Capitolo 21
Aleys
Mi risvegliai con un forte mal di testa all'interno di una cella.
Aspetta perché in una cella? Dov'è Kevin? Dove sono gli altri?
Mi guardai attorno, e un brivido freddo mi percorse la schiena al ricordo del mio ultimo incontro con Mary sempre all'interno di una cella. Tutto quello che c'è : i muri di cemento armato, il letto dalle assi marcie sul quale mi avevano sdraiata e delle manette legate strette ai polsi.
Che diamine sta succedendo?! Esigo delle spiegazioni!
Mi morsi l'interno guancia notando una piccola finestrella ovviamente con delle sbarre, con uno sguardo sul mondo esterno, cioè sulla strada dove le persone camminavano ignare di quello che ci stava succedendo.
Perché le persone sono sempre così cieche rispetto al mondo che le circonda? Ma soprattutto perché non riescono a capire? Perché fanno la distinzione tra bene e male assoluto? Non esistono persone totalmente buone ma neanche persone totalmente cattive.
Un respiro rantolato provenne dall'altra parte delle sbarre. Mi alzai in piedi curiosa, il carcere era costituito da un corridoio al centro e le celle ai lati, guardai nella penombra per cercare di scoprire chi ci fosse dall'altro lato.
La luce fioca non aiutava affatto, perciò cercai di infuocarmi espandendo il mio potere, ma niente non successe assolutamente niente.
Mi guardai le manette dovevano per forza essere quelle.
«Sei davvero molto intelligente piccola Fenice» una voce acuta e stridula mi risvegliò dai miei pensieri, mentre una ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri mi sbeffeggiava dall'altra parte.
La guardai con sguardo infuocato rimanendo chiusa nel mio silenzio, i suoi occhi azzurri solcarono ogni centimetro del mio corpo per poi tornare ad incastrarsi tra i miei.
«Sei curiosa di sapere chi c'è nell'altra cella di fronte alla tua non è vero? Beh tra un po' lo scoprirai non ti preoccupare» sorrise maliziosa prima di schioccare le dita dando un segnale preciso a delle guardie che non erano rientrate nella mia visuale fino a quel momento.
Con le chiavi aprirono la cella e con una torcia con il fuoco (a modi Medioevo) fecero luce all'interno.
Il respirò iniziò a mancarmi, il cuore iniziò a battere frenetico.
Lui non poteva essere morto... Lui non... Non....
Annaspai in cerca d'aria di fronte alla scena raccapricciante che avevo davanti agli occhi.
Kevin incatenato per i polsi al muro, la testa piegata in avanti mentre dalle labbra uscivano piccole gocce di sangue che si andavano ad unire alla pozza che si stava allargando sotto di lui. I vestiti laceri e completamente ricoperti di sangue, dall'addome continuava a sanguinare una ferita molto profonda mentre sulle braccia stavano iniziando a richiudersi i segni di una frusta incendiata, che lo avrebbe marchiato a vita.
Quando urlai il mio urlo riecheggiò tra le pareti di quel posto chiuso ed isolato, e a quel punto cedetti.
Le gambe si piegarono e mi ritrovai seduta per terra con gli occhi fissi sul corpo di Kevin.
Ad un certo punto lui alzò leggermente la testa, facendomi notare diversi lividi violacei e un taglio profondo sul sopracciglio.
Ma come ti hanno ridotto?
Strinsi i denti mentre gli occhi si facevano lucidi, sia per la paura sia per il sollievo di sapere che fosse ancora vivo dopo tutto quello che gli avevano fatto.
Una guardia ad un certo punto gli tirò un pugno sull'addome che gli fece vomitare sangue mentre anche l'altra, entrambe con l'armatura iniziavano a picchiarlo selvaggiamente.
«NO! Vi prego! Basta!» urlai quasi in preda alle lacrime.
«Non piangere Aleys devi essere forte, mai mostrarsi debole davanti ai propri nemici giurati» Mary mi guardò aspettando la mia risposta.
«Sì maestra» risposi fieramente mettendo fuori il petto come fa un soldato davanti al proprio generale.
«Picchiate me, piuttosto» continuai sperando che si fermassero.
Blair rise di gusto mentre mi guardava con sufficienza, fece un gesto rapido con la mano e le guardie obbedirono subito agli ordini.
«Se ci tieni tanto... Non possiamo non esaurire questo tuo desiderio no?» sorrise malefica mentre con un altro gesto ordinava alle guardie di aprire la mia cella.
Se avessero continuato a picchiarlo sarebbe sicuramente morto... Ma ora morirò io...
«No...non picchiate... anche lei...» la voce era quasi più di un sussurro, proveniva sempre da lui.
Vuoi continuare a farti picchiare pur di proteggere me?
Le guardie in armatura mi presero e mi trascinarono fuori dalla cella con forza, cercai di liberarmi dimenandomi ma fu tutto inutile. Alla fine riuscirono a bloccarmi per le braccia e a trascinarmi fuori.
«Torna... da... me...» quella frase interrotta da colpi di tosse continui, mi fece sorridere come una bambina.
Io tornerò sempre da te
Mi bendarono gli occhi per evitare di vedere gli altri prigionieri, e quando mi permisero di vedere di nuovo, ero in una stanza con al centro due pilastri abbastanza vicini per permettere ad un umano di toccarli aprendo le braccia.
Mi tolsero le manette e mi agganciarono ai due pilastri, iniziai a tremare e a sudare freddo.
Con la coda dell'occhio notai diversi strumenti di tortura ricoperti di strani cristalli neri appoggiati su un tavolo... annaspai e mi dibattei cercando di liberarmi, ma ormai era tutto inutile.
Il ghiaccio maledetto. Uno dei pochi elementi in grado di ferire mortalmente e quasi uccidere una fenice di fuoco come sono io. Il ghiaccio normale, entrando a contatto con la nostra pelle si trasformerebbe in vapore acqueo istantaneamente. Ma quello no, equivaleva ad utilizzare una spada infuocata contro un umano, il dolore era lo stesso.
«Ormai è tutto inutile, piccola Fenice. Il tuo potere sarà nostro e finalmente anche tu morirai come hanno fatto tutte le altre prima di te. Ed ora finalmente, che inizi la tortura!» Blair iniziò a girarmi attorno come un predatore fa con la sua preda. I capelli legati in una lunga coda che le lasciavano scoperte le spalle muscolose, il fisico dalle forme perfette, evidenziate da un corpetto nero abbinato a dei jeans di pelle le davano l'aria di una perfetta macchina da guerra seducente, ingannatrice ma allo stesso momento micidiale ed inarrestabile.
Camminò ispezionando ogni strumento indecisa sul quale usare per primo su di me.
Alla fine scelse una frusta, gli uncini ricoperti da quei piccoli cristalli neri inscalfibili, piccoli e letali.
«Bene! E che il divertimento cominci!» esordì Blair entusiasta di poter vedere altro sangue versato per mano sua.
Hester
Mi fa male dappertutto, i tagli sanguinano ma dopo tutto, questo non è niente rispetto a quello che sono costretta a vedere ogni giorno. Sono rinchiusa nella stessa cella dove ci hanno lasciato il corpo di Gideon.
Lui è freddo, è immobile, è...morto.
Quel petto possente sul quale potevo sempre trovare riparo ormai non si muove più, le sue braccia non mi abbracceranno più, i suoi occhi non mi vedranno più. Non potremmo realizzare il sogno di una vita, viaggiando per il nostro mondo, e avendo anche dei figli. Non potremmo andare a trovare gli altri, mostrando fieri i nostri figli o magari lasciarli giocare anche con i loro.
Niente di questo succederà mai più. E la colpa di chi è?
Mia
Solo ed esclusivamente mia, non sono stata abbastanza veloce da salvarlo. Non sono stata abbastanza forte per riuscire a liberarmi prima e magari aiutarlo nella battaglia. Non ho fatto abbastanza. Io non sono abbastanza.
Delle lacrime di nostalgia iniziarono a solcarmi la faccia, niente più parole dolci, non sentirò mai più quel nomignolo con cui mi chiamava sempre "rosellina". Strinsi i pugni finché anche le mani non iniziarono a sanguinare, ma non riuscivo a provare altro dolore se non quello della sua morte. Non provavo più niente tranne quello.
Una luce improvvisa di una torcia con il fuoco, mi fece socchiudere gli occhi. La figura di Logan era davanti alla mia cella mentre mi guardava con dispiacere e sensi di colpa.
Se solo mi farete uscire, la prima cosa che farò sarà strapparti il cuore dal petto con le mie stesse mani Logan.
Lo guardai con puro odio, mentre lui abbassava lo sguardo sul corpo di Gideon nell'angolo di fianco al mio.
«Non osare guardarlo Logan» ringhiai mettendoci più astio possibile in ogni parola.
«Non volevo farlo...» iniziò lui a dire singhiozzando.
«Eppure lo hai fatto» ringhiai per cercare di farlo andare via.
Lo credevo un mio amico, un mio alleato fino a qualche settimana fa. Non pensavo che si potesse provare tanto odio nei confronti di una persona.
«Voglio farmi perdonare» sussurrò guardandomi con luce fiera negli occhi. Per un certo momento rimasi come imbambolata per poi scoppiargli a ridere in faccia di gusto.
«Tu? Aiutarci? Dopo tutto il male che ci hai fatto? Dovrei pure crederti?» continuai a ridere finché non ripresi il totale controllo. E poi un'idea. «Va da Aleys e dille quello che mi hai appena detto»
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