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Capitolo sei



Il diario di Camila era diventato anche più importante di quanto già fosse, ora che fra le sue pagine la cubana vi custodiva la margherita che le aveva donato Lauren. L'avrebbe lasciata essiccare, così da averla sempre con se.

Lei e Dinah si erano ritrovate davanti a casa di Camila. Aveva molto da raccontare all'amica riguardo l'uscita di Lauren. Era decisa a dirle la verità, a parlarle dei torbidi sentimenti che l'avevano ghermita per tutto il tempo, ma una volta che si trovarono assieme Camila riuscì solamente a descriverle la serata in maniera schematica, omettendo di confidarle come si era sentita.

L'aveva già scritto sul suo diario e le sembrava che aver dato voce alle parole avesse attenuato la pressione incessante che le logorava il petto. Aveva il timore che a riportare in ballo la discussione, avrebbe ottenuto l'effetto contrario. Ovvero... Se scriverlo quando quella sensazione aveva raggiunto l'apice l'aveva in qualche modo aiutata, riparlarne adesso che stava meglio le avrebbe riesumato quella sensazione pungente.

Dinah lasciò perdere, provò a sondare il terreno, ad inoltrarsi in discorsi che Camila aveva chiaramente evitato a priori, ma la risposta secca che le diede l'amica fu abbastanza per capire che quello non era il momento di affrontare tale argomentazione.

A volte bisogna solo saper accettare il dolore altrui, comprenderlo, e non sempre -a discapito di ciò che la maggior parte pensa- il dialogo è la soluzione. Sicuramente parlarne è importante, ma è un processo che avviene dopo che si è assorbito il colpo, perché a volte discorrerne apporta solo ulteriori colpi.

Raggiunsero il viale selciato di scuola. Il sole brillava opaco in cielo, riscaldando solo tiepidamente la pelle. Un caldo confortevole, tipico dell'autunno. Gli alberi che, ai lati, costeggiavano il viale si stavano lentamente spogliando, lasciando perire le foglie dopo aver espletato il lento processo di marcescenza.

Quindi tutto il selciato era coperto da foglie che allettavano non poco la parte infantile di Camila, ma si trattenne dal calpestare un mucchio di quelle quando vide Lauren venirle incontro.

«Ciao.» Sorrise la corvina, rivolgendo il saluto ad entrambe le ragazze.

«Ciao.» Rispose velatamente algida Dinah. Era consapevole che Lauren stesse nuocendo inconsapevolmente a Camila, perciò non le attribuiva nessuna colpa, razionalmente... Ma, diamine! La cubana restava pur sempre la sua migliore amica e che si voglia o meno, ce la prendiamo sempre con chi ferisce chi ci sta a cuore.

«Io vado a lezione, faccio tardi.» Si congedò sbrigativamente la polinesiana, lasciando un bacio prolungato sulla guancia di Camila come per infonderle il suo supporto.

Lauren la salutò nuovamente con lo stesso sorriso di prima, ma la polinesiana si limitò ad un rapido gesto della mano e tirò dritto.

«Sta bene?» Domandò Lauren confusa, accigliandosi.

«Sì, è solo in ritardo.» Mentì Camila, facendo un cenno lesto con la mano per minimizzare la cosa.

Presero a camminare fianco a fianco. Lauren ci tenne a ringraziarla ancora una volta per la serata splendida, le disse che senza di lei non sarebbe mai riuscita ad essere così disinibita e nonostante l'avesse intravista a malapena poche volte, fra uno spostamento e l'altro, era stata comunque sollevata nel saperla lì.

«Stasera non ho niente da fare, posso offrirti un gelato?» Chiese placidamente Lauren, mentre con la punta dei piedi calciava distrattamente un cumulo di foglie.

«Co-cosa? A, a me?» Farfugliò intontita Camila, suscitando una risatina da parte di Lauren che non smetteva mai di sorprendersi delle reazioni spontanee che Camila le regalava.

«Si, a te. Hai detto che ti piace il gelato, no?» Il tono pacato che usava riusciva sempre in qualche modo a destabilizzare la cubana.

«Si, cioè... cioè è, è buono.» Contrasse i muscoli facciali in una smorfia quasi dolorante. Non poteva credere alle affermazioni strampalate che le fuoriuscivano in presenza di Lauren.

«Ok. Allora, passo a prenderti alle nove?» Sistemò lo zaino in spalla, mosse il ciuffo corvino di modo che non le ricadesse sugli occhi e rimirò Camila, in attesa di una risposta.

«S-si, penso che, che vada bene.» Balbettò in conclusione Camila, trasecolando.

Lauren sorrise e si incamminò verso l'entrata, lasciando la cubana al tripudio che implodeva dentro di lei. Era così felice che nemmeno saltellare sulle foglie avrebbe eguagliato quella contentezza.

Prendi appunti Gregor pensò mentalmente questo è un vero appuntamento!


*****

Attorno alle otto di sera, Camila era già pronta. Si era fatta la doccia, inanellato i capelli già ondulati al naturale, indossò il mascara e la maglietta nuova che aveva comprato e riservato per le occasioni speciali.

Dinah, ovviamente, aveva smorzato la sua euforia ricordandole che Lauren era fidanzata e che quello non si poteva definire un vero e proprio appuntamento, ma un'uscita amichevole. Camila questo già lo sapeva, anche se avrebbe preferito non sentirlo, lo sapeva.

Ma lei era felice così. Ogni giorno otteneva da parte di Lauren un gesto che all'apparenza poteva sembrare banale, ma per Camila aveva un'importanza inestimabile perché qualche giorno prima non si sarebbe nemmeno immaginata di imprendere una conversazione con Lauren e ora usciva insieme a lei per mangiare un gelato. Erano amiche e sapeva che non sarebbero mai potuto essere altro, ma lei non voleva altro se quello che già avevano permettevano loro di essere vicine.

Lauren si presentò puntuale. Era stagliata sul marciapiede, dondolava dai talloni alle punte dei piedi, tenendo le mani in tasca e la testa incassata nelle spalle per ripararsi dal fresco serale.

Camila si approssimò a lei; ad ogni passo che l'avvicinava a Lauren, perdeva un battito.

«Cabello, se mi avessi fatto aspettare due minuti di più, giuro che sarei morta congelata.» Recriminò Lauren, scrollando le spalle intirizzite dal freddo.

«Come sei melodrammatica.» La schernì Camila, ostentando tranquillità, che ovviamente non si confaceva al suo stato d'animo attuale.

Lauren tremava per la temperatura, Camila tremava per Lauren.

«Sono abbastanza sicura che non sia la serata adatta per mangiare un gelato.» Commentò la corvina, distaccandosi dal muro al quale vi era appoggiata.

«Oh.» Si fermò di colpo la cubana, celando malamente lo scoramento «Ok.. allora ci vediamo domani.» Volse le spalle, avvilita, e ripercorse il tragitto all'indietro, ma prima che potesse allontanarsi troppo Lauren le aveva già agguantato il polso.

«Ma sarai scema?» Presuppose ridendo, ripiegando leggermente la testa in avanti mentre veniva percossa da un'ilarità che animava anche la tetra notte.

«Possiamo andare da qualche altra parte. Devo parlarti.» Ammise concisa la corvina, disciogliendo la morsa che avvolgeva il braccio di Camila.

E come sempre l'immaginazione di Camila prese a costruire castelli in aria, scenari fittizi talmente impensabili che anche lei stentava a crederci, ma non poteva fare a meno di pensarci.

Il pensiero che più l'allarmava era uno: Lauren aveva scoperto che la ragazza del suo diario era lei.

«Parlare di.. di che cosa?» Balbettò in preda al panico. Nascondere l'esagitazione era pressoché impossibile, data la voce malferma.

«Te lo dirò solo dopo che ci saremo sedute davanti ad una tazza di cioccolata calda.» Dichiarò imperiosa Lauren, avanzando, mentre Camila restava immobile, pietrificata al suolo dal suo stesso pensiero.

Impiegò qualche minuto per riaversi e raggiunse di corsa Lauren che nel frattempo si era avvantaggiata e percorreva la strada in solitudine.

Camila l'affiancò, camminarono in silenzio fino al bar. Non era un silenzio imbarazzante, anzi era confortevole. Entrambe inabissate nei loro pensieri, divergenti gli uni dagli altri. Nessuna delle due si permise di interferire con le idee dell'altra, ma si scambiarono qualche sorriso di cameratismo che colmò il silenzio.

Arrivate al bar, si sedettero in un angolo, lontano da sguardi indesiderati, con due tazze di cioccolata fumanti.

In fondo Camila era contenta che Lauren avesse stravolto i piani. Per quanto le piaceva l'idea di mangiare un gelato con la corvina e passeggiare fino a casa, le rammentava il paragone evidente con l'appuntamento di Lucy.

Quella era una cosa nuova, solo loro.

Lauren bevve un sorso di cioccolata, ma la bevanda era troppo calda per essere ingollata e faticò non poco a farla raffreddare sulla lingua prima di ingoiarla.

«Adesso capisco cosa intendi quando sostieni che debbano controllare la temperatura delle bevande prima di servirle.» Concesse Lauren, leccandosi le labbra per refrigerare la lingua scottata.

Così mi uccidi. Pensò Camila estatica, incantata dalla visione della corvina che passava la punta rosea della lingua sulle labbra.

«Già.» Ribatté la cubana quando rinsavì dal temporaneo stato di trance «Menomale ci sei tu a farmi da termometro.» Celiò, ottenendo un pugno sul braccio da parte della corvina che si finse oltraggiata.

Risero entrambe, poi Lauren si fece più seria, indossando un'espressione austera che impensierì Camila.

«Senti, Camila, tu stai facendo tanto per me. So che non ti sembra così, ma fidati stai facendo moltissimo.» Esordì la corvina, giocherellando con il bordo della tazza, facendo scivolare l'indice sul cerchio stondato.

Camila aveva notato che lo faceva spesso, doveva essere un'abitudine o un modo come un altro per ingannare il nervosismo... Quindi si preannunciava una conversazione impervia.

«Mi stai aiutando a recuperare la mia relazione, ed io te ne sarò sempre debitrice.» Proseguì in maniera suggestiva.

«Non mi devi niente.» Asserì Camila, abbozzando un sorriso flebile che era il massimo sforzo a cui poteva ambire.

«Ma io mi sento così!» Disse precipitosamente Lauren, alzando finalmente lo sguardo dalla tazza per incatenarlo a quello di Camila «E voglio fare qualcosa per te.»

Camila aggrottò le sopracciglia, confusa. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse un po' sul tavolo. Anche quello era un modo per smorzare la tensione, come se il nervosismo gravasse sulle sue spalle a tal punto da curvarle.

«Camila, io ho letto il tuo diario. Tutto il tuo diario.» Ci tenne a specificare «So che c'è una persona della quale sei innamorata da molto tempo e non hai mai avuto il coraggio di parlarle. Voglio aiutarti a farlo.» Concluse sorridente, battendo il pugno sulla superficie del tavolo, facendo tintinnare i cucchiaini dentro le tazze.

Oh porco cazzo, porco cazzo, porco cazzo.

«N-no, no... Lauren, no... Non c'è bisogno.» Si oppose tremolante Camila, tirando indietro le spalle ed ergendosi come meglio poteva.

«Ma io voglio farlo!» Rincarò la corvina, poggiando una mano sopra a quella di Camila, ancora.

«No.. no io, io non mi sento pronta.» Edificò una bugia la cubana, nascondendo lo sguardo, troppe volte traditore, dietro la tazza calda.

«Camila, non comportarti da codarda! Hai aspettato anni, in silenzio. Forse hai solo bisogno di qualcuno che ti sproni.» Ipotizzò Lauren, annuendo per rafforzare la sua teoria.

Camila restò muta, mentre le sua mente macinava una menzogna dietro l'altra sperando di trovarne una che la salvasse da quella situazione.

«Chi è?» Domandò improvvisamente Lauren.

Camila prese a tossire, battendosi il pugno sul petto per far scendere il cioccolato che le era andato di traverso. Quella domanda sembrava essere proprio un brutto scherzo del destino. La stessa ragazza della quale era innamorata le chiedeva il nome della sua cotta.

«No-non la conosci.» Preventivò subito Camila, sperando di far decadere la conversazione o almeno far desistere Lauren dal suo intento, ma non aveva fatto i conti con la sua caparbietà.

«Oh, andiamo! Conosco tutti in quella scuola.» Ammise leggermente altezzosa Lauren, spostando il ciuffo dei capelli sulla sinistra, di modo che i lineamenti fossero maggiormente esposti agli occhi ammaliati della cubana.

«Non me. Non conoscevi me.» Sollevò le sopracciglia Camila, sicura di essersi appellata ad un esempio lampante.

Lauren roteò gli occhi al cielo, sospirando, ma quegli attimi in cui pretese di ritenersi annoiata in realtà stava solo ricercando una risposta che così, di primo acchito, non le era baluginata in mente.

«Ok, è vero.» Si arrese infine, non trovando un modo adeguato per uscirne vittoriosa «Non ti conoscevo, ma ora ti conosco.» Arricciò le labbra superba, facendo sorridere Camila che non si stancava mai di vederla atteggiarsi come una falsa vanitosa.

«E cosa vuol dire questo?» Chiese la cubana, non trovando il collegamento nel ragionamento della cubana. Quello che pensava Lauren era sempre un enigma intricato da risolvere.

«Vuol dire che ora conosco proprio tutti.» Sentenziò autoritaria, sicura che quella scuola non le nascondesse ulteriori segreti. Camila era stato l'unico.

La cubana farfugliò qualcosa, ma niente di concreto che l'aiutasse a dirottare la conversazione su altro. Notando la difficoltà alla quale Camila era sottoposta, Lauren si sentì leggermente in colpa, sapendo quanto la corvina fosse incline alla timidezza e decise di facilitarle le cose, mostrandosi clemente.

«Ok, ok..» Sbuffò infastidita dai sensi di colpa che la pungevano sul vivo «Se non vuoi dirmi il nome, almeno rivelami l'iniziale.» Accondiscese Lauren, alleggerendo il rossore sulle guance della cubana.

Camila meditò a lungo. Poteva dirle l'iniziale, oppure sarebbe stato troppo evidente? Doveva mentire, o fare la preziosa e sottrarsi alla domanda? Qual era la cosa giusta, esisteva la cosa giusta?

«M.» Confessò infine, dichiarando una mezza verità.

Lauren Michelle Jauregui Morgado.

Due "L" esattamente come due "M." Non era una bugia, solo una verità velata.

«Che anno frequenta?» Restrinse il cerchio Lauren, aguzzando la vista come se stesse già incettando e scartando nomi.

«Beh, lei.. ehm... l'ultimo.» Quella volta non seppe mentire.

La corvina riflesse attentamente, indagando su tutti i nomi che serbava nella memoria. Si focalizzò su quelli femminili, perché era facile intuire che il nomignolo "Luna" fosse riferito ad una ragazza. Le si accese una lampadina in testa, al che si voltò allibita verso Camila e spalancò la bocca.

«Ho capito.» Sentenziò sicura di se, puntando il dito contro la cubana. A Camila sembrò che invece di un indice avesse addosso una pistola pronta a giustiziarla «Sei innamorata della mia migliore amica.»

«Che cosa?!» Sgranò gli occhi, spingendo il collo in avanti, sbalordita dall'insinuazione inverosimile di Lauren.

«Certo, è chiaro! In realtà si chiama Normani, ma noi la chiamiamo sempre Mani, perciò hai pensato bene che fosse il suo vero nome.» Concluse trionfante la corvina, con un sorriso stampato sulle labbra per la sua recente vittoria, ma che si dissipò a poco a poco, confondendosi nell'espressione ombrosa che si sostituì alla sua gioia.

«Oh... Devo dire che è strano.» Confessò Lauren, abbassando lo sguardo accigliata «Tu e Normani. È molto strano!» Scoppiò a ridere infine, sollazzandosi con quella sensazione sconosciuta che aleggiava dentro di lei.

Camila si affrettò a chiarire le cose «Mi dispiace deluderti, ma sei fuori strada.»

Se la corvina avesse pronunciato un altro nome, qualsiasi altro nome, Camila non avrebbe dissentito o tentato di persuaderla a indirizzare la sua idea su altri. Le avrebbe lasciato credere di aver dissotterrato la verità, così sarebbe stato meglio per tutti... Ma non poteva lasciar credere a Lauren che Normani fosse la ragazza della quale era innamorata, perché sicuramente si sarebbe impegnata per combinare un appuntamento e se c'è una cosa che le migliori amiche sono brave a fare è carpire gli sguardi interessati rivolti alla loro amica. Normani avrebbe sprecato meno di un secondo per comprendere la verità e questo Camila non avrebbe permesso che accadesse.

Lauren lasciò molleggiare le braccia verso il basso, afflitta, ma non si arrese e continuò imperterrita la sua ricerca, finché un'altra lampadina le rischiarò la ragione.

«Marnie.. La ragazza che gioca nella squadra di basket. E non fare quella faccia! Ho ragione? È lei?» Insistette petulante Lauren, la quale non si arrendeva mai davanti ad una sfida finché non l'aveva vinta.

Marnie era il tipo di ragazza che non avrebbe attirato l'attenzione di Camila nemmeno se le avesse alzato la maglietta davanti agli occhi. Sgarbata, rude, grezza, alta due stazze più di lei con muscoli sviluppati che facevano invidia ai ragazzi della squadra di football. Non è che Camila avesse dei preconcetti o si permettesse di giudicarla, semplicemente non era il tipo di ragazza che l'affascinava. Eppure, sul momento, sembrò una buona via di fuga e Camila colse la palla al balzo.

«Sì, ok... Lo ammetto.» Alzò le mani in segno di resa, sventolando bandiera bianca davanti all'ostinazione di Lauren, dandole a credere che avesse azzeccato «Marnie mi ha proprio rapita.» Si sforzò di essere il più veritiera possibile, ma la reazione che ebbe Lauren la sconcertò.

Scoppiò in una risata talmente fragorosa che i pochi astanti si voltarono a guardarla, incuriositi.

«E dimmi.. Ti ha rapito il modo in cui bestemmia contro le avversarie o per come attacca al muro chiunque le si pari davanti?» Lauren tentò di non ridere, ma ogni volta che il suo sguardo cadeva sulla corvina, ecco che ricominciavano le sue irrefrenabili risa.

«Ok, no, questo.. questo è sbagliato.» Farfugliò Camila, catturando il labbro inferiore fra i denti e ciondolando la testa verso il basso per sopprimere la risata che le erompeva in petto.

«Hai ragione, hai ragione.» Si arrese la corvina. La sua risata andava scemando, tornava ad assumere una posizione composta e riacquistava lentamente serietà.

«È solo che, sai, non credevo fosse il tuo tipo.» Scrollò le spalle Lauren, giustificando il suo attimo di puerilità, ma subito dopo questa tornò a stuzzicarla e la corvina non riuscì a trattenersi dal dire «L'hai soprannominata "Luna", ma credo che il nomignolo più appropriato sia tipo... "Tirannosauro".» Rise della sua stessa battuta, scomponendosi ancora una volta.

Camila la guardava ridere e ne rimaneva incantata. Il modo disordinato in cui i capelli svolazzavano lungo le sue spalle, o cadevano come una cascata quando piegava il collo in avanti, le piaceva. Gli occhi si rimpicciolivano, solo una parte era intravedibile dietro le palpebre socchiuse. E la sua risata era uno di quei tipici suoni che ti induce a sorridere senza rendertene conto. Mentre era assorta in questo stato catatonico, non si rese conto delle parole involontarie che le caddero dalle labbra.

«No lei è spontanea. Dice tutto quello che pensa, lo fa in modo simpatico, non presuntuoso. È molto intelligente, anche se a volte si spaventa per niente perché potrebbe affrontare ogni cosa da sola, ma a volte tutti abbiamo bisogno che qualcuno ci tenda una mano. È impertinente, ogni tanto, ma questa cosa non mi infastidisce, anzi mi fa sorridere. È insistente, davvero, non smette di perseguitarti finché non gliela dai vinta. Io lo trovo coraggioso, perorare le proprie idee, difenderle ad ogni costo.. Forse un po' integralista.»

Mentre parlava i suoi occhi non lasciarono nemmeno per un attimo quelli di Lauren e neanche gli smeraldi della corvina si poggiarono su altro che non fosse Camila. Era come magnetizzata dallo sguardo profondo che aveva la cubana, le faceva credere che esistessero ancora persone in grado di dare quel tempo di amore. Un amore che non tutti sono disposti a professare, perché è quell'amore che non chiede niente in cambio, ma dà soltanto.

«E lei è.. è raffinata, elegante, ma non lo mette in mostra perché secondo me nemmeno si accorge di quanto sia bella. È davvero bella. E la cosa che fa risaltare la sua bellezza è proprio questo, il fatto che lei non se ne avveda e non la usi a suo vantaggio, ma ci conviva serenamente. È tutt'altra storia lei, è proprio tutt'altra storia.» Terminò Camila, congiungendo le labbra per abbozzare un sorriso che smorzò l'atmosfera ipnotica che si era venuta a creare.

«Wow..» Spirò la corvina estasiata. Per un attimo non riuscì a dire o fare niente, tanto quelle parole l'avevano ingabbiata da privarla di ogni azione.

Era il modo naturale con cui Camila aveva parlato, le aveva fatto percepire i suoi sentimenti come se li vivesse lei in prima persona, proprio com'era riuscita a fare attraverso il suo diario.

«Devi essere davvero innamorata se consideri Marnie elegante.» Scherzò ancora una volta, stemperando l'ambiente.

Solo al suono di quelle parole Camila si risvegliò. Non poteva credere a ciò che aveva appena detto, con quale impeto sconsiderato quelle parole avevano preso il sopravvento e si erano confessate a Lauren.

Avvampò immediatamente, trangugiando l'ultimo sorso di cioccolata che le restava nella tazza. Non le era mai successo prima di esternare i suoi pensieri in maniera così istintiva, solo sul suo diario riusciva a dire ciò che pensava davvero, a concretizzare i suoi sentimenti, ma quella sera era come se le pagine di carta fossero divenute la pelle di Lauren e la matita le labbra di Camila. Non poteva crederci di essersi mostrata a qualcuno così, ma soprattutto non poteva credere di averlo fatto con Lauren!

«Beh, menomale che hai conosciuto me.» Ravvivò l'aria la corvina, poggiandole una mano sulla spalla con fare incoraggiante «Ho già in mente qualcosa.»

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