capitolo 29 dejavu
Il tempo ancora una volta si è fermato, creando l'ennesimo dejavu.
In una piccola camera, all'interno della casa branco di Ronald, Tristano è seduto su una sedia con lo sguardo fisso sul letto, dove riposa la lupetta.
Un maledetto dejavu, l'ennesimo scontro, l'ennesime ferite e l'ennesima Calipso che riposa su un letto.
Il tutto sembra un maledetto dejavu, ma non lo è, e solo l'ennesima volta che la lupa è rimasta schiacciata dalla violenza.
La streghetta dai capelli rossi si è ripresa velocemente.
Aver utilizzato e controllato tanta magia, aveva scaricato del tutto il suo corpo.
Un sonno durato ben poco per fortuna e la prima cosa che ha fatto una volta sveglia, è stata curare la lupetta.
Nonostante gli incantesimi e le erbe usate su di lei, i lividi e le ferite sono ancora ben visibili sulla sua pelle.
Come se il suo corpo fosse destinato ad essere per sempre, una tela bianca su cui è impressa l'arte del dolore.
Morsi e graffi sul corpo, la mano fasciata ancora rossa scarlatta e la ferita della freccia ancora sulla gamba.
E Tristano si chiede come faccia lei a essere ancora viva e ringrazia la luna per ciò.
Immobile sulla sedia, la osserva stringere gli occhi per poi aprirli lentamente.
La osserva svegliarsi, rimanendo fermo in attesa, nell'ennesimo dejavu.
"Inizia davvero a stancarmi questa situazione.
Potremmo fare a cambio."
Sussurra Calipso, facendolo sorridere.
È sempre la solita lupetta ironicamente stronza.
Rilasciando finale il respiro e sentendosi più sereno ora che la vede sveglia, si avvicina a lei.
Sedendosi vicino a lei sul letto.
"Io invece, inizio a pensare che ti piaccia fare la bella addormentata.
Se volevi il mio bacio da principe azzurro, bastava chiederlo."
I due sorridono, anche se da ridere non c'è nulla.
Hanno rischiato la vita, Calipso è ancora ferita e loro ridono.
Scherzano e ridere come se nulla fosse, ma forse è solo un modo per non piangere.
Per non soccombe alla paura e all'angoscia di aver sfiorato padre morte e di essergli sfuggiti.
"La tua modestia mi sorprende ogni giorno.
Fidati, farei di tutto per evitare un bacio da te pipistrello.
Potrei rischiare che ti attacchi ai capelli e non ti stacchi più."
L'ennesima battuta, con un pizzico di verità e tristezza.
Farebbe di tutto per evitare di finire così, viva per miracolo in una stanza nell'infermeria.
E invece non può evitarlo e amaramente si ritrova sempre qui.
"Forse non sarei dovuta partire, non avrei dovuto partecipare a questo viaggio suicida."
L'ilarità pungente è scomparsa e nella voce di Calipso si sente dolo paura e una verità scomoda.
Tristano l'ha già vista fragile, sofferte, debole.
Ma è la prima volta che la lupa gli prende la mano e la stringe, un contatto fisico, aggrapparsi a lui mentre vede negli occhi castani di lei la mente viaggiare tra i ricordi.
"I due lupi che mi hanno attaccato.
Sono le stesse che mi hanno messo al mondo e che un tempo ho chiamato genitori."
Il tempo si ferma, insieme al respiro e al battito cardiaco.
Tristano è completamente sconvolto e la sua mente si ribella al credere che tanta violenza sia stata fata da chi dovrebbe amarla.
Dai genitori che invece di stringerla, hanno tentato di ucciderla.
E vorrebbe parlare, dirà la sua e anche sputare veleno su quegli esseri orribili.
Ma lei stranamente si sta aprendo a lui e perciò può solo rimanere in silenzio.
Accogliere il racconto della amica, senza avanzare un respiro.
"Sono nata in un branco molto forte, era caratterizzato dalla numerosa presenza di alfa e l'assenza di Omega.
Infatti come avrai notato, i miei genitori sono entrambi alfa.
Una coppia inusuale, rara almeno a quei tempi."
Cio lascia molto da riflettere a Tristano, anche lui ha letto spesso la rarità di una coppia licantropa alfa, anche se in realtà quando hanno incontrato Elia non ne è rimasto molto sorpreso.
Forse questa è una rarità che si è persa negli anni.
"Da bambina ero una ribelle.
Allegra e sempre in movimento, per molti ero destinata a essere un alfa.
Ma nonostante il mio carattere forte, era chiaro ai miei genitori che non sarei diventata un alfa.
E purtroppo nemmeno un beta."
Le mani ancora strette, una presa leggera che non aumenta né diminuisce, mentre i due si perdono tra le immagini del racconto.
E Tristano la immagina esattamente com'è ora, solo più piccola di statura.
Vispa e coraggiosa, ma ancora luminosa e innocente.
Libera dalle catene che le hanno imprigionato l'anima.
Ed è così in realtà, prima che la sua innocenza le venisse strappata, Calipso era una lupetta come tutti gli altri.
Forse solo più testarda e impavida, caratteristica che spesso la fatta tornare a casa piena di graffi o lividi.
"Nonostante il mio carattere, ero la più debole tra i miei coetanei.
I lividi ci mettevano giorni a scomparire dalla mia pelle e un osso rotto si sistemava dopo settimane.
Ero più debole, una Omega e i miei genitori smisero di essere tale."
È strano, impossibile da comprendere, ma è la pura verità.
Scoprire che la propria figlia è una Omega, l'ha uccisa nella loro mente.
La loro unica figlia era morta e la bambina che ancora respirava davanti a loro era solo un peso di cui liberarsi.
Lo stupore e l'angoscia in Tristano cresce sempre di più.
È una realtà troppo lontano da lui, impossibile da percepire come verità.
Ma gli occhi azzurri di Calipso non mentono, limpidi come la superficie di un lago, sono sinceri.
Ed è una verità agghiacciante.
"Era estate quando mi portarono a una fiera.
Io ero felicissima, perché da giorni i miei genitori non mi guardavano nemmeno in faccia, mentre ora mi portavano a una festa di paese."
Calipso chiude gli occhi, ricordando i colori accesi dei banchi di vesti e tappeti pregiati.
L'odore di castagne arrosto e di focacce appena sfornate.
I suoi sensi era inebriati da tutto ciò che la circondava.
La musica tra canti, tamburi e campanelli, le ballerine che danzavano scalze tra la gente, il sole i cui raggi passavano tra strappi e piccoli furia su i tendoni.
"Tutto sembrava così magico e nuovo ai miei occhi che nulla avevano mai visto.
Che mai avevano superato l'orizzonte del branco, mentre ora incontrava razze di tutti i tipi.
Dalle ballerine vampire, alle streghe che vendevano tarocchi e incensi, ricordo che passammo davanti a una teca di vetro dove rinchiusa dormiva una sirena.
Agli occhi di una bambina era magia, sorpresa e meraviglia."
Per chi guarda con innocenza, non vedeva le catene sui polsi della sirena.
Non vedeva la strega sorridere crudele dopo aver venduto una pozione.
Non vedeva le ballerine ingannate attraverso le loro movenze, incantare per poi mordere alla giugulare.
Lei non vedeva nulla di tutto ciò.
Ma solo meraviglia verso un mondo che si mostrava a lei per la prima volta.
"Poi, fui spinta dentro una tenda mentre la bellezza rimaneva fuori.
Non capi le esatte parole che i miei genitori e quei due loschi uomini si scambiarono.
Ricordo che capì subito che erano umani, cacciatori e che il loro odore mi ricordava la frutta marcia e l'odore di una pozza d'acqua morta."
Arriccia il naso, come se sentisse chiaramente l'odore rinchiuso in quel ricordo.
Sente gli stessi brividi che toccarono la sua pelle quel giorno.
Sente un nodo in gola, come lo senti quel giorno quando la meraviglia e la felicità scomparve.
"Un sacchetto di monete d'argento, questo costo la mia vita.
All'improvviso due catene resero prigionieri i miei polsi.
Ed io, di appena otto anni, non capi perché i miei genitori se ne andarono senza nemmeno dirmi addio.
Nonncapi le risate dei due uomini mentre io versavo lacrime e gridavo il loro nome."
Tristano può solo immaginare la scena, non si sente degno di provare a sentire il dolore che deve aver provato.
Stringe i denti, ingoia insulti, ma non osa fiatare.
Calipso si sta aprendo a lui, gli sta mostrando attraverso le parole e il suo sguardo il suo passato.
E lui non si sente degno di interromperla.
"Quel giorno dissi addio alla mia vita, ai miei genitori, alla mia libertà.
Ma mai al mio nome, quello era l'unica cosa che mi apparteneva.
E nemmeno l'essere schiava me l'avrebbe tolto."
Calipso, il nome che gli avevano dato i suoi genitori.
Il nome che gli ricordava loro, il loro tradimento, la mano che l'aveva resa schiva.
Ma era il suo nome, la sua identità, chie era stata e chi sarebbe stata.
Lei era Calipso e non un semplice numero.
"Fui venduta al doppio come schiava per le pulizie.
Ero una Omega forte nonostante la mia natura e perciò utile a pulire grandi case.
Ba durava circa una settimana, poi venivo riportata dai due schiavisti, niente riusciva a piegarmi.
Ne le punizioni corporee, le frustrate, gli schiaffi ne l'assenza di acqua e cibo per giorni.
Ero una schiava che non si piegava al volere di nessuno."
Tristano non ha difficoltà a crederle e il suo racconta gli toglie molti dubbi.
Ecco perché nonostante sia una Omega è più forte di quelle con la sua stessa narura, ecco perché il veleno su di lei non ha del tutto effetto.
L'essere nata da due alfa l'hanno resa una Omega piu forte della norma, una schiava che non ha mai smesso di ribellarsi.
Una Omega che non si piega a nessun alfa.
Una creatura piu unica che rara.
E con gli anni ha pagato cara questa sua unicità.
"Con l'inizio della pubertà tutto è cambiato.
Ero diventata una schiava sessuale, un corpo attraente e una testa da sottomettere.
Gli alfa facevano a gara per aggiudicarsi la Omega indomabile."
Una smorfia di disgusto le macchia le labbra, ricorda bene il palco dove veniva spinta, il suo numero gridato a gran voce e i righi e gli spintoni per aggiudicarsi l'oggetto che era lei.
Ecco cos'è davvero perdere la libertà, è essere un oggetto, un qualcosa che si può comprare con il denaro.
Non essere degno di avere un nome e dover ringraziare per ogni respiro che viene concesso.
Come se la vita non fosse un diritto.
"Non voglio illuderti, persi la mia verginità poche ore dopo essere stata venduta come schiava.
Ma io strappai a lui un orecchio, una magra consolazione.
Il punto è che non volevo arrendermi ed ero convinta che potevano massacrare il mio corpo ma non la mia anima."
La carne che si lacera, ciò che doveva essere piacere diventato dolore.
Il sangue che colava tra le cosce, lo sguardo dell'alfa in cerca di soddisfazione.
La voglia di combattere e ricambiare il dolore con dolore, lui le aveva strappato la carne e lei l'orecchio.
Una soddisfazione nel vedere l'alfa non raggiungere il piacere, nonostante non fosse un pareggio.
E Tristano ancora una volta si perde nelle sue parole, la immagina su un letto o su un pavimento, immagina un uomo sopra di lei a strapparle la carne e l'innocenza.
Immagina il dolore fisico e morale nell'essere usato come un oggetto, ma è sicuro nell'immaginarla a lottare fino all'ultimo, come la vista fare ogni giorno e in ogni battaglia.
Ma sa che qualcosa è successo, che la sua anima si è piegata, anche solo un attimo anche se per pochi secondi, ma si è piegata.
Lasciando fondere e confondere il dolore fisico nella sua anima.
"Cosa ti ha piegato?"
Calipso si aspettava questa domanda da Tristano, ma non può negare che l'angoscia che sente in lui, gli arriva dritto al petto, strappandole un leggero respiro.
Tristano, il pipistrello da strapazzo, che ha sempre la battuta pronta.
Ora è senza parole e con troppa amarezza.
E vorrebbe fermare il suo discorso, salvarlo da ciò che potrebbe scoprire.
Ma ormai la sua mente è un vaso di Pandora che è stato aperto ed ora pretende di riversare il male che celava al suo interno.
"Gregory."
Poche volte ha sussurrato questo nome, ma in esso c'è rinchiusa la risposta.
Lui è la chiave della storia, colui che ha spezzato l'anima della Omega indomabile.
E con lui, il caso si spalanca e Calipso ci cade dentro.
Ci affoga nei suoi stessi ricordi, vivendola sulla pelle come un dejavu.
Alzandosi leggermente dal letto, stringe al petto la coperta, voltandosi per mostrargli la schiena.
Nel movimento distacca le loro mani unite, sentendo freddo e solitudine.
Ma Tristano è troppo impegnato a sfiorare la sua pelle, per vedere le lacrime solcare il viso.
"Che cosa..."
Non riesce a finire la frase, la gola è secca e la bocca e impastata di nausea.
Tristano ancora una volta è senza parole.
Sulla spalla un simbolo a forma di mezza luna, ma non è quella ustione ad attirare il suo sguardo.
Ma ventiquattro cicatrici a forma di x che le diturbano la pelle, per sempre.
"Gregory non voleva domarmi.
No, a lui piacevo così.
Una Omega da usare abbastanza forte da poter subire ogni sua perversione.
Torture psicologiche e fisiche in grado di uccidere qualsiasi Omega, ma non me.
Ed ogni volta che sono sopravvissuta, lui mi ha marchiato a fuoco, ma non per ricordarmi quante volte mi sono salvata ma per poter ammirare lui quante volte è quasi riuscito a piegarmi."
Ricorda ogni segno, l'esatto punto che segnano sulla pelle, il bruciore che l'argento fuso a ha provocato fino alle ossa.
Ricorda ogni tortura legata a ogni x.
La mano tremante sfiora la mezza luna sulla spalla, e gli occhi si chiudono trattenendo il respiro.
Questo è il simbolo dell'unico tortura a cui non è sopravvissuta.
"Il giorno in cui Caleb ha scoperto cosa fa il padre alle Omega, è il giorno in cui ho capito che non mi sarei mai salvata.
E a cosa serviva allora lottare?
Per cosa lottavo, se tanto non avrei mai riavuto la libertà?"
Si è arresa, è crollata arrendendosi, lasciandosi marchiare dal morso di Gregory.
Lui la marchiata come sua, dichiarandosi proprietario di questa Omega.
E il fatto che sia una mezza luna è solo perché lei non l'ha accettato e mai ricambiato.
Ma si è arresa, lasciandoglielo fare.
Ecco il simbole che le ricorda l'esatto momento in cui la sua anima Omega si è spezzata.
"Ora, se ti ho raccontato la mia storia, c'è un perché."
Infilandosi una maglia, che Tristano gli porge con sguardo confuso, si rimette comoda seduta sul letto.
Su cui Tristano è appoggiato poco lontano da lei.
In attesa di qualcosa che non sa cos'è.
"Io sono un Omega, la mia stessa natura mi blocca e condiziona la vita, eppure ho lottato finché ho potuto.
Tu che scusa hai?
Cosa ha bloccato la tua trasformazione principe azzurro?"
Ecco il nocciolo della questione, il motivo che ha ingoiato i due nel vaso di Pandora.
Capire quali catene hanno legato le ali di questo pipistrello.
E vero, Calipso si è sempre mostrata acida nei confronti di Tristano.
Ma entrambi sanno l'amicizia che è cresciuta tra i due, tra battute ironiche e sangue in battaglia.
Tristano le ha salvato la vita, la liberata dalla paura di essere solo un Omega contro un mondo di alfa e cacciatori.
La fatta uscire dal guscio, dalla gabbia di cristallo in cui lei stessa si era rinchiusa.
Ed ora è il momento di pagare il debito e aiutarlo ad aprire il suo di vaso, rendendolo così forse libero.
"La paura di provare e fallire.
Il fallimento, ecco cosa mi ha sempre fermato."
Tristano è improvvisamente serio ed ora è Calipso ha stringere la sua mano.
Ad accompagnarlo nel rivivere il suo dejavu.
E si sente ridicolo, perché la sua storia non è lontanamente paragonabile a quella di Calipso.
Eppure lei lo guarda con comprensione, come a volergli dire che non esistono dolori più forti di altri.
Che sono li insieme, uguali davanti alla paura.
Davanti al tremare dei loro passati.
"Anche la mia storia inizia ad otto anni, ero l'orgoglio di mio padre per essermi trasformato nonostante la mia giovane età.
Un prodigio mai visto prima e la tanta ammirazione mi ha reso presuntuoso e vittima della mia troppa sicurezza."
Non è mai stato presuntuoso verso gli altri, non era quel classico principino arrogante.
No, non parla di quella presunzione.
"Mi piace girare per i confini insieme a un mio amico, il mio migliore amico.
Giocavamo a superare il confine, ad essere coraggiosi.
Il primo che tornava indietro perdeva, a quei tempi credevo di essere invincibile."
Presuntuoso nel credere di essere invincibile e raro.
Suo padre stesso glielo faceva credere, ma Tristano non gliene faceva una colpa.
Aver perso la sua regina, la madre di Tristano, gli aveva fatto capire quanto la famiglia fosse importante.
Spingendolo ad amare il figlio sopra ogni cosa, lontano dal comportamento di altri re verso i figli.
E per questo si è sempre meritato l'amore incondizionato di Tristano.
Ma essere cresciuto sotto una campana di vetro, nel credere di essere unico e importante, gli ha negato la paura.
Ed è nata in lui la presunzione di essere il migliore, il più forte.
"Un giorno ci siamo allontanati di molto dal perimetro.
Il mio amico mi pregava di tornare indietro, ma io ero solo un bambino che voleva scoprire i propri limiti.
Ed entrambi ne abbiamo pagato le conseguenze."
Chiude gli occhi ricordando le urla dell'amico, il sangue, il dolore.
Ricorda gli uomini che li hanno circondati, vampiri dell'ovest li di passaggio.
Cinque vampiri adulti contro due bambini, da vigliacchi eppure Tristano ancora ingoiata presunzione di poterli combattere.
"Ci siamo ritrovati circondati, mi sono trasformato credendo di poterli battere.
Ma in pochi secondi mi sono ritrovato a terra con entrambe le ali spezzate.
Il mio amico poco lontano in lacrime ed io impotente e consapevole di aver fallito.
Per fortuna mia padre ci trovò ed entrambi fummo salvi, ma io d'allora non mi trasformai più."
La presunzione gli ha strappato le ali, la spinto verso il fallimento.
E la paura di fallire gli ha tolto la libertà.
Calipso gli stringe la mano, dandogli la forza di continuare a nuotare nel fondale dei suoi ricordi.
Meravigliandolo di come chi ha subito tanto, sa dare aiuto.
Perche lei è stesa su un letto, con le ferite ancora sanguinanti, eppure gli stringe la mano infondendogli coraggio.
"D'allora ho sempre preferito non provarci.
Se c'era uno scontro, facevo un passo indietro.
Quando è morto mio padre, avevo dubbi, ma sono stato zitto.
Quando mio zio ha preso il trono, sono andato via senza fiatare.
Ho sempre preferito vivere nella paura di fallire"
Ricorda bene quella notte è stato il suo migliore amico a svegliarlo nelle sue stanze e a spingerlo a fuggire.
E lui è scappato, senza provare a ribellarsi, senza lottare.
Si è destinato all'esilio e alla morte per mano di bestie feroci, la punizione per i principi che abbandonano il trono.
E rilassa la presa sulla mano di lei, accarezzandole con dolcezza il dorso.
"Ma poi, ho incontrato una lupetta bianca e grigia, che mi ha lasciato appeso a testa in giù in mezzo alla foresta.
Una stronza che ha minacciato troppe volte di tagliarmi la lingua, per poi combattere con me quando ne avevo bisogno.
Una lupetta, che non è né alfa e né Omega, ma semplicemente una amica che mi ha spinto a lottare.
Insegnandomi che bisogna sempre lottare, soprattutto se si ha paura."
Si sono salvati a vicenda, senza nemmeno chiedersi aiuto.
Sono queste le fondamenta della loro amicizia.
Una amicizia, questo è, ma non sempre l'occhio geloso vede il vero.
E al cuor di Ester, innamorato del vampiro, quel sorriso e quelle mani unite sembrano molto di più.
Posata alla porta della camera, a spiare la loro conversazione, ora cade in ginocchio con una mano stretta sotto il seno.
Dove un pizzichio le ricorda il suo destino e la lotta che la sta consumando dentro.
Paura, amore, gelosia, quanti sentimenti in un cuore così fragile.
E a volte la confusione e la paura di diventare solo un dejavu nel cuore di chi si ama, ci spinge a fare errori.
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