3. Infami tutti
Jungkook era di nuovo incollato al mio fianco e parlava ininterrottamente di quanto fosse figa quella festa, di quanto fosse bello Jin e di quanto si stesse divertendo.
Io continuavo a bere il punch.
E avevo ormai smesso di fingere di non star guardando Hoseok.
C'era qualcosa che non andava in quell'intruglio arancione che mi stavo scolando, sicuro.
Forse lo avevano drogato, doveva essere così, altrimenti non si spiegava perché mi era improvvisamente venuta voglia di infilare le dita nella camicia di Jung Hoseok, aprirla a forza e mordergli il collo. No, proprio non si spiegava.
Di essere gay lo sapevo da un po', ma che era sta storia con Hoseok? Che cavolo avevo combinato prima? E perché non me n'ero ancora andato?
Una piccola, minuscola, parte di me non era sorpresa. Tutti avevano qualche recondito segreto che non rivelerebbero ad anima viva, e io non facevo eccezione.
Mi ero segato pensando a Jung Hoseok, un sacco di volte.
Ma proprio tante.
Ogni tanto usavo anche qualche altro mio compagno, ma alla fine tornavo sempre a lui.
Mi ero immaginato di fargli tantissime cose, e mi ero immaginato lui che ne faceva tantissime a me. Roba degna dei più sconci video porno.
Però non ci avevo mai provato ad infoiarlo e nemmeno a parlarci, o farci qualsiasi altra cosa. Di solito i nostri scambi si limitavano in occhiatacce e miseri "ciao".
L'antipatia era reciproca ma questo non toglieva che nelle mie fantasie una ripassata gliela davo volentieri.
Tutto si poteva dire di Hoseok ma non che fosse brutto, anzi. Gli moriva dietro mezza scuola. L'altra mezza negava di farlo, e io ero tra questi.
Non potevo stare così, non esisteva.
Guardai di nuovo il mio bicchiere mezzo pieno e decisi di mollarlo sul tavolo. Poi mi guardai intorno in cerca di distrazione distogliendo finalmente lo sguardo da Hoseok che continuava a fare pubbliche relazioni. Il mio sguardo si posò su Jimin. Era in quarta, come me, ma in un'altra sezione. Ogni tanto ci era capitato di infrattarci. Eravamo entrambi non dichiarati ma c'eravamo beccati una sera in dei locali un po', come dire, particolari, e avevamo capito di navigare negli stessi porti.
Abbandonai Jungkook che nel frattempo era riuscito ad entrare nel giro gravitazionale di Jin e mi diressi verso Jimin; poteva essere una buona distrazione.
Camminando tra la folla che ballava mi sentii leggermente instabile sulle gambe e la testa su di giri, la giusta predisposizione per fare cazzate, me lo sentivo. E quando me lo sentivo, ci pigliavo.
Attirai l'attenzione di Jimin appoggiandogli una mano sulla spalla, lui sorrise quando mi riconobbe e mi salutò con un mezzo abbraccio. «Non pensavo di vederti qui?» mi disse quasi urlando.
«Jungkook» dissi a mo' di spiegazione e Jimin capì a cosa mi riferivo.
«Ti sta piacendo la festa?» mi chiese poi alzandosi sulla punta dei piedi per arrivare al mio orecchio e tenendosi al mio braccio per restare stabile.
Mi avvicinai a lui, il suo profumo mi era familiare. «Mica poi tanto» gli dissi.
Jimin non mollò la presa sul mio avambraccio e mi lanciò uno sguardo consapevole. «Che dici se la rallegriamo un po'?»
Sorrisi.
«Vieni» mi disse e mi trascinò nel mezzo di tutta quella bolgia diretto verso i bagni.
Lo seguii senza fare storie, era la migliore occasione per togliermi quel prurito di dosso e quelle strambe idee dalla testa e fu nei pressi della piscina che venimmo intercettati.
«Jimin!» sentii chiamare da una voce inconfondibile e non ebbi bisogno di girarmi a guardare per capire chi stesse fissando Jimin con la faccia tutta rossa.
«Non sapevo ci fossi anche tu.» Potevo figurarmelo perfettamente nella mente quel sorriso falso che gli sentivo nella voce, ma mi girai comunque a fronteggiarlo.
Hoseok se ne stava in piedi davanti a noi, le mani nelle tasche dei pantaloni neri, calmo e imperturbabile in quel mare di adolescenti sudati ed esaltati, quasi fosse fuori posto, quasi fosse un dio che li degnava della loro attenzione. «Chi ti ha invitato?» chiese a Jimin e a me parve di cogliere nella sua voce una punta di ostilità.
Jimin però non parve accorgersene, arrossì ancora di più e balbettò una risposta. «Il f-fratello minore di Namjoon, siamo in classe insieme.»
Hoseok gli sorrise ma non c'era alcun calore sul suo viso. «E dove stavate andando voi due?» lo interrogò.
«In b-bagno.» Jimin era una vera pippa quando si trattava di mentire.
«Insieme?» Hoseok non guardava nemmeno più il povero ragazzo balbettante, il suo sguardo si era spostato su di me.
«N-No! Cioè... noi―» negò Jimin, e aveva proprio l'aria di uno che stesse per scoppiare.
Mi intromisi, ormai abbastanza scazzato da quell'interrogatorio. «Ci scappava, problemi?» lo provocai.
«Perché dovrebbero esserci problemi, Taehyung?» Di nuovo il suo sorriso falso.
Jimin confuso dalla situazione spostava lo sguardo dall'uno all'altro. Poverino, certo che non poteva capire, per quanto ne sapeva, io e Hoseok non ci erano mai scambiati più di due parole per volta, e fino a quel momento nemmeno immaginava che Hoseok conoscesse il suo di nome.
«Umm... volevi chiedermi altro?» chiese Jimin a Hoseok confuso al massimo.
«Non deve chiederti niente» risposi io. «Andiamo.»
Feci per andarmene ma Hoseok mi sbarrò la strada e me lo ritrovai, di nuovo, vicinissimo. Non stava più sorridendo.
«Fatti un giro, Jimin.» La voce di Hoseok non era mai suonata così seria, e fredda.
«Ma io―» tentò Jimin.
«Ora.»
Jimin si zittì, mi lanciò un'occhiata ma io non distolsi la mia attenzione da Hoseok, volevo sapere dove sarebbe andato a parare. Dopo averci osservato per qualche secondo un lampo di rivelazione gli passò sul viso, ridacchiò, tra lo scioccato e l'esaltato, e se ne andò gettandoci ogni tanto un'occhiata curiosa.
«Che vuoi?» sbottai appena Jimin sparì tra la folla. Mi si stavano formando strane idee in mente, strane idee fottutamente allettanti.
Hoseok inclinò la testa di lato, come se mi stesse studiando, e mi sorrise. Stavolta non in modo artefatto, come faceva sempre, ma in modo allusivo e di nuovo mi colse quella sensazione di essere all'oscuro di qualcosa che lui sapeva.
Qualcuno alle sue spalle lo spinse e lui seguì il movimento quasi azzerando la distanza tra di noi. La mia coscia destra era praticamente incollata al suo bacino, riuscivo a sentire il suo profumo e il suo fiato sullo sterno scaldarmi la pelle.
«Ti avevo detto di restare.»
Mi accigliai. «E perché avrei dovuto obbedirti?»
Sorrise di più, un sorriso che coinvolse anche gli occhi. «Obbedirmi» cantilenò. «Mi piace la tua scelta di parole.»
Stavo per rifilargli qualche imprecazione quando le sue dita sulla mia pelle mi distrassero. La sua mano stava lentamente risalendo lungo il mio avanbraccio, le dita si infilavano sotto le maniche della semplice maglia di cotone che avevo scelto di indossare quella sera.
Si avvicinò ancora di più e io sentii il suo pacco strusciarsi sulla mia coscia, non era possibile che non lo stesse facendo apposta.
Stavo per chiedergli che avesse in mente di fare, perché che voleva fare qualcosa era fuori dubbio, quando qualcuno gli cadde addosso. Tutto ciò che vidi prima di cadere in piscina fu la sua espressione sorpresa mentre mi trascinava a fondo con lui.
L'acqua ci accolse nel suo freddo abbraccio e, prima che potessi spaventarmi o fare altro, sentii qualcuno afferrarmi per un braccio e avvicinarmi alle scalette. Era stato Hoseok che stava già uscendo fuori dall'acqua, una volta su mi allungò una mano e io l'afferrai senza fare storie. Lessi nel suo sguardo irritazione e stizza, ma quelle emozioni scomparvero in fretta e affrontò la folla divertita con il suo gioviale e ingannevole sorriso.
Il ragazzo che ci era crollato addosso si scusò senza troppa convinzione, era ubriaco fradicio e un bagno in piscina sarebbe servito a lui.
Io mi rimisi in piedi, francamente non mi andava di fingere che fosse tutto apposto come faceva Hoseok, ma nemmeno potevo affogare il tizio ubriaco, non stava bene. Intanto però stavo gelando, nonostante fossimo in primavera un bagno in acqua fredda, di sera, non era comunque una buona idea, anche se quel disastro poteva avermi salvato da una situazione potenzialmente disastrosa e avermi schiarito un po' la mente.
Mi sollevai la maglia e strizzai tutta l'acqua che potevo e all'improvviso si ritrovai un gruppo di ragazze ciondolarmi intorno pronte ad aiutarmi. Che palle. Cercai di non scansarle in malo modo, ma nemmeno le incoraggiai.
Lanciai un'occhiata a Hoseok che si trovava nella mia stessa situazione e stava cercando di evitare di farsi togliere camicia e pantaloni davanti a tutta la scuola. Non che la sua camicia bianca, bagnata com'era, lasciasse molto all'immaginazione comunque. Diamine, riuscivo a scorgergli i capezzoli. Distolsi lo sguardo. Mannaggia a quell'infame ubriaco.
«E adesso che farete?!» esclamò una delle ragazze. «Se restate con gli abiti bagnati vi ammalerete!»
«Non preoccupatevi, casa di Taehyung è vicina» le disse Hoseok per tranquillizzarla.
In che senso casa mia è vicina, scusa? Che sta a dì?
«Eh?» farfugliai preso alla sprovvista. E poi come sapeva dove abitavo?
«Giusto, Taehyung?» mi chiese conferma lo stronzo guardandomi con occhi tra il supplichevole – per la folla – e il provocatorio – per me.
«Sì, è qui vicino ma―»
«Quindi è risolto, andiamo da te, no?» Insisteva. Insisteva pure? Come osava?
«Io...» Era una pessima, pessima idea. Ma proprio un'idea di merda. Mamma faceva il turno di notte in hotel e papà, che faceva il rappresentante di farmaci, era fuori città per un convegno. La casa era vuota. Di tutti i giorni che se ne potevano andare a spasso avevano scelto proprio quello.
Sapevo che non ci dovevo venire a sta festa. Tutta colpa di quell'infame di Jungkook.
Ma che cazzo, mica gli potevo dire di no davanti a tutti. Una cosa era mandarlo a cagare in privato, un'altra davanti l'intera scuola. Mi arresi, mio malgrado, ma giurai di vendicarmi.
«... certo» dissi esitante.
E Hoseok mi sorrise, un sorriso vittorioso il suo, un sorriso che diceva uno a zero per me.
Merda.
Non sarebbe finita bene. Proprio per niente.
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