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9. Sorpresa pt 2

Da qui in poi la storia verrà narrata al passato, e non più al presente.

Erano le otto e mezza passate e stavo seduto sul divanetto del salotto aspettando l'arrivo di Manuel. Avevo passato l'intera giornata a pensare dove mi avrebbe portato. Aveva detto che era un posto dove ci si poteva andare solo di notte, o forse l'avevo interpretato io così. Mi ci stavo scervellando come un matto, pensando a quale fosse questo fantomatico posto. Senza accorgermene il tempo passò imperterrito, e si fecero subito le nove e un quarto. Mi alzai in piedi per stiracchiarmi i muscoli delle braccia ma, nel momento in cui portai le mani su, suonarono al campanello. Presi la giacchetta sulla spalliera del divano e andai verso la porta. Appena l'aprii venni spinto indietro dalla forza di due labbra sulle mie. Istintivamente chiusi gli occhi, ma anche così ero riuscito a riconoscere la morbidezza e il calore delle bocca di Manuel. Posai le braccia su i suoi fianchi e ricambiai il bacio. Al diavolo il voler scoprire quel luogo: sarei rimasto per giorni interi in quella posizione, con le labbra incollate alle sue e le mani in esplorazione sul suo corpo.
<Su forza, dobbiamo andare> sussurrò fra un bacio e l'altro. Mugugnai in protesta facendo staccare meno possibile le nostre bocche. Mi sentivo così bene quando lo baciavo, e ne volevo ancora e ancora. D'un tratto mi intrappolò il labbro inferiore fra i suoi denti e lo tirò verso di sé. Gemetti. E mi irrigidì. Ma non mi fece male anzi, mi lasciò una scarica di eccitazione per tutto il corpo. Lo lasciò e indietreggiò.
<Se ne vuoi ancora, seguimi>, e mi schioccò un occhiolino. Intanto che ripresi la giacca da terra, caduta pochissimi istanti fa, lui se n'era ritornato in macchina ad aspettarmi.

***
<C'è qualche possibilità che tu mi dica dove mi porti?> dissi, di punto in bianco mentre uscivamo dal mio vialetto. Non rispose. Mi lanciò solo uno sguardo del tipo fidati di me. E non che non mi fidassi, solo che la curiosità mi stava divorando. <Andiamo! Sono curioso, non ce la faccio più> quasi lo supplicai.
<La curiosità uccise il gatto...> rispose, senza staccare il volto dalla strada. <Cosa? Che gatto?> All'improvviso si mise a ridere, dandomi dello scemo. <Questa era davvero bella>, ma vedendo che non rispondevo continuò, <La frase... oh andiamo! È un vecchio proverbio> Non capivo. <Ed è morto il gatto. Di curiosità..?>, non rispose. <Cioè mi stai dando del gatto?> cercai di portare il discorso su un altro piano.
<Be' se la metti così, sì. E poi sei un gatto molto carino e coccoloso> Mi accarezzò una guancia e arrossii mentre un sorriso abbozzava ancora sul suo volto.
Mentre parlavamo non mi resi conto che il paesaggio intorno a noi era cambiato. Le case e i negozi avevano fatto posto agli alberi spogli e ai campi in fase di raccolto. Mi stava portando fuori città, sembrava che volesse uccidermi. <Ti vuoi sbarazzare di me?> chiesi di scatto. Lo vidi incurvare un sopracciglio, così continuai. <Siamo fuori città, non ci sono lampioni a far luce se non i fanali dell'auto e il chiarore della luna -che tra l'altro viene oscurata continuamente dalle nuvole. Insomma, dimmi che hai una pala nel cofano e siamo appasto>
Appena finii, la mia voce venne rimpiazzata dalla sua risata, stavolta più forzata. <Stasera sei proprio in vena di battute eh?!>, mi rivolse uno sguardo lascivo prima di riposizionare lo sguardo sulla strada.  <E poi sì, ne ho una dietro.> Subito mi salì un sussulto alla gola.
<Tranquillo non ti sto per uccidere!> rise e fece finta di asciugarsi una lacrima.
Il chiarore della luna si fece sempre più intenso e la strada sempre meno asfaltata. Girò al primo incrocio dove c'era impiantato un cartello con scritto la via, che non riuscii a leggere. La macchina prese a saltare su e giù per i sassi conficcati nel terreno. Percorse un altro tratto dritto, nel buio, e poi svoltò davanti ad una casa malandata, ma ancora in piedi. Spense il motore e usciammo fuori. Non si vedeva niente, la catapecchia copriva il riflesso della luna. <Mao dove sei?> disse pieno Manuel. Non rispose nessuno, non che ci fosse qualcun altro lì. <Stai dicendo a me?> Subito mi sentii stringere da dietro e sbattere con la schiena allo sportello della macchina. <Si a te, mio piccolo Mao> sussurrò contro la mia guancia, ed il suo respiro mi invase le narici, mandandomi in estasi. Premette le labbra più forte che poté sulle mie e mi schioccò un bacio veloce. Mi prese dal braccio e mi tirò dietro la casa. Intanto la mia mente era rimasta al il mio piccolo Mao. E ringraziai della totale oscurità che ci circondava perché altrimenti avrebbe chiamato un'ambulanza per il rossore che avevano preso le mie guancie.
Il giardino sul retro era pieno di erba alta, tranne al centro, dove qualcuno  ci aveva posizionato una tovaglia. Mi disse di fare piano e di non parlare ad alta voce, ma non capivo il perché visto che non c'era anima viva a parte noi due. Ci sedemmo proprio lì e mi irrigidì parecchio.
<Che succede? Non ti piace qui?> chiese fissandomi negli occhi.
<Non proprio. Non amo sedermi intorno alla natura>, ammisi facendo una faccia disgustata, <Al contrario di te, a quanto vedo>, continuai.
<Stai parlando con uno che c'è cresciuto. Questo era la casa dei miei nonni, ci passavo tutte le estati. Mi piaceva un sacco rotolarmi tutto il giorno in questo giardino. Con l'erba soffice, le farfalle che svolazzavano ed il vecchio cagnolone Felix>, fece un respiro ricordando i bei momenti della sua infanzia, <Però, tre anni fa morirono> Mi portai una mano alla bocca. <Erano insieme quando è successo?>
<No. Mia nonna morì per prima a causa di un tumore al cervello. Mio nonno, rimasto solo, non ce la fece ad andare avanti senza mia nonna: così un giorno lo trovammo sulla sedia della cucina senza vita e con uno scatolo di pillole sul tavolo> Mi si annebbiarono gli occhi per le imminenti lacrime.
<Mi dispiace così tanto...> sussirrai in un sospiro. Scrollò la testa e mi lasciò un bacio sulla fronte.
<Tranquillo Mao, è storia passata> Ma mentre diceva ciò, gli si poteva leggere perfettamente lo sconforto che stava provando e che aveva provato tempo orsono.
<E poi non siamo qui per deprimerci, anzi il contrario. Non ami la natura eh? Vediamo se ti farò cambiare idea così> Si alzò in piedi e, con sotto i miei occhi, alzò le sue mani per poi sbatterle una contro l'altra in modo aggressivo. E in un'istante centinaia, o forse migliaia, di pallini gialli fosforescenti si alzarono da terra verso il cielo. Ero meravigliato da quello spettacolo a cui stavo assistendo. Mi alzai anch'io in piedi e girai intorno a me stesso per vedere ogni piccolo particolare. Avevo la bocca e gli occhi aperti per lo stupore. Sentì Manuel muoversi velocemente e afferrare uno quei cosi luccicosi. <Guarda, sono delle lucciole>, avvicinò il palmo chiuso della sua mano e lo semiaprì, <e dalla tua faccia deduco che non ne avevi mai visto una> scossi la testa, non ce la facevo a parlare. Aprì tutta la mano e la fece volare via. I piccoli pallini erano diminuiti, ma alcuni svolazzavano ancora in giro.
<Andrei?> chiamò il mio nome. Eravamo faccia a faccia. Si infilò una mano nei pantaloni. <Non sono quel tipo di ragazzo che si prepara un discorso prima di fare ciò che sto per dirti.>, sospirò, <Quindi lo dirò a modo mio. Siccome non abbiamo avuto il tempo, o l'occasione di parlare di noi, ho voluto fare io la prima mossa. So che abbiamo tanto da dirci, ma voglio e sento di voler stare con te. Ovviamente non è una proposta di matrimonio, ma solo un anello di fidanzamento. Quindi, ti va di essere la persona a cui posso rompere ogni giorno per il resto della mia vita?> e tirò fuori un piccolo anello argentato che soffermò sul dito aspettando la mia risposta. Dentro di me stavo scoppiando di gioia, e mi meravigliai che non fossi scoppiato anche a piangere. Ma mentre pronunciavo il <Sì>, le lacrime si fecero vedere.
Me lo mise e mi abbracciò forte, dandomi dei baci sulla guancia.
Lo staccai e presi il suo viso fra le mani. Lo fissai negli occhi per qualche secondo, il tempo giusto per rendermi conto che da adesso sarebbe stato mio a tutti gli effetti, in un certo senso. Avevo un piccolo cerchio di metallo al dito, ma che segnava il nostro legame. Lo baciai. Lo baciai ancora e ancora. Come se fosse la prima volta che provavo le sue labbra. Ci posammo a terra, e ci facemmo travolgere dalla passione più letale. Quella sera, mentre facevamo l'amore, sentivo qualcosa di diverso. Forse era il posto un po' ambiguo, ma era stato molto più passionale delle altre volte.

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