Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

19. Capodanno

                             Andrei

Il natale era passato davvero bene, era la prima volta, da anni, che non mi sentivo così felice durante le festività. Manuel era entrato nella mia vita da circa cinque mesi e già me l'aveva mutata, o forse ero semplicemente io cambiato; ma non me ne poteva fregare di meno, mi sentivo bene ed era l'unica cosa importante. E ancora non mi capacitavo che a rendermi raggiante era proprio il ragazzo che avevo osservato da lontano per tre anni, ma allo stesso tempo avevo paura; paura perché le cose belle nascondevano sempre un dolore incolmabile. Ma dopotutto, questa era la vera natura dell'amore: prima ti dava tanto e poi ti toglieva anima e corpo. Speravo tanto che il nostro amore non richiedesse un sacrificio tanto alto.
I giorni seguenti passarono con regolarità e non successe nulla di rilevante. Avevo continuamente provato a parlare con Sofia della scena a cui avevo assistito la mattina di natale, ma era dovuta partire il giorno seguente con la famiglia per andare a trovare i suoi parenti. Mi aveva anche chiesto di andare con lei e trascorrere le restanti festività insieme ma, io avevo già altri programmi, quindi rifiutai a prescindere. Manuel mi aveva annunciato che a capodanno casa sua sarebbe stata vuota fino al giorno dopo; inutile dire che avevo fatto i salti di gioia e pensieri poco pudici e innocenti al riguardo.
Stavolta mia madre non aveva avuto nulla da obbiettare, sapeva già che qualunque cosa avesse detto non sarebbe servita a farmi cambiare idea. Infatti, quando Maneul mi passò a prendere verso le sette, mia mamma mi disse solo un: divertiti. Gli risposi con un gesto del capo, mentre mi apprestavo ad uscire.

<Un giorno la conoscerò di persona> mi avvisò Manu appena entrato, riferendosi alla figura genitoriale che si era stabilita sul ciglio della porta.
<Da quando ti preme molto conoscere mia mamma?> ribattei con tanto di sopracciglio alzato.
Girò la chiave e schiacciò il pedale sull'acceleratore prima di slittare sulla strada. Si passò una mano nei capelli e spostò il ciuffo rosso da un lato, ed era così magnifico che dovetti accavallare le gambe per non essere sgamato in pensieri viziosi.
<Perché gliene voglio dire quattro su come ti ha trattato, se me lo permetti> disse riallacciando il discorso.
Tossii istintivamente per ottenere una voce normale e non troppo alterata.
<No che non te lo permetto, anzi non ti concedo neanche di sollevare l'argomento se, un giorno, la conoscerai!> affermai con decisione.
<Punto primo, io la conoscerò per forza, sono pur sempre il ragazzo di suo figlio>, sollevò la mano e alzò prima un dito e poi l'altro, <Punto secondo, cerca di farti rispettare di più perché lei, stanto a quello che mi hai detto, non ti ha considerato per quello che erano i tuoi anni più importanti. Che madre lascerebbe in balia di sé stesso il proprio figlio?>
Asentii. Aveva ragione, però non mi andava proprio di ascoltare certe cose. Ma lui sembrava avere altro in mente.
<Non voglio che quando gli dirai di essere gay ti rinfaccia di non averglielo detto prima> disse a tono di avvertimento, e quasi non saltai giù dalla macchina per quelle parole.
<Cosa?>, ecco a cosa mirava dal principio, <Io non ho nessuna intenzione di dirgli mai una cosa del genere! Anzi a nessun altro prorpio>
Sbuffò seccato.
<Lo so, me lo dici ogni santa volta Andrei!>
Oh-oh.
Aveva usato il mio nome completo.
<Ma prima o poi glielo dovrai dire per forza, non gli stai mica dicendo che hai commesso una rapina ad una banca con un bazooka!> continuò con voce autoritaria.
Intanto arrivammo a casa sua, dove mise l'auto nel garage. Scesi dalla macchina e prima di chiudere lo sportello presi il sacchetto contenente i vestiti di ricambio.
<E poi, sempre se hai intenzione di stare con me ancora a lungo, due domande su suo figlio che sta' in continuazione con un ragazzo, due domande approposito se le fa! Non credi?> concluse spazientito sbattendo la portiera.
Misi le braccia incrociate restando in silenzio e mi diressi con lui alla porta d'entrata. Ci immettemmo nel salone di casa arredato più o meno con lo stesso designer della mia, forse un po' più soft.
C'ero stato solo una volta, a casa sua, ma solo di passaggio. Lì avevo conosciuto la madre Carmen, molto gentile e cordiale; se solo avessi avuto io una madre così avrei fatto i salti di gioia.
Era una donna sulla quarantina, occhi scuri, capelli biondi e un viso liscio e paffuto.
<Vuoi qualcosa? Ti serve qualcosa? Hai bisogno di qualcosa? Vuoi dirmi qualcosa?> allungò la voce sull'ultima domanda.
Ignorandolo gli risposi un semplice No.
Lo lasciai lì e attraversai tutto il soggiorno per varcare la stanza e arrivare alla porta accanto, ovvero la sua camera.
Appena spalancaii la porta sentii il suo odore invadermi le narici e farmi tanti di quei pensieri lussuriosi e sadici su di lui che Mr Grey a confronto non era nessuno.
Camminnai avanti fino al suo letto per posare la borsa, e sentii la sua presenza dietro.
Mi voltai, e me lo ritrovai a fissarmi. Alzai un sopracciglio.
Lui strizzò gli occhi a due fessure.
Io misi le mani sui fianchi, e lui per tutta risposta si morse il labbro avidamente. Feci un'espressione corruciata e in quel momento si avvicinò.
<Tu sei tutto strano, un pazzo> ammisi sostenendo il suo sguardo.
<Di te> disse semplicemente. E, seppure era una frase già sentita, mi toccò nel profondo e la mia espressione tornò normale.
<Volevo solo farti capire che non sei un mostro o un terrorista. Sei solo un ragazzo che AMA un altro ragazzo, non c'è nulla di male in questo> sostené con voce ferma.
Stetti ancora in silenzio. Non sapevo come fargli entrare in testa la mia paura nel fare coming-out con qualcuno!
Vedendo che non accennavo alcuna risposta, mi lasciò un bacio sulla fronte.
<Io non ho fretta, ma capiscimi. Voglio solo tenerti per mano mentre camminiamo; voglio solo darti un bacio in piazza perché ti amo; voglio solo fare delle cene di famiglie con te e presentarti come mio ragazzo>
Mi irrigidii di colpo. Mi veniva ribrezzo solo all'immaginare certe cose. Avere tutti quegli occhi addosso mi sfiancherebbe, sverrei in un lampo e spererei di non svegliarmi più.
Ma qualcosa dovevo pur dirglirla.
<Lo so, e piacerebbe anche a me. Ma per il momento voglio rimanere così, e se a te non va bene io non posso far altro che invitarti a trovarti un altro> dissi avvilito.
Di colpo venni gettato sul letto dietro le mie spalle con lui addosso, bloccandomi le braccia.
<Ma sei scemo?! Come ti viene in mente di dirmi una cosa del genere?!
Certo che ti aspetto!>, sbraitò sul mio viso, <Ti aspetto per tutto il tempo che vuoi, perché credimi che un altro ragazzo come te che mi migliora ogni santa giornata non lo trovo da nessuna parte>
E venni bombardato da chiazze rosse sul viso con le sue parole. Forse potevo anche provarci a fare qualcosa che voleva lui, ma era la paura del dopo che mi tormentava.
Dissi di sì con la testa sorridendo a malapena.
Mi gettò le braccia intorno e cominciò a stritolarmi i fianchi, mentre la sua testa era appoggiata sul mio petto. I suoi capelli ricadevano sparpagliati su tutto il mio addome, e seppur fosse  una posizione scomoda mi facevo bastare il sollievo che mi dava lui con quel contatto. Ma durò poco.
Mi solleticò il fianco facendomi uscire delle risate sommesse, che lui ne approfittò infilandomi la sua lingua tra le labbra. Anche se mi colse di sopresa, lo intercattai al momento giusto per contrarre la mascella. Strusciava la lingua sui contorni della mia bocca e sui denti cercando di farsi dare il permesso per andare oltre. Si mosse inferocito con il bacino sul mio, mossa che me lo fece drizzare in un batter d'occhio. Lui se ne accorse e spostò la bocca sul lato del mio collo. Lo leccò, e iniziai ad accaldarmi socchiudendo gli occhi per il piacere. Passai le mani sul suo sedere che si alzava e abbassava mimando il mio pene dentro di sé.
Gli spostai la testa con forza davanti alla mia mordendomi le labbra, in proposta di baciarmi. Si schiantò su di esse in un nano secondo, se non fosse che si bloccò per un rumore inaspettato.
Il fracasso ed il rimpombo di più voci ci fece sobbalzare giù dal letto in un attimo, spaventati su chi potesse essere. In un primo momento pensai a dei ladri, ma non mi lasciò dirgli nulla che mi prese sotto braccio e mi attirò a sé intimandomi a bassa voce di stare qui.
Senza indugiare troppo aprì la porta della camera e si affacciò al suo esterno. Strizzai gli occhi immaginando l'impossibile, ma quando chiamò il nome di sua madre mi stranii. Riaprii gli occhi e corsi da lui, e un mare di gente mi si parò davanti.
<Oh, tesoro!>, esclamò sua madre, <Mi dispiace intralciare i tuoi piani per la serata, ma non hai più casa libera> continuò il padre senza giri di parole.
Vidi Manu fare una faccia corruciata.
Intanto tutte quelle persone si smistavano ugnuna da una parte.
<Lo so, non era previsto. Ma a casa della nonna hanno interrotto la corrente elettrica e se non volevamo mangiare pasti freddi e con le candele, casa nostra era la più vicina.> continuò Carmen con tono dispiaciuto.
Manuel sbuffò e mi fissò con aria interrogativa. Scrollai le spalle in risposta.
<Perché non vi inutite a noi? Tu che ne dici Andrei?> propose, e si rivolse a me stavolta.
Un'anziana signora, che doveva essere la nonna in questione, mi si avvicinò.
<Assolutamente sì, questo ragazzo è pelle e ossa peggio di quest'altro disgraziato> mi disse per poi indicare il mio ragazzo.
La madre sorrise e se ne andò in cucina.

Dopo un'oretta passata a conoscere i suoi familiari lì presenti e alle continue scuse di Manuel per questo imprevisto, ci sedemmo tutti a tavola per fare il cenone di capodanno.
Ero un pochino in ansia per questa cena di famiglia, perché sapevo che sotto sotto a lui faceva piacere che mi trovassi lì in una occasione così rappresentativa.
Lui era seduto affianco a me, ma seppure cercava di farmi sentire a mio agio con delle pacche leggere sulla schiena, io ero decisamente a disagio. Avevo ricevuto qualche occhiata di sbiego da un suo zio di nome Robert, ma forse me l'ero solo immaginato.
Per il resto era tutto apposto, la sua nonna cercava sempre di farmi tenere il piatto pieno di roba, e già dopo i primi bocconi non ce la facevo più. Ma cercavo comunque di mangiare senza indugiare troppo, almeno volevo fare buona impressione con la mia educazione. Però dovevo ammettere che il cibo era davvero delizioso.
Mentre assaggiavo un po' di tutto e con le continue sollecitazioni che mi dava Manu da sotto il tavolo, scorticavo con gli occhi tutta la sua famiglia. Erano tutti così felici e contenti, con un bicchiere di vino, o birra, in mano mentre dicevano battute. Solo al vedere quella scena ti veniva voglia di farne parte.
Poi pensai alla mia di famiglia, dove mia madre passava le festività con le sue amiche come se avesse vent'anni, e mio padre invece con i presunti colleghi di lavoro. Ed io il solito fesso a passarlo da solo o con Sofia, ma quest'anno era stato diverso.
Dopo l'ennesimo tentativo della nonna di riempirmi il piatto, Manu si intromise cercando di dissuaderla, e per fortuna ci riuscì.
Gli sussurai un grazie, e di risposta ricevetti: <Tranquillo, non voglio di certo che stasera succede qualche spiacevole incidente a letto>
E con quelle parole arrossii e schifai allo stesso tempo.
Gli unici adolescenti eravamo noi due e suo cugino Marcus di quattordici anni, e poi due piccole gemelle di otto; e mentre gli adulti continuavano a parlare ininterrottamente, noi ragazzi ci spostammo sui divanetti più in là. 
Mi sedetti sul divano accanto ad una lampada strana e lui cercò di mettersi sopra di me, ma ovviamente lo trucidai con gli occhi. E sbuffando si mise accanto a me, parlottò tra sé perfino contrariato.
Mi stavo annoiando un po' quando, con fare giocoso, mi si avvicinarono entrambe le piccole gemelline.
<Quanto sei bello!> iniziò a dirmi una.
<Già, i suoi capelli sembrano zucchero filato> si intromise l'altra.
<Ehi, lui è mio> controbatté Manu, e mi allarmai subito.
Entrambe le bambine si misero a ridere di gusto.
<No, non è vero> disse la prima.
<Siete due maschi> continuò la seconda. E in quel momento le stavo odiando.
Di gesto, sempre ridendo, il mio ragazzo mi prese per mano.
<Invece si, lo amo tanto tanto. Ci prendiamo anche per mano, vedete?>
Cercai invano di strattonare la sua presa.
Le ragazzine rimasero un po' in silenzio, pensando a cosa dire. Poi spalancai gli occhi alle loro parole.
<È vero! Guarda Mara, hanno due anelli che si assimiglano!>
<Si sì! Hai ragione Monica, hanno anche due ciondoli uguali!>
Tutte e due si misero quasi a gridare quelle parole, ed io mi affrettai a mettere dentro la maglia la collana  che evidentemente era balzata fuori. E come se non bastasse le voci che venivano dal fondo della tavola si facevano sempre più lievi. Ma ovviamente Manuel doveva dare la batosta finale.
<E quindi? I vostri genitori non vi hanno insegnato cosa sono i gay?!>
E in quell'istante il mio cuore tacque, proprio come il vocio degli altri.
Tutto sembrò essere piombato nel silenzio, non volava una mosca.
Cercavo di farmi funzionare di nuovo il cuore, perché se no da lì a poco sarei morto per un collasso cardiaco.
Poi, con molto ritardo, anche lui si rese conto di ciò che aveva fatto, o meglio urlato.
Tremai.
Rabbrividii sotto tutte quelle occhiate che mi stavano dando. Le sentivo, una per una. E bruciavano sulla mia pelle come se ci fosse appoggiato del tizzóne. Sentivo la testa barcollarmi, forse stava perfino cedendo dal collo.
<And...> fece per iniziare Manu, poggiandomi una mano sulla schiena.
Mi alzai di scatto senza fiatare, con lui al seguito.
Stavo per girarmi verso la sua famiglia, porre la mia gratitudine per il cenone e andare via ma, quando sentii un frocio provenire da non so dove, non ce la feci a resistere all'impulso di scappare via.
Un attimo prima ero dentro a quella casa, e un attimo dopo mi trovavo a correre per le strade fredde con il mio ragazzo che cercava di raggiungermi urlando il mio nome a squarciagola.
<And! Cazzo fermati!> strillò ancora una volta, ma non mi fermai. Avevo quest'ansia e questa pressione schiacciante sul petto sinistro, era così lacerante. Volevo solo correre a casa e mettermi sotto tutti quei comuli di coperte che avevo per farmi da scudo, e fare finta di avere ancora sette anni e credere che basti solo un lenzuolo sopra la testa per proteggermi dall'esterno.
Intorno a noi c'erano solo file di case a schiera vuote e inanimate, o almeno la maggior parte. Ed eravamo vicino ad un angolo della strada quando, con poca delicatezza, riuscì ad afferrarmi per il collo della maglietta e a strattonarmi per farmi fermare.
Cercavo invano di sfuggire alla sua presa e ricominciare a correre, ma quello che ne ricavai fu di cadere sopra di lui.
<Fermati un attimo! Se no giuro che ti prendo a ceffoni> sentenziò a denti stretti.
In quel momento mi calmai, non del tutto ovvio.
Mi girò verso il suo viso preoccupato, e passò i suoi pollici sui miei occhi. E lì capii che stavo piangendo, ero così frettoloso e in preda al panico che non mi ero reso conto neppure delle lacrime che stavo gettando.
<Non è successo niente> provò a dire.
<Ah, niente?! Hai sbandierato a tutta la tua famiglia che stiamo insieme!> dissi adirato.
<Aspetta! Non è proprio così. Ho solo affermato una cosa generica, non ho detto esplicitamente che stiamo insieme. E non sono stato io ad iniziare>
Lo guardai con gli occhi spalancati per l'incredulità delle sue parole.
<La coerenza! Non eri tu a dire "basta guardarci e fare due più due"? E poi mi tenevi per mano! Finiscila di sparare parole a cazzo>, strepitai , <E non sto metto in dubbio che non è iniziato da te quel discorso, ma se tu non avessi dato corda alle tue cugine ora non saremmo qua!>
Rimase taciturno. Il viso gli si rabbuiò.
<Quindi alla fine è colpa mia. Va bene, come dici tu. Come al solito sbaglio sempre io> bisbigliò, quasi come se lo dicesse a sé stesso.
<In questo caso si. Non ti chiedevo altro di rispettare le mie convinzioni, anzi una mia paura. Volevo solo del tempo, e tu l'hai sbandierata così ai quattro venti. E meno male che ne avevamo parlato soltanto oggi pomeriggio>
Lasciai che tutte le parole che avevo in gola cadessero una per una. Forse stavo dicendo qualche parola di troppo, ma se uscivano voleva dire che le pensavo davvero.
Lui non si spostò da quella posizione per molto tempo, sembrava congelato. Poi, con terpore si elevò da terra, e mi guardò negli occhi.
<Va bene. Hai ragione, ho fatto un casino. Ma tieniti a mente che quello che ho fatto, o meglio detto, è stato perchè IO non ho nessuna vergogna di noi, al contrario di TE> ammise, lanciandomi al cuore delle pallottole fatte di parole.
<Come puoi dir-> cercai di dire, ma a vuoto.
<Zitto. Lascia perdere. Fai come vuoi. Tieniti questa cazzo di paura infondata e lasciami perdere. Perché mentre tu ti dibattevi sul modo di passare inosservato con me, io cercavo sempre un modo per rassicurarti. Ma tu questi piccoli gesti non li vedi, non li puoi vedere. Perché sei troppo preso dai pensieri delle altre persone, quando dovresti pensare TU in primis a vedere la nostra relazione normale. Quindi, fatti un esema di coscienza Andrei, su ciò che sei e su cosa invece vuoi apparire.> concluse Manuel con tono straziato.
Poi si portò le mani al collo e si slacciò la collana che gli avevo dato a Natale, e me la diede fra le mani. Tolse anche l'anello, ma quello se lo tenne nel palmo della mano.
<Ciao Andrei> sibilò.
E cercai in tutti i modi di muovermi e di dirgli che non poteva finire tutto così, dopo questi mesi passati insieme. Dopo tutte quelle parole dolci che mi ha dedicato. Dopo avermi salvato con la storia di Adriano. No, non poteva cadere tutto nella spazzatura, diventare feccia e appassire. Perché il nostro amore era ancora vivo, ma in prossimità di spegnersi. Avrei voluto solo fregarmene dell'orgoglio e allontanare dalla mia testa quelle sue parole senza verità.
<Ciao Manuel> riuscì a dire solo.
Ed entrambi, con i fuochi d'artificio che sfavillavano nel cielo per segnare l'inizio del nuovo anno, ci girammo con il dolore di una ferita che si sarebbe aperta giorno dopo giorno. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro