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Capitolo 7 - Va tutto bene.


-"Sono a casa!"-

Urlò dalla porta d'ingresso, il ragazzo castano, togliendosi le scarpe e raggiungendo così il pavimento di parquet rialzato della casa.

Sora riuscì a udire un "Bentornato" proveniente dalla cucina, da una voce troppo sottile per essere quella di sua madre.

Il ragazzo entrò in cucina affiancandosi alla figura femminile che intanto si stava preoccupando di non far bruciare ciò che cuoceva dentro alla padella sopra il fornello.

-"Ciao, mamma sta dormendo in questo momento, perciò fai attenzione a non svegliarla. Oh, a proposito, sto cucinando sgombro, ti va bene?"-

-"Si si, va benissimo, mettici anche il curry."- rispose Sora, passandogli il barattolino contenente il miscuglio delle spezie. Aggrottò leggermente le sopracciglia e strappò dalla bocca della donna la sigaretta accesa, spegnendola con fastidio sulla piastra di marmo affianco al piano cottura.

-"HEY!"- La donna cercò di ribattere ma Sora la zittì subito.

-"Quante volte ti ho detto di non fumare dentro casa!? Finiscila!"- sbottò acidamente. Tirò un lungo sospiro di stanchezza e abbracciò la giovane da dietro, inspirando profondamente il dolcissimo profumo di mandorle che proveniva dai suoi lunghi capelli mori. La donna sorrise mostrando i canini leggermente appuntiti, spense il gas e si girò verso il ragazzo, accarezzandogli la testa dolcemente.

Sora sospirò stringendo a sé ancora di più il corpo della giovane, mentre apriva i grandi occhi marroni per guardarla in volto: i grandi occhi scuri e il naso leggermente all'insù erano uguali ai suoi, ma le guance erano meno paffute, e i capelli molto più lisci di quelli del ragazzo. Anche se spesso si comportava in modo antipatico e fastidioso, Sora le voleva tanto bene. La poteva considerare come una seconda madre e un secondo padre, si era presa cura di lui quando i genitori non potevano e continuava a farlo adesso, anche se il castano sentiva la distanza tra loro farsi sempre più immensa.

La donna assecondò il bisogno d'affetto del ragazzo e il suo bisogno di essere ascoltato.

-"Allora... Cosa è successo al mio adorabile fratellino?"-

Sora mugugnò qualcosa di incomprensibile contro la canottiera della sorella, e lei continuò a domandare.

-"Fammi indovinare... Sei andato alla pasticceria, giusto?"-

Il ragazzo annuì strofinando il faccino nel seno della donna, che rise e gli alzò la testa in modo da poterlo vedere in viso.

-"Quindi, hai voglia di raccontarmi che cosa è successo?"-

Si sedettero al tavolo di cucina, e Sora le raccontò tutto ciò che era successo in quei mesi.

Hana, questo era il nome della giovane donna, percepì tutto l'entusiasmo nella voce del fratello che raccontava le vicende di cui era stato protagonista, e non mancò di notare i suoi occhi castani farsi ancora più grandi e riempirsi di gioia ogni volta che pronunciava il nome di Riku.

Quel ragazzo doveva essere qualcuno di veramente speciale se riusciva a far sorridere Sora così.

Lo avrebbe ringraziato un giorno.

Sul volto della donna si dipinse un sorriso furbo, mentre assottigliava gli occhi per mettere meglio a fuoco Sora.

-"Da come ne parli, questo Riku ti deve piacere un sacco, huh?"- rise la donna, facendo arrossire l'altro.

-"Si, mi piace tantissimo..."- rispose imbarazzato.

Hana si sorprese un poco nel vedere la reazione del fratello: solitamente esprimeva le sue emozioni senza il minimo dubbio o vergogna, e invece in quel momento era lì, con tutta la sua assurda timidezza e il suo adorabile impaccio, a parlare di qualcosa che effettivamente lo toccava nel profondo.

La donna era davvero felice dei progressi che aveva fatto.

-"Sai, sono contenta per te. Almeno così non dovrai nascondere alla mamma Riku e potrai invitarlo anche qui a casa, come amico, s'intende."-

Sora abbassò lo sguardo e sorrise tristemente.

Una fortuna, eh?

-"Come amico...? Forse hai ragione, se mi fossi innamorato di una ragazza avrebbe dato di matto. Ma credo che darebbe di matto anche se sapesse che sono gay..."-

-"Già... dopotutto, papà non lo era..."-

Sora sussultò a sentire quella frase e si strinse ancora di più nelle spalle. Ripensò a quell'uomo che era suo padre, l'uomo più importante della sua vita, colui che lo aveva cresciuto con tutto l'amore che poteva dare. Erano molto simili, loro due: stessi capelli, stessi occhi, (anche se l'uomo era davvero un gigante) stessa vitalità e spensieratezza; e soprattutto, uno splendido sorriso. Solo queste cose ricordava di suo padre; le memorie che aveva di lui pian piano cominciavano a offuscarsi nella sua mente. Il suo aspetto lo poteva ricordare solo dalle foto e dai video fatti quando lui era ancora insieme a loro. Quando lui era ancora lì...

"Perché?" si chiedeva.

Perché se n'era andato così, senza preavviso? Era scomparso come se nulla fosse dalle loro vite, non preoccupandosi dei loro ricordi o dei loro sentimenti.

Ma anche se continuava ad avere lo stesso genere di pensieri ogni giorno, Sora sapeva che non era colpa del suo papà se non era potuto restargli vicino. E anche se ne soffriva tanto, sapeva che c'era un'altra persona che sentiva il vuoto della sua assenza molto più di quanto non lo sentisse lui.

Hana smise di guardare il fratello, ormai perso nei suoi pensieri, quando dalla porta della cucina si fece avanti una figura femminile, avvolta in una candida camicia da notte bianca. La giovane donna scrutò quella che sarebbe dovuta essere sua madre assottigliando gli occhi, riducendoli in due fessure. Era minuta come se la ricordava. I capelli castani e lisci erano più spenti di prima, e tutto il suo corpo emanava un pallore quasi cadaverico. Il viso era scavato e leggermente rugoso, simbolo dello scorrere inesorabile del tempo, mentre gli occhi neri e sottili esprimevano un forte senso di stanchezza.

La donna sorrise, mostrando la fila di denti bianchi perfettamente allineati, e si avvicinò piano al tavolo.

-"Mamoru...! Finalmente sei tornato. Ti ho aspettato tutto il pomeriggio, e Hana mi ha tenuto compagnia. Ero un po' stanca, così ha cucinato lei per me! E' stata così gentile..."-

Sora sussultò leggermente, impallidendo al sentire la voce della madre chiamarlo in quel modo. Erano almeno otto anni che faceva così, e ormai si era abituato, ma non poteva negare che sentirsi chiamare con un nome che non gli apparteneva lo faceva sempre rabbrividire.

Il ragazzo sospiro affranto, rilassando le spalle e mettendo su il sorriso più falso del mondo. Doveva resistere, per il bene di sua madre, doveva mandare avanti quell'assurda recita che sembrava non avere mai fine.

Anche le sue sorelle si stavano impegnando nei loro ruoli, sorridendo e scherzando come otto anni fa, come dimostrava il sorriso che Hana aveva appena fatto, mentre si era alzata per apparecchiare e portare la pietanza in tavola.

-"Ben svegliata mamma! La cena è pronta, vieni a sederti qui!"- disse allegra, seguendo perfettamente il copione.

-"Grazie mille per aver cucinato anche la cena."- rispose sorridendo la donna, rivolgendosi poi al figlio –"Mamoru, che succede? Sei silenzioso, qualcosa non va?"- gli chiese preoccupata.

Sora alzò la testa e guardò la sorella, sospirando.

Tutti si stavano impegnando, ma perché proprio a lui toccava la parte più difficile?

La parte del protagonista...

Perché era toccata proprio a lui?

Il ragazzo si alzò andando verso la donna, le prese le mani e le stampò un tenero bacio sulla fronte.

-"Va tutto bene, Mari. Va tutto bene."- pronunciò quelle parole nello stesso modo in cui aveva sempre fatto.

Ma dopo tutti quegli anni passati a ripetere sempre la stessa frase, neanche lui, ormai, riusciva più a crederci.

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