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18 - Paralyzed

Alla fine avevo deciso di nascondermi. Non era tanto che mi illudessi di essere davvero al sicuro, non dopo le decine di filmati che avevo visto nei sotterranei, quanto perché avevo bisogno di calma per ideare un piano di azione. L'unico luogo in cui potevo essere certa di non venire spiata ormai era la mia mente.

Mi ero raggomitolata in uno sgabuzzino per le scope. Ci avevo impiegato ore per trovare la strada di ritorno dalla grotta e quando ero finalmente uscita dal passaggio segreto l'improvvisa ventata di ossigeno pulito mi aveva investito i polmoni come un'onda d'urto. Avevo sentito la testa girare. Mi era sembrato di trovarmi su una giostra, ma presto un lampo di realizzazione mi aveva riportata con i piedi per terra. Avevo soltanto guardato fuori dalla finestra per trovare un'immagine a cui aggrapparmi, ma il cielo scuro e impenetrabile della sera mi aveva riso in faccia con cattiveria.

Mi ero subito fiondata fuori dalla stanza per cercare un orologio, sebbene barcollassi ancora e la gamba ferita sembrasse essere più calda, infiammata dallo sforzo. Ne trovai uno in corridoio e impallidii nel leggere i numeri luminosi. Erano già le otto di sera. Un crampo di fame mi fece contrarre lo stomaco, come se solo vedendo la prova tangibile del tempo trascorso senza mettere nulla sotto i denti mi fossi ricordata di dover mangiare. Scossi la testa e cercai di non pensarci. Non ancora. Dovevo resistere ancora per qualche giorno, o almeno qualche ora. Dovevo prima trovare Sarah.

Fu così che decisi di fermarmi in quello stesso ambiente, chiudendomi a chiave nel primo stanzino disponibile. Facendomi spazio fra detergenti e secchi di plastica riuscii a ritagliarmi un quadrato di pavimento in cui sedermi e allungare la gamba dolorante. Massaggiai distrattamente la pelle bollente intorno alla fasciatura e sospirai fra me. Allora, Kay, idea numero uno: torni nella tua vecchia camera e controlli che Sarah sia ancora . I rischi sono di fare un viaggio a vuoto e di finire dritta fra le braccia di Slow. Storsi la bocca. Decisamente da evitare. Idea numero due: torni nella camera di Andrew e usi le sue telecamere per localizzarlo. Certo, sempre che lui non sia già . Emisi un lamento esasperato. No, così non andava. Dovevo pensare a qualcosa di più efficace, ma al tempo stesso più semplice e con meno rischi. Ma cosa?

Avevo lo sguardo perso nella penombra sull'etichetta colorata di una bottiglietta di detersivo per i pavimenti, quando spalancai gli occhi. Spostai gli occhi sulla benda sporca di sangue e sudore che mi stringeva la coscia. Un piano folle, decisamente folle, si stava delineando nella mia mente in modo sempre più vivido. Cercai di respingerlo, ma continuava a tornare indietro come un frisbee. No, Kay. È una pessima idea. Una pessima, pessima idea. Eppure...

Mi nascosi la faccia fra le mani. I palmi spellati erano ruvidi e sporchi. Mi sentivo orribile e disgustata da me stessa e per un attimo mi abbandonai all'immaginazione. Per un attimo non mi trovai più in quello sgabuzzino, assediata da un assassino senza scrupoli, ma ero tornata nella mia camera, mentre mi lamentavo per i troppi compiti e sognavo di fuggire dall'inferno che reputavo essere la mia vita. Oh, come mi sbagliavo all'epoca. Ero stata così stupida. Questo era l'Inferno. E Andrew era il Diavolo in persona.

Fu il pensiero di Sarah, ancora una volta, a liberarmi dai miei rimuginamenti. Sarah e il suo tempo che stava per scadere. Nello stesso istante l'idea che avevo tanto cercato di scacciare tornò prepotentemente a farsi strada nel guazzabuglio di immagini che affollava la mia testa. Era un piano talmente rischioso da andare contro a ogni presupposto che mi ero fissata di rispettare. Non era sicuro, non mi garantiva alcuna riuscita e oltre a mettere in pericolo Sarah avrei potuto mettere in pericolo anche me stessa. Ma, replicava una parte di me che non pensavo di avere, avrebbe anche potuto garantirmi la vittoria. La vittoria.

Non avevo mai pensato di vincere. La possibilità non mi aveva mai sfiorato per davvero. Ma se ce l'avessi fatta? Se, oltre a salvare le nostre vite, fossi riuscita a distruggere quella di Andrew? Lui non si aspettava che reagissi, mi ricordai. Non se lo era mai aspettato. Il gioco era tutta una montatura per mettermi di fronte al mio stesso squallore e lui si era divertito a osservare quanto poco mi importasse di me stessa e del mondo circostante, mentre ora dopo ora mi avvicinavo alla fine. Si era goduto lo spettacolo fino a quel momento e non pensava certo che io avrei potuto cambiare il mio modo di pensare dopo cinque giorni in cui mi ero rifiutata di collaborare. Ma se l'avessi fatto...

Mi sollevai in piedi. Il mio petto si alzava e abbassava a ritmo accelerato al punto da sembrare sul punto di esplodere per la pressione. Contai fino a dieci, poi fino a venti. Ero arrivata ormai a cento quando mi costrinsi ad aprire la porta contro la mia volontà.

Il corridoio era buio e silenzioso. I quadri sulle pareti sembravano giudicarmi per le mie scelte. Li ignorai, preferendo concentrarmi sui suoni che mi circondavano. Silenzio. Un fischio debole mi perforava i timpani per la troppa quiete. Pareva che in casa non ci fosse nessuno. Che Slow fosse già tornato nel suo rifugio sottoterra? Arricciai il naso. Lo dubitavo. Non avrebbe lasciato la casa scoperta ora che aveva preso la sua penultima preda. Era più probabile che fosse ancora con lei e mi stesse aspettando. E se davvero mi stava aspettando, avrebbe dovuto farlo ancora per molto.

Mi diressi decisa verso il piano inferiore. Non mi preoccupai di nascondermi, sapevo di non essere a rischio. Non ancora. Dimostrando più calma di quella che provavo realmente arrivai senza intoppi nella sala di informatica. Le postazioni erano rimaste identiche a come le avevamo lasciate l'ultima volta. Mi sedetti sulla prima sedia libera e avviai il computer con un clic. Lo schermo si accese lentamente, ma sembrava collaborare. Avevo fretta, certo, ma non dovevo darlo a vedere. Volevo che Andrew osservasse ogni mia singola mossa e si chiedesse cosa stessi facendo. Volevo che sapesse che mi ero decisa finalmente a giocare contro di lui.

Senza le limitazioni che ci erano solitamente date dal nostro carceriere la rete Internet lavorava in modo tutto sommato decente. Non era la più veloce che potessi desiderare, ma l'importante non era cosa avrei trovato, ma cosa Slow pensava che avrei trovato. Scrissi nel motore di ricerca due semplici parole e cliccai su invio. La schermata si caricò un risultato alla volta e mi presi il tempo per leggerli tutti. Ci misi qualche minuto a trovare la persona giusta. Andrew Slow. Clinica Clearwater, Newcastle: centro di recupero psichiatrico. Deglutii a fatica, ricordando la cartella che avevo rubato dall'archivio giorni prima. Mi sembravano passati anni. Come era possibile che Andrew fosse stato ammesso nel collegio di mio padre dopo aver passato cinque anni in una clinica psichiatrica? E per quale motivo era stato internato, in primis?

L'improvviso ricordo della fotografia che io e Sarah avevamo trovato nella sua stanza si incollò sulle mie palpebre. Una casa bianca e un roveto di rose. Newcastle. Era la città in cui abitavano i coniugi Finnegan, quelli che sospettavo essere stati i genitori di Andrew. La stessa città in cui Rupert Trenton, l'uomo dai baffi grigi sospettato del loro omicidio, era stato trovato impiccato. La città più vicina a quella in cui Jacob Ivory era stato ucciso da un ragazzino di tredici anni senza nome. Cinque anni dopo, Andrew era uscito dalla clinica. Sbattei le ciglia per l'intuizione e digitai una nuova ricerca: Andrew Finnegan, Newcastle.

Sentii un rumore improvviso provenire dalle scale. Il cuore mi balzò in gola. Le dita mi si gelarono sulla tastiera mentre davanti ai miei occhi i primi risultati comparivano con calma. Li stavo leggendo inconsapevolmente, anche mentre tenevo le orecchie tese per percepire anche il minimo suono. Erano passi quelli, o erano solo il frutto della mia paura?

Lasciai scorrere le pupille sulle scritte che si affollavano sullo schermo. C'erano molti più Andrew Finnegan di Andrew Slow in quella regione, a quanto pareva. Nessuno sembrava corrispondere a quello che stavo cercando. Mi morsi un labbro, sovrappensiero. Sapevo già che qualcuno aveva cancellato il nome del figlio dei Finnegan da giornali e anagrafe, ma speravo che fosse rimasto qualche accenno in altri documenti. Allungai di nuovo le mani sul mouse e aggiunsi alla ricerca il nome di Jacob. Ritrovai l'articolo che avevamo letto tempo prima e la foto di un Andrew ragazzino mi guardò di riflesso. Un sorriso storto e due grandi occhi grigi che bucavano lo schermo con la loro intensità. Il suo nome non compariva da nessuna parte, ma ero abbastanza certa che il suo ingresso alla clinica Clearwater fosse stato causato da quell'omicidio. Dovevano aver taciuto sulla sua identità perché era poco più che un bambino, all'epoca. Magari l'avevano fatto passare per un incidente. Andrew era bravo a manipolare la gente, non dubitavo che fosse stato in grado di discolparsi anche dopo aver ammesso la verità dei fatti. Ma se io fossi riuscita a fuggire, se fossi riuscita a portare alla polizia delle prove, Andrew sarebbe stato finito. Sarebbe stata la vendetta perfetta. Dovevo solo, beh... sopravvivere. Mi venne quasi da ridere al pensiero.

Un altro rumore mi fece sobbalzare sulla sedia. Questa volta non l'avevo immaginato. Sembrava vicino, dannatamente vicino. Chiusi gli occhi, tremando. Ero stata io a decidere di portare avanti questo piano, non potevo farmi prendere dal panico proprio adesso. Dovevo rimanere salda nei miei intenti e soprattutto lucida. Andrew non si sarebbe mostrato a me prima della fine del gioco, altrimenti avrebbe perso. Non mi avrebbe fatto del male. Espirai piano e ripresi a digitare.

Era difficile concentrarsi sui tasti quando i tonfi di passi regolari si facevano sempre più definiti. Sbagliai più volte e imprecai fra le labbra. Cancellai e riscrissi da capo. Poi, d'un tratto, un suono diverso si diffuse nell'aria. Mi bloccai. Il respiro mi venne meno. Conoscevo quella melodia.

Sentivo freddo, come se migliaia di piccoli aghi avessero cominciato a pizzicarmi ogni centimetro di pelle. Strinsi i pugni per non urlare e pressai le palpebre per non piangere. Avevo paura, ero letteralmente congelata dal terrore di trovarmi di nuovo accanto a quella cosa. Avevo cercato di ignorare l'oggetto fino a quel momento perché la sua presenza era talmente inspiegabile e il suo funzionamento tanto inquietante da andare oltre i confini della realtà. Come potevo preoccuparmi di quello quando un assassino a piede libero voleva la mia testa ed era così reale da poterci parlare? Eppure ora mi ritrovavo presa alla sprovvista.

Il suono si faceva sempre più forte. Premetti i palmi sulle orecchie per attutire le parole che ormai tormentavano ogni minuto della mia vita. Caddi dalla sedia e mi raggomitolai sotto il tavolo da lavoro in posizione fetale. La musica mi stava contraendo i muscoli senza che io lo volessi. Sentivo una morsa ferrea contorcermi gli organi dall'interno e faticavo anche solo a respirare. Non era così che doveva andare. Non era così che aveva pensato il mio piano. Ma forse, forse...

Spalancai gli occhi all'improvviso. Non lo feci di proposito, ma qualcosa mi indusse a farlo. Non avrei saputo spiegare cosa. Era tutto confuso e sfocato per le lacrime che mi riempivano gli occhi. Volevo chiedere aiuto, ma nessuno là dentro mi avrebbe aiutato. Mi girava la testa, ma riuscii a malapena a vedere due scarpe ferme davanti alla mia faccia prima che la mia bocca si aprisse in un urlo muto. Ero paralizzata.

Qualcosa cadde dall'alto accanto a quelle scarpe scure. Un oggetto di metallo che fece un rumore sordo quando si schiantò sul parquet. Avrei strizzato gli occhi per lo spavento se avessi potuto muovere le palpebre. Decifrai a malapena l'immagine distorta che mi si presentava davanti, ma quando lo feci per poco non mi strozzai.

Fu in quel momento che persi conoscenza. Svenni, mentre la musica pervadeva ogni angolo del mio cervello. La figura del carillon dei miei incubi incombeva su di me come un presagio di sventura.

N.A.
Manca un capitolo prima dell'epilogo, tenetevi pronti a possibili plot twist ;)

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