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16. Vacanze invernali

                           Andrei

Le ultime tre settimane di scuola prima delle tanto attese vacanze natalozie, vennero con gran velocità.
Seppure erano stati giorni pieni di verifiche e interrogazioni, il tempo sembrò passare con rapidità. E non potevo esserne più felice. 
<Allora, And. Che si fa per Natale? E per capodanno?> iniziò a invadermi di domande Manuel mentre uscimmo da scuola e ci dirigemmo alla macchina, il tutto accompagnato da Sofia.
<Ma che ne so. E abbassa la voce> lo zittii io.
Alzò gli occhi al cielo come al solito.
<Io di solito organizzo qualche serata con amici da Thomas ma quest'anno, essendoci tu, ho intenzione di rifiutare per passarlo insieme.>
All'improvviso sbucò proprio Thomas che disse: <Sbaglio o mi avete nominato?>
Vidi Sofi arrossire alla vista di Tomh. Gli lanciai un'occhiata provocante, e lei mi incenerì con lo sguardo.
<Si, stavamo parlando cosa fare a Natale.> disse Manu.
<Oh si, approposito. Quest'anno non si fa nulla. Philip e Alex sono già impegnati> precedette Tomh.
<Figo! Meglio così. Allora che ne dici se lo passiamo insieme: io, te, Andrei e Sofia?!>
Beh, avrei preferito di gran lunga passarlo solo con lui, ma anche l'idea di festeggiarlo con loro non era male.
Tutti e tre ci girammo verso Sofia che, sentendosi puntata tutti quegli occhi addosso in cerca della sua approvazione, si era completamente fatta rossa dall'imbarazzo. Poi però, annuì.
<Bene Allora! È deciso>sentenziò Thomas.
Ci salutammo tutti e ci dividemmo ognuno per la propria strada. Quel giorno rifiutai il passaggio di Manu per parlare con Sofia sulla via di casa. E per fortuna non fece troppe storie.
<Allora, che succede?> cominciò lei.
La guardai con un sopracciglio alzato.
<Niente. Voglio solo un consiglio sul regalo che potrei fare a Manuel.>
Ci avevo pensato per giorni, ma non mi veniva nessuna idea carina.
<Una vostra foto incorniciata?> provò a dire lei.
<Già visto> andiamo, era troppo scontato e da film.
<Un maglione?>
<Troppo banale>
<Un peluche?>
<Troppo da femmine>
A quella risposta la sentì borbottare, e non potei fare a meno di ridere.
<Un ciondolo?>
<Intendi una collana?> chiesi riflettendoci.
<Sì, qualcosa del genere. Magari uguali, uno per te ed uno per lui. Visto che avete già un anello più o meno uguale, sarebbe carino avere anche una collanina>
Beh, aveva ragione. E poi, a differenza dell'anello che era di modello diverso per non attirare occhi indiscreti, con la collana era tutto diverso: bastava nasconderla sotto la maglietta.
Arrivammo a casa mia, e prima che continuasse per la sua strada gli chiesi, invece, che cosa volesse lei.
<Facile, la borsa che abbiamo visto settimana scorsa in quel negozio in centro> mi rivolse uno sguardo dolce con le palpebre che sbattavano una contro l'altra rapidamente.
Gli dissi un poi vediamo ma non so se lo sentì, perché si era già messa in cammino.
Rientrai in casa e rimasi quasi basito che ci fossero sia mio padre e sia mia madre.
<Oh bentornato, Andrei> salutò papà abbassando il giornale che stava leggendo sulla sedia in cucina.
Gli rivolsi un cenno del capo, mentre mia madre, sul divano, mi lanciò un'occhiata di sbiego.
Dopo che papà, sei anni fa circa, tradì mia madre con un'altra donna sul posto di lavoro, in casa si perse tutta la loquacità che c'era.
Se solo ricordavo quei giorni infernali...
Praticamente la 'donna' in questione, con cui aveva avuto un rapporto, dopo quattro mesi dell'accaduto era venuta a bussare a casa nostra. Avevo all'incirca tredici/quattordici anni, ed ero impegnato a giocare al mio Nintendo in camera.
All'improvviso sentii una donna gridare, poi mio padre e infine mia madre. Sgattaiolai dalla mia stanza e mi affacciai dalle scale che portavano al soggiorno. Lì vidi quella scena terrificante che si impresse nella mia mente. Mia madre cercava di chiudere la porta in faccia a quella donna chiamandola sgualdrina, mio padre che teneva indietro quella donna dalla chioma rossa, che ripeteva di essere incinta di Alphonse, mio papà.
Tutto si calmò quando mia mamma riuscì a chiudere la porta, restando sola. Si accasciò a terra con le mani agli occhi e le lacrime che le rigavano il viso. Lentamente mi avvicinai a lei, preoccupato, ma quando mi vide saltò  spaventata. E in quel momento, presa dal panico e dalla rabbia, mi gridò in faccia di andare subito via. Vederla in quel modo mi fece salire il cuore in gola, e corsi trattenendo il respiro nella mia camera.
Ma la lite non era per niente finita. Quella sera tardi mio padre tornò a casa, e anche se non ero ad origliare sulle scale, sentii comunque la loro conversazione.
<Ha detto che non terrà il bambino! Abortirà> disse papà.
<E che cosa vuole in cambio? Sentiamo. L'ho vista che è una mezza puttana. Ti avrà chiesto sicuramente  qualcosa in cambio> esordì a quel punto mia madre.
<Solo una piccola somma di denaro che le ho già dato. Non ho voluto perdere tempo con questa storia.>
Da lì, il discorso sembrò spegnersi per sempre. Non sentì più, o almeno in mia presenza, riattaccare quella conversazione.
Mamma in un primo momento volle il divorzio, cozzata al mille per mille a fargliela pagare a mio padre. Ma in seguito, con la morte di sua mamma, non ché mia nonna materna, esalò il suo ultimo respiro. In quel periodo la separazione sembrò passare in secondo piano, quasi vidi, e sperai, in una riappacificazione tra i miei, ma che purtroppo non avvenne mai.
Continuarono a vivere insieme come un'apparente famiglia, ma in realtà era solo una grande menzogna. E da quel momento entrambi si dettero al lavoro, non tornando quasi mai a casa e scordandosi pure di avere un figlio.

Quando entrai in camera mi buttai a capofitto sul letto.
Dovevo cominciare ad andare a prendere i regali prima di rimanerne sprovvisto.
Presi il cellulare e andai nella rubrica. Poi schiacciai il numero di Thom, che in questa occasione si rivelò molto utile. Me lo aveva salvato Manu in caso di emergenza. Bah, era sempre catastrofico.
Al quarto squillo rispose.
<Pronto?>
<Thomas, sono io Adrei>
Si sentì uno sportello di una macchina chiudersi.
<Hei And! Che succede, successo qualcosa a Manuel?> chiese preoccupato.
<No, no. Ti ho chiamato di mia spontanea volontà. Volevo solo chiederti se mi accompagnassi in centro a prendere dei regali per Natale.>
<Mancano due giorni e non li hai ancora fatti?!> si allarmò.
Scossi la testa, ma poi mi sentii uno scemo. Come poteva vedermi se eravamo per telefono?!
Fatto sta' che acconsentì, e ci demmo appuntamento alle quattro e mezza direttamente lì quel pomeriggio. Avrei voluto ovviamente andarci con Sofia, ma Thom conosceva sicuramente di più i gusti del suo miglior amico.

Alle cinque meno un quarto arrivai lì, sperando che anche lui avesse fatto ritardo.
Mi guardai in giro, ma mi si annebbiarono gli occhi per tutta la gente che mi passava davanti. Forse avrei dovuto dargli un punto preciso per vederci.
Ma di colpo qualcosa mi toccò la spalla, o meglio qualcuno. E subito il ragazzo dai capelli mori e occhi marroni mi sorrise, lasciando intravedere delle piccole fossette.
Mi chiese se fossi lì da poco, ma gli intimai di stare tranquillo.
<Hai già intenzione di cosa comprare?> Mi domandò.
<Mh sì, avevo pensato a qualcosa di classico. Tipo una collana, magari particolare.>
Alle mie parole gli si ulliminarono gli occhi. Mi prese dal braccio e mi portò dritto in un negozio strano, pieno di cose vintage e alquanto bizzarre. Forse era una specie di antiquariato.
<Facciamo un giro qua dentro, sono sicuro che troverai quello che cerchi.>
C'erano un sacco di oggetti strani, alcuni bellissimi e altrettanti enigmatici. Ma alla vista di un teschio anzi una marea di teschi esposti, feci un passo indietro finendo su Thomas.
<Oh scusa!> Mi scusai in fretta.
Quando ci spstammo sullo scaffale vicino alla cassa, notai dei ciondoli davvero stupendi.
Presi tra le mani quello che doveva essere un cristallo, ma di colore nero.
<Che occhio!> affermò Thom alle mie spalle.
In un primo momento non capii, poi feci due più due.
<È questo che gli piacerebbe? Una pietra nera?>
Sospirò spazientito.
<Non è una semplice pietra. Sai che cose l'Alessandrite?>
Scossi il capo.
<In poche parole è una pietra formata da un sale minerale chiamato crisoberillo più l'aggiunta di un'altra cosa -di cui non ricordo il nome- che gli fa cambiare colore in determinate condizioni.>
Wow, sembrava una cosa fantastica e molto particolare.
<Ovviamente questo è una specie di riproduzione, dove il colore, in teoria, dovrebbe cambiare in base all'umore di chi la tiene> concluse la sua spiegazione.
Ne presi due, deciso a comprarle. Sembrava il regalo giusto!
Quando usciamo da quel negozio, con in mano ancora i ciondoli, li vidi cambiare colore in bianco.
<Tranquillo è tutto normale. Nel negozio non c'era abbastanza luce da illuminare perfettamente la pietra, ma ora che siamo fuori si è mostrata con il colore originale.> spiegò ancora una volta Thom.
Era davvero informato su queste cose.
Subito dopo si offrì di accompagnarmi a casa, ma prima di accettare gli dissi se potevamo passare da un altro negozio per prendere la borsa che tanto desiderava Sofia, di un certo stilista che nemmeno sapevo pronunciare il suo nome.
Prima di scendere dall'auto, lo ringraziai di tutto: per avermi accompagnato fino in centro, l'avermi aiutato con il regalo del mio ragazzo e per avermi, infine, riportato a casa.
Tutto sommato, sembrava essere stato un pomeriggio abbastanza tranquillo. La sua compagnia era molto piacevole e non ti faceva pesare cominciare un discorso con lui. Eppure me lo immaginavo diverso.

                            Louis

La scuola aveva finalemte chiuso le porte per dare inizio alle vacanze di Natale. Al contrario degli altri, io però, ne ero afflitto: stare a casa per i prossimi giorni consecutivi con mio padre, mi soffocava già solo al pensiero.
Avrei tanto voluto passarlo con Walter ma, quando era uscito l'argomento la settimana prima sul Natale, aveva liquidato la conversazione con Sono già impegnato. E non potevo di certo oppormi, sarebbe uscito sicuramente con qualche amico. Dopotutto, ero solo io quello che non riusciva a farsene nemmeno uno, di amico.
Sospirai all'inevitabile 'cena' della vigilia di Natale che avrei dovuto passare con papà. Ogni anno, da quando era morta la nonna, finiva di lavorare e tornava a casa con qualche cibo preso in alcune rosticcerie per la via. Il tutto si consumava in silenzio, come sottofondo la televisione. Non si aspettava più neanche la mezzanotte. Quando mancavano venti minuti quasi, si alzava dalla sedia e si chiudeva in stanza. Molto probabilmente non voleva rivolgermi la porola nel momento in cui scattava l'ora. Ma la cosa più sorprendente era quando, sparecchiando la sua parte di tavolo, trovavo una busta con delle banconote. Quello doveva essere il mio regalo. Per quanto avrei voluto dirgline tante, che quei regali poteva darmeli direttamente in mano come tutti i genitori, e non quasi in anominato come se fossero capitati lì per caso, preferivo non mettere altre guerre. Forse era stato un grande marito, ma come padre faceva letteralmente schifo.

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