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Michigan

-Alex stai dimenticando qualcosa?- Chiesi appoggiandomi alla mia valigia, mentre la corvina era già qualche passo avanti a me.

-Cosa?- Domandò voltandosi di scatto. Le indicai la valigia rossa accanto a me. Lei si portò una mano sulla fronte e mi ringraziò, classificando la sua dimenticanza come una svista.

Salimmo sull'aereo, io avevo il posto accanto al finestrino, Alex era seduta accanto a me.
Batteva nervosamente le mani sui braccioli foderati con un tessuto floreale tipico.
Il suo respiro si era fatto pesante, ma mai quanto i suoi pensieri.
Poggiai una mano sopra la sua, fermando il moto irrequieto.
Alex guardò prima le nostre mani legate e di conseguenza intrecciò le sue dita alle mie e poi il suo sguardo cercò il mio.

-È una sciocchezza Piper.- Disse improvvisamente spezzando il silenzio -Io lo so che è così. Sono la regina del bluff, conosco le dinamiche, ma ho qualcosa in cui credere, una fievole speranza che non voglio lasciar andare.-

-Non devi spiegarmi niente.- La tranquillizzai. Per me era un momento difficile, dovevo combattere contro i miei sentimenti e ricordarmi che ero lì solo per aiutare Alex in quel viaggio complicato.

-Lo so che non devo.- Rispose con un'espressione fin troppo dura, ma comprensibile -Ho voluto farlo.-

La sua mano era ancora stretta nella mia, sentivo un formicolio formarsi sul mio palmo e scorrere lungo tutto il mio braccio, percorreva la spalla e si fermava dietro alla nuca, poi scendeva sul mio petto fino a colpirmi direttamente sul cuore.
Quando la sua mano abbracciava la mia il mio battito accelerava, oppure semplicemente riprendeva a battere dopo una lunga attesa.

-Credi che dovremo portare dei fiori a tua madre?- Le domandai spontaneamente. Non volevo illuderla, ma tenere viva la sua speranza.

-Perché.. perché si portano i fiori?- Balbettò in preda al panico. Il suo labbro inferiore tremava leggermente, ma nascose il tremolio mordendolo con i denti.
Sospirai e non dissi niente per qualche secondo, poi le sorrisi rassicurandola che erano solo una formalità della quale potevamo fare a meno.

-A mia madre piacevano le Gardenie.- Alzò lo sguardo verso il cielo -Credo...- Riprese a torturarsi il labbro.
Ogni volta che lo mordeva, o leccava, sentivo un'irrefrenabile bisogno di baciarla.
Non era un desiderio fisico, ma un istinto costruito dal mio inconscio.
Il mio corpo voleva possederla, ma la mia anima ardeva solo per baciarla.

-Compreremo delle Gardenie.- La rassicurai passando il pollice sul dorso della sua mano e in cambio le sue dita si legarono con più forza alle mie, le sue unghie quasi incidevano la mia pelle, ma non glielo feci notare, era un dolore piacevole.

Alex si addormentò durante il viaggio e anch'io mi lasciai cullare dalle nuvole, seguendola in un profondo sonno.
La voce del comandante mi svegliò e anche Alex fu scossa dal volume meccanico trasmesso dagli altoparlanti.
Le nostre mani erano ancora strette l'una all'altra, sfilai cautamente la mano dalla sua e mi allacciai la cintura.
Alex mi lanciò uno sguardo furtivo e annuì leggermente, come se avesse capito solo adesso di essere lì per sostenerla, nonostante il dolore che mi aveva provocato.

Prendemmo un taxi, Alex aveva pensato a tutto. Aveva prenotato in un piccolo albergo in città, conosceva i proprietari ed erano tutti molto felici di vederla dopo tanto tempo.
La figlia del proprietario, una certa Anne, era anche fin troppo contenta di vederla.
L'abbracciò di slancio ed Alex si irrigidì, abbozzò un sorriso freddo e mentre le mani della ragazza la stringevano, il suo sguardo cercava il mio. Ignorai quella evidente richiesta d'aiuto e presi la mia chiave, rigirandomi nella mia stanza.

Era piccola ed accogliente, c'era il minimo essenziale, ma mi piaceva lo stile western che avevano adottato.
Mi lasciai cadere sul materasso, rimbalzai di schiena e le molle sotto di me cigolarono rumorosamente. Non me ne curai. Ero in uno dei posti in cui Alex aveva passato l'infanzia, per la prima volta dopo tanto tempo mi sentivo parte integrante della sua vita.

Qualcuno bussò alla porta, incurante l'avevo lasciata leggermente aperta e i capelli corvini di Alex apparvero da dietro il legno scuro.

-Ti sei sistemata bene. Se hai bisogno sono nella stanza accanto, ma preferirei se tu non mi disturbassi per favore.- Era tornato al suo tono duro e distaccato, ma era comprensibile.
Si era lasciata trasportare da un impeto sconosciuto e aveva dimostrato non solo debolezza, ma aveva anche dichiarato il suo amore.
Annuì velocemente e mi alzai dal letto andando incontro alla donna. Aprì la porta invitandola ad entrare, ma lei scosse la testa rifiutando il mio invito.

-Da dove cominciamo?- Alex inclinò la testa confusa. Non capiva cosa intendessi. Mi avvicinai con discrezione al suo orecchio e con la mano scostai i capelli neri mettendo in mostra la sua pelle chiara e brillante -Dove vuoi andare a cercare tua madre?-

Alex si irrigidì ricordando il vero motivo per il quale ci trovavamo in Michigan.
Fece un elenco dei posti più frequentati e poi conclude dicendo che avremo iniziato le ricerche dalla loro vecchia casa, quella nella quale passavano la maggior parte dell'estate.

Poi mi salutò con un cenno del capo, ero così vicina a lei che mi lasciai sfuggire un bacio leggero sulla sua guancia, lei alzò la testa e sospirò come se quel contatto frettoloso le avesse scosso le stesse corde che vibravano dentro di me.
Si allontanò seguita dal rumore delle rotelle della sua valigia contro il pavimento in legno e sparì dietro la porta accanto alla mia stanza.

Passai la serata a domandarmi perché l'avessi fatto, quale parte di me aveva ceduto ed accettato di partire per quel folle viaggio con Alex? Mi stavo facendo del male restandole vicino.

Stavo pensando a questo quando sentì dei rumori in corridoio, ma evitai di prestarci attenzione e tornai ad immergermi nei miei pensieri.

Lei aveva bisogno di qualcuno che la sorreggesse, ma forse io non ero in grado di portare due pesi sulle spalle. Non solo dovevo reggere il mio dolore, ma anche il suo.
Alex non si sarebbe permessa di crollare, ma nemmeno io potevo permettermelo.

Tornai a sentire quei rumori, così aprì la porta per controllare e vidi Alex camminare nervosamente dal fondo del corridoio alle scale e ripercorrere il tragitto.
I capelli le ricadevano sulle spalle, si stava mordendo l'unghia del pollice, indossava una semplice maglietta beige, lunga e stretta.

-Alex stai bene?- Domandai accostandomi a lei. La corvina annuì senza alzare lo sguardo e continuò a camminare non curante della mia presenza.

-Alex credo tu debba riposare. Domani.. domani sarà una giornata faticosa.- Scelsi accuratamente ogni parola per non ferire il suo orgoglio. Sono sicura che lei pensasse davvero di stare bene, ma ai miei occhi appariva piccola e bisognosa, come ogni essere umano durante specifici momenti della sua vita.

-Adesso ti accompagno nella tua stanza.-L'afferrai per un braccio e camminai accanto a lei, rassicurandola che sarebbe andato tutto bene, che lei era forte e sarebbe stata in grado di affrontare qualsiasi situazione le si sarebbe presentata.
Mentre le parlavo improvvisamente Alex fu mossa da uno scatto subitaneo e le sue mani furono subito sul mio corpo, la sua lingua dentro la mia bocca.
Mi spinse contro il muro, mi afferrò con forza per i fianchi e mi attirò a se. Non realizzai cosa stava succedendo, mi sembrava quasi impossibile. Provai a chiudere gli occhi, ma quando gli riaprì Alex era ancora contro di me e la sua lingua roteava attorno alla mia.

-Alex.. Alex no!- L'allontanai con una spinta. Il mio corpo era tutto un fremito, dovetti respirare profondamente per riprendere il controllo di me. Il suo sguardo si confondeva di un giallo vivido, lei stessa si vergognava per ciò che era appena successo.

-Mi dispiace. Io non volevo.- Agitò le mani tremanti e poi le unì dietro la schiena per nascondere il suo moto nervoso.

-Lascia perdere. Non importa.- Deglutì e buttai giù anche il sapore amaro che mi era rimasto dopo quel bacio meraviglioso -Andiamo.- Allungai la mano, i suoi occhi guizzarono sul mio palmo teso verso di lei, mi guardò confusamente.

-Non posso darti quello di cui hai bisogno, ma se vuoi puoi dormire con me stanotte.- Sospirai e cercai di calmare lo spirito bollente acceso in me.
Alex restò in silenzio per qualche secondo, fece un passo verso la porta di camera sua, ma per chissà quali ragioni ignote tornò indietro e strinse timidamente la mia mano.

Camminammo silenziosamente verso la mia stanza. Perché il suo lato debole non poteva uscire più spesso?
Ci distendemmo sul materasso, io l'attirai a me e lei si strinse a me.

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