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10. La matematica ha il suo lato perverso

<Che stai facendo?> chiesi, inarcando un sopracciglio. <Voglio solo tenerti per mano, non credo che sto ammazzando nessuno> rispose con convinzione Manuel.
<Si ma siamo a scuola!> ribattei io.
Era passato un mese da quando io e Manuel ci eravamo messi insieme e l'idea di fare coming-out si faceva sempre più forte. Ma non ero io a volerlo fare, bensì lui. Ogni volta ripeteva e farneticava che così potevamo essere più liberi, che mi avrebbe potuto abbracciare, o altro, quando e dove voleva, al posto di chiuderci in una stanza.
Non pensavo minimamente che fosse una brutta idea, anzi lo amavo davvero, un amore durato per tre anni di fila e ora che lo avevo nelle mie mani, non potevo fare nulla con lui che fosse all'aperto. Be' diciamo che se la mettevamo così, c'erano molti punti a favore; però, quelli negativi non erano neanche da sottovalutare.
<Ciao> sentii la sua voce a malapena e poi allontanarsi verso l'entrata.
Mi aggiustai lo zaino dietro le spalle e con aria scocciata mi avvicinai al cancello.
<Hei Andrè!>, sentii chiamarmi da dietro. Non ebbi neppure il tempo di giararmi che Sofia mi saltò addosso, stampandomi un bacio a schiocco sulla guancia. Subito mi passai la manica della t-shirt sul viso: ogni volta che mi baciava mi lasciava del rossetto sopra. Rise al mio gesto e mi prese sotto braccio.
<Allora, come va? Ti vedo bene>, disse lanciandomi qualche occhiata di intesa.
Annuii. Dopo quella piccola conversazione con Manu non mi andava di avere alcuna conversione con nessuno.
Entrammo in classe e la professoressa di matematica ci fece una bella ramanzina per aver fatto due fottuti minuti di ritardo, ma il bello doveva ancora arrivare! Sembrava che ce l'avesse con me; mentre andavamo al nostro posto, continuò a lamentarsi del mio scarso profitto negli ultimi tempi. Forse aveva un tantino ragione: negli ultimi mesi mi ero solo concentrato su Manu e le nostre cosette. Annuii e gli dissi che avrei sicuramente recuperato. E quando ormai pensavo di averla finalmente scampata, ecco la botta finale.
<No che non lo farai, a meno che qualcuno non ti segua>, prese un respiro e cominciò a guardare il resto della classe, <Louis, sarai tu ad aiutare Andrei.> Cosa?! Perché proprio quello?
Entrambi ci scambiammo un'occhiata e prima che potessimo aprire bocca per protestare, intervenne di nuovo. <Non voglio sentire nessun ma e nessun se. Cerca di fargli imparare qualcosa prima della prossima settimana, visto che avremmo il compito>, concluse infine riferendosi a Louis. Nessuno dei due protestò ulteriormente. 
La lezione iniziò regolare, ma per quell'ora stavo cercando di inventarmi una scusa da rifilare al mio nuovo amico di studi. Alla ricreazione si avvicinò al mio banco, ma dalla sua camminata ne dedussi che era nervoso.
<Senti And, quando hai intenzione di vederci? Per studiare, ovvio.> la sua voce era ben marcata, lo faceva vedere sicuro di sé; peccato che però il suo corpo lo tradiva: come il continuo spostare il suo peso da una gamba all'altra o lo schioccarsi le dita in continuazione.
<Mh... fammici pensare. Te lo dirò più tardi.> Facendo dietro front, se ne ritornò a sedere. Non avevo alcuna intenzione di fare nessuna ripetizione con quel tipo.
La campanella risuonò e le lezioni ripresero normalmente. Fra scarabocchi e qualche chiacchera con Sofia riuscii a far passare il tempo, e così finalmente arrivò il momento di uscire. Corsi alla porta, prima che Louis mi potesse raggiungere.
Facendomi spazio tra quella folla riuscii ad uscire per primo e mi avvicinai all'auto di Manuel e sperai che gli fosse passato quel suo capriccio. Saltai sul parabrezza, sedendomici, e lo aspettai.
Con il suo solito ciuffo rosso davanti agli occhi si avvicinò lentamente. La scorsa settimana mi aveva accennato a voler cambiare, volendo farsi la tinta blu. Io non gli dissi né si e né no: feci solo spallucce. Non che non mi interessava, anzi: quel ciuffo rosso l'avevo sempre adorato, dal primo momento che l'avevo visto, però se voleva cambiare, chi ero io per fermarlo? Essere il suo fidanzato in quel caso non contava, insomma erano solo capelli, perché farne una tragedia?!
Una volta avvicinatosi scesi da sopra la macchina, e lui mi si attaccò un po' troppo vicino. Qualcosa mi diceva che quello di stamattina era solo un assaggio. Stava per avvolgermi in un abbraccio, mentre la sua bocca era in procinto di baciarmi, quando lo fulminai con gli occhi.
<Andrè...> sibilò.
<No. Quante volte devo ripetertelo?! Non voglio farlo.> ringhiai a denti stretti.
<Senti, io voglio essere libero di...> Non lo feci finire neppure di parlare che lo ammutolì con uno shh. Il suo tono di voce si stava alterando, incurante che eravamo nei parcheggi fuori la scuola. Ma prima che avesse la possibilità di ricomciare spuntò Louis, che ci fece sobbalzare entrambi. Capitava al momento giusto!
<Oh Louis! Si sono pronto per andare, vieni.> feci gesto per seguirmi, mentre mi girai per attraversare la strada. <Cosa?! Aspetta non abbiamo ancora finito. E poi chi è lui?> il rossore per la rabbia che aveva in volto gli donava, con il suo ciuffo abbinato.
<Oh sì che abbiamo finito, e non ho intenzione di cambiare idea. Ah, e lui è il mio nuovo... chiamiamolo tutor.> Lasciandolo lì, feci passare un braccio sulle spalle di Louis e passammo sull'altra strada diretti a casa mia.

<Vieni, entra> dissi aprendo la porta di casa.
<È permesso...>
Lo guardai e poi soffocai una risata. <Sta tranquillo Louis, non c'è nessuno.>
Entrando nella mia stanza, mi gettai a peso morto sul letto. Loù si sedette sul bordo, quasi spaventato. Lentamente si voltò a guardarmi e cominciò a parlarmi; ma io ero troppo concentrato a squadrarlo, per la prima volta, per sentire le sue parole. Lunghi capelli neri e folti che gli arrivavano alle spalle e che gli ricadevano sulla fronte, occhi di un colorito azzurro, quasi turchese, naso schiacciato, labbra rosate e un colorito di pelle molto chiara.
Nel corso dei tre anni precedenti non avevamo mai fatto alcun tipo di conversazioni. Nella classe si erano formati i soliti gruppi e lui faceva parte di quello composto dai secchioni: e infatti non era affatto attraente, però se pensavo agli altri componenti di quel gruppetto lui era quello più decente, assolutamente.
<Andrei, mi stai ascoltato?> sentii all'improvviso mentre mi sventolava una mano davanti agli occhi. Battei le palpebre un paio di volte prima di ritornare con la mente alla realtà. <Si.>
<Allora dimmi cosa ho detto.> mi incalzò. Balbettando scesi dal letto e gli dissi se volesse qualcosa da bere. Con sguardo esasperato scosse la testa.
Andai a prendermi dall'acqua e al mio ritorno lo trovai a sfogliare un libro. Solo avvicinandomi mi accorsi che era il quaderno di matematica. Alzai gli occhi al cielo, pensando che quello sarebbe stato un lungo pomeriggio.
Dopo soli venti minuti di ripasso mi gettai con la schiena sul letto sbuffando. Non ci stavo capendo una mazza. <Dai!>, incoraggiò lui, <Sta' tutto nell'imparare questa formula.>
Sbuffai un'altra volta a quelle parole. Chiusi gli occhi e passarono qualche minuto in un totale silenzio. Ma quando gli riaprii e mi sollevai sui gomiti, mi trovai i suoi occhi circospetti fissarmi. Avevano qualcosa di non so ché  inquietante.
<Forse ho un'idea.> disse alzandosi, il tono velato da qualcosa di impercettibile. Si avvicinò e si abbassò adiacente alle mie gambe penzolanti dal letto. Ma non fece nulla. Si rialzò e si allargò lungo il mio corpo. Poggiò la mano destra sulla mia zip del jeans, abbassandola, mentre con la sinistra si sosteneva sopra si me. Non capivo cosa stesse facendo, o meglio, comprendevo  eccome. Ma ero come ipnotizzato. Volevo sapere dove volesse andare a parare. Si rimise in bilico su se stesso, prese i bordi dei pantaloni e me li sfilò senza far uscire le scarpe. <Pantaloni> sibilò. Mi tese una mano e guardandolo in volto la strinsi, per poi essere tirato su a sedere. Mi fece alzare le braccia, così da togliermi la maglietta. <...diviso maglietta> disse quasi in un fischio. <uguale intimo.> concluse.
Pantaloni diviso maglietta uguale intimo? ripetei nella mente.
Nel momento in cui me lo ridissi per la quarta volta, ci arrivai! Era la stessa struttura della prima formula che aveva detto Loù poco fa, solo che al posto delle lettere aveva messo gli indumenti.
Quando vide la mia bocca spalancata si accorse che c'ero finalmente arrivato. Beh, ora ero sicuro che non me la sarei scordata più. Però, pensandoci, le formule erano due. Quando spostò di nuovo lo sguardo su di lui, lo vidi avvicinarsi un'altra volta. Scese verso il basso e con delicatezza mi cacciò via le scarpe, facendomi rimanere con i calzini. <Scarpe> gracchiò.
Si sollevò di nuovo e prese l'elastico dei boxer e lentamente me li tolse facendo pian piano uscire il mio membro semi addormentato. <...meno intimo>, sospirò, <uguale nudo.>
Scarpe meno intimo uguale nudo, pensai ancora.
Un fremito mi percorse la schiena. Ed ora? Come sarebbe continuata la cosa?

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