24. Cosa succederà?
Jack si chiedeva cosa fosse successo; come tre giorni prima, fossero riusciti a perdere sia Nancy che Calvin. Spesso, in quei giorni di viaggio verso il campo di sopravvissuti, si chiedeva come mai George avesse smesso di parlare, per quale motivo Kira era più dolce con lui. Era rimasto colpito da ciò che aveva detto Nancy prima di morire: C235K222. Chi era o cos'era? Cosa aveva provocato il decesso della ragazza e perché ella aveva ucciso Calvin?
Perché Jack aveva cominciato ad aver paura persino dei viventi? Dove era cominciato tutto questo? Quando, la follia aveva preso il sopravvento?
Nessuno aveva capito niente degli ultimi giorni. Ma tutti sapevano che le ombre dietro gli alberi si allungavano sempre di più, che i Rinati erano sempre più intelligenti, che adesso sapevano seguirli di nascosto. Sembrava poco come evoluzione, ma non lo era affatto.
Il sole se ne andava via molto prima del previsto: l'inverno stava arrivando. Continuavano a camminare tra boschi, campagne o orti abbandonati; non si fermavano mai, dormivano in capanni degli attrezzi poco sicuri e tutte le notti era un inferno. Tutte le sante notti lottavano contro la morte. Il cibo scarseggiava, l'acqua pure. Ciò che avevano preso al supermercato e nella vecchia villa di Kira non bastava più.
A volte, durante la notte, Jack sognava Nancy e Calvin. Si svegliava e vedendo il buio, sentendo le tremende urla dei Rinati, piangeva. Le cose stavano precipitando velocemente.
Quel mattino, Jack era molto triste e sconfortato. Vedeva le mani intrecciate di Lidia e Thomas, sapeva fin troppo bene che loro due riuscivano a sorridere, perché avevano ancora un appiglio a cui sorreggersi, per non sprofondare nell'oblio della desolazione. Ma Jack no, lui non aveva nessuno a cui sorridere, con cui scambiarsi uno sguardo dolce e speciale.
L'attacco del leone gli aveva provocato un orribile taglio sulla guancia che sapeva gli avrebbe lasciato una cicatrice. Era molto disperato, senza più un briciolo di gioia da condivedere con nessuno.
*************
La notte era arrivata, quattro giorni di viaggio erano già passati. Si trovavano in un vecchio capanno degli attrezzi in legno. Il vento ululava, le nuvole piangevano.
Jack si era sistemato sul pavimento freddo e sporco del minuscolo edificio. Lui non dormiva, però. Il sonno gli era scivolato dagli occhi insieme alle lacrime.
Se ne stava lì, pensando che il giorno dopo avrebbe potuto fare qualcosa di speciale, magari una sorpresa per i suoi amici. A pochi chilometri, ricordava una rupe molto alta. Se l'altezza è molta e ci si getta dalla rupe...i dolori possono finire, i Rinati possono scomparire. Sì, si può fare!
Oddio, ma cosa stava pensando? Lui non lo avrebbe mai fatto! Dopotutto era ancora il ragazzino con la sfrenata voglia di vivere!
Un rumore. Dei passi dietro di lui. Si voltò, quasi sperando che fosse un Rinato che lo avrebbe fatto smettere di soffrire, invece...
<< Mi hai svegliata! Stavi balbettando come un pazzo!>> gli sibilo' in faccia Kira. Jack avrebbe dovuto rabbuiarsi per il commento, invece rise come un cretino davanti alla bellezza degli occhi di lei.
<< Scusa, non me ne ero accorto!>> rispose lui. Kira si voltò per tornarsene a dormire, ma fece in tempo a scorgere la tristezza sul viso di Jack.
<< Cos'hai? Non ti senti bene?>>
<< Io...non ce la faccio più a vivere in un mondo così! Voglio farla finita!>> confessò a voce troppo alta.
<< Zitto! Sveglierai tutti!!!>>
<< Non me ne importa...>>
<< Jack, lo so, siamo in una terribile situazione, ma non puoi permettere che la tristezza ti trascini sul fondo. Se fai così è finita!>>
<< Appunto. Io voglio farla finita...>>
<< Cos'è che ti manca? Il cibo lo abbiamo, l'acqua ci basterà per un po' e dove ci troviamo adesso ci sono meno Rinati!>>
<< Non è una cosa materiale che mi manca...>>
<< Forse ho capito...>> Kira si girò per individuare chi non dormiva. Silenzio, immobilità. Guardò Jack negli occhi, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e diede un bacio rapido e silenzioso sulle labbra del ragazzo. Fu veloce, ma intenso e infinito.
<< Ora va meglio?>> chiese Kira accarezzando il taglio di Jack.
<< O-ovvio che sì!>> Gongolo' lui.
<< Allora, se vuoi continuo...>>
<< Benissimo!>>
*********
Il mattino seguente tutti stavano meglio, erano pronti a ripartire come si deve, con carica ed adrenalina.
Stavano camminando in un bosco. Stavolta molto fitto ed ingarbugliato.
Thomas osservava Jack e Kira fare i piccioncini. Rise un po', perché lui li aveva visti la notte precedente, mentre si sbaciucchiavano, ma aveva fatto finta di niente. Era rimasto colpito da quanto Jack fosse demoralizzato, al punto di togliersi la vita. Gli sarebbe dispiaciuto da morire in caso fosse successo davvero. Era convinto però, che ora che il suo amico si era innamorato, sarebbe rimasto a galla. Non voleva altri morti, Nancy e Calvin bastavano. Questi pensieri lo convinsero a voltarsi verso Lidia.
<< Adesso cosa siamo?>>
<< Cosa vuoi dire, Thomas? Possibile che quando parli non specifichi mai niente?>>
<< Voglio solo sapere cosa significa il nostro bacio. Siamo fidanzati, buoni amici o qualcos'altro?>>
<< Secondo te?>>
<< Non so, non capisco. Adesso mi tratti come se fossi un buon amico, ieri come il tuo ragazzo... Lidia, deciditi!>>
<< Ho già scelto.>>
<< Cosa?>>
<< Questo>> Lidia lo afferrò per un braccio e lo portò in fondo alla fila. Lo baciò leggermente e gli fece l'occhiolino. Thomas diventò rosso, ma capì il messaggio.
Il ragazzo andò a parlare con Erick. Doveva ammettere che lo aveva un po' trascurato, ma era sempre il suo migliore amico.
<< Come va?>> gli chiese.
<< Come vuoi che vada? Fa tutto schifo, come al solito! Adesso, che l'inverno ci sta raggiungendo come faremo?>>
<< Ehi, calmati! Ero venuto a raccontati un fatto: ieri sera ho sentito Jack che parlava con Kira. Le stava dicendo che lui voleva farla finita, che era stanco. Cioè, si voleva suicidare! Capisci, Erick?!>> sussurrò animatamente Thomas. Aveva tralasciato la parte del bacio, non voleva mettere in imbarazzo la nuova coppietta.
<< Io non avrei mai pensato ad una reazione del genere! Siamo tutti un po' depressi, ma non fino a questo punto! >> esclamò sorpreso Erick.
Senza accorgersene erano entrati nella parte della foresta dove gli alberi spuntavano dovunque come funghi, i ragazzi dovevano fare uno slalom preciso per non finire accecati da un ramo appuntito. Le fronde verdi lanciavano ombre oscure sulle chiome umane. Ogni tanto, si udivano uggiolii o grufolare di cinghiali.
<< E quindi...>> Thomas aveva cercato di riprendere il discorso, ma il suo amico lo aveva interrotto.
<< Cos'è quello? >> il suo dito indicava un tronco robusto, dalle mille sfumature marroni e nere. Thomas si fermò ed osservò il legno che si stagliava davanti a lui. Non notava niente di strano...ma guardando da un'altra angolazione si poteva scorgere una lettera dipinta in rosso. Era grande quanto il torace di un uomo adulto e sembrava creata con del sangue, che incatramava tutte le scanalature del tronco. Le gocce rosse colavano dai bordi della lettera. Era una A.
Dapprima, solo Erick e Thomas si erano soffermati a guardare la figura, ma poi tutti gli altri si erano radunati intorno all'albero. La lettera rossa si ergeva all'altezza delle loro teste, perciò era facile osservarla.
<< Cos'è?>>
<< Chi l'ha dipinta?>>
<< Con cosa è stata scritta?>>
<< A che serve?>>
Queste erano le domande che gli amici si ponevano. Ma quei quesiti non avevano risposta, erano irrisolti. Alla fine, pensarono che magari c'era da prima della nube tossica. Non era nulla sicuramente.
Percorsero altri metri e la cosa buffa fu che trovarono un'altra lettera: V.
Non ci fecero caso e proseguirono. Un altro albero con su scritto l'ennesima lettera rossa e gocciolante, stavolta una E.
La cosa si faceva alquanto strana. Dieci metri: T. Venti metri: E. Trenta metri, niente. Cosa stava succedendo? I ragazzi incominciavano ad essere inquieti, anche le loro ombre facevano paura.
Quaranta metri: P. Cinquanta metri: A. Sessanta metri: U. Settanta metri: R. Ottanta metri: A.
Le ragazze si avvicinarono ai maschi, i brividi giunsero, i rumori cominciarono a scatenare del terrore nelle menti.
Novanta metri, nulla, nessuna lettera rossa. Cento metri più in là: D. Centodieci metri: E. Centoventi metri: L.
Ora, era davvero inquietante! Nessuno osava parlare, aspettando di veder comparire la prossima figura.
Centotrenta metri, di nuovo nulla. Gli alberi con sopra le lettere formavano una strana ed insolita fila ordinata. Le altre piante erano casuali.
Centoquaranta metri: B. Centocinquanta metri: U. Centosessanta metri: I. Centosettanta metri: O. Centottanta metri: ?.
Tutte le lettere in ordine di ritrovamento formavano la frase: AVETE PAURA DEL BUIO?
I Rinati non sapevano scrivere...perciò...chi era stato?
Ciao, miei cari lettori! Il capitolo è un po' misterioso, ma ricordate che c'è sempre un filo logico! Commentate, votate e ditemi le vostre ipotesi!
Bye bye!
ILTSASID7🌈
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