Capitolo 2
Mi risvegliai da quel ricordo di qualche millennio fa con un po' di nostalgia, guardai mio padre negli occhi con sguardo irremovibile, Prix si voltò verso di lui.
«Posso accettare, padre?» lei annuì e poco dopo tutto il centro dell'arena si era già svuotato, per seguire il nostro scontro oltre la barriera che ne delimitava il perimetro.
Mi allontanai dal mio fratellastro e ci disponemmo ai lati opposti del campo, feci scorrere il coltello da lancio contro il fodero, mentre sentivo un'energia malsana scorrermi dentro le vene.
Mi abbandonai ad essa sentendo la temperatura del mio corpo alzarsi pericolosamente, serrai di più la presa sull'elsa e dal mio corpo divampò una fiammata che si affievolì lentamente, per poi concentrarsi solo sulla lama del coltello.
«Facciamo sul serio dunque...» sentii mugugnare dall'altra parte, mentre lancia a doppia lama su entrambe i due estremi roteava velocissima creando di nuovo quel cerchio, che prese poi fuoco. Sulla mia schiena, invece, si stavano finalmente materializzando le mie ali, che presero presto consistenza e diventarono parte di me e questo successe anche a Prix.
«Ti do l'ultima chance di arrenderti sorellina... Dopotutto domani sarà il tuo compleanno, non vorrei che per colpa di una ferita troppo grave, non riuscissi a godertelo appieno...»
Brutto narcisista presuntuoso
«Tanto non riuscirei comunque a godermelo appieno perché... ci saresti tu!» lo guardai infuriata.
Non ce la feci più a contenermi, saltai sentendo i muscoli della schiena tendersi mentre dispiegavo le ali per prendere quota. Sorrisi, e chiusi di scatto le ali per provare a fare un assalto dall'alto. Gli ero vicinissima, ma quando all'ultimo momento pensai di averlo colpito, lui schivò l'attacco e ci ritrovammo di nuovo l'uno di fronte all'altra.
Prix mi guardò concentrato per poi far roteare la lancia a doppio taglio; senza che riuscii a fare qualsiasi cosa sentii qualcosa di caldo scorrermi lungo il braccio. Sangue. Mi aveva appena ferita e non me ne ero neanche accorta, mi ripresi appena in tempo per parare un attacco frontale dalla potenza spaventosa, cominciando a parare e contrattaccare a mia volta, quando tentavo in qualche affondo mettevo tutta me stessa, cercando almeno di sfiorarlo, ma lui era troppo veloce... mentre rincrociavamo di nuovo le armi, le braccia mi tremarono per la potenza inaspettata del colpo e persi per un attimo la concentrazione.
Ma quel momento di distrazione fu letale perché lui roteo su se stesso e si lanciò nuovamente in un affondo, che andò a segno. Mi piegai su me stessa sentendo il sangue della ferita sgorgarmi copioso lungo la gamba, partendo dalla coscia.
«Sei debole fiorellino, lo sei sempre stata e sempre lo sarai» detto questo se ne andò dall'arena con fare altezzoso mentre perdevo i sensi.
«Aleys dove stai andando?» la voce di mio padre mi raggiunse chiara e forte mentre ero quasi riuscita a sgattaiolare fuori dal cancello del palazzo reale in cui abitavo. Una goccia di sudore freddo tracciò tutta la mia spina dorsale e rabbrividii.
«Volevo fare una passeggiata nel bosco intorno al castello» un dolore sordo iniziò a pulsarmi sulla guancia, dove sicuramente era rimasta impressa la forma della sua mano.
«Va' a cucire con tua madre, ora»
Non era una richiesta gentile ma un ordine
«Perché non posso andare fuori?» lo sfidai affogando nei suoi occhi neri come la pece.
«Perché tu fai quello che ti dico io», qualcosa di caldo inizio a colarmi lungo la guancia, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime e le ginocchia cedevano, ritrovandomi inginocchiata sul pavimento.
«Cosa ti ho fatto per meritare questo da parte tua, padre, cosa?!?»
«Sei nata»
Il mio cuore smise di battere e si crepò, in tante piccole crepe. Poi si ruppe e i cocci si incastrarono tra le mie costole impedendomi di respirare, chiusi i pugni abbassando lo sguardo.
«Come farai a sopravvivere all'inferno che c'è la fuori se non riesci neanche a rispondere quando qualcuno ti ferisce?» mi puntò la punta della sua spada nera alla gola facendomi alzare il mento.
«N-non lo so...» spostò la lama guardandomi con disprezzo.
«Esatto, non lo sai, e vedi di ricordartelo, perché se ricapiterà ancora una volta che avrai la presunzione di pensare di poter sopravvivere al mondo esterno, ricordati di quello che ti ho fatto oggi, come avvertimento» Il suo mantello svolazzò davanti a me mentre osservavo da per terra i suoi stivali metallici riecheggiare nell'immenso atrio.
Mi piegai in due scoppiando in un pianto disperato, ma ad un certo punto delle braccia possenti mi avvolsero da dietro, e poco dopo invece di trovarmi sul pavimento ero con la fronte appoggiata sul petto di qualcuno...
Mi risvegliai di soprassalto.
Un altro ricordo.
Perché adesso mi stanno tornando in mente queste cose? Che non ricordavo fino ad adesso di aver vissuto? Qualcosa non mi tornava dovevo chiedere delle spiegazioni a Mary, lei saprà sicuramente aiutarmi... E poi aspetta, un ragazzo mi ha abbracciata? Okay no, era solo un sogno. Ma se fosse la realtà? Scesi dal letto su cui ero mentre mi accorsi solo in quel momento di dove mi trovavo: nelle segrete del castello.
«Fatemi uscire da qui!» urlai cercando di farmi sentire da qualcuno, ma niente, ritentai e alla porta della cella fecero capolino due guardie armate di ascia.
«Guarda, guarda chi abbiamo qui...» fece una delle due che aveva una lunga cicatrice che partiva dal mento e finiva sotto l'armatura.
«La figlia del re, una figlia che non sa rispettare semplici ordini, a quanto pare...» iniziò l'altro dando manforte a quello con la cicatrice. Sono letteralmente due montagne rispetto a me, ma questo non vuol dire che io non possa sfidarli verbalmente.
«Già ed io cosa dovrei dire di voi, invece? Io potevo partecipare alle riunioni militari con i vostri capi, che non vi guardano neanche in faccia, che non sanno neanche i vostri nomi anche se combattete per questo re da quasi trent'anni. Ma non ve ne accorgete? Siete solo delle marionette, destinati ad essere comandati a vita per colpa di un giuramento, non vorreste un po' di libertà?» il soldato senza cicatrice si avventò contro le sbarre della cella facendomi indietreggiare.
«Lasciala stare Mark, sappiamo entrambi che la gallinetta qui presente fa così per non essere sopraffatta dai suoi demoni e le sue incertezze da ragazzina» l'altro si mise a ridere mentre ripresero a fare un giro di controllo in tutte le celle, quella frase mi aveva punta nell'orgoglio e anche se continuavo ad ammettere a me stessa che non era così, feci fatica a crederci pure io.
Mi sedetti sul letto composto da tre assi di legno in via di decomposizione, un cuscino che un tempo avrebbe dovuto essere bianco, ma il luridume gli aveva fatto cambiare colore, tutto ciò attaccato ad uno dei quattro muri con delle catene arrugginite, se le toccassi potrebbero disintegrarsi. Evitiamo di provare.
Tutto ciò sembra molto invitante... Davvero, ma se non esco di qui potrei avere un collasso nervoso.
Ad un certo punto mi ricordai della ferita, tastai il luogo dove Prix mi aveva colpito, ma niente non c'era rimasta neanche la cicatrice.
«Come è possibile?» pensai a voce alta
«Non lo so» qualcuno ha parlato e non sono stata io, feci un giro su me stessa guardandomi attorno, non c'era nessuno tranne me e la muffa. Nessuno, nessuno.
«Non riuscirai a convincerti se sai benissimo anche tu che non sei sola» di nuovo quella voce, sembrava un eco lontano ma era comunque dolce e melodiosa.
Me lo sto immaginando, ho solo delle allucinazioni per colpa dello shock che ho ricevuto dalla ferita o perché sono ancora troppo debole.
Ma dal muro alla mia sinistra uscì una ragazza bellissima, ma inconsistente, fatta di puro etere (magia che c'è nell'aria), dovrebbe avere qualche migliaio di anni in più di me.
«Chi sei tu?» la mia voce era poco più di un sussurro, lei mi sorrise mentre i suoi occhi gialli da serpente mi attraversarono.
Quegli occhi, no non può essere lei.
«Ma davvero non mi riconosci? Mia piccola assistente?»
«Mary...» la voce mi uscì strozzata, mentre mi si inumidivano gli occhi.
Non ce l'ha fatta, eppure me lo aveva promesso. Mi aveva promesso che sarebbe tornata.
«Me lo avevi promesso, che saresti tornata!» alzai il tono di voce a dismisura mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.
«Non piangere, sono tornata Aleys, sono qui» la sua voce era quella di una volta anche i suoi occhi ma i suoi capelli ora lunghissimi la facevano sembrare un angelo, mi asciugai le lacrime cercando di non concentrarmi sul fatto che questa sarà l'ultima volta che la vedrò.
Sentii qualcosa di fresco toccarmi una guancia, alzai lo sguardo e vidi la sua mano appoggiata sul mio zigomo in una delicata carezza, che feci fatica a sentire. Mi staccai da lei, faceva troppo male vederla lì, anche se in realtà non era più tra noi.
«Perché sei qui?» so benissimo che non era qui solo per darmi un ultimo addio, a lei non era mai importato delle relazioni tra altri esseri viventi, perché sosteneva che essere in pace con se stessi fosse l'unico obbiettivo della vita.
«Aleys, tu devi andartene da qui»
«Non sai da quanto tempo è che ci provo» mi guardò seria e capii che non stava scherzando qualcos'altro di grave sta avvenendo, sospirò e si sedette sul letto.
«Ti sei mai chiesta contro di chi è questa guerra?»
«No? Avrei dovuto? Mio padre non mi farà mai entrare nell'esercito...» lei scosse la testa.
«Aleys, stiamo combattendo contro una delle tue sorelle maggiori» scoppiai in una risata fragorosa, ma appena lei mi guardò sofferente, capii subito che cos'era accaduto.
«E' stata lei ad ucciderti vero?» la sua testa si mosse in segno di assenso.
Le emozioni si confusero, la testa iniziò a girare, nel mio puzzle c'erano troppi pezzi mancanti, o forse i pezzi non c'erano neanche.
Tutto ciò non aveva senso, perché avevano adottato qualcun altro per prendere il posto che sarebbe già stato occupato da una ragazza, che sapeva combattere ed era a capo di un esercito? Ma, quante sono le altre discendenti di sangue della famiglia Flame, oltre a me? Quanti sono i misteri che la mia famiglia tiene nascosti da millenni sotto tutto questo strato di ricchezza? E perché il mio passato sta riaffiorando solo oggi?
Oggi è il mio diciassettesimo compleanno. Sono passati 17 mila anni dal giorno in cui sono nata.
Dopo questo ripensamento, un'onda di adrenalina pervase il mio corpo, il sangue iniziò a pompare feroce nelle vene, ma i polmoni erano bloccati, ansimai non riuscivo più a respirare ma un ricordo mi travolse.
Erano le ore 17:00, oggi avevo la lezione di lingua, in particolare un approfondimento del latino. Percorsi la scalinata che portava nell'ampio salone, le girai in torno mentre il muro dei labirinti si snodava e contorceva ad un ritmo che solo lui conosceva.
Il così detto "muro" è un insieme di scale che grazie ad un incantesimo della magia arcana si muovono e si spostano a loro piacimento portando ai diversi archi che conducono tutti a luoghi e stanze diverse dedicate alla conoscenza.
Il piano dei Reali si trova al di sopra della scalinata che ho appena percorso, in mezzo si trovano i due piani, pieni di labirinti, che portano alle camere del sapere. Le arcate sono quattordici, dove alla fine di ogni galleria c'è una biblioteca diversa, su tutti gli argomenti di ogni genere, infatti il nostro castello è considerato uno dei più grandi conservatori di informazioni di tutto l'universo. Mi diressi verso una scala che puntava verso l'arcata 6 quella in cui si trovava la mia classe di latino e dove la mia insegnante mi stava aspettando.
Arrivata alla fine del tunnel entrai, e fu meraviglioso come la prima volta. Enormi arcate a tutto sesto sostenute da colonne doriche, sopportavano il peso del soffitto, dove gli affreschi dell'epoca dell'imperatore Garlias VI si susseguivano, perfettamente conservati (per gli umani equivarrebbe al tempo dell'Impero Romano), impressionante e maestoso come tutte le volte che entravo all'interno di una di queste biblioteche, il soffitto che si trovava a più di quaranta metri dal terreno e gli enormi scaffali che dominavano la visuale facevano tornare un po' alla realtà.
Entrai tenendo il naso all'insù ammirando la bellezza dei colori che si mischiavano ed intrecciavano in un turbinio di immagini e colori. Presi uno dei corridoi che percorrevo da una vita andando a passo sicuro verso la scrivania della mia prof. Leshington che mi insegnava latino da quando... Da sempre.
Sorrisi per salutare ma non c'era nessuno.
«Signorina Leshington? Dove è?» iniziai a percorrere un altro corridoio in mezzo a due enormi scaffali.
C'è qualcosa che non va, me lo sento.
Continuai ad infilarmi in mezzo a degli enormi scaffali e poi alla fine la trovai.
Il mio cuore saltò un battito, le mani si chiusero a pugno vedendo la mia prof. in una pozza di sangue rannicchiata per terra in modo scomposto. Mi avvicinai mentre sentivo lo stomaco rivoltarsi e la guardai.
Gli occhi vitrei e aperti come se cercassero della luce nell'oscurità in cui erano piombati.
Ma noi siamo immortali, no? E allora perché...
Il taglio fatale le era stato inciso con una precisione destabilizzante, perfettamente sull'arteria principale del collo, senza lasciarle via di scampo. Cercai di prendere aria ma quella scena era troppo per me, il mio petto si alzava e si abbassava più velocemente di quanto avrebbe dovuto.
Poi uno scontro di lame a pochi centimetri dalla mia testa, mi risvegliò dal loop in cui ero finita.
Mi scappò un urletto e mi voltai, un essere dal fisico coperto da un mantello stava per uccidermi con la sua spada dalla lama nera come la notte che ora si trovava a pochi centimetri dalla mia faccia.
Lo guardai meglio e notai che non aveva ne i piedi ne le mani essi in realtà erano costituiti soltanto dalle ossa e qualche rimasuglio di pelle putrefatta, in volto due occhi rossi mi osservavano assetati di sangue e di voglia di uccidere che mi mise i brividi
«Scappa Aleys» una voce profonda mi riportò alla realtà mentre guardavo il mio salvatore.
«Prix?!?» è impossibile, perché mi stava salvando? La sua spada di acciaio scintillò contro quella nera del demone, che cosa stava succedendo?
«Ma cosa...» cercai di formulare la domanda ma qualcuno mi afferrò l'avanbraccio, mi girai nuovamente e un altro demone di cui stavolta potei vedere il volto mi aveva catturato con una sua mano costituita esclusivamente da ossa.
«Lasciami!» gli occhi erano neri come la notte con un puntino bianco che continuava a scattare su di me tenendomi d'occhio, la faccia era totalmente bianca tranne per la bocca cucita con dei punti che sanguinavano.
Inorridii ma riuscii comunque ad afferrare il coltello da lancio dalla mia cintura e infilzagli un occhio.
Il demone sibilò di dolore e mi lasciò andare. Mi voltai nuovamente per fare da spettatrice dello scontro tra Prix e il demone, osservai più attentamente la spada nera, mi era sembrato di averla già vista... Ma dove?
Un gemito di dolore soffocato mi riportò alla realtà, spalancai gli occhi alla visione della lama nera che trapassava il corpo di mio fratello nell'addome.
Una furia cieca mi pervase il corpo, mentre il sangue sembrava diventare lava, la mia pelle diventò incandescente, sentii il mio potere espandersi e spingere per venire fuori prepotentemente e lo lasciai fare.
Subito dopo il corpo diventò pesante, le orecchie iniziarono a fischiare e attorno a me, c'era solamente devastazione.
Già, è quello che faccio, distruggo tutto ciò che tocco.
La biblioteca era sparita e al suo posto c'era un deserto di sabbia nera e detriti sparsi qua e là, Come è possibile? Tutto era fermo, immobile, e anche io lo ero. Non sentivo il petto alzarsi e abbassarsi, ma soprattutto non sentivo più il mio cuore battere.
Urlai spaventata tornando alla realtà. Mary teneva sulla mia fronte due dita, con gli occhi chiusi concentrati, sapevo che voleva mostrarmi altro di quel ricordo che da tempo immemore era andato perduto e sigillato in una parte del mio cuore. Possibile che lei possa rivelarmi finalmente il mio passato? Che possa farmi riavere i miei ricordi? Per scoprirlo dovevo solo tornare dentro a quel ricordo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro