Lalaya's pov

Era una comune sera d'inverno. Dopo aver lasciato partire Victor verso la terra, mi sentivo carica di sensi di colpa...

"Regina Lalaya, chiedono di voi nella Sala del Trono"

Sospirai. Mi sentivo stranamente vuota e un po' più sola del normale. Mi avviai verso le scale, arrivando nella sala del trono in meno di cinque minuti.
La sala era deserta.

Strano, credevo di essere stata richiesta.

Quando sedetti sul trono, notai di essermi seduta su qualcosa, dato il fruscio insolito che il velcro del trono aveva prodotto. Mi alzai, notanto che il colpevole di tale rumore era... una lettera. La osservai per qualche tempo prima di scoprirne il contenuto; recava il mio nome, così la aprii senza farmi troppe paranoie.

"Cara Regina Lalaya

Ti osservo, stai tranquilla, non ti perdo di vista un attimo. Anche se forse ora non tremi di paura, lo farai presto... ti uccideró come tutte le altre regine di questo insulso pianeta. Goditi la libertà e la vita, fino a che non ti verranno tolte."

La lettera non era stata firmata, non potevo immaginare che il degrado del mio pianeta fosse arrivato a tal punto.
Rabbrividii. D'un tratto mi balenò in mente l'unico pensiero che non avrebbe dovuto raggiungermi: e se facessero del male a Victor?
Scossi la testa, era del tutto improbabile che avessero anche solo lontanamente potuto fargli del male, dopotutto, ora era a casa sua, con la sua famiglia. Che cosa poteva mai accadere?
Mi rifugiai nelle mie stanze; ora come ora sembravo un topo di fogna, più che una regina. La mia visuale venne offuscata dalle lacrime, non potevo lasciare che gli accadesse nulla. Tuttavia non potevo neppure agire da me. Alzai il viso. Dall'enorme finestra della mia camera da letto si vedeva il cielo, stellato quella notte più del solito. Perchè un cielo così bello deve presentarsi ora che sembra cadermi addosso il mondo? Lasciai che quelle piccole goccioline salate mi scorressero sul viso, libere. Per la prima volta provai una paura indescrivibile. Cosa potevo fare? Sedetti sul letto, mirando la stanza poco illuminata; sul comodino, un ricordo di una vecchia conoscente. Sorrisi, poi feci chiamare i miei servi più fidati: sapevo a chi chiedere aiuto.