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•71 Quello che porta a te

La finestra accanto al mio banco era da sempre un motivo di grande interesse per me, praticamente da quando mi ero resa conto di riuscire a vedere perfettamente una classe in particolare. Quella del ragazzo che si era preso il mio cuore dal primo giorno di scuola.
Avevo amato ed odiato quella superficie trasparente, in tanti occasioni e per tanti motivi diversi che non faticavo a ricordare uno ad uno.
L'avevo amata la prima volta in quella classe, quando mi aveva dato la consapevolezza di avere una perfetta visuale della sezione accanto. L'avevo odiata quando avevo scoperto di aver perso la testa per un ragazzo che mia madre non avrebbe mai accettato, tanto da tirare le tende per non cadere nella tentazione di guardare nella sua direzione; sperando di poterlo dimenticare il prima possibile. Ero tornata ad amarla quando le nostre vite si erano intrecciate e avevo preso l'abitudine di buttare uno sguardo di tanto in tanto, trovando in un suo breve scorcio di viso la forza per sopportare le lezioni a tratti infinite. Infine ad odiarla di nuovo, quando quelle strade - dapprima intrecciate - erano finite col prendere due deviazioni diverse ed incredibilmente tortuose. Le tende erano quindi tornate ad essere quasi sempre chiuse, così da togliere ai miei occhi la tentazione di posarsi proprio lì e di rivivere ricordi spiacevoli.
Tuttavia da qualche giorno la superficie del vetro era tornata ad essere libera, senza nulla a coprirla e senza nessun timore a bussare sul mio cuore.
Avevo deciso di far tornare la luce sul mio banco ed anche sulla mia vita, smettendo di vivere nella paura di ascoltare quello che desideravo davvero.
Eijiro aveva fatto tanto per me, al punto da spingermi a trovare il coraggio di abbattere le barriere che mi ero costruita attorno, così da non restare più ferita. Non le ritenevo più necessarie.
Oramai erano passati alcuni giorni dalla mia visita nell'ufficio del preside e con mio grande sollievo le tre ragazze avevano ricevuto la punizione peggiore: l'espulsione senza possibilità di fare alcun ricorso.
L'uomo infatti era andato su tutte le furie quando con voce tremante gli avevo raccontato tutti gli eventi di quel sabato sera, dandomi la sua piena fiducia ancor prima di chiedere al custode della scuola una copia delle registrazioni della piscina.
A quel punto le responsabili della vicenda, mia madre e genitori delle tre ragazze erano stati convocati con estrema urgenza e una volta lì riuniti il preside aveva mostrato a tutti il video che inchiodava le autrici della mia aggressione.
Non avrei mai dimenticato l'espressione estremamente terrorizzata delle tre ragazze e né tantomeno quelle furenti dei loro genitori nei loro confronti, che erano addirittura finiti con l'inchinarsi a mia madre in segno di scuse; probabilmente anche con la speranza di far scampare alla loro figlie una denuncia per aggressione, assolutamente lecita in quella situazione, ma alla fine non avviata.
La decisione finale era stata la mia, perché vederle fuori da quella scuola mi era sembrato più che sufficiente, senza contare la nota disciplinare che sapevo avrebbe gravato sulle loro teste per sempre, rendendo quasi impossibile l'ingresso nelle migliori università. In sede di ammissione infatti veniva preso in considerazione, con particolare attenzione, il percorso liceale e un'espulsione per aggressione era parecchio grave, tanto da precludere molte strade. Per me era quindi una punizione più che sufficiente.
Tuttavia a colpirmi di più non erano stati gli sguardi delle ragazze e né tantomeno quello dei loro genitori, ma piuttosto quello che mia madre aveva lanciato ad Eijiro una volta fuori da lì.
Il ragazzo era infatti rimasto con me per tutto il tempo, così da testimoniare a mio favore e darmi manforte, tuttavia era stato invitato dal preside ad uscire, quando i genitori di tutti erano arrivati; non prima di aver spiegato loro che era stato lui a tirarmi fuori dallo stanzino, nonché a spronarmi a raccontare tutto.
Nessuno aveva detto il suo nome, ma lei lo aveva riconosciuto subito, dopo averlo visto una volta fuori da casa nostra; ossia quando lui era venuto a prendermi a sorpresa, ancora prima di rivelarle la vera situazione economica del ragazzo.
Mia madre non gli aveva detto una sola parola, ma lo aveva guardato intensamente per qualche secondo, prima di riprendere a camminare in direzione dell'uscita, con me dietro di lei. Uno sguardo che non le avevo mai visto fare e che non riuscii a classificare, non avendo termini di paragone.
Durante il breve viaggio in macchina, fino a casa nostra, lei non mi aveva detto nemmeno una parola, continuando a mantenere quell'espressione per tutto il tempo. Poi una volta arrivate avevamo preso due direzioni diverse: io nella mia stanza e lei nella sua, con le facce di due persone che avevano bisogno di riflettere per tanto tempo, da sole.
E così era stato.
Tornare a scuola il mattino dopo non era stato semplice per me, non con la notizia che si era già diffusa e le persone che bisbigliavano quando passavo. Tuttavia mi ero tranquillizzata dopo aver ricevuto frasi di incoraggiamento e di sostegno da vari studenti, perfino da persone a me del tutto sconosciute e da altri che erano stati presi di mira in passato dalle tre ragazze. In particolar modo un ragazzo della loro stessa sezione, che si era inchinato quasi di novanta gradi davanti a me, raccontandomi di essere costretto dall'inizio della scuola a fare progetti per loro e passargli i compiti; preso di mira solo perché di costituzione molto gracile. Mi aveva ringraziata quasi in lacrime, a detta sua per aver avuto il coraggio di fare quello che lui non era riuscito a fare: denunciarle al preside.
La sua reazione commossa mi aveva scaldato il cuore e alla luce di tutti gli eventi sapevo di aver preso la decisione migliore, perché simili persone non meritavano di restare impunite. Era stato Eijiro a farmelo capire e lo avrei ringraziato sempre per il suo aiuto, tant'è che avevo ripreso a salutarlo con costanza in giro per la scuola, seppur con timidezza e discrezione, così da non dare modo di alimentare altre chiacchiere inutili.
Le sue ammiratrici avevano smesso di guardarmi male da qualche giorno, esattamente da quando avevo denunciato l'aggressione, probabilmente per paura di fare la stessa fine. Tuttavia non erano loro che temevo, ma solo la possibilità di illudermi e di affrettare le cose, in una situazione già particolarmente difficile da gestire.
Con Eijiro volevo procedere a piccoli passi e vedere che cosa avrebbero comportato, senza necessariamente calcare troppo la mano, così da riuscire nel mentre a scavare bene dentro di me.
Non volevo prendere nessuna decisione impulsiva, non prima di aver capito quello che il profondo del mio cuore desiderava davvero.
La soluzione c'era, dovevo solo avere la pazienza di aspettarla, proprio come mi aveva consigliato la mia migliore amica. Dovevo solo seguire la corrente che partiva da dentro di me e fare affidamento su me stessa, così da non avere rimpianti.

Ran e Megumi camminavano accanto a me lungo il corridoio, parlando di un film che volevano assolutamente andare a vedere al cinema quello stesso sabato, ma che a me non interessava.
<<Sei sicura che non vuoi venire? L'attore protagonista è davvero bellissimo e poi ne parlano tutti molto bene, tanto da definirlo tra i film migliori dell'anno>> cercò di spronarmi Ran, punzecchiandomi leggermente un braccio per attirare la mia attenzione, siccome inconsciamente avevo smesso di ascoltarle da diversi secondi.
Il mio sguardo era infatti stato catturato da un gruppo di persone ferme vicino alla bacheca della scuola, posta vicino ai distributori automatici del pianoterra. Almeno una ventina di studenti.
<<Che fanno tutti lì?>> chiesi quindi, evitando di rispondere alla domanda della mia amica. Volevo bene ad entrambe, ma andare al cinema con loro era impossibile, perché una scoppiava a piangere con rumorosi singhiozzi per ogni scena vagamente triste, mentre l'altra insultava i protagonisti quando non era d'accordo con le loro scelte. Mi defilavo dai loro inviti da quando ci avevano cacciate da una sala, poco prima della metà del film, facendomi vergognare come una ladra.
<<Ma quelle non sono le foto del festival?>> chiese la ragazza al mio fianco, dirottando il suo interesse da me alla bacheca e lasciando così cadere la sua intenzione di trascinarmi al cinema con lei e con Megumi.
In effetti ad aspettarci trovammo numerosi scatti su carta fotografica di alta qualità, disposti ordinatamente in file parallele e tutte con un numeretto sotto per contraddistinguerle. Ognuna riportava un evento specifico della giornata di qualche giorno prima e soggetti diversi.
Durante la gara ricordavo infatti di aver visto vari membri del club di fotografia scattare foto di qua e di là come dei forsennati, ma non immaginavo di certo per affiggerle accanto alla bacheca della scuola. Presi quindi a guardarle lentamente una a una, sperando di non vedere la mia faccia in nessuna di quelle fotografie.
<<Oh no>> commentai a metà della seconda fila di foto, guardando con occhi imploranti le due ragazze accanto a me.
<<Che succede? Che hai visto?>> mi chiese quindi Ran, cercando di seguire la direzione precedentemente presa dai miei occhi.
<<Ecco cosa ho visto>> le risposi, indicando con una faccia da funerale una foto tra le tante, una dove ero stata immortalata dopo che la mia squadra aveva vinto la staffetta mista. Ero in primo piano e sorridevo come l'ultima delle idiote, stringendo il testimone in una mano alzata a pugno, quasi tenuta all'altezza del mio viso.
<<Eh? E di che ti lamenti? Sei anche venuta bene. Io invece per ora non sono in nessuna foto, non è giusto>> rispose la ragazza, riservandomi uno sguardo offeso ed indignato, probabilmente non apprezzando le mie lamentele al riguardo.
<<Sei anche in quella foto>> disse improvvisamente Megumi, urlandomi quasi dentro a un orecchio. Inorridita seguii la linea del suo dito, trovando una seconda foto con me nello scatto, dove stavo abbracciando una Momo in quell'occasione posizionata di spalle rispetto allo scatto.
Ricordavo perfettamente quel momento: era successo dopo il concorso di bellezza, quando ero andata a congratularmi con lei per aver vinto il secondo posto.
<<Quindi non sei in una foto, ma addirittura in due. La solita fortunata>> commentò di nuovo Ran alla mia sinistra, dandomi pacche sulla schiena come un parente orgoglioso, a discapito delle sue parole.
Il mio volto era funereo, ma mi dimenticai presto dei due scatti che mi raffiguravano, notando in alto a destra una foto capace di attirare immediatamente tutta la mia attenzione. Era una foto di Eijiro, mentre cercava di trovare un po' di sollievo dal caldo di quel pomeriggio. Lo scatto lo immortalava nell'atto di asciugarsi una parte del volto con l'ausilio del bordo della sua maglietta, tuttavia lasciando il viso ben visibile e anche parte degli addominali che nascondeva sotto al tessuto.
Nella foto non sembrava consapevole della fotocamera autrice dello scatto, tant'è che guardava in un punto imprecisato alla sua destra.
Sembrava un'immagine da copertina tipica di una rivista per sole ragazze, infatti quasi tutte le studentesse presenti stavano indicando la foto, dandosi di gomito nel frattempo. Anche le mie amiche erano rimaste a fissarla basite.
Quello non era l'unico scatto di Eijiro, tanto che continuando a guardare riuscii a scovarne altre con lui da solo o con altri ragazzi della scuola. Era un soggetto abbastanza ricorrente, insieme ad altri studenti della scuola che avevano successo, come Kaminari e Bakugou della mia classe o Tetsutetsu e Todoroki delle altre sezioni. Probabilmente per opera delle uniche due studentesse del club di fotografia, altrimenti unicamente maschile.
<<Ma come mai sono tutte numerate?>> chiesi infine, dopo aver guardato ad una ad una tutte le fotografie esposte.
<<Non lo sai? È possibile comprare una copia di qualsiasi fotografia. Lo fanno ogni anno, per poi dare tutto il ricavato in beneficienza. Me l'ha detto mia sorella>> rispose Ran, riferendosi alla maggiore delle sue sorelle, in quel momento al terzo anno della nostra stessa scuola <<se ti interessa qualcosa puoi chiedere un modulo al comitato studentesco e poi ritirare le tue richieste tra una o due settimane, in base al numero di ordini.>>
<<Ah, ecco perché Momo dopo le lezioni è scappata al comitato, probabilmente per organizzare il lavoro. In effetti mi aveva accennato rispetto a un progetto, ma non aveva parlato delle fotografie, forse perché sapeva che le avrei chiesto rispetto a miei possibili scatti, per poi lamentarmi>> riflettei.
<<Esattamente come stai facendo ora, invece di ringraziare di aver ben due foto. Sei l'unica ragazza con più di una foto, ad eccezione della vincitrice del concorso di bellezza che ne ha tre>> brontolò la ragazza al mio fianco, facendo sorridere Megumi.
<<Questo perché da quando sono qui è stato un continuo spettegolare su di me per un motivo o per un altro. Al tuo posto non vorrei essere me. Non ti perdi nulla, te l'assicuro>> commentai.
<<Sarà, ma almeno tutti sanno chi sei. Invece io resterò per sempre una sconosciuta. Nessuno mi amerà e nessuno si ricorderà di me. Finiranno col dire che sono una parassita che ha cercato di cibarsi delle luci della ribalta di una superstar come te e morirò da sola in un appartamento con almeno dodici gatti>> espose lei con fare drammatico, cercando di ripararsi gli occhi da un'ipotetica luce immaginaria proveniente da me.
Scoppiammo tutte a ridere, decidendo di allontanarci in direzione dell'uscita e di lasciarci alle spalle le foto del festival sportivo. Eppure, prima di allontanarmi, non riuscii a resistere alla tentazione di lanciare un'ultima lunga occhiata in direzione della foto di Eijiro che si asciugava con la maglietta. La foto numero trentadue.



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AMO IL SABATO
No, davvero... è il giorno della settimana dove di solito posso fare qualcosa per me, che non sia morire trentamila ore al giorno a lavoro ♡ ahaha
A volte però lavoro anche di sabato, quindi non bene per la mia innata pigrizia.
Sono anni che scrivo su Wattpad, ma una cosa non è cambiata: la mia passione per le lamentele rispetto alla mia voglia di dormire o in generale alla mia voglia di poltrire. Perché in verità non sto ferma un secondo, ma geneticamente ho la tendenza a desiderare la vita di un brapido o di quel privilegiato del mio gatto che male che le va dorme 20 ore al giorno (e quando non dorme mangia, la maledetta).

News: appena finisco Rich riprendo a scrivere altro. Forse Timeless, ma ancora non ho deciso. Dipende come mi gira quando finisco qui. La mia idea sarebbe dedicarmi a una storia in sospeso per volta, così da non fare troppa confusione. Spero così di riuscirne a completare quante possibili.
Ho ripreso in mano anche la vecchia raccolta di OS lemon su MHA. Ne sto scrivendo una su Neito Monoma (sì, è nella top five dei miei personaggi preferiti da tipo sempre e probabilmente piace solo a me, ma non importa). I tempi di pubblicazione non saranno brevi però, perché per ora ho scritto circa 6300 parole e ancora siamo a caro amico ti scrivo. Dovrò scrivere molto per finirla.
Probabilmente dovrò spezzarla in 2 parti (sperando bastino ♡ conoscendomi no).

Come al solito ho scritto troppo.
Vi voglio bene, cià.

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