiuse la bocca, stupita. Era stata lei stessa a dirle quella frase, quindi capiva perfettamente dove stava andando a parare Lauren. Non riuscì a dire niente, rimase paralizzata, ma allo stesso tempo scossa, dalla domanda.

«Vaffanculo.» Sibilò, con il fiato corto.

Si divincolò dalla presa di Lauren e si afflosciò contro il sedile, permettendo alla corvina di guidare in sicurezza verso casa.

Quando sopraggiunsero davanti al portico, Lauren parcheggiò la vettura più vicina possibile all'ingresso per non far prendere freddo a Camila che coperta dalla sola maglietta era esposta ai refoli incessanti di vento.

Avvinghiò il braccio sulle sue spalle, coprendola come meglio poteva ed entrarono in casa. Camila aveva già aperto bocca per riprendere la discussione da dove l'avevano lasciata, ma Lauren, tempestivamente, le turò le lebbra posizionando il dito in verticale su di esse.

«Ci sono i miei che dormono.» Le fece notare, poi le indicò le scale con un cenno del capo, facendole segno di dirigersi verso la sua stanza.

E anche stavolta, Camila obbedì.

Attraversarono di soppiatto il corridoio, si chiusero in camera e solo allora Camila si stagliò di fronte a Lauren, con le braccia conserte e un cipiglio tinteggiato in fronte.

«Ti odio.»

La corvina sbuffò sarcastica «Si, come no.» La oltrepassò e si sedette sul letto, togliendo prima una scarpa, che rimbalzò sul parquet con un tonfo, e poi l'altra.

«Voglio che mi riporti indietro.» La cubana mantenne un volume fievole solo per educazione, ma il tono iracondo bastava per improntare il messaggio.

«Hai detto che non è stato uno sbaglio. Riportarti equivarrebbe a mentire a te stessa... Come stai facendo adesso.» Lauren aveva adottato un temperamento insondabile, alterando la voce in maniera pacata così da non permettere a Camila di frugare nei suoi pensieri.

«Dammi una buona ragione per cui l'hai fatto.» Pretese Camila, stufa dei giochetti di Lauren.

La trattava come se fosse di sua proprietà, anche se solo come amicizia, non voleva che nessuno le si avvicinasse. E poi, poi non le rivolgeva la parola per due settimane, incurante delle offese e degli scherni che aveva ricevuto Camila ed infine metteva a soqquadro una serata solo per portarla via con se.

Le doveva almeno una spiegazione, era l'unica cosa che desiderava. Capire. Non c'è cosa peggiore che restare in sospeso, in balia delle azioni altrui, confusi dal volere di chi agisce, ma si nasconde. Salva, ma scappa.

Lauren tacque.

«Bene! Non vuoi dire niente? Perfetto.» Camila lanciò le mani in aria e poi le fece ricadere lungo il busto e si incamminò verso la porta, pronta a lasciare la stanza.

«Non ne ho una.» Sentenziò precipitosamente Lauren, balzando in avanti e afferrandole il polso «Ne ho quattro.»

Camila rimase in silenzio, muovendo leggermente il mento in avanti come per esortarla a parlare. Lauren si armò di un grosso respiro e poi cominciò.

«Punto numero uno. Ero incazzata con te, perché sei stata un'incosciente ad andare a dormire a casa di una che conosci a malapena. No, stai zitta e lasciami finire.» Camila serrò le labbra e appuntò mentalmente le annotazioni da fare quando avrebbe finito lo sproloquio.

«Punto numero due. Ero fottutamente preoccupata per te, del tipo che se qualcuno ti avesse fatto del male, anche solo con una parola, ero pronta a tutto Camila, a tutto.» Fece una breve pausa nella quale inspirò, placando la torbida apprensione che tornava a angustiarla quando immaginava scenari nefasti che coinvolgevano la cubana.

«Tre. Ciao.» Sorrise flebilmente, facendo scivolare le mani sulle spalle indirizzate di Camila.

«Che spiegazione è "Ciao"?» Storse le labbra stordita la cubana, sentendosi presa in giro.

«È la spiegazione di un'ebete innamorata di te.» Con i pollici le cinse la base del collo, stringendo appena, come se necessitasse di un appiglio per restare in piede e al contempo sorrise, quasi sollevata da quella confessione che le era gravata per settimane «E questo era il punto quattro.»

«Ti prego dimmi che non c'è un numero cinque.» Mormorò con un filo di voce Camila, privata di tutto l'ossigeno che aveva in corpo. C'era il rischio di un anossia.

Lauren ridacchiò e scosse la testa «Non c'è.»

«Quindi ora posso svenire?» Chiese Camila, suscitando una risata da parte di Lauren che avvolse le braccia attorno al suo collo, facendo aderire i loro petti.

«Preferirei di no.» Sussurrò ancora sorridente.

«Allora mi baci?» Lo sguardo di Camila si spostò dapprima dentro a quello di Lauren e poi cadde sulle sue labbra, ad un soffio da lei.

«Meglio.»

Camila aveva tante domande, ma per il momento non ne disse alcuna.

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Spazio autrice:

Ciao a tutti.

Trovate che questo finale sia ingiusto? Può essere. Lauren si è comportata male nel confronti di Camila e viene perdonata così, come se niente fosse. Non è assolutamente giusto, ma mentre lo scrivevo ho pensato che quando siamo innamorati non facciamo mai la cosa giusta. Almeno io credo sia così.

Nel prossimo capitolo ci saranno delle spiegazioni, ovviamente non solo quelle. 😂 Però Camila è in dovere di avere delle motivazioni, perciò le saranno date.

Diciamo che in questo capitolo ho fatto prevalere l'irrazionalità di entrambe, spero sia stato apprezzato.

Vi aspetto nei prossimi aggiornamenti. Ci stiamo avvicinando sempre di più al finale e ogni giorno mi dispiace sempre di più 😫

A presto.

Sara.

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