Scuola e professori problematici
Scuola e professori problematici
Nico fece vagare lo sguardo fino al ragazzo che, pochi minuti prima, lo aveva salvato. Percy Jackson, il ragazzo palestrato che rimaneva ore immerso in piscina, quello interessato a tutto fuorché alla scuola, ed, infine, il migliore amico di quell'idiota di Luke Castellan. Nico, che quella mattina non era riuscito neanche a farsi un caffè, era sceso in strada, quella mattina, più morto che vivo, si era messo le cuffie ed aveva iniziato a correre verso la scuola, in ritardo come al solito. E, proprio mentre attraversava la strada, una macchina lo aveva quasi investito. Fortunatamente di lì passava Percy, che, mossa eroica quanto azzardata, si era gettato su di lui scostandolo dalla traiettoria dell'automobile. Ed ora i due camminavano insieme, avviati verso scuola, vicini, eppure tanto lontani, ognuno chiuso nei propri pensieri. Percy, Nico lo aveva notato immediatamente, era dimagrito, pallido. Le sue braccia continuavano ad essere le stesse, rimaneva un ragazzo carino, dal fisico impostato, eppure qualcosa, qualcosa che Nico conosceva bene, aveva contribuito a renderlo cupo, triste, tanto diverso da prima. I due camminarono assieme fino all'entrata dell'edificio scolastico, attenti a non scambiarsi nemmeno una parola.
-Bhe, grazie... ci vediamo in classe- tentò di dire Nico. Le sue parole si persero nel vuoto, Percy guardava verso il basso, probabilmente non lo aveva neanche ascoltato, si disse il ragazzo.
Percy ci mise un po' per arrivare in classe. Si fermava, ogni tanto, assorto nei suoi pensieri, preda di quegli spietati ricordi che imbrigliavano la sua anima. Ecco il cortile, dove suo padre lo lasciava sempre il primo giorno di scuola, dopo aver accompagnato lui ed Annabeth; e poi la sala professori, dove tanta volte Poseidone, pazientemente, si era seduto per parlare del rendimento scolastico del figlio, dove gli avevano fatto dolere la testa a furia di quei “ è intelligente ma non si applica” che tanto piacevano alla Dodds, la sua insegnante di greco. Percy rallentò il passo, soffocando un conato di vomito, la vista gli si appannò e gli occhi divennero lucidi, improvvisamente. Si appoggiò al muro con la mano destra, inspirando profondamente. Poi si sentì afferrare per le spalle, due mani forti lo aiutarono a rialzare la testa. Luke Castellan gli passò un braccio dietro le spalle, attirandolo leggermente a sé in quello che doveva essere un abbraccio.
-Mi dispiace tantissimo...- gli sussurrò.
Percy provò a riacquistare un contegno, puntellandosi sulle gambe, che sembravano, improvvisamente, essere diventate di gelatina. Luke lo aiutò a raggiungere il suo armadietto, dal quale estrasse un pesante volume di grammatica greca, che si affrettò a stringere tra le mani. Il braccio di Luke era tornato al suo posto, disteso lungo il corpo. Luke guardava nervosamente l'orologio, così Percy decise di avviarsi, lentamente , verso la sua classe. Luke lo superò, probabilmente la Dodds lo innervosiva troppo, precipitandosi oltre la porta, il ragazzo lo raggiunse pochi istanti dopo, trovandosi di fronte una scena alquanto patetica.
La Dodds era vecchia, quanto? nessuno avrebbe mai potuto definirlo, probabilmente aveva fatto un patto col diavolo, oppure, come era voce corrente a scuola, la vecchia si teneva giovane sacrificando topi a Bast, la dea dei gatti. In effetti la donna viveva sola, a casa, con sette gatti, forse era stato questo ad incrementare le dicerie sul suo conto.
Ad ogni buon conto, la Dodds era la tipica persona che non avresti voluto incontrare in un vicolo buio di notte, con quegli occhi in grado di leggerti dentro e di rivoltarti, in un attimo, come un
calzino. La donna stava all'impiedi, davanti a Luke, che teneva lo sguardo basso.
-Cosa hai fatto fuori fino ad ora, Castellan?- chiese, la vecchia , quasi sibilando.
-A dire il vero... io, ecco, ho incontrato Percy in corridoio, e mi sembrava che non stesse molto bene, così mi sono fermato per accertarmi che stesse bene- a sostegno della sua argomentazione, Percy Jackson era ridotto uno schifo, il colorito, era ormai verdognolo.
Lo sguardo della Dodds si rivolse, lentamente, verso Percy. Il ragazzo non le era mai piaciuto, disattento durante le sue lezioni, sornione, maledettamente disinteressato a qualunque cosa non fosse sport. Durante gli ultimi anni il loro conflitto aveva spesso sfiorato apici critici, correlati da richiami formali, sospensioni con obbligo di frequenza, e pesino scenate difronte al preside, un paio di volte. La professoressa approfittò, quindi, immediatamente della succosa occasione, per poter mettere in difficoltà l'alunno che più di ogni altro detestava.
-Jackson, è possibile che qualunque disastro accada, tu vi sia sempre immischiato! Dove sei stato fino a questo momento? Gironzolavi per la scuola, non è vero?- la voce dell'insegnante era diventata acuta, quasi pungente- cosa hai da dire, tesorino?- aggiunse a quella dolce parola una quantità tale di veleno bastevole per uccidere un elefante.
Percy non rispose, lo sguardo perso fuori dalla finestra. La Dodds non aspettava altro.
-Come osi mancarmi di rispetto, piccolo criminale! Interrogato! Immediatamente!- in un altro momento Percy si sarebbe messo a strillare, implorando l'insegnante di lasciarlo respirare. Invece la cosa parve scivolargli addosso: buttò la borsa sulla sedia e si sedette sul banco, incurante degli sguardi assassini che la professoressa gli stava lanciando. Probabilmente la Dodds lo avrebbe mandato dal preside, e, una volta varcata la soglia della presidenza per la terza volta in un mese, il signor D ( era così che gli alunni avevano soprannominato il preside) lo avrebbe sospeso. “Meglio”, si ritrovò a pensare Percy, “ me ne starò a casa per un po'”.
La Dodds si spazientì, sbattendo il piccolo e raggrinzito pugno sulla cattedra, facendo sobbalzare il povero Leo Valdez, che stava seduto al primo banco, proprio di fronte all'arpia.
-Credi di poterti prendere gioco di me? Avanti, parlami di Esiodo!- ancora una volta non si udì risposta, Percy si stravaccò sulla sedia, vicino ad Annabeth, la sua compagna di banco, facendo aderire la schiena alla parete.
Gli occhi di Annabeth si riempirono di preoccupazione, quella donna oltre ad essere un'idiota completa era anche insensibile! Qualunque persona sarebbe stata in grado di capire che lo stato emotivo di Percy era sotto i minimi storici, anche ignorando il lutto che il ragazzo stava ancora affrontando. La Dodds iniziò a sbraitare, gesticolando come una matta. Un ultimo grido, la penna che si muoveva, rapida, sul registro, adornandone la bianca superficie con l'ennesimo richiamo formale. La vecchia additò l'uscita, invitando caldamente l'alunno a non farsi più vedere. Fu quando Percy chiuse la porta, che successe ciò che mai Annabeth si sarebbe aspettata. Nico Di Angelo si alzò dalla sedia, guardando, acido, la Dodds.
-Si rende conto di quello che ha fatto? Lei ha una mezza idea del perchè Percy non si sia presentato a scuola per tre giorni?- la Dodds parve stupita di quella curiosa insurrezione, si limitò ad osservare Nico con gli occhi spalancati- Suo padre è morto.. e lei non ha neanche avuto la decenza di rispettare il suo silenzio, lo ha aggredito, come fa sempre del resto. Ma a lei tanto cosa interessa? Nulla! Probabilmente non è neanche umana!- il ragazzo si precipitò fuori dalla classe, furioso, inseguendo Percy.
-Io...- la professoressa era allibita. Scribacchiò qualcosa sul suo registro per poi rivolgersi ad Annabeth.- Signorina Chase, vada a ripescare i suoi compagni. Dica a Jackson che ho annullato il suo richiamo formale, e lo informi che farò finta che nulla sia successo. Per quanto riguarda Di Angelo, lo faccia tornare in classe, sono abbastanza stufa di queste scenette da prima donna!-
Nico si rese conto di ciò che aveva fatto non appena uscì dall'aula. Da dove era arrivata tutta quella rabbia? Di certo la Dodds non era stata gentile con Percy, eppure non spettava a lui raccontarle quello che era successo. Avrebbe dovuto farlo Luke, o Annabeth. Di certo non lui, che aveva a malapena scambiato un paio di parole con il più grande. E, soprattutto, non avrebbe dovuto rivolgersi alla Dodds con quel tono. L'arpia glie l'avrebbe fatta pagare cara. Eppure, quando aveva visto Percy rimanere muto davanti alle minacce della donna, non aveva potuto restarsene zitto senza fare nulla. Nico si diresse, silenziosamente, verso il bagno del piano. La stanza era completamente impregnata dall'acre odore del fumo. Il ragazzo tossicchiò leggermente a causa dell'aria fetida, accostandosi un poco alla parete ricoperta di scritte. Percy Jackson stava proprio difronte a lui, si stava sciacquando la faccia, l'acqua gli ricadeva lungo il profilo del volto, una goccia, ribelle, arrivò alla maglia, impregnandola. Nico si ritrovò a fissarlo imbambolato, maledicendosi.
-Perchè sei venuto?- gli chiese il più grande, avvicinandosi a lui.
-Credo che dovresti tornare in classe. La Dodds è un'arpia, ma prenderti una nota disciplinare di certo non ti aiuterà...- disse con un fil di voce.
-Non intendo ora... al funerale. Io e te ci siamo a stento scambiati una parola in questi anni, e... non eri obbligato a venire.- Percy abbassò lo sguardo di scatto, ora più che mai appariva fragile, solo, e, soprattutto, determinato a rimanere tale.
Nico non aveva intenzione di sputare fuori la verità, non voleva assolutamente che qualcuno frugasse tra i suoi ricordi, che riportasse alla luce il dolore che aveva tentato di insabbiare. Guardò Percy, chiedendosi, ancora una volta, cosa lo spingesse ad essere tanto protettivo nei sui confronti.
-Sentivo che era la cosa giusta da fare. A volte le persone che conosci poco possono capirti molto meglio di quelle che frequenti da una vita.- La risposta, Nico lo sapeva, era vera solo per metà. Ma la paura era troppa, troppo il bisogno di far rimanere nascosto ciò che aveva accantonato.
-Ti ringrazio... ti ho sentito. Con la Dodds, intendo. Non eri tenuto a farlo.- Nico arrossì , in maniera quasi impercettibile.
-Mi hai praticamente salvato la vita, stamattina, dovevo restituirti il favore.- il discorso sembrava essere giunto alla fine.
Proprio in quel momento un tornado di boccoli dorati arrivò nel bagno dei ragazzi, urlando un “ pronti o no io entro, spero non siate in mutande”.
-La Dodds ha deciso di non sospenderti, ma ti vuole immediatamente in classe. Ouh.. lo stesso discorso vale per te, Di Angelo!- Percy scosse la testa, avviandosi verso la classe, Annabeth gli fu subito dietro. Nico invece si avvicinò al lavandino, spruzzandosi il volto con l'acqua gelata.
La campanella trillò con intensità, indicando la fine dell'orario scolastico. Alla fine della sua ora, la Dodds si era avvicinata a Percy, per fargli le sue personali condoglianza, ricordandogli che , passata una settimana, tra di loro si sarebbero riaperte le ostilità. Perchè la Dodds era la Dodds, e non potevi semplicemente impedirle di essere stronza, lo era e basta. Percy stava per avviarsi verso casa, quando si ricordò che Nico Di Angelo non abitava troppo lontano da casa sua. Forse sarebbero potuti tornare a casa assieme. Perso in questi pensieri, si accorse a malapena di Jason che gli arrivava alle sue spalle. Il biondino era vestito con un pullover blu ed un paio di jeans aderenti. Il ragazzo era ben messo, non per nulla era il capitano della squadra scolastica di Judo ( o era karate? Percy faceva sempre confusione), ma manteneva un basso profilo, preferendo di gran lunga inforcare gli occhiali e starsene sdraiato a leggere, all'idea di fare noiosi esercizi di sollevamento pesi. Jason gli passò un braccio dietro le spalle.
-Stasera pensavo di invitare te, Annabeth e Piper a casa mia, potremmo guardare un film, o qualcosa del genere- Piper era la ragazza di Jason, Percy non la conosceva molto bene, ma, quelle poche volte che si erano incontrati, aveva trovato gradevole la sua compagnia. Percy stava per scuotere la testa. Quando una piccola testolina mora emerse dalla folla. Nico Di Angelo era proprio difronte a lui, perso in chissà quali pensieri. Il ragazzo stava proprio per defilarsi dalla presa dell'amico, quando Luke Castellan emerse dalla folla, portandosi vicino a Percy, strappandolo alla presa di Jason.
-Grace, non per offenderti, ma penso che Percy stasera abbia bisogno di staccare un po' la spina. Passo a prenderti alle otto, andiamo a fare un giro, ti faccio conoscere un paio di amici.- disse Luke. Jason gli rifilò un'occhiataccia, alzando poi le mani.
-Fa come preferisci- disse, abbracciando un'altra volta l'amico e salutandolo.
Percy non poté rifiutare la proposta di Luke, che continuava ad insistere.
-Non preoccuparti, ti divertirai- Lo salutò Luke Castellan, prima di sparire tra la folla, quasi ne fosse stato inghiottito.
N.D.A.
Pubblicherò, anche qui, con costanza questa mia long, ne approfitto per sponsorizzare la mia pagina fb (https://www.facebook.com/pages/Eolide98/1811128499111467) ed il mio sito web (https://eolide98.wordpress.com/)
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