53. Questione di tempo
La prima cosa che Erick notò furono le case. Piccole, grandi, medie, colorate, di legno, di mattoni, col tetto spiovente, con il camino, senza il camino... Era un nuovo mondo, in cui, forse, la diversità poteva essere accettata. La luce del sole illuminava le costruzioni dalle varie forme. Il villaggio era situato in un enorme campo verdeggiante, circondato da mura spesse e cariche di tralicci d'edera. Delle stradine sassose si diramavano in ogni direzione, quasi come vene in un corpo; persone di tutte le età camminavano tranquille, ognuna diretta alla propria meta; dei cani saltellavano dietro a dei bambini ridenti, che giocavano ad acchiapparella.
In giro c'erano varie bacinelle cariche di acqua briosa e brillante, con cui le donne lavavano i propri abiti malmessi. Qualche lampione ai bordi della strada aspettava, celando la sua enorme voglia di essere utilizzato, cosa possibile solo di notte.
Aiuole di rose, mirto o lavanda decoravano i molteplici giardini che tappezzavano il villaggio.
Per un attimo, Erick credette di essere morto, quindi in Paradiso. Si dette un pizzicotto vigoroso sulla guancia, ma i bambini felici, le mucche e gli animali al pascolo non sparivano davanti ad i suoi occhi gonfi di felicità.
<< Ragazzi, benvenuti al villaggio!>> ripeté Silvia, stavolta con più enfasi. Il corridoio da cui erano usciti si trovava al centro del muro nord, distante dall'agglomeramento delle case. Il gruppo si inoltrò finalmente, all'interno del paesino, chiudendo la porta di metallo che dava sullo strano ambulatorio medico.
<< Okay, come prima cosa voglio mostrarvi la casa dove alloggerete. Avete delle richieste particolari?>> chiese Silvia. Adesso, il suo tono si era stranamente addolcito. I ragazzi, troppo stupiti per parlare, scossero semplicemente la testa.
<< Allora potrei sistemarvi tutti nella stessa abitazione ma con letti separati?>>. Stavolta, i ragazzi annuirono. La donna non poté far altro se non incominciare ad avviarsi verso la piccola casetta prescelta per loro. Percorsero un sentiero i cui lati erano ravvivati con fiori dai petali morbidi di mille colori. Si lasciarono alle spalle un edificio bianco con un enorme croce rossa sul tetto: sicuramente un ospedale; videro un recinto pieno di pecore e mucche, un uomo con un cappello a tesa larga le stava controllando scrupolosamente; una piccola stradina sterrata affiancata da bancarelle di ogni tipo: cibo, abiti, oggetti per la pulizia del corpo... Non mancava niente.
Erick sentì la sua pancia brontolare.
<< Avete dei soldi? Cioè, quello che voglio dire è se per comprare alcune delle tante cose che vedo qui si debba utilizzare una qualche moneta>> chiese curioso.
<< No, qui non funziona così. Se vuoi prendere qualunque cosa, devi svolgere dei servizi pubblici per il nostro campo. Vi spieghero' tutto domani. Ora, ecco a voi la vostra casa!>>. Tutto d'un tratto, Silvia svoltò in un'ennesima stradina e...una schiera di casette, una addossata all'altra, come un malato insicuro che si appoggia all'infermiere. Tutte erano in legno, con un balconcino carico di vasi contenenti altri fiori e piante grasse. Ognuna era dotata di finestre polverose e tetti spioventi. In breve, assomigliava molto ad una baita di montagna!
I ragazzi erano rimasti tutti impalati, lì a fissare ciò che, da quando l'apocalisse era iniziata, avevano sempre desiderato, ma mai avuto. Era un sogno, uno di quelli belli, con raggi di sole che ti rendono il tutto ancora più piacevole. Appena Silvia allungò loro le chiavi, Max le afferrò ed incominciò a correre verso la casa, seguito da tutti gli altri. Un click, e la porta si aprì cigolando. All'interno era anche meglio di fuori! Le pareti di legno erano state dipinte con un color crema molto spiccato; al centro della sala c'erano un divano di pelle rossa, un tavolino di dimensioni notevoli circondato da sedie, un lampadario con gocce di vetro come acqua briosa. Un tappeto viola si stendeva sotto di loro. Più avanti, in fondo, c'era una scala a chiocciola, che probabilmente portava ai piani superiori; al lato del tavolo, c'erano un lavello, un forno ed un piano cottura. Sopra di esso, scaffali e mensole piene di ogni tipo di spezia o cibo in scatola. Sotto al lavello, armadietti contenenti pentole, padelle o piatti. Wow...tutto quello che vedevano era forse un sogno? Sembrava impossibile che il giorno precedente fossero in un vecchio magazzino abbandonato con una bambina Rinata! E adesso...in una vera casa tutta per loro, con del cibo vero da mettere sotto ai denti!
<< Adesso vi lascio "esplorare" la vostra nuova abitazione. Domani, vi spieghero' tutto. Sono seria. Proprio tutto!>> con quell'ultima frase Silvia incrociò uno sguardo complice con Thomas, che si limitò ad abbassare il capo. Questo non sfuggì ad Erick: ne avrebbe parlato dopo con il suo amico.
La donna bionda lanciò un mazzo di chiavi a Lidia, che fortunatamente lo prese subito.
<< Ecco, adesso posso andarmene davvero. Se avete fame, vi consiglio di aprire la mensola che c'è sopra il forno. Ci dovrebbero essere dei barattoli con del cibo. Quando incomincerete ad essere "meno nuovi" in questo posto, potrete prendere qualcosa di più sostanzioso. Ah, inoltre, i vestiti (sia i pigiami che gli abiti diurni) sono nell'armadio al piano di sopra. Il coprifuoco è alle 22. OK? Tutto chiaro? Ragazzi, è tutta questione di tempo. Poi vi ci abituerete.>> spiegò Silvia, guardando ognuno negli occhi, come se volesse leggere nel profondo della loro anima. I ragazzi annuirono come avevano già fatto per quasi tutto il giorno in risposta ad una domanda.
La donna bionda sorrise leggermente e poi uscì, chiuse la porta alle sue spalle. Il silenzio si impadronì della stanza, finché il rumore dei passi di Silvia non si allontanò sempre più, fino a diventare inudibile. Una volta sicuri che se ne fosse davvero andata, i cinque si guardarono negli occhi.
<< Il letto più grande è mio!>> urlò Clara con fare dispettoso. Questo bastò a far scattare una folle corsa su per le scale per accaparrarsi i giacigli migliori. Arrivati al piano di sopra, notarono che le pareti erano dello stesso colore di quelle del piano inferiore. Attaccati alla parete nord c'erano un letto a castello ed uno singolo; su quella est, due letti singoli. Non servirono le parole: Lidia e Thomas sui due singoli vicini; Erick sul singolo a nord; Clara e Max sul letto a castello, lei sopra, lui sotto.
Non credevano che quei materassi che toccavano fossero veri, le coperte fresche e profumate sembravano un sogno. Tutti si rotolarono su quei letti, letti che tanto avevano sognato di avere, di saltarvi sopra o in cui dormire sonni tranquilli.
Dopo questo breve sfogo, decisero di aprire l'armadio della parete ovest, un bell'oggetto in legno chiaro, forse di betulla. Ne aprirono le ante: vestiti puliti e nuovi riempirono la vista dei cinque.
Erick, Thomas e Max optarono per semplici pantaloni e magliette; Clara e Lidia, lo stesso, solo in versione un po' più femminile. In fondo all'armadio c'era una scatolina bianca con su scritto: "Per rispettare il coprifuoco!". I ragazzi la aprirono e dentro vi scorsero laccetti di gomma, quadranti e lancette in movimento: orologi! Tutti neri, ma sempre orologi! Stranamente ce ne erano cinque precisi! Erick si ritrovò a pensare che Silvia avesse delle case costruite apposta per ospitare 2, 3, 4, 5 persone, o anche di più. Probabilmente era per quello che gli aveva dato quella precisa abitazione, per cui c'erano cinque letti e cinque orologi. Si ricordò solo in quel momento di un minuzioso particolare: sulla porta della loro casa era stato verniciato un numero: 5. Capì subito che l'ipotesi che aveva pensato un attimo prima era sensata.
Ognuno di loro adesso aveva il polso cinto da un orologio. Incredibile! Erano le 21:37. Tutti avevano fame. Mangiarono al tavolo del piano inferiore. Una cena a base di pancetta in scatola non è un granché, ma meglio di niente!
La serata passò tra dubbi, ansia e curiosità rivolti più che altro a ciò che gli riservava il giorno dopo. Andarono a letto presto. Ognuno si lavò i denti (sì, esatto, c'era anche un piccolo bagno con degli spazzolini nuovi!) e poi si gettò sul proprio letto.
*****
24:09
<< Stai dormendo?>> Lidia toccò la spalla di Thomas, sdraiato vicino a lei. Ci volle un po' perché lui rispondesse.
<< S..no...cioè, bho...>>
<< Okay, stavi dormendo>> rise in silenzio lei. La sua risata cristallina sembrò spezzare in due l'oscurità che li divorava.
<< Stavo...sì, okay, dormivo. Ma ormai sono sveglio. Puoi dirmi tutto, piccola>> sorrise lui, un sorriso impastato dal sonno, ma dolce. Lui le prese la mano, le accarezzò le dita con un movimento del pollice.
<< Non riesco a dormire. È...è cambiato tutto troppo in fretta! Ma forse, Silvia ha ragione...>>
<< Chi è Silvia?>> chiese Thomas curioso.
<< Già! Tu non c'eri quando si è presentata! È quella donna bionda che ci ha accolti all'inizio.>> spiegò lei. La polvere danzava nell'aria, ogni granello una piccola ballerina leggera.
<< Ah...lei>> il tono del ragazzo era spento, come se anche pronunciare quell'ultima parola fosse un gran peso per lui. Lidia lo notò. Non riusciva a vedere gli occhi di Thomas, ma si capiva dalla sua voce che lui era a disagio.
<< Cos'hai? Tutte le volte che nominiamo Silvia, tu cambi aspetto, diventi...non so...più freddo...>>. Le parole galleggiarono nell'oscurità. Dopo un minuto, la risposta arrivò.
<< Solo immaginazione, piccola. Dormi. Domani è un nuovo giorno.>> detto questo, Thomas si girò dall'altra parte, in modo da dare le spalle a Lidia. Lei sapeva che il ragazzo nascondeva qualcosa, qualcosa che non le aveva detto. Si ripromise di scoprirlo. Chiuse gli occhi e il sonno la catturò.
Allora, lo so che questo capitolo, come quello prima "Ecco a voi il villaggio" è stato abbastanza noioso, ma ho dovuto farlo, per darvi un'idea di com'è il villaggio. Da qui in poi le cose saranno più movimentate.
Grazie come sempre a StefanoBencivenga, lelolj, leoncina_rosa_03, AlterTree, my_love_is_Percy, manland1, iladel che mi sostengono e che sono riusciti a sopportare questa storia fino a qui! Spero che il libro vi continui a piacere! Il bello sta per arrivare!😄😋
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