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9. Forza Julie, diamoci da fare!

**Questo capitolo ha una scena spinta, il suo é un rating rosso.
Grazie.**

Il sole si nasconde tra le colline, e il crepuscolo si colora di rosa e di un tenue violetto; poco più in là, la brezza leggera della sera, si insinua fra i steli leggeri del grano trasportando fino a me il profumo fresco. L'onda dorata e sinuosa mi tiene ipnotizzata, tutto intorno non si sente nulla, se non il basso sibilo del vento.

Una goccia fredda e appiccicosa mi cola sul braccio, e mi ricordo in un attimo che ho con me un intera vaschetta di gelato, quasi sciolto del tutto.

Mi affretto ad entrare e mi dirigo nella cucina del b&b prima che il gelato possa cadere e sporcare il pavimento.

Un profumo di qualcosa di buono e di bruciato si mescola nell'aria mi blocco nel vedere Adrian e Juliet seduti al tavolo. Loro non si sono ancora accorti di me, così mi prendo un minuto per osservarli.

Il visetto di Juliet è dolce e pulito, distante dalla rude bellezza di quello di Adrian, anche se le adorabili fossette sono un tratto che li accomuna. Il colore dei capelli è lo stesso.

< Allora?! Come sono venute questa volta?!>

La cucina é piena di teglie di muffin vuote, piene e bruciacchiate.

É bello vederli insieme, ti infondono un senso di pace, amore.

Qualcosa dentro si spezza, nostalgia e rimpianto mi stringono il cuore.

<Ehm...tesoro, sai fare molte cose, ma cucinare non é tra queste>

Lei si alza dalla sedia e infila la teglia ancora fumante nella pattumiera, il viso sconsolato.

Sto per andarmene, al diavolo il gelato, quando alza lo sguardo e mi nota.

<Ciao Didi!>

Adrian alza la testa di scatto e punta le sue gemme blu su di me.

Ghiaccio - fuoco.

< Hai bisogno di qualcosa?>

Il suo tono é brusco e sbrigativo.

Juliet si acciglia, sta per fare una ramanzina al padre ma la interrompo parlando per prima.

<Avevo comperato del gelato da mangiare con Juliet, ma si é sciolto e volevo metterlo in freezer...>

Il visetto della piccola si illumina.

<Del gelato?! Per me?! Grazie !>

Si avvicina, mi prende per una manica e mi trascina fino al tavolo, prende tre tazze e tre cucchiaini.

<Oh, credo che ci vogliano le cannucce>.

Ridiamo insieme mentre Adrian ci osserva in silenzio.

Decido di non dar peso alla sua presenza negativa, e mi concentro su Juliet.

<Allora, cosa é capitato a questi muffin?> le dico guardandomi un po' intorno.

<Volevo preparare dei cupcake da presentare al festival delle azalee. Il primo posto vince tremila dollari, e ci farebbero comodi quei soldi>.

<Juliet…>

Il tono di ammonimento nella voce di Adrian, intimidisce anche me, così evitando di chiedere di più, sorrido a Juliet mentre una brillante idea prende forma nella mia mente.

<Che ne dici se ti aiuto io a farli?>

Il viso della ragazzina si illumina di sincera gioia mentre si trattiene dal gettarmi le braccia al collo, percepisco lo sguardo freddo di suo padre sulla pelle, e mi ritrovo a rabbrividire.

<Sei capace?! Davvero?!> mi chiede con occhi scintillanti di gioia.

<Non é necessario! Con le riparazioni della casa e il giornale avrai molto da fare. Non fare promesse che non puoi mantenere, Daphne>.

Non mi sfugge la frecciatina che mi lancia, e non mi sfugge ne anche lo sguardo, cupo e profondo.

Le vecchie cicatrici cominciano a tirare, per un momento lascio che il dolore sordo mi avvolga, i ricordi, infami, cercano di venire fuori tutti in una volta; con non poca difficoltà riesco a riprendere il controllo e a ricambiare il suo sguardo glaciale e distaccato.

<Se a Juliet fa piacere, troverò il tempo per aiutarla>.

Sostengo il suo sguardo e lo sfido a dire altro, quando, ancora una volta la piccola Julie, mette fine all'ennesima guerra fredda.

< Beh, se ti va davvero sono felice di accettare la tua proposta>.

Le sorrido e sfilo il cellulare dalla tasca compongo il numero e la signorina Milly non mi fa attendere troppo.

< Pronto, qui casa Spencer, chi parla?>

<Signorina Milly, sono Didi, ricorda di avere detto di volermi tramandare qualche ricetta? Beh, credo che me ne serva qualcuna per il festival delle azalee>.

Per un attimo temo che si rimangi tutto, ma i miei timori sono sciocchi e infondati, perché subito dopo la sento parlare tutta felice ed eccitata.

<Ma certo bambina! Ci vediamo domani pomeriggio!>

<La ringrazio signorina Milly, ci vediamo domani.>

Riattacco, e schiaccio l'occhio verso la ragazzina.

<Con l'alleata che abbiamo, non perderemo di sicuro!>

<Ho sentito bene?! Ci aiuterá Quella signorina Milly?>

Annuisco, e lei saltella felice e stavolta non riesce proprio a non stringermi in un abbraccio.

<Vado a chiamare Amber, papá! Dopo rimetto tutto in ordine>

Sparisce dietro la porta trascinandosi ciò che resta del gelato sciolto, lasciando me e "l'abominevole uomo delle nevi" da soli.

Adrian si alza e inizia a raccogliere le teglie sparse per la cucina, ripulendole e riponendole nel lavandino.

Mi alzo a mia volta e lo aiuto, per un momento restiamo in silenzio, é qualcosa di piacevole ripulire insieme la vecchia cucina degli Smith, qualcosa di intimo che risveglia vecchie emozioni.

Sto per andare via, per non dover ammettere con me stessa che la presenza di Adrian ha ancora uno strano effetto sul mio sistema nervoso ed emotivo, quando lo sento, la voce ridotta in un sussurro.

<Non deluderla, Daphne. Per favore>.

Quella richiesta quasi disperata mi stringe il cuore, capisco che alle spalle deve essere accaduto qualcosa di doloroso, ed é commovente come l'Adrian padre difronte a me, voglia proteggere sua figlia.

Gli appoggio istintivamente una mano sulla spalla, il suo calore risale il mio braccio, arriva alla spalla e mi avvolge tutta.

Rimango a bearmi di quel calore modesto. Il calore di Adrian.

<Non lo farò>.

Mi costringo a far cadere la mano, e ad uscire da quella cucina.

Salgo in fretta le scale,e mi rifugio in camera mia, lasciando fuori i ricordi, i sentimenti, e il calore del corpo di Adrian.

POV Adrian

Didi. Didi. DIDI. È ovunque intorno a me, dentro di me. Vorrei stringerla e dirle che mi é mancata, che non c'è stato giorno,ora, minuto, fottuto secondo che io non abbia pensato a lei da quando se ne è andata. Lo vorrei,davvero, ma questo significherebbe rinnegare una parte,chissà quale e quanto importante, di me stesso. Soffocare il dolore che, con la sua lontananza,si é annidato in ogni fibra di me.

Didi, bella e sensuale, che mi uccide con le sue stramaledette gambe lunghe fasciate dai jeans o lasciate libere dai vestiti.

Forse a questo mondo c'è un tempo per ogni cosa, e quello concesso a noi é terminato. Sorrido amaramente, l'erezione che pulsa prepotentemente nei jeans.

Afferro il telefono e le chiavi di casa, lascio un biglietto a Julie, e mi dirigo a casa di Monique.

Per questa sera ho bisogno di staccare la spina. Ho bisogno di affondare in lei e sapere che sono ancora io.

Il bastardo di sempre.

Guido veloce, la strada buia e liscia mi porta in fretta dalla mia cara amica.

Busso alla porta forte, deciso. La mia bella bruna alta, dal seno e le curve prosperose, mi apre. Appena mi vede mi sorride e mi attira a sé per un bacio, che diventa qualcosa di urgente, di animalesco.

In pochi secondi mi sbottona i jeans, la prendo in braccio, mi avvolge veloce le gambe dietro la schiena, e per un attimo penso che non sono lunghe come quelle di Didi.

Mi costringo a concentrarmi sui gemiti sommessi di Monique, mentre la sbatto al muro con poca eleganza.

La sua vestaglia sale,  insinuo una mano e trovo libero accesso.

Bene.

L'atto si consuma in un amplesso feroce, veloce, lì nel piccolo ingresso. E mentre l'ultimo spasmo dell'orgasmo mi travolge, nella mia mente appare il volto di Didi presa dall'estasi, e capitolo in un corpo che non é il suo.


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