XIX
"Aprii di nuovo gli occhi all'incirca cinque giorni più tardi dallo scontro con Curton.
Mi trovavo disteso su di un letto piuttosto sgangherato e non riuscivo a riconoscere nessun elemento che mi fosse familiare nell'ambiente circostante. In un primo momento, credetti di essere nella stanza di un qualche edificio a me ignoto, ma solo dopo capii di stare in una piccola dependance, la quale era situata a ridosso di una fattoria che riuscivo a malapena ad intravedere, sbirciando da una finestra poco distante da dove giacevo.
Il primo giorno ero ancora troppo debole sia per alzarmi che per parlare, tanto che non riuscii nemmeno a sussurrare un "grazie" ad un vecchio signore che venne a portarmi da mangiare quando il sole era nel punto più alto del cielo, quindi probabilmente verso mezzogiorno. Questi, non appena vide che avevo ripreso conoscenza, schizzò fuori dalla dependance veloce come un fulmine, per annunciare la notizia del mio risveglio, ma non feci in tempo a vedere chi stesse sopraggiungendo poiché le palpebre mi ricaddero pesanti sugli occhi, facendomi piombare di nuovo in un sonno profondo.
Nel giro di pochi giorni fui in grado di mettermi a sedere sul bordo del letto, e ad aprire bocca per pronunciare qualche parola, fino a quando una sera non iniziai a muovere i primi passi verso l'esterno del capanno. Una volta fuori, mi guardai intorno e ammirai la luna specchiarsi in un laghetto artificiale, poco distante da dove mi trovavo io. Avvolto dall'oscurità della sera, seguii quella luce tanto soffusa quanto mistica, la quale mi condusse a ridosso dei sinuosi argini frutto dell'attività dell'uomo. Gettatomi con le ginocchia a terra, spalancai la bocca e ingurgitai quanta più acqua fossi in grado di bere, nella speranza di riuscire a placare quell'arsura disumana, che faceva bruciare a dismisura ogni centimetro della mia gola.
Dopodiché, mi trascinai in direzione delle luci accese della fattoria. Con le poche forze presenti nel mio corpo, spalancai violentemente la porta di ingresso e davanti a me vidi una tavola imbandita pronta per la cena, in corrispondenza della quale vi era una donna intenta a sistemare le posate.
- Finalmente ti sei ripreso, ragazzino! Ormai ero già dell'idea di chiamare il becchino giù in paese perché ti prendesse e ti portasse via. - La voce della donna mi rimbombò con forza nelle orecchie e ci volle un po' perché mi ci abituassi.
- Forza, siediti con noi e mangia qualcosa. -
Non passò molto tempo prima che a noi due si unissero anche tre ragazzini, tutti quanti all'incirca della mia età, un uomo dallo sguardo duro e misterioso, molto probabilmente il marito della donna che mi aveva invitato a sedere, e una coppia di signori piuttosto anziani. Nonostante li guardassi entrambi con estrema attenzione, non seppi riconoscere chi tra i due fosse venuto a farmi visita poco dopo il mio risveglio, dal momento che erano gemelli.
- Devo ammettere che il fegato non ti manca di certo, ragazzo. - Il papabile marito della donna mi rivolse per primo la parola, senza mai alzare lo sguardo dal cibo presente nel suo piatto.
- La ringrazio, signore -, risposi io senza capire minimamente a che cosa si stesse riferendo.
- Allo stesso tempo, però, spero che nella vita di tutti i giorni tu non sia tanto stupido come hai dimostrato di essere una settimana fa. Un evento come quello che ti sei ritrovato ad affrontare tu, richiede sempre grandi capacità di analisi e un'attenta ponderazione. E lasciati dire che, nell'aver omesso le doverose valutazioni che la tua situazione imponeva, ti sei comportato da vero idiota. -
- Se non le reca disturbo, potrebbe soddisfare la mia curiosità? Lei cosa avrebbe fatto? -, chiesi sarcasticamente al mio interlocutore, mentre nella mia mente si sovrapponevano immagini confuse, senza che io riuscissi a mettere bene a fuoco cosa mi fosse accaduto prima di perdere conoscenza. L'unica cosa che ricordavo con precisione, era di essere stato ferito da un colpo di pistola, ma nulla più.
L'uomo sollevò la testa da quello che stava mangiando, profondamente infastidito dalla mia domanda, per poi tornare a fissare il piatto di fronte a sé.
- Parli proprio tu, Gregor, che è da quando eri ragazzo che rischi di bruciarti i peli del culo un giorno sì e l'altro pure, per di più sempre a causa della tua maledetta testa calda! -
Uno dei due gemelli si mise in mezzo alla discussione per prendere le mie difese e la cosa mi riempì di orgoglio. Alla fine non me l'ero cavata così male, pensai tra me e me, qualsiasi cosa fosse successa. Gregor rispose a quella affermazione con un grugnito sommesso e, alzatosi da tavola, andò a prendere una bottiglia di whiskey dall'armadietto alle nostre spalle.
- Scusatemi per quella che per voi sarà sicuramente una domanda ovvia, ma come sono arrivato fino a qui? Ho una grande confusione in testa e vorrei capirci qualcosa in più, visto che non ricordo granché. -
- Ti ha portato Yvette chiedendo se avessimo potuto prenderci cura di te, qualora tu ti fossi ripreso, e visto che mio marito le doveva un grande favore, ti abbiamo sistemato nella dependance. Ci ha raccontato di cosa è successo e di come tu ti sia battuto con grande valore. Yvette te la ricordi, non è vero, ragazzo? -
- Mi dispiace, signora. Questo nome non mi dice proprio niente. -
Poco prima di rispondere alla domanda della donna, avevo notato che tutti i presenti erano rimasti momentaneamente con il fiato sospeso e, all'udire la mia risposta, si guardarono con aria interrogativa l'un con l'altro. In quell'occasione, non potevo sapere che tutti conoscessero per filo e per segno la vicenda di cui ero stato protagonista.
Fu sempre la moglie a prendere in mano la situazione e a rispondere ai miei interrogativi, rimanendo però molto sul vago, nella speranza che la memoria mi potesse tornare da sé, senza dover essere lei a darmi la terribile notizia della morte di Julie.
- La ragazza che hai salvato si chiamava Julie ed era una delle tante prostitute gestite da questa signora di nome Yvette. Quest'ultima è intervenuta non appena si è resa conto di quanto stesse accadendo all'esterno della casa chiusa da lei gestita. Dimmi, ragazzo, ora stai iniziando a ricordare qualcosa in più? -
- Ma certo, ora è tutto chiaro! Ricordo molto bene di essermi fiondato ad aiutare una ragazza che stava per essere picchiata da un brutto ceffo, il quale suppongo mi abbia sparato. Aveva ragione mia mamma a dirmi di non intromettermi nelle questioni altrui, così da rimanere sempre fuori dai guai. Se solo l'avessi ascoltata di più...-
Ero troppo euforico all'idea di essere scampato per miracolo alla morte, per accorgermi che intorno a me i presenti bisbigliavano senza sosta tra loro, come se stessero decidendo cosa fare di me e della mia totale amnesia. Io, al contrario, dopo aver finalmente placato la mia sete di conoscenza e aver messo ordine alle idee, mi rilassai e mangiai con un gusto tale, quale non mi capitò mai più per il resto della vita. I brusii intorno a me si calmarono e, per cambiare discorso, la moglie affermò che era stato Alton, uno dei gemelli, ad avermi medicato le ferite e avermi rimesso in sesto. Se ero ancora vivo, lo dovevo solo a lui.
Così, cercando di ribaltare l'idea che Gregor si era fatto di me, ovvero quella di un idiota fatto e finito, mi rivolsi prontamente al vecchio signore che non aveva ancora parlato, e lo ringraziai per essersi preso cura di me quando ero in bilico tra la vita e la morte. Mi rispose il gemello seduto vicino a lui dicendo: - Non c'è di che, ragazzo -, mentre suo fratello sogghignava sotto i baffi.
Tutto sommato, forse Gregor non aveva poi tutti i torti ad avere quella idea di me. Avevo ancora tanto da imparare.
Ma soprattutto, da scoprire.
La cena finì di lì a poco e a noi ragazzi fu chiesto di andare a dormire poiché l'indomani ci saremmo dovuti alzare presto. Ringraziai i membri adulti della famiglia per il cibo che mi era stato offerto e mi diressi alla dependance.
Una volta fuori dalla casa, sentii che all'interno della stessa stavano ancora parlando di me, quindi mi posizionai sotto la finestra e ascoltai quei discorsi altrimenti privati.
- Secondo me il ragazzo è stato maledettamente sconsiderato, un vero idiota in tutto e per tutto, ma ha la stoffa giusta per fare il nostro mestiere -, disse uno dei gemelli.
- Non ci penso proprio a prenderlo a carico. Giusto il tempo di rimettersi in sesto e poi lo sbatterò fuori di qui il più velocemente possibile. Già ho il mio bel da fare con i miei figli, ci manca solo che ora da tre diventino quattro. -
- Sei sempre il solito ottuso, Gregor: il ragazzo ha l'indole giusta! Quanti ce ne sono là fuori che affronterebbero, come ha fatto lui, James Curton? -
- È stato solo molto fortunato. Non sapeva chi avesse realmente di fronte. -
- Su questo ti do ragione, ma devi anche mettere in conto che si è fiondato contro Curton senza alcuna esitazione, sempre stando a quanto ci è stato raccontato da Yvette. Pur non immaginando quanto il suo avversario fosse pericoloso, il ragazzo non ha badato al fatto che si trattasse comunque di un uomo molto più grande e possente di lui; e per di più, quel figlio di buona donna era anche armato. Credimi, il ragazzo può essere plasmato bene. -
- Sì, ma non da me. -
- Allora ci penserò io, testardo che non sei altro, così come ho fatto con te. Vedremo se poi non farà il culo a tutti quanti. Mi sembra che, dopo tutto, tu sia venuto su piuttosto bene, anche se talvolta ho la netta sensazione che tu sia solo un bastardo ingrato. -
Gregor grugnì e sbuffò in segno di profonda disapprovazione per le parole di suo padre, dopodiché gli sussurrò qualcosa che mi fu incomprensibile. Poi riprese a parlare a voce più alta: - Per me va bene, vecchio. Ora che hai deciso di sprecare il tuo tempo appresso alle cause perse, inizia subito a insegnare al tuo protetto che non si origliano le conversazioni private, stando appostati come ladri sotto le finestre altrui. -
Gregor non fece in tempo a terminare la frase, che mi fiondai di corsa verso la mia dependance, senza mai voltarmi per paura di vederlo mentre mi fissava da lontano con quel suo sguardo truce. Una volta dentro, girai a più mandate la chiave e ripresi fiato.
Quella notte feci fatica a prendere sonno poiché ero tremendamente eccitato all'idea di imparare quel lavoro misterioso di cui avevo sentito parlare, ed ero pronto a non deludere il gemello che si era offerto di insegnarmelo. Nutrivo una grande considerazione per quella famiglia che non solo mi aveva accolto, ma che si era anche presa cura di me senza volere nulla in cambio.
Avrei fatto di tutto per ripagare il mio debito, poiché dovevo loro la vita."
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