CAPITOLO I - Berf
L'energia le scorreva nelle vene come non mai, l'adrenalina era al massimo. Percepì le sue pupille dilatarsi e la notte diventò giorno.
«Hai perso» sorrise senza ritegno «Scacco matto».
Lui socchiuse le labbra, perplesso. Era talmente tenero che in quei momenti Arianna non poteva impedirsi di baciarlo. Così lo fece. Alla sprovvista. Con la stessa avventatezza dei bambini.
«Ah... dannate fate della notte!» si contrariò Berf, scansandosi e puntando su di lei gli occhi gialli.
Ma non era davvero arrabbiato; Arianna lo intuiva dal tremolio della sua bocca. Stava facendo un enorme sforzo per non scoppiare a ridere.
«Dannate voi, selvagge creature indomite!» obiettò la ragazza, scuotendo la chioma violetta e ridendo allegramente. Impavida come la notte.
Il sole stava sorgendo poco lontano. Il tempo concesso si esauriva rapido come la sabbia in una clessidra. La luce segnava la fine del gioco. Berf tornò a torturare con le dita alcuni fili d'erba. Li strappava soprappensiero ed aggrottava le pesanti sopracciglia nere. Cercava le parole.
«Tornerai domani notte?» chiese infine, come qualcuno che si costringe ad ammettere qualcosa di spiacevole. Come qualcuno che non vorrebbe confessare i suoi sentimenti.
«Certo» promise Arianna, annuendo risoluta e lasciando volare un'altra risata nell'aria fredda «Anche perché nessuno sa batterti come me».
Cielo, quanto si sbagliava!
***
Passarono molte notti in cui Berf attese l'arrivo di Arianna, seduto al centro del grande prato all'entrata del villaggio. Da lì poteva vedere le onde dell'oceano scagliarsi contro la terra ed essere respinte indietro con la fermezza di chi non ha nulla da perdere. Rimaneva tutta la notte in superficie, dove tutti sapevano che non era sicuro stare. Ma non gli importava, Berf pensava ad altro. Ad Arianna. Era un rituale fatto di silenzio, mentre gli scacchi giacevano abbandonati sull'erba che si bagnava di rugiada. La luna sorgeva. La luna tramontava. Il sole tornava. E anche Berf tornava. Tutte le notti. Per tre mesi. Sempre più sconfitto, sempre più stanco. Un macigno era calato sul suo cuore e non sapeva come sgretorarlo.
Una volta Pras - uno meno fortunato di lui - gli aveva chiesto cosa diavolo sperasse di trovare. Tutti avevano capito che Arianna non sarebbe tornata. Tutti tranne Berf.
Il ragazzo dagli occhi gialli aveva scosso la testa.
«Tornerà».
Era la risposta che dava a tutti - a sua nonna Vricia, a Pras, a Vanya, a Merz... a tutti i mezzi demoni del suo villaggio.
Berf si rinchiudeva nella vecchia biblioteca fatiscente, sperando che questo bastasse a tenere lontani i loro buoni consigli. Si sentivano tutti in dovere di dispensare opinioni non richieste. Ma uno di quei giorni, mentre il sole si stagliava alto nel cielo, Pras era tornato sull'argomento, ben deciso a non demordere.
«Pensi davvero che Arianna tornerà?».
«Me l'ha promesso» fu la secca risposta «Tornerà» ma ci credeva ogni giorno un po' di meno.
Berf non ripeteva altro. La verità era che forse anche lui aveva smesso di coltivare la speranza. Ogni luna trascorsa senza di lei era un colpo al cuore, una pugnalata assestata da una mano esperta.
«Io non credo che verrà» disse Pras, perché era un buon amico e doveva fare ragionare l'altro in qualche modo «Le fate della notte possono vivere nel mondo degli uomini... perché dovrebbe tornare da un mezzo demone?».
Berf aveva continuato a sistemare i libri sullo scaffale, senza rispondere. Non c'era niente da dire, in fondo. Pras aveva ragione e lui lo sapeva.
Ci fu un tempo, dimenticato nei secoli, in cui sulla terra abitavano vampiri e licantropi, elfi, gnomi, giganti ed altre creature. Vivevano in pace, con patti traballanti, congressi di guerra e soluzioni equilibrate. Vivevano alla luce del sole, lasciando che anche la pallida pelle dei vampiri si abbronzasse. Avrebbero dovuto sapere che non poteva durare... su quale pianeta le creature vivevano felici? Nessuno.
Infatti un giorno arrivarono gli uomini, il frutto di un'evoluzione imprevedibile. Prima si unirono alla loro gente, mischiarono il sangue, crearono creature ibride. I demoni - licantropi, vampiri, elfi e tutti gli altri - divennero solo un piccolo popolo di mezzi demoni, esiliati ai margini di una società che li rigettava. All'inizio gli umani li tolleravano, poi cominciarono a dar loro la caccia. Non sarebbe potuto essere diversamente, d'altronde.
Le guerre si erano susseguite senza sosta, una specie contro l'altra. Il sangue aveva macchiato tutte le fazioni. I vampiri avevano tradito i licantropi, aiutando gli umani. I licantropi li avevano ritraditi a loro volta. Gli elfi avevano tradito i giganti. I giganti erano stati sterminati... erano un popolo troppo gentile per sopravvivere a quelle stragi. Non c'era stata pietà in quella guerra.
E alla fine i mezzi demoni erano stati quasi tutti annientati. I pochi superstiti erano fuggiti nelle terre desolate oltre la fossa delle Marianne, in luoghi che gli uomini non avevano mai raggiunto. Gli antenati di Berf avevano scavato la dura roccia salata dell'isola e costruito un villaggio nelle profondità del pianeta. Non c'era più alcuna luce del sole a dorare la loro carnagione. Era il prezzo della vita.
Da allora popolavano quelle terre, sempre in solitudine, lontani dal genere umano, nascosti. Le uniche visite che ricevevano erano quelle delle fate della notte. Queste erano l'unica specie ad essere sopravvissuta alla terribile cattura umana, perché sapevano mutare i loro tratti, confondersi tra la folla, non essere additate da tutti per gli occhi gialli o rossi, per i denti aguzzi e per le orecchie a punta. Vivevano per millenni. Spesso si inoltravano nel mare aperto e portavano ai mezzi demoni libri, cibi pregiati, spezie del mondo umano.
Arianna era una di loro, una delle più giovani fate. Curiosa com'era, appena aveva potuto, si era spinta fino a quelle terre, in visita ai mezzi demoni. Una notte come tante altre aveva incontrato Berf. Gli aveva regalato la scacchiera, gli aveva insegnato le regole ed ogni sera tornava, lontana dagli indiscreti occhi umani. Tornava per lui.
A Berf mancava. E si sentiva colpevole per questo. Lui era uno di quelli fortunati. Sua nonna Vricia lo ripeteva da quando era nato, perché lo tenesse bene a mente.
'Tu sei nato fortunato' gracchiava la sua voce da cornacchia, roca per i molti inverni passati.
Lui era fortunato. Un mezzo licantropo. Non poteva andargli meglio. Almeno non gli bruciava la gola per quell'insaziabile sete di sangue che intravedeva negli occhi rossi dei vampiri. Negli occhi rossi di Pras.
«Dovresti chiedere a Vanya di uscire, invece» insistette l'amico, guardando Berf con gli occhi iniettati di sangue «Tu le piaci».
Berf sospirò. Vanya era molto graziosa per essere un'elfa, abbastanza alta rispetto alla media e con occhi verdi brillanti. Ma apparteneva alla peggiore delle razze. Tutti sapevano che era colpa degli elfi se alla fine gli umani avevano vinto, perché erano il popolo senza sentimenti. La loro piccola statura gli imponeva di avere organi più piccoli, compreso il cuore. E gli elfi erano freddi e cadaverici, come i morti. Alcuni dicevano che era la punizione per aver ucciso i giganti, altri che era colpa del non avere un cuore normale. Nessuno avrebbe voluto non avere un cuore.
«Vanya è...» cosa? Non è Arianna, pensò prepotentemente Berf e si morse la lingua per questo. I baci profumati della fata lo tormentavano ogni volta che chiudeva gli occhi.
Pras sembrò capirlo comunque, senza bisogno di sentirselo dire.
«Pensaci» insistette, scrollando le spalle ed allontanandosi.
Finalmente rimasto solo, Berf si sedette. Avrebbe finito dopo di sistemare i libri. Arianna torturava il suo cuore e i suoi pensieri, con i capelli violetti, gli occhi neri e fieri. Le mani bianchissime. Vanya sarebbe stata la scelta giusta, Berf lo sapeva. Ma la fata... Quelli come lui non stavano con quelle come lei, doveva metterselo in testa. Arianna viveva di gioia e spensieratezza, Berf di notti nere, denti affilati ed istinti animali. Davvero si poteva rinunciare all'amore di una vita? Come? Con la stessa risolutezza con cui si invoca la luna piena?
Giurò che quella notte sarebbe stata l'ultima in cui l'avrebbe aspettata.
***
Questo capitolo è arrivato secondo a "CONCORSI DI VARIO GENERE" nella categoria |FANTASY|. Taggo il giudice EvaKant00 .
Inoltre, se vi è piaciuto questo capitolo, invito tutti voi a dare n'occhiata all'altra mia storia (L'Erede delle Megere)... la troverete intrigante, fidatevi. E poi non costa nulla... è gratis :)
Io vi aspetto al prossimo capitolo!
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