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Capitolo 18

Aleys

Guardai la scena ad occhi sbarrati.

Quindi Nika ci aveva abbandonati... Che testa di cazzo!

Strinsi i pugni talmente forte da farmi quasi male conficcandomi le unghie nella carne. Cavolo! Siamo sicari non bambini dell'asilo! L'avremmo potuto aiutare! Invece no... preferisce fare si testa sua, cercando di risolvere ogni problema sulla faccia della Terra da solo!

«K-Kevin cosa facciamo?» la voce di Hester tremava proprio come il suo corpo in preda al panico

«Aspettiamo e subiamo le conseguenze, per ora non possiamo fare molto... Siamo solo in tre, in più dobbiamo anche cercare Logan» la sua voce autoritaria riuscì in qualche modo a calmarmi, ma non mi davo per vinta.

«Non potremmo...»

«No, abbiamo già abbastanza problemi perciò togliti dalla testa ogni idea del cazzo che ti è venuta e ascolta per qualche volta» il suo tono si era trasformato in un ringhio basso, che mi fece venire i brividi.

Siamo nella merda più totale

In silenzio Hester mi preparò la colazione mentre Kevin si dileguò nel giardinetto dietro alla nostra ala.

Dopo aver finito di mangiare mi tornò alla mente che nel nostro gruppo c'era anche Gideon, chissà dov'è adesso...

Un'ondata di un potere magico smisurato mi travolse come un'onda, uscii fuori dal giardinetto cercando di non farmi notare da Kevin al centro in preda all'ira. Fortunatamente mi dava le spalle perciò riuscii a vedere la scena.

All'improvviso apparirono dei tatuaggi che iniziarono ad inerpicarsi su per il braccio e poi sulla spalla infine anche sul collo. Il suo potere cambiò essenza diventando oscuro, mi schiacciai contro il muro per la paura.

Quello non è Kevin

Eppure ero sicurissima che lo fosse un attimo fa. Presi un bel respiro e mi avvicinai a lui con estrema lentezza come se fosse un predatore pericoloso.

«Kevin... è tutto...» balbettai ma lui con un solo movimento del braccio mi scaraventò contro il muro ad una decina di metri di distanza, l'impatto fece uscire di colpo tutta l'aria dai polmoni. Annaspai cercando di incamerarne ma niente da fare, ogni respiro era una stilettata di dolore.

Intanto però mi ero guadagnata l'attenzione di Kevin, le iridi erano diventate bordeaux, mentre sulle braccia e sulle mani si inerpicavano strani e complicati tatuaggi.

Cosa ti sta succedendo?

Me lo sono chiesta diverse volte, lui è potentissimo ma anche molto debole, non capisco quale sia il suo vero essere.

«Hai paura vero?» la sua voce bassa e roca, ora aveva qualcosa di diverso. Lui ghignò guardandomi mentre del sudore freddo cominciava a scendermi lungo la schiena.

Calmati, è sempre Kevin non ti farà del male...

La sua figura imponente si avvicinò sovrastando la mia, con uno scatto mi prese per il collo sollevandomi in aria. I suoi occhi trasparivano divertimento, puro divertimento vedendo il mio terrore.

Cercai di prendere aria ma strinse ancora di più la presa impedendomelo.

Aria, ho bisogno di aria

Le lacrime iniziarono ad inondarmi il viso mentre, anche l'idea di respirare diventava lontana.

«Ti... prego...» sussurrai espellendo la poca aria che mi era rimasta.

La sua presa si fece ferrea come una morsa, mentre mi guardava con una scintilla di divertimento oscuro negli occhi.

«Sta' zitta! Cazzo! È tutto un fottuto casino e tu non fai altro che aumentarmi la confusione!» detto questo lasciò la presa, mentre cominciava a tornare il Kevin di solito, tossii spuntando sangue mentre sul collo mi era rimasta impressa la forma della sua mano, riuscii finalmente a respirare di nuovo.

Lui si sedette a terra di fianco a me, esausto, le occhiaie violacee in netto contrasto con la pelle diafana imperlata dal sudore.

«Ora hai visto cosa sono io veramente» sussurrò guardando gli alberi che circondavano il giardino con sguardo perso.

«Non ne ho paura» la mia voce era talmente flebile che feci fatica a sentirla anche io. Volse le sue iridi color smeraldo verso di me, guardandomi preoccupato e colpevole.

«Sì, invece. Ho visto il terrore sul tuo volto, e per qualche ragione volevo vederti solo soffrire di più vedendo fino a quanto potessi resistere» ammise.

Con le poche forze ancora in mio possesso mi avvicinai a lui, seduto con le gambe incrociate. Mi sedetti in mezzo alle sue gambe accoccolandomi sul suo torace ampio e possente, liberai un sospiro felice.

Mi sento a casa tra le tue braccia

Il suo calore corporeo, era come una doccia calda fatta d'inverno. Tutti i miei sensi divennero ottavati dalla stanchezza, e dalle mie poche energie.

«Dovresti starmi lontano» esordì insicuro. Ma ormai non mi avrebbe fatto cambiare idea, io sono a casa quando anche lui è dove ci sono io.

Negai con un cenno del capo, cercando di bearmi di questa bellissima sensazione di calore che si diffondeva in tutto il mio corpo. Sentii il suo cuore battere velocemente, forse per la liberazione di tutto quel potere magico di prima.

«Non puoi allontanarmi, perché io non ho paura»

«Fatina non sono il principe azzurro... Non sono neanche l'eroe. Io sono l'antagonista. Io sono il demone»

«Non tutti i mostri sono malvagi» sussurrai con voce roca «Le fiabe raccontano di storie di valori, amicizia e amore. Di antagonisti odiati da tutti perché malvagi. Ma forse perché gli altri gli hanno fatti diventare così, in realtà i cattivi sarebbero gli eroi. Il protagonista della storia invece segue le idee del popolo non conoscendo veramente il nemico in questione. Siamo tutti cechi rispetto ai reali valori delle persone ritenute dalla storia cattivi, ma quando anche l'eroe è avaro e inaffidabile il popolo non ci crederà continuando a credere che egli sia nel giusto» quando finii cominciai di nuovo a tossicchiare.

Sentii le sue braccia avvolgermi in un caldo abbraccio mentre la stanchezza aumentava, anche se aravamo in pieno pomeriggio e mi ero svegliata poche ore fa.

«Non in tutte le storie c'è un lieto fine» sussurrò accarezzandomi dolcemente la schiena.

Poco dopo scivolai nel sonno.

Kevin

Si è addormentata, la piccola fatina che si addormenta nelle braccia di un demone.

Non sa in che casino si è messa. Le accarezzai la schiena e poi il volto, sembrava quasi una bambina da quanto era piccola nei miei confronti. Sorrisi, da quando il portale del suo mondo si è aperto cadendomi addosso non pensavo di poter arrivare a questo punto.

Saranno passate un paio di settimane, quasi un mese, ma mi sembra di conoscerla ormai da una vita.

I suoi occhi non mentono mai sono cristallini come l'acqua.

«Sii, il mio principe azzurro ed io sarò la tua principessa» la guardai esterrefatto, io avrei dovuto prendere le redini del regno di mio padre... Eppure una vita futura e felice con lei era più di quanto potessi immaginare, ma sentivo che c'era qualcosa che non andava, perché me lo stava chiedendo proprio adesso?

«Che cosa vuoi?» lei mi guardò oltraggiata da quell'affronto ma ci mise meno di un nanosecondo per riprendersi. La conosco troppo bene. «La folgore angelica»

Guardai di nuovo la piccola figura in braccia a me.

Aleys non è come lei

La porta del cortile si aprì con un botto sbattendo con forza contro il muro. Mentre dalla porta la figura alta e snella di Cayden faceva ingresso nel nostro giardino, con un sorriso sornione stampato su quella faccia da schiaffi.

«Cosa sei venuto a fare, testa di cazzo?» ringhiai nella sua direzione avvolgendo Aleys tra le mie braccia proteggendola dallo sguardo assassino di Cayden.

«A riarredare la nostra nuova ala»

Come scusa?

«Che cosa stai blaterando?»

«Sto dicendo che ormai non siete più un club, siete in troppo pochi, e nel nostro invece siamo più di una settantina, vedete di levarvi di torno»

Risi di gusto per le sue parole trasudando rabbia e astio nei suoi confronti.

A quanto pare la lezioncina della scorsa volta, ti è piaciuta talmente tanto che vuoi riprovare?

Feci per ribattere ma dalla porta d'ingresso uscì un'altra figura, quella di Logan.

Sbiancai sentendo la rabbia invadermi.

Non perdere il controllo. Non perdere il controllo. Conta fino a dieci, 1, 2, 3...

Sentii la cartilagine spaccarsi sotto la potenza del mio colpo sulla faccia di Cayden. Non era venuto a prendersi solo la nostra ala, era venuto per prendersi anche lei.

Dovrete passare sul mio cadavere. 

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