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Epilogo

Ragazzi, credetemi: arrivati fino a questo punto sarebbe un peccato non ascoltare la canzone in copertina del capitolo. Aggiunge quel qualcosa in più che le parole da sole non potranno mai comunicare...





Marta era morta ormai da quindici anni e, durante quel periodo, a Vedesta di cose ne erano successe eccome: Alessandro aveva da poco compiuto settantacinque anni, Eveline era diventata nonna e Carlos stava per sposarsi.

Il ricordo di Marta era più vivo che mai nella loro memoria, soprattutto grazie alle numerose cene di famiglia organizzate infrasettimanalmente, un po' come scusa per ritrovarsi e stare in compagnia, un po' come pretesto per poter raccontare sempre nuovi aneddoti sulla vita di Alessandro e sua moglie. A queste regolari cene familiari, poi, non mancavano mai di partecipare anche i vecchi, ormai in tutti i sensi, amici di Alessandro. Le vite di tutti loro erano state un turbinio di emozioni e di esperienze.

Mad era stato sposato per molti anni con una ricca ereditiera, più per convenienza che per vero amore, dal momento che l'abilità nel commercio di quest'ultimo aveva fatto aumentare il patrimonio della moglie, e di conseguenza anche il suo, a dismisura. Dopo che questa gli ebbe lasciato la gestione di ben cinque aziende sul territorio, Mad incrementò le vendite e gli acquisti a tal punto da riuscire ad aprire una multinazionale a suo nome, ora talmente conosciuta da avergli fatto guadagnare la laurea ad honorem in "Economia e Commercio". Durante il discorso tenutosi alla cerimonia di assegnazione, Mad non si smentì affatto poiché, una volta salito sul palco, ebbe il coraggio di affermare: "E pensare che ho iniziato vendendo erba...", suscitando l'imbarazzo di tutti i presenti e l'indignazione del rettore; ma ormai era diventato un laureato, per giunta milionario, e del resto non gliene fregava più niente. Quindi avrebbe continuato a dire quello che gli passava per la testa, come d'altronde aveva sempre fatto.

Marco, invece, aveva avuto una vita a metà tra il monotono e il folle. Aveva preso la decisione di sposarsi poco più che trentenne e, nell'arco di soli tre anni, aveva avuto due figli. Nonostante ciò, non aveva messo del tutto la testa a posto poiché a mesi alterni mollava il suo tranquillo lavoro di grafico, per scappare in Arkansas in sella alla sua Harley, e unirsi a club di bikers americani. La moglie conosceva bene la passione del marito, dal momento che si erano entrambi conosciuti proprio a un raduno di motociclisti in America (lei era una sorta di groupie del club principale), e per molti anni non si lamentò più di tanto di quelle continue fughe, salvo poi spaccargli sulla testa una chiave inglese da venti, una sera che lo vide tornare a casa ubriaco. Da quel giorno, Marco abbandonò per sempre la moto e chiese il divorzio. In compenso, si innamorò follemente del paracadutismo, sport che pratica ancora nonostante l'età, insieme alla sua seconda moglie, rigorosamente di vent'anni più giovane.

Infine, Fava era riuscito a tornare a Vedesta dopo ben dieci anni di esilio in Nicaragua, e ciò era stato possibile solo avendo appreso la notizia che sia Jarrod, che la sua compagna Kristine, erano stati brutalmente assassinati. Inizialmente si pensò subito a una vendetta a opera del boss Don Beppe Calvi, ma il responsabile non venne mai scoperto e, in più, la mafia non rivendicò quell'omicidio. Fava fu così eccitato all'idea di tornare per rivedere i suoi amici e la sua amata città, che si fece prendere un po' troppo la mano dall'entusiasmo, arrivando così ad invitare anche tutta la famiglia di Jania a trasferirsi a Vedesta, scelta di cui si pentì poi per molti anni. E se ne continuerebbe a pentire ancora, se solo sua suocera non fosse sepolta due metri sotto terra.

Nonostante tutti gli amici, e le rispettive famiglie, si ritrovassero con cadenza regolare, ognuno aveva una vita a sé stante rispetto a quella degli altri, e il vedersi una volta a settimana a cena, era anche un modo per far sì che la vita non li allontanasse più di quanto non avesse già naturalmente fatto.

Durante quelle cene, inoltre, si parlava spesso di Marta, poiché ciò serviva non solo a tenere unita quella grande famiglia allargata, ma anche a onorarne in qualche modo il ricordo. Si beveva del buon vino, degustando le portate preparate da Eveline e dalla moglie di Carlos, entrambe cuoche provette, e si concludeva il tutto riunendosi nel portico centrale per ascoltare le numerose storie di Alessandro, Mattia, Marco e Fabio, i quali sapevano bene come tenere alta l'attenzione di ognuno.

Quando qualcuno era sul punto di rattristarsi, magari perché alcuni racconti gli riportavano alla mente bei momenti ormai passati, Alessandro era l'unico che riuscisse sempre a trovare un modo per risollevare il morale, grazie anche alla sua innata simpatia, rimedio assicurato per riportare a galla l'ilarità dei presenti. Più e più volte, egli aveva scherzato anche sul fatto che, di lì a poco, sarebbe stato lui l'oggetto dei loro discorsi futuri, perché era sicuro che gli rimanesse poco da vivere, ma all'udire quelle parole, nessuno aveva mai intenzione di prenderlo sul serio, poiché tutti erano certi che lui li avrebbe sepolti tutti, nessuno escluso.

Un martedì mattina, durante una giornata come tante, Alessandro ebbe il presentimento che le sue scherzose supposizioni fossero sul punto di avverarsi. Mentre era diretto al cimitero, come era solito fare tutti i giorni, per portare fiori sempre freschi alla sua amata, avvertì un insolito dolore al petto, seguito a ruota da una fitta al braccio sinistro.

Certo del fatto che il peggio stesse per succedere, egli fu preso dal panico di non poter salutare la sua amata, anche solo per un'ultima volta; così, iniziò a correre a perdifiato in direzione del punto esatto dove era stata sepolta sua moglie. Mentre si faceva strada tra le tombe del cimitero, scattando prima a sinistra, poi a destra e, infine, ancora a sinistra, nella sempre più frenetica ricerca della piccola foto di Marta, la testa gli girava senza sosta e il costante senso di nausea non gli dava tregua nemmeno per un solo istante.

Quando finalmente giunse a pochi metri dalla destinazione, il suo corpo sudato e tremante cedette, mentre le gambe, non essendo più in grado di sopportare un simile sforzo fisico, divennero molli e lo fecero ruzzolare faccia a terra nella polvere.

Alessandro, però, non si diede per vinto. Dando fondo alle ultime forze rimaste, e onorando la tempra d'acciaio che in tutti gli anni della sua vita lo aveva sempre contraddistinto, si trascinò in avanti sui gomiti, fino a raggiungere la lapide nella quale vi era incastonata la foto di Marta. Dopodiché, le sue braccia si spalancarono alte verso il cielo, come le grandi ali di un angelo protettore, per cingere il freddo cemento in un caldo abbraccio.

Prima che le palpebre gli si abbassassero del tutto, Alessandro fu sicuro di scorgere, a ridosso di un mausoleo molto vicino a dove si trovava lui, una figura coperta da un lungo soprabito nero, e con indosso un cappello color panna, che stringeva tra le braccia una giovane ragazza. I due si separarono l'uno dall'altra, per poi voltarsi verso di lui. Dopo avergli rivolto il più amabile dei sorrisi, agitarono in alto le mani per salutarlo, e Alessandro non ebbe dubbi sul fatto che si trattasse proprio del pistolero Alex Ethios, accompagnato dal suo amore, Julie.

Ricambiò stancamente il saluto, per poi chiudere per sempre gli occhi.

Dopo tutto, ora avrebbe anche potuto piovere.

FINE






Bene, eccoci qua.

Come dice la canzone che state ascoltando, let it rain. E penso proprio che alla fine di tutto, questa benedetta pioggia non solo l'abbiamo fatta scendere, ma ce la siamo anche meritata.

Il romanzo si conclude qua, ma le sorprese non sono finite. Appena avrò un attimo di tempo, ho intenzione di inserire due brevi storie bonus, riprendendo due personaggi del libro. Queste spiegheranno un paio di punti che ho lasciato deliberatamente in sospeso, così da rendere il quadro ancora più completo.

Poi, il prima possibile scriverò tutti i doverosi ringraziamenti, che in questo caso VI siete meritati voi lettori. Non riesco a farlo subito per il semplice fatto che le persone da ringraziare/salutare, a sto giro, sono veramente tante, e ho paura che facendo le cose di fretta mi dimentichi, senza volerlo, di qualcuno. Quindi, per evitare spiacevoli inconvenienti, mi prendo un po' di tempo.

Per concludere, dopo i ringraziamenti (e credo proprio anche prima delle storie bonus), pubblicherò 10 particolari curiosità sul romanzo, anche se potrebbero benissimo essere il triplo, che sono sicuro non starete più nella pelle di conoscere. Sceglierò solo quelle più interessanti, ma soprattutto risponderò a tante domande che mi sono state poste mentre pubblicavo i capitoli mano a mano del tipo: "La storia è autobiografica?", " Cosa c'è di vero e cosa no?" oppure "Perchè proprio la storia di un pistolero e non un fantasy, un giallo o un horror?"

Chi lo sa. Tutte le risposte le troverete nell'apposito capitolo, messo lì a posta per soddisfare la vostra sete di conoscenza!

Nella speranza che tutto questo mio parlare vi abbia almeno fatto ascoltare il ritornello della canzone, vi lascio dicendo che dopo un anno e un mese (per la realizzazione dell'opera), e più di 300 ore di lavoro (per la revisione), posso dire che il libro è finalmente concluso, sotto ogni suo aspetto, compresi quelli che mi convincevano meno, e questo è stato possibile solo grazie alle vostre letture, i vostri consigli, i vostri commenti e, sopratutto, grazie al vostro immancabile supporto. Provvederò ad effettuare in ogni caso un'ulteriore revisione (la quarta per l'esattezza), così da aggiustare quei piccolissimi dettagli che mi sono sfuggiti (perchè ora non li vedo ancora, ma di sicuro ci sono, anche se ben nascosti!)

Ora basta parlare che mi si è seccata la lingua... ci vediamo nei prossimi capitoli!

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