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V

La festa al porto era una vera e propria bolgia: c'era una musica assordante che proveniva dalla consolle posta al centro della spiaggia, ambulanti che si facevano strada tra la folla vendendo alcolici, cartine, grinder, filtri e quant'altro, ragazze truccatissime e in abiti quasi del tutto trasparenti che ballavano su cubi improvvisati, fatti di casse di birra, un grande via vai dal chioschetto degli alcolici, e chi più ne ha più ne metta. Era una festa in spiaggia in piena regola, eccezion fatta per l'intramontabile falò che sarebbe stato acceso solo dopo la mezzanotte.

Alessandro, dopo aver superato con spallate e spintoni la folla diretta al lido, si posizionò davanti all'entrata dei bagni 49, poco distante della ressa, in modo tale da essere visto dagli amici, i quali sarebbero arrivati a momenti. Non fece in tempo ad accendersi la sigaretta che intravide subito Marco tra la folla. Il ragazzo non faceva altro che guardarsi intorno, come se fosse questione di momenti prima che il fidanzato di Silvia saltasse fuori dalle tenebre e lo prendesse a pugni. Fortunatamente, non accadde niente di tutto ciò e Marco raggiunse illeso l'amico.

– Bella Marco, com'è? Hai visto gli altri? –

– Bella, ho sentito poco fa Mad e dice che arriva tra una decina di minuti perché con questo casino non sa dove lasciare la moto. Fabio invece penso che tarderà, ma non l'ho ancora sentito. –

– Proviamo a chiamarlo –, e dopo aver estratto il cellulare dalla tasca, Alessandro compose il numero dell'amico.

– Niente, squilla a vuoto. Va beh dai iniziamo a prenderci qualcosa da bere mentre arrivano gli altri. –

– Grande idea, Botta, vedi che quando ti impegni qualcosa di giusto la dici anche tu? –

– Vai a farti fottere, ricciolo. Piuttosto, hai visto Silvia? –

– Io no, e tu? –

– Ancora n...– Alessandro non fece in tempo a finire la frase che, poco distante da loro, vide Silvia e il ragazzo litigare vistosamente. Da quanto riusciva a scorgere, la questione sembrava essere piuttosto seria dal momento che lui camminava su e giù agitando nervosamente le braccia, e lei era girata verso il mare dandogli le spalle, con lo sguardo fisso sul cellulare, come se stesse facendo di tutto pur di ignorarlo. Ad un tratto, il fidanzato di lei, esasperato da tutta quella indifferenza, le strappò di mano lo smartphone e lo scagliò violentemente in acqua. Questo gesto fece imbestialire Silvia la quale, dopo avergli mollato un sonoro ceffone a cinque dita, corse via da lui, sparendo nella folla.

– Guarda il lato positivo della questione, Marco: se te la giochi bene stasera te la scopi facile. –

– Ma finiscila, Botta, Silvia non è come tutte le altre. Lei è diversa e non ho nessuna intenzione di infilare il mio pisello tra le crepe del suo rapporto. Penso solo a farmi la serata, poi si vedrà. E poi, te lo dico anche se sicuramente non potrai capire, se sfruttassi questa sua situazione di debolezza mi sentirei davvero un infame. Con o senza di me voglio solo che stia bene perché è davvero una ragazza speciale, per quel poco che l'ho conosciuta. –

– Oh, ma si può capire che cazzo vi sta prendendo a voi altri? Quello che si è innamorato della battona e parla di convivenza e figli, tu che adesso inizi a fare il tenerone delle mie palle tanto che tra un po' dovrò procurarmi dell'insulina per combattere il diabete, ma volete rinsavire o no? Mi sembrate tutti una manica di sciroccati! –

– Scusami tanto, caro il mio Casanova, se tutti noi, escluso te ovviamente, abbiamo un cuore e non siamo così anaffettivi. Sai, a scopare tutto ciò che si muove come fai tu siamo capaci tutti, prova a lasciarne andare qualcuna delle tue, solo per la gioia che provi nel vederla felice, e sarà allora che potrai dire che quella persona ti interessava veramente. –

– Ma vai a farti fottere per davvero, Marco che a forza di sentire così tante stronzate sto per sincronizzare il mestruo. Andiamo a bere va, prima che vomiti senza nemmeno essere ubriaco –, e dopo aver voltato le spalle all'amico, si gettò anche lui nella ressa in direzione del chioschetto dove servivano da bere.

Dopo qualche minuto di coda, finalmente raggiunsero il bancone e Alessandro, senza pensarci su due volte, ordinò due shots, uno per lui e uno per l'amico. Lo mandarono giù tutto d'un fiato e questa volta fu Marco a mandare all'istante un altro giro. Mentre erano intenti a brindare, dalla folla emerse Mad. – Ragazzi, ma che casino c'è in giro stasera? Secondo me, molto più degli altri anni, tant'è che ho dovuto parcheggiare la moto in culo alla balena, vicino al portico del centro. – Poi, rivolgendosi alla barista, esclamò ad alta voce: – Bellissima, un altro giro di quello che stavano bevendo loro che ho la gola secca. – Il terzo giro finì ancora più in fretta dei precedenti e, mentre il gruppo si stava dirigendo verso una posizione più tranquilla, Alessandro si rivolse alla ragazza che lo aveva appena servito, chiedendo dove fosse Marta, ovvero la barista che di solito lavorava in quel chioschetto. Questa, dopo avergli rivolto un sorriso di intesa, rispose di passare più tardi che la ragazza si era assentata un attimo per andare in magazzino a rifornire i fusti di birra; in ogni caso avrebbe lasciato detto che lui l'aveva cercata.

Come tutti, anche Alessandro aveva una ragazza preferita rispetto alle altre e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, Marta lo intrigava più di quanto una ragazza qualsiasi avesse mai fatto. Essendo molto discreto, non aveva mai fatto trapelare nulla nel gruppo, per paura di essere tacciato di incoerenza e, a dire il vero, forse la sua avrebbe potuto benissimo essere anche solo una reazione istintiva di difesa, dal momento che non sapeva dove finisse la cotta e iniziasse la costante voglia di portarla tra le lenzuola del suo letto. Nonostante ciò, il ragazzo rimase un po' deluso di non averla trovata e, dopo aver afferrato la sua birra dal bancone, si affrettò a raggiungere i due amici.

Arrivati in un posto più riparato, poco distante dalla musica e da occhi indiscreti, i ragazzi si diedero alla loro occupazione preferita, ovvero l'arte del rollaggio. Dopo averne girata una a testa, ognuna fatta con una qualità di fumo o di erba differente, iniziarono a scambiarsele, sorseggiando birra fresca in riva al mare. Era proprio in quei momenti che tutti si sentivano parte di un gruppo, o meglio, di una famiglia, imprigionati in attimi di assoluta libertà, che sembravano essere destinati a durare per sempre.

Fabio arrivò qualche istante dopo e, la vista dell'amico, interruppe bruscamente le risate e gli schiamazzi dei compagni, infrangendo quell'aura di spensieratezza che aleggiava tra loro.

– Fava, che cazzo ti è successo alla faccia? Chi è il figlio di puttana che ti ha ridotto così? – Marco osservava con gli occhi sbarrati ciò che in quel momento gli si parava davanti. L'amico aveva un vistoso rigonfiamento di sangue a ridosso dello zigomo sinistro, circondato da un enorme livido di un colore a metà tra il nero e il bluastro. I graffi e i tagli che campeggiavano sulla faccia del ragazzo erano troppi per poterli contare, accompagnati da brandelli di pelle che pendevano dalle lacerazioni. Il naso era storto da un lato e il setto appariva visibilmente rotto. Fabio fece qualche passo, barcollando in avanti e dondolando da entrambi i lati, per poi cadere riverso sulla sabbia, con le braccia spalancate.

– Passatemi una canna qualsiasi, ragazzi. – Alessandro prontamente gli allungò la sua e lui, con mano tremante, se la portò avidamente alle labbra; gli bastarono un paio di tiri per consumarla. – Sono passato da Jania per chiederle spiegazioni e, mentre eravamo nella sua stanza a parlare, la porta si è spalancata di colpo ed è entrato di corsa Jarrod, visibilmente alterato e con gli occhi iniettati di sangue. Ha cercato di aggredirmi a più riprese, ma dopo avergli mollato una scarica di pugni sul volto sono riuscito a divincolarmi e a scappare in strada. Fino a qui tutto bene. I problemi sono iniziati quando sono sceso giù da basso, perché nel cortile del palazzo ho trovato sei dei suoi tirapiedi del cazzo, che mi stavano aspettando: non appena hanno sentito Jarrod urlare dal balcone di sopra, si sono messi a rincorrermi, fino a quando non mi hanno preso. Dai loro volti e dai loro gesti, ho capito subito che erano tutti strafatti di coca perché si agitavano come disperati, e non si sono fermati fino a quando non è arrivato Jarrod a dire loro che poteva bastare. Uno di quei bastardi sono anche riuscito a buttarlo giù come ho potuto, ma gli altri cinque mi hanno letteralmente pestato a sangue. Ed ora, eccomi qua. – Quando l'amico finì il racconto, Mad si alzò di soprassalto e iniziò a camminare in tondo sulla sabbia cercando di contenere la rabbia, anche se con scarsi risultati, dal momento che, di tanto in tanto, prendeva istericamente a calci il vuoto davanti a sé.

– Dai, Fabio alzati, che dobbiamo portarti in ospedale –, disse triste in volto Alessandro.

– Non ci pensare nemmeno: se mi fanno gli esami del sangue sono fottuto. Mi dispiace solo che mi abbiano spaccato il naso perché avevo un bel regalo per tutti voi –, ed estrasse dalla tasca dei jeans una pallina avvolta dalla carta stagnola. – Me l'ha data Jania, dice che ha un grado di purezza ai limiti dell'incredibile, abbinato a un principio attivo che si aggira intorno all'ottanta per cento. Gliel'ha data un cliente cileno con il quale è stata, e lei ha voluto regalarne un po' anche a me. Questa è roba che non trovi tutti i giorni, ma che soprattutto non troverai mai in un buco di merda come Vedesta: è la coca dei ricchi! – Dopodiché, fece avvicinare gli altri al primo muretto libero che trovarono e, dopo aver steso quattro righe, si inginocchiarono tutti insieme. Alessandro, proprio quando era in procinto di tirare, ritrasse bruscamente il naso dalla polvere bianca.

– Ragazzi sto cercando di smettere con questa merda. Per stavolta passo. – Mad che stava esattamente vicino a lui, dopo aver aspirato violentemente con la narice destra, si sollevò di colpo e disse: – Hai ragione, Botta, ma credimi che questa ne vale davvero la pena: è qualcosa di incredibile, proprio come diceva prima Fava. Se non la pippi, non hai idea di cosa ti perdi. Poi anche io sono d'accordo con te, dovremmo smetterla con questa merda, ma non stasera. –

Alla fine, anche Alessandro si inginocchiò e cercò di non guardare verso Fava che tentava di separare la poca coca rimasta dal sangue grumoso che gli stava fuoriuscendo dal naso, il quale era andato a creare una sostanza quasi solida che stava impregnando il muretto. Girò lo sguardo dall'altra parte per non vomitare, e aspettò che tutti avessero finito di bagnare le proprie sigarette con la poca cocaina rimasta, affinché non andasse persa; questa è un'operazione che sì è soliti fare per non sprecare la polvere che avanza, la quale è impossibile da aspirare poiché troppo fine. In gergo, la sigaretta bagnata ha molti nomi, che cambiano in base alla città in cui ci si trova, e tra questi i più gettonati sono "pucciotto" oppure "sigaretta modificata".

Fava si tirò su il cappuccio della felpa per coprirsi le ferite, si strusciò la manica contro il naso per darsi una sistemata, e il gruppo si mosse di nuovo in direzione del falò che era appena stato acceso al centro della spiaggia, segno che la mezzanotte era ormai passata.

La serata stava iniziando.

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