Seconda prova
Fandom: Maze Runner
Parole: 1392
Cattivo: Lo metto in fondo, come richiesto.
P.s. la prova consisteva nello scegliere un cattivo a piacere e scrivere una oneshot ispirandosi all'immagine.
Un po' all'ultimo, ecco la oneshot, TheMadSys .
~•~•~•~•~•~
Vago da giorni. Mesi, forse.
Ormai il tempo non ha più valore per me. Cosa è, dopotutto, quando la tua vita non conta più nulla?
È uno spreco: perché io voglio morire e il tempo non mi serve più. Non so se esista Dio, o un'altra divinità qualsiasi, ma ricado ogni giorno nella vana speranza di una preghiera.
"Ti prego, toglimi la vita."
Le mie parole non hanno ancora trovato qualcuno tanto misericordioso da ascoltarle: come ogni altra cosa in questo mondo dimenticato, rimangono sospese nel vuoto.
Non sono codardo, solo debole. Mi ucciderei con le mie stesse mani se sapessi soltanto di esserne capace, ma purtroppo mi conosco, e so che non riuscirei a premere il grilletto.
Per questo continuo a trascinare i piedi, sollevando nubi di polvere. Non mi ero accorto di essere giunto ad una strada sterrata ma, dopotutto, non mi ero accorto nemmeno della casa davanti a me.
La vedo, ora. Certo, come potrei non notarla? Dopo giorni di niente, sembra un palazzo dissestato. Si innalza dalle erbe alte, che invadono un prato adesso incolto, e con la sua strana forma potrebbe essere il trono di un'enorme divinità.
Le finestre paiono occhi, o bocche spalancate che cercano di inghiottirmi, e per qualche folle istante mi sembra di percepire sulla pelle nuda delle dita. Mi stringono, chiamandomi verso la struttura diroccata. La luce pomeridiana getta sulle sue pareti un velo verdastro, ed improvvisamente l'idea di un palazzo non mi pare più idonea.
Non sento più la stretta degli artigli sulla mia carne, ma c'è qualcosa che mi sta spremendo il cuore. È un'onda dissolta, l'eco di un temporale, e il barlume di razionalità che mi è restato mi guida a pensare che sia un'emozione che non appartiene più al mio essere, ma che ora sta tentando di farsi avanti per un'ultima lasciva volta. Come se stesse bussando ad una porta chiedendo di entrare, decido di aprire gli argini: curiosità.
Ecco quindi che cosa sto provando. "Curiosità", che parola strana. Eppure il suo suono, la sua spinta, mi paiono conosciuti.
Mi concedo a te, emozione nuova, e lascio che mi porti dove tu hai deciso per me.
E quindi, è così? Abbandono il mio piano di camminare finché la morte non mi colga per fame e stremata disperazione? E tutto per delle mura, un tetto, e qualche oggetto insignificante?
La risposta arriva dalle mie gambe, che da sole stanno già compiendo il tragitto.
La porta si apre con un cigolio sinistro, e ricordo che forse una volta ciò mi avrebbe impaurito. Come si chiamavano? Film dell'orrore? Sì, sì, erano loro. Nel copione, adesso, apparirebbe un mostro con le dita intirizzite e il volto contorto in una smorfia.
Ma nel mio, di copione, non temerò nessuna creatura, perché qua il mostro sono io.
Quando entro i miei passi non risuonano, poiché attutiti dal pavimento ricoperto di umido intonaco ceduto e ammuffito.
La casa è vuota, lasciata a sé stessa. Chissà quanto è passato dall'ultima volta in cui è stata pulita, curata, e che delle risate vi hanno cantato la loro armonia.
Una volta doveva essersi trattato di una dimora meravigliosa: enorme e ricca. Adesso, invece, è un cumulo di roba che, come in una bolla, si ancora al passato. Un passato che oggi non esiste più. Però non c'è nessuno, e in confronto ad altre costruzioni che ho incrociato, è un castello. Ed io ne sono il re.
Quando scoppio a ridere, è un suono malsano, malato, quello che riempie l'aria -niente a che vedere con l'allegria fanciullesca che queste pareti ricordano- ed io nemmeno so perché stia ridendo.
Ci sono delle scale che portano al piano superiore, e nonostante siano malferme le salgo senza paura. Questa è un'altra emozione che, come la curiosità, mi ha abbandonato molto tempo fa.
Crick.
No.
Crick.
Non voglio.
Crick.
Ti prego Dio, ti prego Dio...
Crick.
C'è qualcosa nella mia testa. Lo sento, lo percepisco vividamente. Si sta cibando delle mie cervella, ed io non so come fermarla. Non vorrei accasciarmi al suolo, ma le gambe mi tremano e non riescono a sorreggermi.
Mi sta mangiando, sta scavando dentro me...
Grido. Non è un urlo di paura, ho già chiarito che non riesco a provarne più, è invece più simile ad un ruggito. Sono arrabbiato. Perché non è giusto che stia accadendo a me, non mi va bene.
Crick.
Non so come evitarlo, se non con la morte, ma essa non vuole concedermisi.
Non sono più abbastanza lucido da ricordarmi chi, ma non ho scordato che qualcuno mi disse una volta qualcosa che ora riempie i miei pensieri: "La morte è una viziata bambina cieca, sorda e muta: non le interessa chi sei o cosa dici. Saluta gente a caso, solo per capriccio, e non dà mai spiegazioni. Perciò, puoi voler morire quanto vuoi. Non otterrai nulla, se non inviterai la bambina a giocare con te."
Gioca con me gioca con me gioca con me.
Sono pazzo, lo so, sono pazzo! Sette quattordici ventotto, il morto il ladro e il poliziotto!
Non sono io a comandare ai miei piedi di saltare.
Morte morte morte morte morte, voglio morire!
Non sono io a comandare alle mie mani di applaudire.
Cosa mi succede, che mi succede? Aiuto, aiutatemi!
È quella cosa dentro di me, vero, che mi fa comportare in questo modo, pensare queste cose?
Ha mandato in pappa il mio cervello, ed è rimasto solo un granello di lucida razionalità, che a volte si nasconde, come fosse impaurita dalla follia che la circonda. Quella cosa, quella nella mia testa, sta mangiando pure lei?
Poi, sento uno scricchiolio. Non viene da dentro il mio cranio: quello si è chetato appena c'è stato il nuovo rumore. La casa non è vuota come pensavo.
Sto ridendo di nuovo, ma stavolta il motivo non mi è sconosciuto: ho trovato del cibo. Volevo morire, e invece non riesco che a pensare al fatto che potrò mettere qualcosa sotto i denti.
Il suono è stato un unico esitante movimento, quindi qualcuno deve aver provato a nascondersi, e si è mosso quando il mio eccesso di follia lo ha inquietato.
Ora capisco, aggrappandomi a quella cucchiaiata di lucidità che mi rimane, cosa fossero le mani che mi hanno trascinato dentro la casa. No, non è la curiosità: quella ormai se ne è andata, e non verrà mai più a farmi visita. Era la fame.
Tutto quel tempo trascorso a vagare ha silenziosamente incrementato questa sensazione, senza farsi notare, ed ora la presenza del cibo ha risvegliato la bestia sopita.
C'è una stanza senza porta davanti a me, e sono certo che il rumore sia venuto da là.
Centro! Cosa vinco al banco della fiera? Ho vinto la preda, la preda!
C'è un uomo -anzi, un ragazzo- rannicchiato nell'angolo più buio della camera, e i suoi occhi sono ancorati ai miei, colmi di terrore. Quanto sono belli, quei pozzi neri, resi quasi liquidi dalla paura!
È terrorizzato, ed io mi sento potente.
È magro, ma alto: la carne non è grassa, ma tanta.
Non è muscoloso: se proverà a scappare lo raggiungerò bene.
Trema: no, non proverà a scappare.
Il ragazzo deve aver sentito la porta quando ha scricchiolato: si era accorto di essere capitombolato nel film dell'orrore? Ora sì, lo ha sicuramente fatto, perché il mostro è giunto al suo cospetto. Ed ora lo mangerà.
Sono talmente vicino che posso notare che le sue guance sono bagnate da ridicole lacrime, perciò la risata che scaturisce dalla mia gola arida è divertita e pregna di sadismo.
È uno scatto repentino, uno solo, quello con cui afferro la sua fronte e sbatto con forza la sua nuca contro il muro. Si sente un "crack" e del sangue cola sulla sua spalla sinistra. Puff, morto, andato: la bambina capricciosa è passata a fargli un regalo.
Il sangue è caldo e rosso, profuma di ferro e la mia pancia langue. Il cranio si è spaccato e, con un dito, raccolgo un po' del liquido che ne esce.
Così, crick, di nuovo, ed io perdo il controllo definitivamente.
Che ridere, che ridere! Non è divertente che io mi stia cibando di lui mentre qualcosa mi sta disintegrando il cervello?
Sono malato, sono pazzo, sono andato ormai. Non posso più oppormi a ciò che sto diventando.
Ho pregato un dio quando ancora potevo, ma nessuno mi ha ascoltato.
~•~•~•~•~•~
Ho osato un po' nella scelta del cattivo: uno spaccato. Per chi non lo sapesse, gli spaccati sono esseri umani malati del virus chiamato "Eruzione" (inventato da Dashner) e che li fa diventare simili a zombie. Si distinguono da loro in quanto non sono effettivamente morti, ma solo malati, e possono parlare.
Caratteristica importante è che impazziscono lentamente, alternando stati di lucidità ad altri di follia estrema, prima di essere "perduti" completamente.
L'ho scelto perché, nonostante i veri antagonisti siano i membri della C.A.T.T.I.V.O. (detto brevemente, una società che studia dei ragazzi per cercare una cura alla malattia), non riesco a vederli come davvero cattivi perché... Insomma, stanno cercando una cura per salvare l'umanità! Invece, gli spaccati, regalano un brivido di ansia ed inquietudine durante tutta la durata del secondo e terzo libro, e arrivi seriamente a provare un brivido ogni volta che... Okay, sempre.
Note: Probabilmente leggendo potrebbe essere sembrato un po' caotico e senza coerenza in alcuni punti, ma ciò è volontario poiché, come spiegato, uno spaccato impazzisce e, scusatemi, la coerenza va in vacanza!
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