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Capitolo 1

Sono passati già due anni. Mi sono allenata a morte. Ho imparato a nascondermi, a mimetizzarmi, a non farmi trovare. Da quando Root ha coperto quei sette "occhi di Samaritan" è stato ancora più difficile trovarli. Diamine se lo è stato. E poi è aumentata la sorveglianza su Samaritan. È stata un'impresa quella di coprire anche l'ottavo server. La verità è che sto lavorando, già da tempo, ad un modo per distruggere quel maledetto programma. Quella maledetta macchina osservatrice, che segue ogni movimento, che provoca omicidi anche errati. La Macchina, quella costruita da Finch, è nettamente migliore.

Tornando a oggi: continuo a girovagare per Barcellona senza una meta. So che uno di loro è qui, e lo devo trovare. Probabilmente mi prenderanno per pazza, ma io col computer ci so fare. Sono abile ad aggirare i sistemi, a creare e distruggere virus, a creare programmi che solo una persona potrebbe superare: Samantha Groves o, come si fa chiamare, Root. Quella donna è assurda. Ha praticamente permesso alla Macchina di schiavizzarla. L'amicizia non la trovi negli oggetti ma nelle persone. Ma tanto è inutile cercare di farla ragionare: è testarda e ostinata. Anche se non sono molto grande sono una buona osservatrice. Così brava da non essermi mai fatta notare.

Giro in una piccola stradina. Deve pur essere da qualche parte! Poi lo vedo: occhi azzurri e attenti, capelli brizzolati, alto e serio con il suo inseparabile pastore tedesco. John Reese è seduto ad un bar che legge il giornale.
-Bella Barcellona, eh?- chiedo. Lui alza lo sguardo e poi torna al suo giornale.
-Sì non è male- risponde in spagnolo.
-Sai Reese, si capisce che sei americano- dico arrivando dritta al punto. Lui mi guarda di nuovo. Prima non dice nulla poi apre bocca.
-Non so di chi parli.-
-Oh sì che lo sai- esclamo mettendo definitivamente giù il giornale. Lui scatta in piedi.
-Senti ragazzina, mi hai confuso con qualcuno che non sono.-
-Dalla tua reazione non direi. Sai, sei poco sveglio per essere un ex-agente della CIA.- Fra di noi si impone uno sguardo di sfida e successivamente di intesa.
-Puoi fidarti John.-
-E perché dovrei?-
-Non saprei!- dico sorridendo. -Dipende da te. Però ti aiuto: se ti avessi voluto morto ci avrei messo poco tempo ad ammazzarti. Ultimamente non sembri sveglio.- Lui fa per prendere la pistola ma la sua mano afferra solo il vuoto. La custodia è vuota.
-La cerchi?- dico sventolandogliela davanti agli occhi. -Te l'ho detto Reese. Di me puoi fidarti- gli ripeto poggiando l'arma sul tavolo insieme ad un biglietto. Il mio numero di cellulare. Poi mi volto e me ne vado. Ho centrato il bersaglio, questo lui lo sa e perciò mi contatterà. Ora devo cercare gli altri. "Cavolo Reese. Il lavoro ti manca. Ti ho preso il cellulare e non te ne sei accorto."  Poi mi siedo ad un panchina e da sotto essa prendo il mio amato PC. Collego il cellulare al computer ed inizio a controllare le e-mail, le chiamate, i messaggi, le registrazioni, tutto. E poi la trovo. Ah-ah! Sapevo che la teneva conservata. È una foto inviatagli da Finch. Oh sì, Amsterdam. Lo sapevo che era lì. Finch è solito a scegliere con gusto le sue mete. Rintraccio casa sua e annoto tutto sul mio blocco da disegno. Lo nascondo per bene nella borsa e torno vicino a quel catorcio dove sono stata. L'ho scelto perché in giro non ci sono telecamere. Mi cambio in fretta, mi raccolgo i capelli biondo scuro in una treccia che metto di lato e infilo tutto in valigia. Amsterdam sto arrivando!
Okay lo ammetto: ho paura di prendere l'aereo. Sì, paura. Non mi sento sicura, però lo devo fare, è la mia missione e devo portarla a termine. Quando mi è concesso accendo il telefono di Reese. Continuo la mia ricerca. Poi capisco: per trovarne uno devo prendere il suo precedente. Furbi loro. Ma io di più. Poi sento il telefono squillare e non ho il tempo per rispondere che qualcuno inizia già a parlare.
-Signor Reese scusa il disturbo. Barcellona eh? Ti ha proprio fatto male stare vicino a me.- Cavolo e ora che invento? Ci penso un po' su.
-Pronto? Mi scusi, il signor Reese è momentaneamente uscito. Ha dimenticato qui il telefono.-
-Oh... Quando torna gli dica di chiamarmi- e chiude la chiamata. Mi sono salvata per un pelo. Decido di non dire niente a John o gli avrebbe spiattellato del nostro incontro. Il telefono squilla di nuovo. Alzo gli occhi al cielo, seccata.
-Pronto?-
-Ehi ragazzina sai che rubare è sbagliato?-
-Ma io non ho rubato niente!-
-Ah sì? E come mai hai il mio cellulare?-
-L'ho scambiato con quello con cui stai parlando. Scambiato Reese, scambiato. Non rubato.- Lo sento sbuffare una risata dietro la cornetta.
-E poi dovrei fidarmi...-
-Beh allora?-
-Allora cosa?»
-Ti unisci al team?»
-Unirmi al... team? Sei solo una ragazzina. Che cosa dovresti fare tu?-
-Accelerare quello che voi avete già pianificato.-
Silenzio.
-Voglio una risposta John. Il prima possibile- dico seria e chiudo la chiamata.
Mi concedo un po' di sonno ma con il coltellino a portata di mano. Chiunque può seguirmi e io voglio essere pronta a tutto.

[Aeroporto di Amsterdam, 17:30]

Sto aspettando i bagagli ed è un'attesa straziante. All'improvviso qualcuno mi afferra la spalla e mi giro di scatto. Riconosco la sua faccia: naso a punta, occhi marroni, alta, capelli lunghi (questa volta) e il solito sorrisino beffardo. Root. Miss "ci divertiremo tanto insieme" anche quando ti deve torturare. L'unica che, se non passa dalla mia parte, impedirà tutto ciò che realizzerò. Ma come? Cioè ad Amsterdam non c'era Finch? Continuiamo a guardarci. I miei occhi verdi nei suoi marroni. Sta cercando risposte, risposte che io sono brava a nascondere.
-Vieni con me- mi ordina.
-E con quale diritto mi dai ordini?- chiedo. Si gira verso di me con sguardo divertito, poi fa cenno a un ragazzo di portare le valige da lei.
-Se ci tieni alla tua roba ti consiglio di venire.- Alzo gli occhi al cielo. Testarda.
-La puoi anche prendere. Il necessario ce l'ho, non mi serve quello per sopravvivere. E poi te lo ripeto: non hai nessun diritto di impormi ordini.- A quel punto si spazientisce: torna verso di me e fa per darmi un pugno che però schivo prontamente. Cerca di darmene un secondo ma le blocco il braccio e la stendo per terra.
-Non hai nessun diritto di impormi ordini.-
-Signorina Groves! Non le avevo forse detto in modo pacifico?-
-Sai, Harold, la pazienza non è il mio forte.-
-Chissà perché l'ho capito- dico in tono ironico. Poi lascio andare Root che si rialza.
-Perché hai il telefono di John?- mi chiede lei.
-Ci siamo incontrati. È abbastanza fuori allenamento. Come te d'altronde.- Con gli occhi le indico la cintura dove dovevano esserci le pistole. Come ho fatto con Reese gliele sventolo davanti agli occhi e inarco le sopracciglia.
-Comunque sia non è una buona idea parlare qui- decide Finch. Così ci incamminiamo verso il suo nuovo appartamento. Quando entriamo mi brillano gli occhi: computer ovunque. Opera di Root immagino. Finch mi invita a sedermi e io mi accomodo.
-Cosa stai cercando?- mi chiede Root.
-Fiducia e, beh, voi. Non lavoro per qualcuno ma per tutti.-
-Come facevi a sapere la nostra posizione?-
-Ho fatto qualche ricerca e poi ho capito: siete come i pezzi di un piccolo puzzle, andate trovati in ordine.-
-Quindi...-
«Sì, ho preso il telefono di Reese e ho rintracciato Finch, ma non credevo che anche tu fossi qui. Siete stati poco furbi: se vi trovano insieme siete nei guai. Per via del legame che hai instaurato con la Macchina sei più vicina a lui di quanto immagini- dico indicando Harold. Loro mi guardano stupiti.
-Come...-
-Oh mamma, ma che importa come vi ho trovato o come faccio a sapere tutte queste informazioni Root! Non lo capite che se non agite non ci sarà più niente da fare? Sono già passati due anni e cosa avete risolto? A New York ci sono state più di trecento vittime in pochissimo tempo! Basta scappare! Bisogna agire- sbraito alzandomi in piedi e respirando grossolanamente.
-Samaritan non si può distruggere- dice lei a bassa voce.
-Sì che si può. Ma ora basta. È il mio numero, se decidete di aiutarmi fatemi uno squillo. Ah, e Finch- dico rivolgendomi all'uomo -Reese sta bene se me lo volevi chiede. Almeno quando ci sono andata io.- Mi alzo e mi dirigo verso la porta. Attendo e poi esco. Mi stanno salendo le lacrime perché tra le trecento vittime di New York c'era anche il mio migliore amico. Era appena arrivato a pochi passi da casa mia ma lo hanno ucciso. Era una vittima innocente.
Ora manca Shaw che è sempre stata la più diffidente. Ma abbiamo la stessa esperienza. E poi so tanto, abbastanza da poterla convincere. Il problema è come trovarla. Ci penso bene, poi mi viene un'idea: Mosca. La bambina che avevano salvato tempo fa era russa e oltretutto è periodo di vacanza. Forse è stata lì. O forse è stupido è troppo ovvio.

Illuminazione! Se credono che uno di loro è in pericolo faranno di tutto per salvarlo. Mi siedo su una panchina e prendo il mio computer dalla borsa. In poco tempo riesco a creare un programma che invia finte notizie agli indirizzi dei computer che scelgo. Non mi è difficile scegliere chi mettere nel ruolo di finta vittima: Reese. Non posso inventarmi una storia con Root o Finch dato che sono insieme. In quel tempo che sono stata a casa di quest'ultimo ho ricavato il suo indirizzo e-mail.

Qualche perfezionamento e riesco a rendere impossibile capire che quello è un programma falso. In questo sono un genio e la Groves non riuscirebbe mai a capire l'imbroglio. Oltretutto Reese è irraggiungibile: il suo telefono ce l'ho io e quello con cui l'ho sostituito può ricevere ed effettuare chiamate solo dallo stato in cui si trova. Invio il giornale e sono soddisfatta del mio lavoro: presto saranno tutti a Barcellona.

[In aereo per Barcellona, 3:00]

Sono seduti sul posto affianco al mio ma non se ne sono accorti. Poi Finch si gira e sgrana gli occhi.
-Ragazzina?- chiede. Root si gira verso di me.

-Che fai ci perseguiti?- mi domanda lei.

-No ma so che Reese è in pericolo.- Ah, ci sono cascati! Poi continuo: -Ho sentito dire che sono bravi. In due non ce la potete fare. O meglio in una. Tu solitamente non agisci- dico a Finch che annuisce.
-Ho chiamato Sameen. È in aereo anche lei. Arriverà alla nostra stessa ora- annuncia Root.
Perfetto. Va tutto secondo i miei piani. Sono riuscita a contattare Reese  e ha deciso di aiutarmi. -Se serve a fermare quella maledetta macchina allora ci sto-, aveva detto. Ci siamo messi d'accordo e ora non faccio altro che sperare che mantenga i patti.

[Barcellona, 8:05]

Okay, siamo tutti vicini al punto d'incontro. Entriamo nel vecchio locale in cui ho abitato.
-Non c'è nessuno- dice Root. Poi la vedo: capelli neri, occhi neri, vestita di nero, sguardo serissimo e preoccupato. Sameen Shaw. Qualcuno chiude la porta a chiave. Io so bene chi è stato: John, che difatti sbuca dopo poco nella stanza dove ci troviamo.
-Ma come signor Reese? Lei...- inizia Finch.
-Oh andiamo Finch. Te l'ho detto che ho parlato con lui- rispondo io.
-Tu l'hai fatto perché...- chiede Root.
-Già, per lei. Dovevo trovarla! Diciamo che è stata la più brava a nascondersi- dico rivolta a Shaw.
-Come la più brava? Ma se non ha fatto niente? Era facilissima da rintracciare- protesta Root.
-Sei sempre così dolce Root-  ironizza Shaw.
-Ha usato i metodi più ovvi che nessuno si è preoccupato di cercarla con quelli- spiego io. Lei sorride soddisfatta e poi domanda: -Ora però mi spiegate che succede?-
-Sì.- Dopo qualche minuto di spiegazione io faccio la fatidica domanda.
-Allora? Ci state?-
-No. Non mi fido di una ragazzina- dice Shaw. Root annuisce.
-Sameen- la chiamo. -Ti ricordi il giugno del 2008? La ragazzina che ti salvò da quell'incendio. Quella ragazzina che morì tra le tue braccia...-
-Smettila!- dice sbattendomi contro il muro. -Non parlare di lei.- Ci stiamo fissando e lei lo capisce. Lo capisce che quella ragazzina sono io, che non sono morta, che mi deve un favore perché io l'ho salvata. Piano piano molla la presa. Io cerco di farmi tornare la sensibilità alle spalle. Me le ha strette fortissimo.
-Ah e Root- dico rivolgendomi alla donna, -ti ricordi nel 2006? Quel virus che creasti? Chi pensi che sia stato a favorire l'utilizzo del bluetooth?-
-Tu? M-ma come?-
-Semplicemente ho fatto credere che si diffondesse tramite il wi-fi. Senti, lo so che ho vent'anni e che sembro una scema ma nel 2006 io ne avevo solo dieci e quel virus ha infettato un milione di computer. Io so come distruggere Samaritan ma voi dovete aiutarmi. E non solo me. Ci sono un sacco di persone innocenti che muoiono ogni giorno e non solo perché Samaritan le accusa ingiustamente ma perché non cerca i numeri irrilevanti. Allora?-
-Io ci sono- dice Reese.
-Se c'è una cosa che voglio è che tutto questo finisca- si aggiunge Finch. Root si limita ad annuire e Shaw risponde con un impercettibile "sì". Perfetto! Squadra al completo.
-Ma tu chi sei?- mi chiede Reese.
-Mi chiamo Skylar Connor. È tutto- dico arrivando direttamente al punto.
-E allora si parte per l gita- dice Root e vedo tutti sorridere. È sempre bello ritrovarsi.

Spazio autrice
Ehi! Non so quanti di voi conoscono la serie TV ma ho deciso di fare lo stesso questa storia... Ho scelto di condividere la mia passione per questa serie a puntate con voi affinché ve ne possiate innamorare anche voi :). Spero che vi piaccia... Se ci riuscite lasciate qualche commento che mi fa sempre piacere!
Oh e auguri XD
Eleonora


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