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Capitolo 44

Light

Serrai la mascella mentre camminavo sulla parete per poi scendere sul pavimento del mio studio.

La nostra maggiore preoccupazione era sempre e stata solo lei. Eppure le cose si stavano evolvendo con una velocità spaventosa.

La catena si stava...spezzando.

Se ciò fosse successo saremmo morti tutti. Nessuno escluso. Nessuno sarebbe sopravvissuto. E sarebbe stata tutta colpa mia.

«Light. Quanto tempo abbiamo?» la voce di Alexa mi colpì come un secchio di acqua fredda.

«C-Come hai fatto ad entrare qua dentro?» balbettai spaventata.

«Siamo sorelle Light e come ben sai siamo tutte legate. Ti ho cercato per tantissimi millenni e finalmente sono riuscita a trovarti» mi guardò con i suoi occhi mettendo in mostra la sua ira silenziosa nei miei confronti.

«So che riusciresti a liberarci tutti. So che sai l'incantesimo inverso. Perché ci stai condannando tutti, per una singola vita?» ringhiò avvicinandosi, facendomi indietreggiare di un passo.

«Se ci metterai i bastoni tra le ruote Light, sarò io la prima a darti la caccia. E sappi che, se dovesse capitare, ti ucciderò nei modi peggiori di cui sono a conoscenza» sorrise malefica.

Detto questo si ridusse in una pozzanghera sul pavimento.

Se anche le altre venissero a sapere dove mi trovavo mi avrebbero ucciso. Non ero così stupida da pensare che Alexa si fosse alleata con le altre. Ma sarebbe bastata lei a distruggere un intero universo e onestamente la sua minaccia mi aveva messo una paura tremenda.

Dovevo riuscire a trovare una soluzione alternativa o l'apocalisse sarebbe arrivata prima di quanto potessimo mai aspettarci.

In una cella...

Sorrisi.

Potevo sentire chiaramente l'odore della paura su tutte le mie sorelle. Erano così tenere mentre cercavano di arginarmi.

Di arginare il mio potere. Pensavano che mi sarei potuta contenere ma dopo quello che era successo.

Dopo quello che mi avevano fatto passare le avrei uccise tutte una dopo l'altra, senza distinzione.
Volevo vendetta. Volevo vedere il loro sangue scorrere lungo la mia lama e i loro corpi ormai privi di vita cadere ai miei piedi.
Il cuore iniziò a pompare sangue più velocemente mentre l'immagine della loro uccisione si ripresentava più volte.

Non vedo l'ora di iniziare.

Aleys

«G-Gideon? Cosa... Come...» balbettai stupita prima di corrergli incontro e abbracciarlo.

«Non ti facevo così affezionata a me» borbottò ricambiando l'abbraccio. Ci slegammo e poi lo vidi fissarmi attentamente.

«Ma...» iniziò cauto guardandosi attorno.

«Non lo so. Sono rimasta qui da sola» sussurrai sentendo un nodo stringersi in gola.

«Ma come puoi essere qui se sei morto in un altro universo?» domandai rivolta a lui. Ma stavolta fu Adler a parlare.

«Se egli è stato un componente della ciurma allora la nave riesce a farlo ritornare qui se lo spirito lo desidera, permettendo a me di creare una visione più nitida»

Annuii cominciando a capire come funzionasse l'Extra Mondo, ma prima che potessi formulare una qualsiasi altra domanda un boato interruppe tutto ciò.

L'Extra Mondo scomparve e così anche l'immagine di Gideon.

Atlas

Mi appoggiai una mano sulla fronte e mi accorsi che scottava.

Non avevo kit di pronto soccorso in camera mia, perciò le ferite si sarebbero dovute arginare da sole pace e amen.

Mi stesi lentamente sul letto mugugnando di dolore quando feci aderire totalmente la schiena al materasso. La ferita al fianco continuava a sanguinare perciò poco dopo una macchia vermiglia iniziò ad espandersi sotto di essa.

Sentii la porta aprirsi di scatto ma non me ne importava un cazzo di chi fosse venuto. Avevo solo bisogno di pace e un po' di silenzio.

Sentii dei passi avvicinarsi e poi un tocco leggero sfiorarmi l'addome. Un brivido mi sconquassò tutto il corpo e capii che era venuto a trovarmi.

«Che cosa cazzo sei venuta a fare qui? Vattene» ringhiai alzandomi di scatto dal letto, ma non fece altro che peggiorare il mio mal di testa tremendo.

Barcollai, ma prima di cadere a terra una presa salda mi sostenne per poi riportarmi seduto sul mio letto.

«Hai bisogno di cure Atlas» il mio nome pronunciato dalla sua voce mi provocava sempre una stilettata al petto.

«Non da te. O perlomeno non più» risposi lanciandole un'occhiata di scherno.

La sua folta chioma dalle tonalità rosee era ancora racchiusa in una lunga treccia che le arrivava fino alle ginocchia, mentre quei suoi occhioni purpurei mi fissavano carichi di preoccupazione.

«Atlas. Non puoi rimanere ancorato al passato, cerca di capire. Perché non riesci ad accettare tutto ciò? Sei l'unico che non lo ha ancora fatto» obbiettò iniziando a prendere fuori ago, filo, cotone, garza e disinfettante.

Scoppiai in una risata isterica.

«Cazzo. Tu non ci vuoi proprio arrivare eh? Non posso andare avanti perché non ci riesco! Pensi che non ci abbia provato? Pensi che non abbia cercato di dimenticare? Con certi eventi non si può andare avanti, Dayane. Soprattutto su questo argomento, non posso andare avanti» ringhiai passandomi una mano tra i capelli.

Ero stanco di vedere ciò che era mio in mano di altri. Ero stanco di continuare a sopportare solo per rendere glia altri felici. E perché non potevo essere io quello felice? Perché dovevo essere costretto a sorridere e a mostrarmi contento per gli altri se ci rimettevo solo io?

Serrai la mandibola e i pugni.

Odiavo questa situazione e odiavo me stesso. Per ciò che provavo e per ciò che provo tutt'ora.

Sentii il suo flebile tocco iniziare a disinfettarmi le ferite e mi lascia cullare dalla morbidezza delle sue mani.

Cazzo, quanto mi erano mancate.

Cercai di sfuggire alle sue cure ma lei mi posizionò una mano al centro del petto e il mio cuore iniziò a scalpitare quasi come se fosse impazzito.

«Mi dispiace Atlas. Davvero, tu meritavi molto meglio di una come me... Solo che io non sono... non sono...» iniziò a singhiozzare e mi voletti uccidere.

Voltai la testa di lato incontrando i suoi occhi purpurei lucenti di lacrime e l'abbracciai. Il suo corpo minuscolo rispetto al mio si lasciò cullare dal mio calore e mi sentii a casa in quel momento.

«Non piangere per me, sirenetta. Sai che non riuscirò mai ad accettarlo, ma se tu sei felice io lo sono per te» sussurrai annusando il suo odore che mi mandava in estasi.

Il suo corpo contro il mio. Di nuovo vicini anche se lontani anni luce. Lei era luce ed io ombra. Due mondi destinati a starsi accanto ma mai ad incontrarsi e soprattutto ad innamorarsi.

Lei si era innamorata del Sole alla fine, ma io continuavo a sperare che lei si voltasse. Che tornasse indietro. Non mi importava quante volte mi avesse ferito, la volevo solo al mio fianco.

«Ora... Devo... Medicarti le ferite» borbottò slacciandosi dall'abbraccio.

No. Non avrei resistito se mi fosse stata ancora così vicina; sarei caduto di nuovo in tentazione e questa era l'ultima cosa che volevo.

«No. Faccio da solo» ribattei categorico ma lei si sporse e mi baciò.

Le sue labbra si unirono alle mie in un flebile bacio a stampo, che mi mandò in confusione ma che allo stesso tempo mi fece desiderare di riceverne altri miliardi.

Le sue mani si mossero veloci ed in un batter d'occhio mi ritrovai con le ferite tutte fasciate e disinfettate.

«Perché mi hai...?» domandai stendendomi sul letto.

«Baciato? Perché so quello che provi per me. Ma sai che non ricambio, mi dispiace» mi fermò lei. Tutti i pezzetti del mio cuore che avevo con fatica riattaccato iniziarono a creparsi di nuovo.

«Vattene Dayane, non ho bisogno di compassione» ringhiai scattando a sedere per guardarla negli occhi. Le indicai la porta e lei annuì.

«Infatti non ti compatisco. Ma voglio farti capire che non provo più niente per te. Mettitelo in testa, cazzo! Non riesco ad essere felice perché... Tu! Tu rovini sempre tutto! Mi dispiace vederti triste, ma devi capire che tra di noi è finita. Non ci sarà mai più niente. Io e Jakal ci sposeremo e tu vedi di non rovinare tutto» ringhiò su tutte le furie sbattendo la porta per uscire ed io crollai.

Si stavano per sposare?

Sorrisi in preda al dolore. Non potevo accettarlo. Come avrei dovuto fare?

Pretendeva che fossi felice per lei, ma non ci riuscivo! Come avrei potuto essere felice?!

Serrai i pugni e andai a dare un pugno talmente forte alla porta che sentii le nocche iniziare a sanguinare. Ma non mi importava.

«Ti odio!» gridai continuando a scagliare pugni sulla porta.

Dovevo convincermi che fosse così.

Dovevo cercare di capire che lei non mi voleva e io dovevo farmene una ragione.

Lasciai cadere le braccia lungo il corpo e mi appoggiai di schiena contro la porta.

Pochi secondi dopo ero per terra, la vista si annebbiò dalle lacrime.

Cazzo, ero un maschio. Non dovevo mostrarmi così debole. Non potevo farlo. Alla vita non avevo mai chiesto più di tanto, ma a volte pensavo che ce l'avesse con me sul serio. Mi era stato tolto tutto: mia sorella maggiore, Dayane, la mia famiglia e il mio migliore amico.

Non ce la facevo più. Perché dovevo costringermi a sorridere se non volevo? Perché se soffrivo venivo sgridato ed escluso?

Un singhiozzo abbandonò le mie labbra seguito da un altro.

Domani avrei sorriso di nuovo. Domani sarei stato quello di sempre con gli altri. Ma da solo potevo tornare ciò che realmente ero. Rotto e senza più alcun faro nel mio mare di nebbia.

Quando anche la barca, ormai piena di buchi, su cui navigavo avrebbe iniziato ad imbarcare acqua allora sarebbe stata la mia fine. Sarei affogato nel mare nero, sempre più affamato di anime, e non sarei più riemerso. Forse sarebbe meglio così.

Se morissi non dovrei più fingere, giusto? Avrei l'occasione di dover soffrire solo un'ultima volta con il colpo finale del mio cervello che mi mostrava in sette minuti tutta la mia vita. Ma anche in quel caso lì sarei stato comunque contento di averlo fatto.

Perché non farlo ora?

La vocina nella mia testa mi diede questa idea malsana, ma non troppo sbagliata.

Già. Perché non farlo ora?

Mi alzai dal pavimento con le gambe tremanti e raggiunsi il mio comodino dove tenevo il mio pugnale perfettamente lucidato.

Sarebbe bastato un colpo al petto o alla gola e sarebbe tutto finito.

Avrei potuto riposare in pace davvero? O il dolore mi avrebbe perseguitato?

Mi rigirai il pugnale tra le mani con un'unica domanda a cui avrei trovato una risposta a breve.

Perché non farlo ora?

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