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4. La notte arriva, le ombre si allungano

Fuori. Finalmente fuori da quel maledetto istituto, odiato anche prima che scoppiasse l'Apocalisse. Sì, perché quella era una vera e propria apocalisse.
I ragazzi se ne erano accorti appena varcata la soglia dell'uscita. Macchine e camion rovesciati e semidistrutti campeggiavano lungo le strade abbandonate dai vivi...ma non dai morti. Ce n'erano tantissimi, alcuni in condizioni così pessime da far distogliere subito lo sguardo ai più sensibili; alcuni palazzi erano crollati, altri erano per metà esplosi. Il paesaggio era desolante. I pali della luce mancavano, come i denti nella bocca di un vecchio. Il sole stava già per calare all'orizzonte: quanto erano rimasti privi di sensi?
<< Ma cosa è successo qui? >> chiese Erick, preoccupato, con lo stupore che gli rimestava le budella.
<< Oh...mio...dio...>> fu l'unica cosa che riuscì a dire Lidia, soffocando la voglia di piangere coprendosi il viso con le mani. Gli altri erano attoniti, immobili a fissare ciò che era diventato il loro mondo.
<< Qui non c'è stato un semplice terremoto, come pensavamo. Qui è successo qualcosa di molto, molto peggio. Non saprei immaginare cosa...>> disse con aria persa Thomas, probabilmente continuando ad osservare con reverenza la loro città, distrutta, smembrata.
<< Ricordo qualcosa riguardo ad una centrale nucleare ed un campo di ricerca dove stavano facendo una strana tipologia di esperimenti per scoprire qualcosa di rivoluzionario. Non mi ricordo cosa di preciso. Potrebbe coincidere in qualche modo?>> ipotizzò Nancy.
<< L'unica cosa che spero sappiate tutti è che entro sera dobbiamo trovare un posto dentro cui dormire, perché in caso uno degli amichetti della tizia lì dentro>> e George indicò la scuola a pezzi alle loro spalle >>arrivi a darci il benvenuto...bhe, non vorrei essere ancora all'aria aperta!>>
Tutti erano ovviamente d'accordo. Quindi, decisero che l'unico modo per trovare un rifugio prima che il sole fosse già calato, era correre nonostante i tagli e la stanchezza. Corsero e corsero nell'aria carica di fumo e morte. L'insieme di questi due elementi dava vita ad un odore acre che permeava costantemente le narici.
Dovettero spesso schivare macchine sventrate, cadaveri o perlopiù pezzi di palazzi crollati. La corsa sembrava procedere bene e tutti stavano al passo.
Calvin era l'ultimo, poi venivano Erick, Thomas, Jack, Lidia, George e per prima Nancy, che sembrava guidare il gruppo ristretto. Tutti erano impressionati da ciò che vedevano, erano confusi da ciò che non capivano ed erano impauriti da ciò che stavano scoprendo.
Stavano correndo in uno stradone deserto, costeggiato da palazzi a quattro piani massimo, negozi distrutti e casette che prima del fenomeno distruttivo dovevano essere state belle, o almeno carine.
Erick riusciva a tenere il passo nonostante il mix di emozioni che provava. Ma mentre rifletteva su ciò, sentì un tonfo dietro di lui. Si fermò per poi girarsi di scatto. Calvin era a terra, appoggiato alla ruota enorme di un camion che, essendosi bloccato trasversalmente, riusciva ad intasare quasi tutta la strada. Erick si precipitò dal suo amico in difficoltà per capire cosa avesse. Calvin ansimava, aveva gli occhi sbarrati, la bocca aperta, forse solo per il fiatone che lo tormentava.
<< Ehi, tutto a posto? Cosa è successo?>> gli chiese Erick, mentre faceva cenno agli altri cinque di fermarsi e raggiungerli.
Calvin non rispose, continuò ad ansimare poi alzò il volto verso l'alto ed urlò: << C'è nessuno???? C'è nessuno???? Aiutoooo! Aiutatemi!!! Dove siete tutti????>> il tono della sua voce era disperato, stava per piangere. Mentre gli altri ragazzi correvano verso di loro, Erick pensò che quello che avvinghiava il suo amico era un attacco di panico. Perciò si chinò verso il volto di Calvin e senza che l'altro si aspettasse niente, gli tirò uno schiaffo che riuscì a spalmargli su tutto il lato destro della faccia.
Il ragazzo riuscì a riprendersi, e prima che il resto del gruppo arrivasse si era già rimesso in piedi, scioccato ma sano.
<< Cosa è successo?>> chiese Thomas con il fiato corto, per poi poggiarsi le mani sulle ginocchia e chinare la testa. Calvin cercò di spiegarsi, ma l'ansia gli impastava la lingua, non lasciando trapelare la benché minima parola.
<< Un breve attacco di panico.>> spiegò Erick per lui.
Per tutto il tempo nessuno parlò più della storia di Calvin, mentre correvano.
Quando il sole si andò a nascondere dietro i palazzi distrutti, il gruppo aveva già trovato un rifugio per la notte. Un motel. Era un enorme motel che non sembrava messo poi così male. Nel momento stesso in cui entrarono nell'edificio chiudendo la porta di legno, un coro di grida animalesche volò nel cielo, portando incubi dagli occhi rossi nelle menti dei vivi. Quelle non erano grida umane. Proprio no.

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