Coeur Noir
Poteva ancora vedere il corpo di Black Cat ferito mortalmente, mentre cadeva a terra e il sangue che macchiava la pietra sotto di lui; aveva ancora davanti agli occhi la trasformazione che si scioglieva e le rivelava la vera identità dell’uomo.
Il suo unico amore.
Il suo più grande sbaglio.
La sorpresa, l’angoscia, il dolore, la rabbia, la sete di sangue.
Tutto si mischiava dentro di lei, mentre apriva le palpebre e osservava il soffitto della sua camera: inspirò profondamente, sentendo le spire del sonno lasciarla andare e permetterle di tornare alla realtà; lentamente si issò a sedere, passandosi poi una mano fra i capelli e strinse i denti.
Odiava ricordare.
Odiava rivivere il giorno che aveva distrutto la sua vita e, proprio per questo, cercava molto spesso l’oblio dell’alcol.
Inspirò profondamente, alzandosi e andando allo specchio che dominava l’arredo della sua camera, sorridendo all’altra sé: «Oggi sei tranquilla?» le domandò, trovando il proprio riflesso stranamente immobile.
Se per gli altri sarebbe stato strano vedere il proprio riflesso animarsi, per lei lo era di più quando questi si comportava nel modo consono.
Chiyou si stava ricaricando a quanto pareva.
Sapeva che la odiava e non sopportava il suo continuo lottare contro la sua presenza e la sua possessione: quando quel lontano giorno l’aveva accolto dentro di sé, sperando così di salvare la povera vittima che il demone aveva posseduto, aveva creduto di morire.
Lo aveva sperato.
Ma Chiyou non si era rivelato mortale per il suo corpo, anzi le aveva donato un’innaturale immortalità e un’altrettanta innaturale invulnerabilità: aveva provato più e più volte a suicidarsi, a porre fine alla sua vita portando con sé il demone, ma tutto ciò si era rivelato vano.
Non poteva morire.
Non poteva vivere.
Poteva solo lottare per non perdere l’ultimo brandello di sé.
Poteva solo sopravvivere e soffrire.
Inspirò nuovamente, sentendo la cassa toracica espandersi e chiuse gli occhi, cercando di carpire la presenza che l’accompagnava da due secoli buoni buoni: la continua lotta con la sua volontà, che non voleva chinarsi al demone, lo costringeva a recuperare energie, di tanto in tanto.
Come quel giorno…
Sorrise mestamente, lasciando andare l’aria e dando libero sfogo ai propri pensieri: Chiyou era una presenza molesta e, a parte quei rari momenti, doveva stare molto attenta a ciò che pensava, dato che condivideva ogni cosa con il demone.
Era in quei momenti, quegli attimi di pace, in cui si permetteva di ideare il suo piano, quello in cui avrebbe fermato il suo nemico e, finalmente, avrebbe avuto la pace che tanto agognava.
Aveva atteso per decenni che Fu si decidesse a lasciare i Miraculous a dei nuovi Portatori: da quando era divenuto Gran Guardiano, dopo i fatti di Nanchino, li aveva tenuti gelosamente con sé, finché non molti anni prima aveva finalmente donato il Miraculous del Pavone.
Quando aveva letto le notizie riguardo Pavo era stata felice.
Altri sei e avrebbe potuto mettere in atto il suo piano: li avrebbe presi tutti e sette, usando il loro potere congiunto e mettendo fine alla sua vita e a quella di Chiyou.
In quel modo ce l’avrebbe fatta, n’era sicura.
Ma Fu continuava a non voler cedere i gioielli.
Poi qualche anno prima c’era stata una svolta e a Parigi erano apparsi Papillon, Ladybug e Chat Noir.
Altri tre.
Aveva seguito con interesse ogni notizia che giungeva dalla capitale francese, apprendendo che Papillon non era dalla parte dei buoni: un Miraculous poteva essere usato per fini malvagi? Era rimasta sbigottita dalla cosa, ma aveva deciso di sorvolare.
Non le interessava il modo in cui il gioiello era usato, le interessava solo che fosse stato donato a un Portatore.
Anche se, doveva ammettere con sé stessa, però, che era stata curiosa: chi era la sua erede? Anche lei si era innamorata del Portatore del Miraculous del Gatto Nero? E lui com’era? Scanzonato e seducente come Black Cat oppure serio e ligio al dove come il Sergente Norton?
Le sarebbe piaciuto conoscerli, vederli, osservarli assieme.
Inspirò profondamente, scuotendo il capo e ritornando al piano originale: i Miraculous. Resoconto di quelli che erano stati donati.
Da Parigi non era giunto più niente, dopo un po’ di tempo: Papillon sembrava scomparso nel nulla e anche Ladybug e Chat Noir facevano apparizioni sempre più sporadiche.
Cosa doveva fare?
Come poteva convincere Fu a donare i restanti gioielli e far sì che i Portatori uscissero allo scoperto?
Come…
Si bloccò, sentendo la presenza del demone risvegliarsi e lasciò che ogni pensiero sfuggisse via dalla sua mente.
Doveva pensare a qualcosa di diverso…
Un qualcosa che le permettesse di raggiungere il suo fine e facesse felice anche Chiyou.
Distruzione. Mi piace questa cosa.
Sorrise, sentendo la voce familiare dentro di lei e felice che il suo pensiero piacesse anche al demone.
Cosa vuoi distruggere?
«Tutto. Voglio tingere questo mondo delle stesse tonalità scure della mia angoscia e del mio dolore.» dichiarò, osservando il proprio riflesso e notando come la luce negli occhi dell’altra sé era cambiata, diventando più fredda e maligna.
Oh. Mi piace.
Sì, avrebbe portato la disperazione e il dolore del suo cuore, ormai nero come la pece, e così facendo avrebbe indotto Fu a donare gli ultimi Miraculous.
Miraculous?
«Voglio distruggerli.» dichiarò, senza mostrare alcuna emozione e fissando il proprio riflesso: «Voglio distruggere tutto quanto. Voglio che tutti provino ciò che ho provato io, voglio che tutti tingano il proprio cuore di nero, come il mio.»
Cuore nero?
«Sì. Sarà il mio nome: Coeur Noir.»
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