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Capitolo 3

La mattina della settimana iniziò monotona come sempre, mi svegliai con poca voglia di vivere e mi buttai sotto la doccia calda, l'acqua mi svegliò e in pochi minuti mi vestii e mi trascinai in cucina per fare colazione.

«buongiorno» biascicai a mia madre che era già a tavola con una tazza di caffè in mano.

«buongiorno» mi rivolse un'occhiata per poi tornare alla sua lettura delle news sul cellulare. La mattina a casa mia non era mai stata molto attiva e io non avevo mai preteso che qualcuno mi parlasse, stava bene anche a me. In fondo chi ha voglia di parlare di prima mattina? Versai l'acqua del bollitore nella mia tazza di Minnie mettendoci il filtro del tè, amavo il tè non ne potevo fare a meno!

«Ashely oggi vai con Denise?» mi chiese mia madre.

«si, tu hai il turno di mattina giusto?»

«tra dieci minuti devo uscire..pensavo che forse Adam ti avrebbe potuto accompagnare» mi voltai di scatto e la guardai con occhi increduli. Adam? Si era sempre rifiutato di fare qualsiasi cosa per me e mia madre era sempre stata la mediatrice, sapeva benissimo quanto io soffrissi ogni volta.

«non mi guardare così»

«come ti dovrei guardare dato che dici delle assurdità?»

«Adam è sempre tuo fratello e non è come credi...» non la lasciai finire la frase, come poteva non essere come credevo? Mi ci ero scontrata più volte con lui, gli avevo imposto la mia presenza e lo amavo perché il rapporto che noi avevamo andava oltre ogni possibile suo cambiamento, ma lui mi aveva eliminata dalla sua vita.

«mamma vorrei anche io che fosse così ma sappiamo tutte e due che non c'è speranza o almeno non ce n'è per me» la vidi colpita dalle mie parole non aggiunsi altro, cosa gli aveva fatto cambiare idea? Mi alzai un po' frastornata e uscì di casa mettendomi il giaccone e lo zaino sulla spalla.

«io vado, buona giornata» la salutai e uscii di casa dirigendomi sul vialetto aspettando Denise, non che la mia migliore amica dal primo anno di liceo. Una ragazza bionda dall'animo gentile di cui l'unica pecca era suo fratello Brandom. I nostri fratelli erano migliori amici e lei forse era davvero l'unica a capire a fondo il mio tormento.

Beeep beep!

Sobbalzai sul posto e davanti a me comparve la macchina di Brandom con Denise dentro.

«ei Bella addormentata che fai lì impalata?» la mia amica si affacciò dal finestrino anteriore sorridendomi, che stupida!

«Niente niente vi ti stavo aspettando» mi distolsi dai miei pensieri ed entrai in macchina velocemente, Brandom indossava un paio di occhiali scuri che non lasciavano vedere i suoi occhi e il fatto che fosse il primo giorno della settimana mi dava la certezza che sotto celavano due occhi rossi e stanchi. Saint Paul nel weekend offriva numerose feste per liceali e universitari e la comitiva non era di certo quel gruppo che se ne privava.

«tranquilla Ashely il lunedì mattina sconvolge anche me» mi disse Denise che invece sembrava fresca come un fiore di primavera.

«sicuramente non sono l'unica ad andare in giro come uno zombi» le risposi alludendo a Brandom. Dallo specchietto vedevo il suo volto tranquillo e non riuscivo a smettere di fissarlo mentre con molta normalità cambiava marce o stringeva il volante con le sue grandi mani. Che dire era sicuramente un ragazzo che aveva un certo effetto su di me ma non mi ero mai spinta a pensare oltre, si trattava pure sempre di un coetaneo di mio fratello. Continuammo il tragitto in silenzio e la cosa mi mise molto a disagio, Denise sembrava presa in un mondo tutto suo come sempre ma suo fratello continuava a catturare la mia attenzione e il fatto che avesse gli occhiali non mi aiutava, era come se mi sentissi autorizzata a fissarlo ma allo stesso tempo la paura che lui mi potesse vedere mi innervosiva. Non volevo che pensasse qualcosa di strano. Arrivammo a scuola e io e la mia amica scendemmo dalla macchina.

«ciao fratellone, ci vediamo all'uscita»Demi gli fece l'occhiolino salutandolo.

«ciao grazie del passaggio» lo guardai sorridendogli.

«ciao, di niente» si voltò per vedermi mentre chiudevo lo sportello posteriore e il gesto mi colpì, non avevo nessuna ragione di emozionarmi, era solo una forma di educazione, ma io iniziai a sentirmi la pelle d'oca. La macchina sfrecciò verso il parcheggio e io mi diressi invece dalle mie compagne di corso, la giornata non era ancora iniziata e già mi sentivo stremata.

«buongiorno!» dissi saltellando come mio solito. Il cerchio formato da Denise, Dakota e altre ragazze si aprì e io sorrisi a tutte.

«buongiorno»

«quindidicevo? Ah si! Questa scuola mi sta devastando! Non ho più una vita sociale ed è già tanto che riesco ad uscire il sabato sera» Dakota continuava a stringersi nel suo pellicciotto nero e tutte eravamo nelle sue stesse condizioni, vale a dire infreddolite e senza una vita sociale.

«io non connetto a questora ragazze, credo di aver scoperto di essere unorsa» guardammo tutte Denise con una faccia interrogativa.

«si unorsa perché altrimenti non saprei come giustificare il mio sonno perenne. È ufficiale questo per me è periodo di letargo» non potemmo che scoppiare a ridere.

«tu sei matta»

«sono seria!»

E giusto in quel momento sentimmo le marmitte rombanti delle Triuph più famose dellistituto. Armando, Felipe e Adam fecero capolinea davanti la cancellata e si diressero verso il parcheggio interno, vidi tutte le ragazze seguirli con lo sguardo conoscendo benissimo i loro pensieri.

«eccoli..» sussurrò Dakota

«ancora non mi capacito come quattro spettacoli della natura possano stare tutti insieme nello stesso posto e allo stesso tempo» disse unaltra ragazza e ci fu un sospiro di massa, io invece vidi solo il solito scenario in cui tutti invidiavano quei ragazzi ma non sapevano per niente chi realmente fossero.

«tutto okay?» mi si avvicinò Denise. Le sorrisi, mi sentivo sempre allo stesso modo.

«andiamo dobbiamo entrare» ci avviammo verso lingresso e la comitiva ci passò proprio davanti. Sentii la risata di Armando e vidi Felipe fare lo stupido mentre si beccava un ceffone sulla nuca da Brandom. Quello che invece mi fece più sentire in imbarazzo fu lo sguardo persistente che mi rivolse mio fratello, cosa voleva? Feci finta di niente e rimasi con le ragazze in attesa del suono della campanella che non tardò ad arrivare, forse fu la prima volta che aspettai con impazienza di entrare a scuola. Le porte furono aperte e insieme a una folla di studenti mi incamminai verso le aule quando sentii una stretta al braccio che mi fece raggelare il cuore e dentro di me sperai con tutta me stessa che non fosse Adam, invece mi voltai e vidi i suoi occhi.

«aspetta» dal suo volto non traspariva nessuna emozione mentre il mio era un misto di stupore e paura.

«che succede?» mi voltai e lui mi lasciò il braccio.

«si può sapere che intenzioni avevi ieri sera? Cosa hai combinato prima di venire a casa? Non voglio dover coprire le tue bravate per non far preoccupare mamma, come se non bastasse già che tu sia mia sorella» disse quellultima parola quasi sputandola, con disprezzo per quel legame che ci univa, per quello che rappresentava, cioè me. Dovetti inspirare ed espirare lentamente per cercare di non piangere davanti allintera scuola.

«come se tu non ti fossi mai ubriacato» gli dissi e quando si avvicinò di un passo mi guardai in torno alla ricerca di Denise o Dakota che però non vidi. Come aveva fatto Adam a diventare così? Sentivo la mancanza della nostra complicità, cercavo in lui qualcosa di famigliare ma ormai vedevo solo un estraneo.

«mi sei svenuta davanti Ahely, cazzo! Neanche io mi sono mai ridotto in quelle condizioni, se devi fare cose del genere per sentirti apprezzata dagli altri falle lontano da me e dai nostri genitori» gli avevo mentito assecondando le sue ipotesi sul mio stato ma le sue parole mi frantumarono in mille pezzi.

«non piangere» ringhiò a denti stretti.

«non voglio scenate Ashely! Non fare la ragazzina!» iniziò ad alzare il tono di voce e intorno a noi alcune persone iniziarono a sussurrare.

«non piangerò, non getterò una lacrima per le tue cattiverie. Sappi solo che sei mio fratello, che tu lo voglia o no, e prima o poi dovrai fare i conti con questa cosa. Perché questa è la realtà, io esisto e faccio parte della tua vita» trattenni il fiato e dissi tutto di getto, la bocca dello stomaco iniziò a farmi male per lo sforzo che stavo facendo nel non piangere e nel mostrarmi arrabbiata, quando quello che avrei voluto fare era solo piangere e cacciarlo via.

«Basta! Tu sei la cosa più lontana a una sorella che io abbia mai avuto e ..» le sue parole si bloccarono quando vidi arrivare Brandom e prenderlo per una spalla.

«basta così, potresti dire cose di cui ti pentiresti» cercò il suo sguardo e quando i due si guardarono Adam si spostò bruscamente e uscì dalla scuola dandogli una spallata. Mi guardai attorno e vidi una grande massa di ragazzi e ragazze che mi guardavano come se fossi nuda davanti a tutti. Iniziarono a salirmi le lacrime agli occhi e vidi tutto offuscato. Mi sentii per la milionesima volta umiliata come non mai ma la cosa peggiore è che mi sentivo distrutta dentro e come al solito senza una motivazione valida.

«mi dispiace Ashely, più di quanto tu creda. Adam è il mio migliore amico e sono certo che non intendeva essere così rude è solo» Brandom sembrava sicuro nel dire quelle parole ma sentirmi dire da lui che Adam non intendeva dire quelle cose era davvero stupido; e capacitarmi di ciò mi fece scoppiare in lacrime.

«non voglio che mi vedano così » gli dissi e mi diressi verso il piano dove cerano le nostre aule. I ragazzi furono mandati in classe dai professori che non capirono il motivo di tanto affollamento poiché, quando si avvicinarono, io ero già per le scale. Mi asciugai le lacrime e entrai nel bagno, non volevo mostrarmi debole, non volevo sentirmi umiliata e non volevo capacitarmi che con Adam non cera più niente da fare.

«tutto okay?» era la seconda volta quel giorno che mi veniva fatta quella domanda, e sempre per lo stesso motivo.

«sei scappata di fretta e non volevo che rientrassi in classe sconvolta» mi voltai e vidi con uno strano piacere che Brandom mi aveva seguita. Come se il fatto che qualcuno si preoccupasse di me fosse anormale.

«mi riprenderò» risposi cercando di ricompormi per quanto mi era possibile. Già sapevo di avere il naso e le guance arrossate dal pianto, ma le mie mani che avevano preso a tremare riuscii a nasconderle. Lui invece sembrava avvolto da un aura di pace e gli occhiali poggiati sulla testa finalmente mi mostrarono due occhi marroni intensi che, al contrario di come pensavano, erano più vivi e più svegli che mai.

«oh» fu sorpreso nel vedermi in quelle condizioni.

«sto bene, sto bene. Non ti preoccupare, ora va che se ti trovano qui siamo nei guai tutti e due»

«nah, mi conoscono tutti» ammiccò.

«beh potrebbero pensare male e fraintendere la tua presenza qui con me»

«ma come non lo vedi il mio faccino? Non potrei fare del male neanche a una mosca» disse passandosi la mano nei capelli castani e facendomi fare una risata. Stavo davvero ammiccando con Brandom migliore amico di mio fratello e tra anni più grande di me? Fu però la prima volta che dimenticai tanto in fretta le parole o gli insulti di Adam.

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