Prima prova
Fandom: Hunger Games
Parole: 795
Cattivo: Effie Trinket. Che poi, non è la cattiva, e forse non è poi così cattiva, ma chi è Capitolino non è nemmeno buono... Effie è un po' contorta, e forse è per questo che la adoro.
Comunque, ci troviamo in un tempo posto in un lasso fra poco prima dei libri e il primo libro. Tuttavia, il tempo è molto vago e non penso sia poi tanto necessario specificarlo.
TheMadSys ecco a te!
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Effie sorride allo specchio compiaciuta, il rossetto ancora stretto nella presa delicata delle dita.
Oh, sì, le sue mani sono capaci di miracoli, con l'ausilio dei prodotti giusti: la base bianca, candida, per una pelle di immacolata porcellana; la fine polvere blu, opaca, ad ornare le palpebre con un manto di notturna profondità; le lunghe ciglia finte, con i decori a piuma di pavone nelle punte esterne; i brillanti: baluginanti, un occhiolino vispo sul suo volto impeccabile. E poi, il tocco finale: il rossetto, argenteo, che rende
il suo sorriso perfetto.
Già, è un sorriso impeccabile, il suo. E come ogni cosa ineccepibile che esista, è finto.
Già, finto.
Come la plastica o, più preferibilmente, come la roccia scolpita. Semplicemente indeformabile. Altrimenti, perché no?, una maschera. Come quelle che, dopo averle indossate troppo a lungo, ti si incollano al viso, non volendo poi staccarsi più.
Il sorriso di Effie Trinket è una recita perché, dopo la sofferenza che ha visto, non potrebbe essere altrimenti.
Ma state attenti, mi raccomando: la casta, morbida e fragile pelle della donna, come ogni Capitolina che si possa rispettare, non ha mai vissuto la sofferenza -che insinuazioni... Vi pare?- ma sono stati i suoi occhi, piuttosto, a rimanerne vittime.
Negare è semplice, nascondere pure, ma dentro rimane comunque, sempre, la consapevolezza che la grazia e la maestosità esterni non siano altro che un artificio.
Se ne è accorta molto tempo addietro, la nostra Effie, che di Capitol City non ci si può fidare. È come una fiera selvaggia che, appena le volti le spalle, ti assale. Può sembrate docile e mansueta, certo, ma se ha bisogno di nutrirsi, non è pietosa verso la sua preda.
E così, tutta Capitol City è una costruzione superficiale (o almeno, tutta la perfezione che vuol mostrare) e, di conseguenza, la sua intera vita lo è.
I ragazzi non si possono massacrare non tanta facilità, non in un organismo armonico. Però, Effie non direbbe mai una parola a riguardo, assolutamente: la sua pelle è costosa, sai, e non ha intenzione di volgere la schiena alla bestia.
Forse è questo, che la rende sporca. Perché qualcosa dentro di lei batte i pugni rabbiosi contro lo sterno -vuole farsi udire- e le grida che è cattiva, è perfida; che fingere che le ingiustizie non avvengano macchia l'eccellenza che tenta ostinatamente di creare. Lei scuote la testa come si fa per scacciare le mosche e perciò, oltre che far finta di non vedere, ora finge pure di non sentire. Non è divertente, che così stia in realtà confermando le insinuazioni di quel "qualcosa" (non osa chiamarla coscienza)?
Così, Effie si mette le mani sugli occhi, per pararseli, come i bambini che, in tal modo, credono di sfuggire a tutti i problemi posti oltre le loro minuscole dita, o direttamente al mondo intero. E, sul serio, Effie si sente un po' infantile nel farlo, ma non guardare è più facile che cercare ogni volta una scusa che possa reggere.
In questo modo tuttavia, si sta schermando dietro un'ulteriore maschera, un'altra volta.
I suoi occhi vagano sullo specchio alla ricerca dell'imperfezione e, dopo aver scrupolosamente e minuziosamente analizzato il suo operato, si rende finalmente conto di cosa sia difettoso: il trucco è poco, non basta. Non sarà abbastanza per coprire tutto quello che va nascosto, e parare ciò che non vuol vedere. Il rossetto è ancora nel suo posto fra il pollice, l'indice e il dito medio, quindi decide di ricominciare con quello. Segue con cautela il contorno delle labbra, ma poi esce di un poco fuori, e allora... Allora, chi se ne cura? I suoi gesti si fanno più frenetici, caotici, e ovviamente il rossetto finisce ovunque, fuorché nei limiti originariamente rispettati. E non importa se c'è un frego sullo zigomo sinistro, e un grumo nell'angolo della bocca.
Anche l'ombretto può essere di più, potrebbe infatti arrivare fino alle orecchie! E magari, un po' pure sulla fronte, perché no.
Per non parlare dei brillanti! Di più, di più! Sarà ricoperta di stelle luminose, e allora sì che risplenderà.
Quando Effie si vede, le sembra di osservare un quadro astratto, dipinto in un impeto di fulgida e pericolosa follia. Il suo sguardo pare sinceramente confuso, e forse pure saggiamente sorpreso. Sono mosse meccaniche quelle con cui prende il necessario per ripulirsi, e mentre si passa sul volto le salviette trattate, non può evitare di chiedersi come abbia potuto permettere a se stessa di lasciarsi trascinare così.
Mentre lo pensa, tuttavia, è quasi impossibile ignorare quella voce che, dai reconditi meandri della sua coscienza, le sussurra suadente: anche una maschera, se troppo vecchia, si può crepare.
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