8. Escape.
Il tè era contenuto in una semplice tazza di ceramica, bianca, cui unico dettaglio era una piccola margherita dipinta sul fondo.
Vicino ad essa, sulla tovaglia giallo chiaro, c'erano due macchioline di liquido ambrato, che Eren versó per sbaglio mentre riempiva tutta la tazza.
Il ragazzo se la portó alle labbra, fumante, e ne bevve un po', fissando il pacco ancora chiuso di biscotti Pan di Stelle, che si trovava sul tavolo.
Eren continuó a sorseggiare la bevanda, mentre tutto il testo del corpo era immobile, eccetto le palpebre che sbatteva irregolarmente, a distanza di qualche secondo.
Poi, il campanello suonó, risvegliando il ragazzo da quella che non era semplice svogliatezza mattutina; si alzó per aprire la porta, ma solo dopo qualche istante in cui rimase fermo, a guardare un punto indefinito di fronte a sè.
"Buongiorno!"
Lo salutó Mikasa, chiudendo la porta dietro di sè.
"Buongiorno..." Le rispose Eren, strofinandosi gli occhi, poi seguì l'amica che era entrata in cucina.
"Eren, muoviti a finire la tua colazione! Siamo in ritardo!" esclamó la ragazza corvina, indicando il tavolo con la tazza mezza piena e il pacchetto di bisotti ancora chiuso; lo aprì e mise sei biscotti al cacao su un fazzoletto, che piegó sopra ad essi, accuratamente.
Glieli avrebbe fatto mangiare strada facendo.
"Si, è che stamattina sono un po' stanco..." si giustificó Eren, prendendo la tazza e bevendo gli ultimi sorsi, appoggiato al frigorifero.
"Ti senti male?"
"No, tranquilla."
"Beh, mettiti una giacca abbastanza pesante o prenderai freddo. Dà qua, ti lavo la tazza."
Mikasa insaponó ben bene il fondo del recipiente, e lo sciacquó accuratamente; poi lo asciugó con un cencio pulito, come faceva tutte le mattine il suo migliore amico, prima di andare a scuola.
Lui ci teneva particolarmente.
Era la tazza preferita di Carla, e l'ultima volta che la vide viva, lei aveva appena bevuto da quella.
Il ragazzo non avrebbe mai, mai e poi mai dimenticato il terrore che provó nel momento in cui si rese conto che la libertá era così difficile da conquistare.
"Buongiorno, ragazzi!"
Armin salutó i suoi due migliori amici, appena li vide entrare in classe insieme, come sempre.
"Ehi, Armin" disse Mikasa, appoggiando lo zaino color pesca sopra al banco, che si trovava dietro ad Armin e vicino ad Eren.
Jean Kirchstein si avvicinó alla ragazza, che si stava sfilando il cappotto roseo.
"B-buongiorno Ackerman... Hai dei bellissimi capelli neri..." le disse il ragazzo, arrossendo.
Aveva una piccola cotta per la giapponese da quando l'aveva conosciuta, ma non ebbe mai il coraggio di dichiararsi.
"Grazie, Eren sei sicuro di stare bene?"
Jean allora se ne andó furibondo, stizzito per essere stato ignorato, per poi sfogare tutto l'odio che provava per Eren insultandolo col suo migliore amico Marco.
Il ragazzo dagli occhi verde smeraldo ignoró Mikasa, fissando frenicatamente l'orologio appeso alla parete che segnava le 8:15.
"Come mai il professor Ackerman é così in ritardo?" Chiese ad Armin, che fece spallucce.
"Buongiorno ragazzi."
Petra entró in classe, vestita elegantemente, con dei pantaloni aderenti, blazer grigio fumo e décolletté nere.
"Oggi il professor Ackerman è assente, perció lo sostituisco io. Faremo una lezione teorica. Vi prego di fare silenzio e non chiacchierare, o saró costretta a prendere i dovuti provvedimenti. Chiaro?"
Gli alunni risposero con un "SI" all'unisono, fra i borbotii di Connie e i "Ma che c'ha, il ciclo?" di Jean.
La professoressa incominció a spiegare, ma Eren non seguì nemmeno una parola, nonostante i continui richiami di Petra.
Il suo banco era vicino alla finestra, che dava sul cortile, e lui fissó solo quella; ma l'unica cosa che potesse essere minimamente interessante in quello scenario di foglie e erba secca era un gruppo di piccioni che beccava dei pezzi di pane che erano lì, in mezzo all'erba, senza nessun apparente senso logico.
Come mai non è venuto oggi?
Si chiese il ragazzo, accarezzandosi i capelli castani, che profumavano dello shampoo che usava Levi, avendolo Eren usato il giorno prima, quando si fece la doccia a casa dell'uomo.
Quelle lettere...
Chissá come stava.
Chissà se anche per lui il gelido inverno dura tutto l'anno.
Quel pomeriggio, il ragazzo bussó alla porta della villetta dell'uomo, ma nessuno venne ad aprire.
La sua macchina sportiva laccata rossa non c'era.
Forse è uscito, pensó Eren, tornerà più tardi.
Lo aspetteró qua, davanti alla porta, finchè non arriva.
Levi non tornó, quella sera.
E neanche il giorno dopo.
E neanche la settimana successiva.
Passarono 15 giorni.
Eren lo aspettava tutti i pomeriggi, davanti alla porta della villetta, fino alle undici; a volte si addormentava e si risvegliava nel cuore della notte, al freddo.
Tutte le mattine pensava a lui, mentre beveva il tè; anzi, pensava a lui continuamente, come se fosse l'unica cosa importante al mondo.
Poi, dopo 15 giorni, un martedì mattina, nell'ora di scienze, la professoressa Hanji Zoe si avvicinó al banco del ragazzo, mentre gli altri alunni svolgevano alcuni piccoli esperimenti.
"Jaeger, il preside Smith vuole che tu vada nel suo ufficio al termine delle lezioni."
Eren sobbalzó.
Il preside in persona?
Non ci aveva mai parlato, ma si diceva che fosse parecchio severo.
Chissà cosa vorrà da me...
Appena la campanella che annunciava la fine delle lezioni suonó, il ragazzo salutó Armin e Mikasa e salì le scale che portavano al primo piano, dove c'era l'ufficio del preside Smith.
Quando si trovó davanti alla porta perfettamente lucida e pulita, in legno di nocciolo, Eren deglutì.
Non era uno studente modello, ma cercava sempre di mantenere la media alta e un comportamento rispettoso verso i docenti.
Il ragazzo busso piano, facendo un respiro profondo.
Poi udì un 'Avanti', ed aprì la porta, lentamente, richiudendosela alle spalle; abbasó la testa e disse 'Buongiorno!'.
Poi alzó lo sguardo.
C'era il preside Smith, seduto sulla poltroncina dietro la scrivania, con il monitor del computer che gli copriva parzialmente il busto; ma c'erano anche Petra Ral, Hanji Zoe ed altri due uomini che gli era capitato di vedere di sfuggita, a scuola.
"Buongiorno." disse il preside, sorridendo.
Poi gli indicó la sedia dinnanzi a lui, invitandolo a sedersi, ed Eren lo fece subito, spaventato.
Come mai sono tutti qui?
"So che ti starai chiedendo come mai sei stato convocato qua, e ti starai spaventato, ma sta' tranquillo, non c'entra con la scuola, ma è una cosa... Come dire... Privata, ecco."
Eren tiró un sospiro di sollievo, ma era comunque preoccupato.
Cosa c'entrava la sua vita privata?
"Ecco, Eren, Levi non ti ha detto niente di particolare, l'ultima volta che vi siete visti?" chiese Hanji, seria.
"No" rispose il ragazzo. In effetti era vero, dato che Levi non gli chiese o disse nulla rigurdo alla vita privata.
Petra sospiró, e mormoró un 'lo sapevo'.
"Vedi, Eren..." Cominció il preside, appoggiando i gomiti sulla scrivania, incrociando le mani sotto al mento.
"La tua chiave che porti al collo...
Ecco, quella potrebbe essere la chiave della libertà, quella che serve per aprire la gabbia, e spiccare il volo.
Potremmo finalmente vincere la nostra battaglia.
Ma Levi... Lui è scappato, perchè non riesce a combattere.
Lui ha giá combattuto una battaglia con sè stesso, ma ora deve combattere...
Contro i suoi demoni, che si sono risvegliati."
Ohi ragazze, eccomi col nuovo capitolo!
Stavolta sono puntuale, quindi mi merito le medaglie (ma tanteh).
Allora, che ne dite di questo capitolo?
Avete consigli da darmi?
Spero di non avervi deluse.
Ecco la domanda di oggi:
Chi è il vostro husbando?
Potete metterne più d'uno.
I miei li trovate nella descrizione del profilo! :3
Ci vediamo o lunedì o martedì con un nuovo capitolo!
:)
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