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Capitolo 1 - Il tuo nome.

Riku diede un veloce sguardo all'ora segnata nell' orologio che portava al polso e si diresse verso l'uscita della scuola.

"18:35"

Non aveva mai fatto così tardi, accidenti a quella professoressa di scienze contro la quale era andato a sbattere! Le aveva fatto cadere tutti i documenti che stava trasportando e, un po' per il senso di colpa e un po' per dovere, si era trattenuto (anche troppo per i suoi gusti) per aiutarla a leggerli e compilarli.

"Beh, non ha molta importanza. In fondo oggi è sabato, posso anche prendermela comoda." Pensò allegro pregustando la serata priva di studio che gli si prospettava. Rallentò di poco il passo, per poter osservare bene il paesaggio davanti a lui. L'autunno gli piaceva davvero tanto: era tutto molto più calmo dell'estate, le giornate erano più fresche e lui non doveva più soffrire il caldo che tanto odiava. Le foglie secche cadute dagli alberi scricchiolavano al suo passaggio e formavano uno splendido manto tinteggiato di rosso e arancione, insieme a tante sfumature del semplice giallo. In quel dipinto che era la sua città, i colori caldi dominavano la scena, accompagnati dal cielo azzurro sfumato di rosa, là dove il sole stava finendo di tramontare.

"18:48"

Doveva solo svoltare l'angolo in fondo alla strada e proseguire sempre dritto, e sarebbe arrivato a casa per le 19:00.

Una volta imboccata la strada, fu colto improvvisamente da un dolore lancinante allo stomaco, provocato da un calcio, e un pugno dritto in faccia. Cadde all'indietro sbattendo il sedere sull'asfalto umido. Tossì convulsamente fino a quando una mano afferrò con forza i suoi capelli facendolo appoggiare al suolo con le ginocchia. Mentre l'aggressore lo teneva fermo con il viso alzato, scuotendolo violentemente e sferrandogli qualche pugno, due mani gli avevano bloccato le braccia dietro la schiena e altre due avevano cominciato a tastargli le tasche dei pantaloni e della giacca, cercando freneticamente qualcosa.

"Borseggiatori..." riuscì solo a pensare Riku.

A occhio e croce dovevano essere almeno tre, e anche belli robusti a giudicare dai muscoli delle braccia. Non poteva affrontarli, si sarebbe sicuramente fatto molto più male.

Il primo aggressore, vedendo i compagni non trovare nulla, cominciò ad innervosirsi.

-"Dove cazzo hai messo i soldi, eh? Rispondi bastardo!"-

-"N-Non... Non ne ho..."- ansimò stremato il ragazzo.

Faceva male. Tanto male. Sentiva il viso bruciare per la quantità di schiaffi e pugni che si era preso. Faceva dannatamente male, stava per vomitare.

Il ladro gli sferrò un altro pugno colpendolo alla bocca dello stomaco facendolo tossire e sputare.

-"Cazzate! Devi averceli nella borsa! Muovetevi voi, controllate anche lì!"-

Uno degli altri due si staccò dalle tasche della sua giacca e aprì la borsa rovesciandola di tutto il suo contenuto.

-"Libri, quaderni, penne e un diario... Non c'è nulla qui."-

Finalmente l'aggressore gli lasciò i capelli e, non soddisfatto, gli assestò un calcio mirando ad un punto preciso tra il fianco destro e le costole, facendolo accasciare a terra dal dolore.

-"Tsk... Potevi dirlo subito che non avevi nulla da rubare. Ci hai fatto solo perdere tempo."-

-" Anf... anf... M-Ma io... L'ho detto..."-

-"Osi ancora rispondere!? Ora ti faccio vedere io."-

L'aggressore era pronto per colpire ancora ma una voce lo bloccò.

-"HEY TU! Lascialo stare!"-

-"Eh?"-

Un ragazzino di circa quindici anni era in piedi, fermo in mezzo alla via in una posizione che ricordava molto quelle delle super eroine dei cartoni animati giapponesi: gambe dritte inchiodate al terreno, braccio teso in avanti con l'indice puntato verso i ladri e mano sul fianco.

Non era affatto robusto, lo si poteva notare anche con il buio della sera, ma aveva avuto il coraggio di immischiarsi in un pestaggio.

Forse non era consapevole del rischio che poteva correre.

Coraggio o incoscienza, piuttosto?

Riku non lo sapeva e quello non era certo il momento adatto per chiedersi cose del genere; ma davvero, quel ragazzino andava contro ogni briciolo di logica e di buon senso.

Era ovvio che non avrebbe mai vinto.

...

-"La pioggia è così bella, non trovi?"- disse sospirando, il ragazzo sconosciuto, steso a terra, con i vestiti sporchi e strappati.

Come previsto dal corvino, il ragazzino non aveva vinto e aveva preso tante di quelle botte che se le sarebbe ricordate per tutta la vita. Riku non capiva il motivo del suo comportamento, e continuava a pensare che la stupidità umana non avesse limiti. I borseggiatori avevano inoltre trovato qualcosa che soddisfacesse i loro bisogni, e la prima cosa che avevano fatto, dopo aver steso il ragazzino con un pugno, era stato rubargli i soldi che aveva nella tasca dei pantaloni. Quello sconosciuto era un idiota e un incosciente, ma almeno gli aveva risparmiato un po' di ferite, e Riku non poteva non esserne riconoscente. In fondo, era un po' come se si fosse sacrificato per "salvarlo". Beh, forse no. Anzi, diciamo proprio no. Era solo un immenso idiota. Ma in qualche modo, gli aveva fatto piacere che si fosse messo in mezzo. Non aveva risolto nulla, anzi, aveva solo peggiorato le cose, ma quel gesto di altruismo lo aveva reso felice. Il corvino si ritrovò a pensare che fosse davvero bello che esistessero persone del genere nel mondo, e che proprio a lui fosse capitata la fortuna di incontrarne una. Ma rimaneva comunque un idiota spensierato.

-"Come fai a pensare ad una cosa del genere in un momento come questo? Guarda come siamo messi..."- lo rimbeccò Riku, visibilmente fiacco e leggermente stizzito dal comportamento dell'altro.

Il ragazzino rise piano e rispose:

-"Hai ragione... Mia madre si arrabbierà da morire quando vedrà come ho ridotto i vestiti!"-

Abbozzò un sorriso calmo per poi lasciarsi andare alla stanchezza.

Stettero entrambi in silenzio sotto la pioggia che continuava a scendere, infrangendosi sui loro corpi doloranti.
Rimasero immobili per un bel po' di tempo a osservare il cielo scuro, e Riku non potè fare a meno di essere d'accordo con il misterioso ragazzo: la pioggia era davvero bella.

Ma questo non glielo avrebbe detto.

Stanco di quel silenzio, il più piccolo parlò:

-"Come ti chiami?"- chiese sorridendo.

-"Yoshioka."-

-"Il tuo nome."-

Riku aggrottò le sopracciglia: perché mai avrebbe voluto sapere il suo nome? Il cognome* non era abbastanza? Si stava prendendo troppa confidenza.

-"Il tuo nome."- ripeté lo sconosciuto.

Non sembrava volesse arrendersi facilmente, tanto valeva dirglielo subito. In ogni caso, con alte probabilità, non si sarebbero più rivisti. Dirglielo non gli avrebbe cambiato la vita.

-"Riku."-

-"Io sono Sora. Piacere di conoscerti, Riku."-

~
*In Giappone, chiamarsi per nome senza alcun onorifico (come il -san o il -kun) è simbolo di grande confidenza o affetto. Solitamente per le persone appena conosciute si usa il cognome; in questo caso Sora avrebbe dovuto chiamarlo "Yoshioka-san" o simili.

Dunque dunque dunque, se qualcuno di voi è riuscito a sopravvivere al primo capitolo, non si preoccupi, lo uccido adesso con questo angolino dell' autrice!
^-^

Oltre che spaventare lettori a cazzo hai altro da dire?

Certamente ù3ú ti ringrazio infinitamente se sei arrivato/a qui, spero continuerai a seguire questa storiella un po' disagiata e mi raccomando! Visto che è in fase di costruzione (nel senso che potrebbe subire mutamenti ecc.) mi piacerebbe davvero sapere la tua opinione con un commento o una stellina. O entrambi. Si, decisamente, magari entrambi.

Un modo alquanto inefficace di farti pubblicità da sola?

Taci ò3ó
Io credo nei miei tuorlini d'uovo ;-;

Frequenza di pubblicazione? Non lo so, credo una volta alla settimana/ogni due settimane o giù di lì.

Enjoy :D

-Len

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