Capitolo due. - "Scarpe slacciate e problemi."
Erano passate due settimane, la ragazza era sempre instabile sul reggersi in piedi, ma di sicuro, stava meglio di due settimane fa. Il medico la stava visitando un'ultima volta, aveva notato che Camila non aveva riflessi. Sarebbe stata dura per lei. Purtroppo la signorina Spancer non poteva seguirla visto che stava seguendo un corso con altri psicologi e aveva delle persone assegnate. «Allora, Camila.» Disse lui. «Stai bene, solo che ci sono delle cose che non vanno.» Disse e Camila annuì senza dare una vera importanza alle sue parole. La sua scarpa era poggiata sul lenzuolo bianco, decise di sciogliere i nodi e di infilare la scarpa lasciandola slacciata. «Non la leghi?»
Lei negò. «Noooo...» disse. «Ioo, non lo so fare...» il medico guardò Camila e sorrise un po', si inchinò in avanti e iniziò a legarle la scarpa.
«Volevo un po' parlarti del tuo problema.»
«Non ho problemi.» Disse Camila sospirando. «Io... Sana!» Disse la ragazza mentre guardava il medico che le sorrideva un po'.
«Posso spiegarti.» Disse. «Cercherò di spiegartelo nel modo più semplice.» Le spiegò ma Camila si stava mettendo l'indice nella narice destra. «... Togli quel dito.» Disse il medico e lei lo fece per poi pulirsi sul lenzuolo già sporco dalle impronte delle sue scarpe.
«Allora Camila, tu hai un disturbo oppure disordine mentale o psichico. È una condizione patologica che colpisce la sfera comportamenta-»
«Cosa?» Lo guardò lei. «Cioè comportamencoso...?» Lui si mise una mano sulla fronte, prese una sedia e si mise a sedere sapendo bene che Camila non riusciva ad afferrare certe cose. «Allora, il comportamento è il modo di agire e reagire di un oggetto o un organismo messo in relazione o interazione con altri, più in generale con l'ambiente. Quindi si tratta dell'esternazione di un atteggiamento, il quale a sua volta si basa su una idea o una convinzione, più o meno realistica fino anche un pregiudizio.» Disse lui spiegando, Camila socchiuse gli occhi.
«Oh, caaapito.»
«Ritornando a noi, tu hai un disturbo oppure disordine mentale o psichico. Questa è una condizione patologica che colpisce la sfera comportamentale, relazionale, cognitiva o affettiva di una persona in modo disadattativo. È una cosa forte da rendere problematica la tua integrazione socio-lavorativa e causarti una sofferenza personale soggettiva. Quando il disordine diventa particolarmente importante, disadattativo, durevole o invalidante si parla spesso di malattia mentale. Le malattie mentali sono dunque alterazioni psicologiche o comportamentali relative alla personalità dell'individuo che causano pericolo o disabilità e non fanno parte del normale sviluppo psichico della persona. Il nostro studio e la cura delle malattie mentali rientra nel campo di studi della psichiatria, della psicopatologia e di certe branche della psicologia e più in generale della salute mentale.» Spiegò serio e Camila si spaventò.
«Oh, oddio!» Pianse di punto in bianco. «Sono malata! Morirò.» Disse esasperata ma il medico negò con la testa.
«No, non dire così. Non morirai.»
«E allora?»
«Niente, non ti succederà nulla di tutto questo, Camila.» Disse il medico davanti a lei. «Vedrai che sarà okay.» Sussurrò.
«Va bene...» si asciugò le lacrime lei e sorrise subito. «Puoooi continuare?»
«Va bene,» sospirò. «Ci sono tanti sintomi di malattie mentali o psichici.» L'uomo guardò Camila che stranamente stava prestando attenzione. «Ci sono tantissimi sintomi, Camila.»
«Quali sooono?» Chiese. «Vorrei saperne qualcuno.
«Puoi avere dei disturbi nel sonno, nevrosi, disturbi dell'umore, disturbi dell'apprendimento su qualcosa di specifico...» sussurrò. «Ci sono tante cose.»
«Capisco, un giorno mi... Mi devvv...» rimase incantata come un cd rotto. «Devv...»
«Devo spiegare?»
«S-sì, spiegare.» Sorrise Camila.
«Posso parlarti di alcune cose, anche adesso. Tranquilla, mi sono preso la briga di parlare con te, quindi non mi stanno cercando.» Le assicurò l'uomo e Camila annuì.
«Vva bene.»
«Vedi, come ti ho detto prima, la malattia mentale si divide in tantissimi sintomi,» la guardò seria. «Una che potrebbe succederti, molto frequentemente può essere il disturbo del sonno.» Disse.
«Oh, no... Signnni... Significa che sognerò cose... Bruuutte?»
«Allora, ti posso spiegare.» Iniziò a dire il medico. «Vedi, le dissonnie fanno parte del disturbo del sonno, insieme alle parasonnie. Questi disturbi ti ostacolano dal prendere sonno o ne provocano il risveglio precoce. Sono caratterizzate da qualità, quantità od orari disfunzionali del sonno. Tu quindi ne soffrirai lamentandoti delle difficoltà per addormentarti, rimanere addormentata, restare sveglia per tutta la notte. Tutto questo si basa su dei fattori; ad esembio lo stress o all'assunzione di certe sostanze.»
«Oh,»
«Niente da dire?» La guardò lui nella speranza le che rispondesse.
«Oh...» disse nuovamente per poi mettersi il dito nella narice.
«Vabbè, passiamo al prossimo...» sospirò. «Allora, poi, come ti ho detto ci può essere la nevrosi.»
«...»
«L'esperienza della sofferenza psicologica non è un problema, ma lo diventa quando questa sofferenza si origina precocemente, dura oltremodo nel tempo, incide profondamente sul comportamento della persona, compromette le sue capacità di lavoro, compromette le sue relazioni affettive-sessuali, compromette alcune importanti funzioni fisiologiche e psicologiche. Quando assume queste caratteristiche, la sofferenza diventa un problema psicologico, ossia segnala la presenza di una nevrosi.»
«Affettive-sessuali?» lo guardò la piccola.
«Sì. Allora, la sessualità, in ambito umano, è un aspetto fondamentale e complesso del nostro comportamento che riguarda da un lato gli atti finalizzati alla riproduzione e alla ricerca del piacere, e da un altro anche gli aspetti sociali che si sono evoluti in relazione alle caratteristiche diverse dei generi. L'ambito sessuale investe la biologia, la psicologia, la cultura, riguarda la crescita dell'individuo e coinvolge tutta la sua vita relazionale, oggetto di studio anche dell'etologia umana. Il termine "sessualità" quindi è riferito più specificatamente agli aspetti psicologici, sociali e culturali del comportamento sessuale umano, mentre col termine "attività sessuale" ci si riferisce più specificatamente alle pratiche sessuali vere e proprie. Hai capito?»
«Mh, facciamooo di sì?» Rise lei divertita e l'uomo roteò gli occhi.
«Come vuoi...» disse lui sospirando esasperato.
«Che facciamo?» Chiese euforica la ragazza e l'uomo sorrise un po'.
L'uomo associò Camila ad una piccola bambina di cinque anni. In effetti lo era, non che questo gli facesse fastidio.
🌼🌼🌼
Erano fuori e Camila stava inseguendo la colonia di formiche che andavano verso un pezzo di pane. «Cosa sono?»
«Formiche.» Disse l'uomo guardandola.
«Ew, che schiiifo!» Urleggiò la piccola. «Uccidile.»
«No, perché anche loro sono degli esseri viventi. Anche loro possono essere... Uhm, sensibili?»
«Oh, formichine.» Mormorò Camila prendendo una formica tra l'indice e pollice. «Guarda.»
«La vedo.» Disse lui.
«La chiamerò... Uhm, Sally.» Disse per poi poggiare la formica sul pavimento che si mischiò tra le altre. «Oh no... Ho perso Sally...» scoppiò a piangere. «S... Sally.»
«Hey, non ha importanza.» Disse lui e guardò le formiche. «È viva, no?»
Nel mentre, era passato un ragazzo con una scopa in mano, spazzò lungo la colonia delle formiche facendole spargere per tutto il posto. «Oh, Sally... Morta, Sally... Anche Sally 2, Sally 3...»
...
«Anche Sally 1000.» Disse disperata.
«Camila, le formiche riescono a sopravvivere, hanno una forza devastante.»
«Ma... No! Non si può, sono piccole e... E brutte?»
«Stai parlando anche di Sally, lo sai questo?»
«Oh, no... Sally...» riiniziò a piangere forte.
Dopo che Camila si calmò, il medico insieme a lei si misero a sedere sulla panchina. Lui guardava attentamente la Cabello, intanto quest'ultima guardava come i lacci delle sue scarpe fossero slacciati entrambre. «Oh, scusi, ma...»
«Mh? Si sono slacciate di nuovo?»
«Sì, purtroppo ssssì.» Disse lei alzando i piedi goffamente.
«Va bene, ora ti lego le stringhe.» Sorrise lui e iniziò a legarle le scarpe. Dopo aver finito, l'uomo si mise a sedere vicino a lei, la guardò con tristezza e di questo Camila se ne accorse subito.
«Cosa succede, sssignor?»
«È okay, stavo solo pensando.» Disse lui e Camila sospirò.
«Anch'io sto pensando...» disse triste. «Più penso che Sally è volata via, più sono triste...» lui grugnì.
«Camila, vedi che Sally sta bene.»
«Uh, spero...» mormorò triste.
«Comunque, sono preoccupato per te, Camila.» Disse il medico.
«Per...?»
«Perché tu non rimarrai qui, per sempre.» Disse. «Non ci sarò io a reggerti.» Commentò. «Un giorno di questi verrai dimessa e riprenderai la tua vita.»
«È un problema riprendere la propria vita?» Lo guardò lei e l'uomo strinse i pugni sbuffando.
«Camila, sarai da sola, completamente.» Disse con rabbia. «Non ci sarà nessuno, Camila, non so cosa ti succederà in futuro, spero che tu riesca a trovare qualcuno o qualcosa.»
«Mh, sembra una brutta cosa.» Disse lei e il medico annuì.
«Lo è, Mila, lo è.» Sospirò. «Però, voglio dire che Miss. Frangipane è stata veramente carina a venire in ospedale.»
«Eh?»
«Miss. Frangipane, mentre tu eri in coma, è voluta venire a farti una visitina, era davvero preoccupata per te, mi ha detto che i tuoi compagni non facevano altro che chiedere qualcosa sul tuo conto.»
«Compagni?» Lo guardò storto. «Wow, non credevo che... Che...»
«Sì, hai dei compagni di classe, non so se li ricordi, alcuni non li hai nemmeno conosciuti perché sono ripetenti.» Le fece notare e la ragazza annuì.
«Sono stanca.» Commentò la piccola. «Ho tanta voglia di dormire.»
Lui sorrise e si alzò dalla panchina e le porse la mani con dolcezza. «Vieni, ti porto in camera.»
Camila afferrò la mano con dolcezza e si alzò dalla panchina e si guardò intorno con fare spaesato. «Sono stanca.»
L'uomo rise. «Lo so, l'hai già detto.»
«Uhm...» si lamentò Camila ed entrarono di nuovo in ospedale. «Non vedo l'ora di uscire di nuovo da questo posssto, sto impazzendoo.»
Lui sospirò e poggiò una mano sulla spalla della ragazza. «Posso immaginarlo,» disse. «Ma vedi, se fossi in te, io non sarei così felice.» Sussurrò. «Sai di cosa sto parlando.»
Camila annuì, abbattuta, sospirò intensamente non sapendo bene cosa fare, la sua mano toccò i capelli, muovendoli a destra e a sinistra. «Sono così...» cercò di dire. «Arrabbiata. Io arrabbiata.» Disse sbattendo il piede sul pavimento. «Io voglio andare.»
«Abbi pazienza...» disse lui. «Vedrai che uscirai da qui.» Le sorrise mentre le slegava i lacci delle scarpe. «Ora riposati, hai bisogno di racimolare il sonno.» Le disse e Camila annuì piano.
«Vvvva bene.»
L'uomo la lasciò da sola, di nuovo. Lei si coprì bene con la sua coperta, intanto cercava di pensare un po' al suo futuro. Ogni tanto riusciva a pensare ai suoi genitori e al ragazzo di cui sembrava esserne innamorata. Non ha avuto tutto quell'interesse per Duncan Crawford. Forse lei non si era mai stata innamorata di lui, Camila si era innamorata dei suoi occhi chiari, delle sue fossette e dei suoi capelli neri.
Duncan Crawford era un ragazzo molto sportivo, all'età di dieci anni aveva praticato nuoto e dopo varie gare, riuscì a vincere diverse medaglie. Poi, verso i quindici, iniziò a fare qualcosa di diverso, si dedicò al Baseball. Camila faceva parte del suo gruppo di Cheerleaders chiamato Brightgirls. Duncan aveva notato che c'era una presenza in quel gruppo che tanto lo incuriosiva. Alla fine di una partita, lui decise di avvicinarsi al gruppo dove i suoi occhi si soffermarono sulla ragazza più bella e indifesa del pianeta. Karla Camila Cebello.
Una lacrima percorse la guancia della piccola, non riusciva ad andare oltre, non al momento. La sua tristezza era devastante. Aspettava solo una cosa; quella di andare via, di andare a scuola per riprendere la vita da persona "normale".
Sperava vivamente di vedere le persone che aveva visto lo scorso autunno, inverno e primavera. Ormai stava trascorrendo il suo ultimo anno scolastico in un ospedale e questo non l'avrebbe permesso a nessuno anche se le avessero offerto un milione di dollari. Camila non era tanto stupida. Sapeva a cosa stava andando incontro, sapeva tante cose anche se, non dava tutta quell'impressione.
Mentre si rilassava un po' e pensava, le tornò in mente la ragazza che due settimane fa le aveva sorriso. Era così bella, lo ametteva cento volte, la sua felicità riusciva a sorvolare pure le nuvole. «Mamma, p-papà? S-se ci siete fate un fischio.» Disse piano lei. «S... Sapete... Due settimane fa ero usscita con una psicologa... Avevo visto una ragazza... Era tanto bella.»
Ovviamente, Camila non ricevette nessuna risposta, questo la rese triste ma in un modo o in un altro era lo stesso felice. Sapeva che c'era questa ragazza e che era diventata il suo angelo custode.
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