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45. Bruno Van Dyck

Le due settimane successive, Stacy e io lavorammo ognuna per conto proprio e questo fu perfetto. Stacy non era per niente come pensavo, anzi, ultimamente sembrava aver abbandonato l'idea di voler prendere in considerazione solo storie da un un milione di visualizzazioni in su.

«Hai ragione Charlotte, dobbiamo emozionare i nostri lettori. Dobbiamo pubblicare storie scritte col cuore. Ti do carta bianca, pensaci tu. Mi fido di te. Io torno a fare ciò che mi compete» disse un giorno mentre la incontrai in ascensore.

«Ne sei sicura?» Le domandai. Alla fine, lei era il capo.

«Sì, Alexander e Royce avevano ragione su di te, sei brava a reclutare autori. I due libri che abbiamo scelto di pubblicare, grazie alla tua prima selezione, promettono bene e il riscontro sui social dei nostri follower è ottimo! Andranno bene, ne sono certa!» A quel punto, sul suo volto intravidi un sorriso. Forse il primo sincero che le avevo visto fare da quando era arrivata qui.

«Allora... felice per la partenza? Non manca molto».

«Sì... in realtà ogni giorno sono sempre più emozionata. Ho preparato delle card con alcuni estratti che ho inviato al reparto grafico per la stampa. Li utilizzeremo come materiale gratuito da poter distribuire allo stand, insieme a dei segnalibri. Queste cose piacciono molto ai lettori».

«Bene, credo che sia fantastico! È sempre pubblicità per la nostra casa editrice!».

«Esatto e poi essendo in tre nello stand, sarà più semplice dare retta ai visitatori».

«Tre?» Domandò incuriosita. «Siete tu e Jay, ho deciso io stessa chi fossero le persone a dover andare».

«Verrà anche Alexander, pensa che sia giusto che uno dei tre capi della CE sia presente».

«Alexander? Alex verrà con voi?».

«Sì, esatto».

«Capisco».

«Inoltre, Jay e io abbiamo pensato che sarebbe carino organizzare qualcosa con Matt Philips, oltre a presentare il suo libro, l'autore potrebbe intrattenersi con i lettori... parlare con loro, rispondere alle domande e fare video carini con i booktoker... insomma, abbiamo pensato a un po' di cose carine per rendere l'evento ancora più entusiasmante. Inoltre...» Le porte dell'ascensore si aprirono rivelando Flo, Jay e Royce chiacchierare davanti a un caffè.

Stacy, come suo solito, mi fermò alzando l'indice in aria. A passo svelto si diresse verso i colleghi lasciandomi indietro.

«Stacy, Charlotte, buongiorno!» Ci salutò Royce sorridente. «Come state?».

«Bene, grazie» risposi ricambiando il sorriso.

Con lo sguardo cercai Alex ma sembrava non essere ancora arrivato.

«Royce, devo parlarti» esclamo Stacy, improvvisamente sembrava in preda all'ansia.

«Sì, certo. Ma va tutto bene?» Domandò il ragazzo preoccupato.

«Sì, cioè... - si guardò attorno- devo parlarti di una cosa che riguarda l'altra sede. Alexander dov'è?».

«Alex è già nel suo ufficio» spiegò Jay indicando poi la porta dell'ufficio di Noel, dall'altra parte del corridoio.

«Bene, Donovan, per favore... potresti andarlo a chiamare? E tu Flo, seguici. Ho bisogno anche di te».

«Stacy ma che succede?» Domandò Royce.

«Ora vi spiego, ma andiamo nel mio ufficio» la ragazza si voltò verso di me per poi, sorridere. «Tranquilla Charlotte, normale amministrazione, tu vai pure nel tuo ufficio a scovare qualche altro nuovo autore».

«Ok... sì certo» ricambiai il sorriso dirigermi verso la mia porta. Nel momento in cui stavo per chiuderla, vidi Alexander raggiungere gli altri.

Che stava succedendo?

Decisi di non preoccuparmi più di tanto e mettermi a lavoro.

Quando stavo per cliccare sul profilo di una scrittrice che mi aveva incuriosito, il mio cellulare iniziò a squillare.

«L'ha trovato!!» Urlò al telefono.

«Bea a cosa ti riferisci?».

«Il vestito, ha trovato il vestito Jasmine!! Perché non ci raggiungi?? Ti mando l'indirizzo!».

«Beatrix, sai che non posso. Oggi finisco alle cinque di lavorare ma... perché non mi mandi la foto? Sono curiosa!».

«Controlla i messaggi, ti avrò già inviato dieci foto!».

«Scusami ma questa mattina è stata frenetica, prima di andare a lavoro sono passata dal fioraio, ho ordinato i fiori e mi sono anche accertata che le fedi siano pronte».

«Tranquilla, ma respira Lottie, ce la stiamo facendo, ok?».

Sorrisi anche se lei non poteva vedermi.

Avevo chiesto a Beatrix di continuare la ricerca del vestito di Jasmine anche senza di me. Ines e Jas non potevano fare tutto da sole e io ero impegnata qui con i preparativi per la partenza.

«Ti ringrazio Bea... dico sul serio, senza di te non so cosa avrei fatto».

«Lottie... sai che per me è un piacere vero, siete anche la mia famiglia e poi, io ne sto approfittando per cercare anche il mio. Oh... Lottie, devi vedere il sorriso che ha Jasmine sul volto. È solare! Ha capito che il vestito fosse quello giusto nell'esatto istante in cui si è guardata allo specchio. Sta ancora piangendo!».

«Quanto vorrei essere lì con voi in questo momento...» mi lasciai sfuggire.

«E allora perché non molli tutto e vieni? Devo ricordarti che il tuo ragazzo è il capo lì dentro?».

«Bea non posso e poi non me ne voglio approfittare. Inoltre, questa mattina sono tutti impegnati in una riunione importante. Problemi amministrativi».

«Capisco... beh non preoccuparti, sappi solo che Jasmine è felice. E quando una donna è felice...».

«Vuol dire che l'abito è quello giusto!» Risi.

«Esatto. È meravigliosa, semplice... elegante ma al tempo stesso pazzesca!».

«Tu invece? Hai visto qualche vestito che fa al caso tuo?».

«Mh... non ancora, ma spero di trovarlo entro la settimana o disdico le nozze!».

«Stai scherzando? Harry è così emozionato... e poi, Bea tranquilla che hai ancora tempo. A proposito ho trovato due o tre posti che sembrerebbero perfetti per la cerimonia. Ti mando i vari link tramite email».

«Oh grazie amica mia, così Harry e io andremo a vederli in questi giorni!».

«Appena sarò tornata dall'Italia, mi dedicherò soltanto a voi. Promesso!» Mi sentivo in colpa. Volevo poter fare di più ma volevo anche dimostrare ai miei capi e ai miei colleghi che io meritavo di andare a Torino.

Qualcuno bussò alla mia porta.

«Bea, adesso devo andare» le sussurrai per poi mettere via il telefono. Non le diedi il tempo per rispondere che riagganciai. «Avanti!» Dissi alzandomi.

«Piccola, hai un attimo?» Annuii e Alex entrò chiudendo la porta alle sue spalle. Era nervoso e sembrava essere anche un po' preoccupato.

«Che succede?» Domandai andandogli incontro. «Alex?».

«Lottie abbiamo un problema».

«Un problema? Di cosa si tratta?».

Il ragazzo sospirò prendendomi per mano. Ci andammo a sedere sul divano.

«Mi stai preoccupando!» Gli confessai. «Ho forse sbagliato qualcosa? Detto o fatto qualcosa che non avrei dovuto?».

«Non è nulla che riguarda te» tirai un sospiro di sollievo «Ma a causa di questo io non potrò accompagnarti a Torino per la fiera».

«Cosa? Perché no?».

«Vedi... nell'altra sede dell'azienda è sorto un problema e io devo andare lì per mettere a posto la situazione».

«E non potrebbe andarci Royce?».

Scosse la testa.

«Royce deve restare a Chicago, c'è bisogno di lui qui».

«E Stacy? Non si occupa lei della sede di Portland?».

«Sì, ma ha bisogno del mio aiuto» rispose.

«Spero non sia qualcosa di grave...».

«No, ma è qualcosa che deve essere risolto il prima possibile. Per questo sono costretto ad annullare la mia partenza per Torino, credimi piccola, non avrei mai voluto ma...».

«Ma è lavoro, lo so. Tranquillo, è giusto così».

«Sei arrabbiata con me?» Domandò con occhi tristi.

Gli sorrisi scuotendo la testa.

«Come potrei mai esserlo? E poi... con me ci sarà Jay» gli risposi provocandolo giocosamente.

«Mi assicurerò che Jay venga a sapere di noi prima della partenza!» Esclamò ma non ero per niente d'accordo.

«Alex... per favore, ne abbiamo già parlato. Voglio aspettare ancora un po' e poi, Jay e io siamo solo amici. Lo sai!».

«Io si, tu anche ma lui? Lui non credo che lo sappia!».

«Mi assicurerò io stessa di mettere in chiaro le cose se mai dovesse prendere il discorso. Ti fidi di me?».

Annuì.

«E tu?» Domandò.

«Io cosa?».

«Ti sta bene che io vada a Portland con Stacy?».

Oh... non ci avevo pensato.

«Sì, perché anche io mi fido di te e poi, Stacy ultimamente sembra essere cambiata nei miei confronti».

«Bene, ne sono molto contento» disse scostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Stacy e io non avevamo mai preso il discorso "Alexander" e forse era stato meglio così. Nessuno delle due voleva immischiare vita privata con il lavoro. Stacy si stava comportando come un bravo capo e nulla mi fece pensare che volesse rimettersi con Alex.

I due si incontravano solo per lavoro e sempre alla LuMoonrise.

Tutto filava liscio e io non volevo ricoprire i panni della ragazza gelosa. Non eravamo più due ragazzini, eravamo adulti e poi, amare una persona significava anche avere fiducia nella stessa.

Lo baciai.

«Hai chiuso la porta a chiave?» Gli domandai maliziosamente.

«Ovviamente, Foster. Ovviamente» rispose attirandomi a sé.

Erano le cinque del pomeriggio quando papà mi venne  prendere a lavoro con Carlos e Matt. Avevamo bisogno di trovare l'abito giusto per lo sposo ma questa sembrò essere un'impresa alquanto difficile.

«No... assolutamente no» dissi andando verso mio padre. «Non mi piace, non fa per te».

«Nemmeno questo?» Domandò e io mi portai una mano sul viso.

«Spero tu stia scherzando papà... non puoi averlo detto sul serio!».

«Ma è la moda!».

Scossi la testa. «No, non è la moda. O almeno, non quella che piace a te o a me!».

«Hai ragione» sospirò «è che ho paura di non fare in tempo, insomma... Ines mi ha detto che Jasmine lo ha già trovato, mentre io? Guardami! Sono più confuso che persuaso!».

«Non preoccuparti, lo troveremo. Anzi... Romeo?».

«Sì signorina?» L'uomo dai lunghi capelli bianchi legati ad un codino, si avvicinò a me.

«Sarebbe così gentile dal prendere il vestito che ha esposto in vetrina? Mio padre vorrebbe provarlo».

«Certamente, vado a prenderlo subito!» Il proprietario del negozio si allontanò permettendo a me e a mio padre di parlare.

«Lottie... quell'abito non possiamo permettercelo! Costa troppo è uno degli ultimi arrivi!».

«Papà... non preoccuparti di questo, ok? Ho messo un po' di risparmi da parte, voglio che tu sia magnifico e a tuo agio il giorno del matrimonio».

Mi padre mi guardò serio appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle. «Non posso permettere che mia figlia mi paghi l'abito, non posso».

«E perché mai? Lo sai che per me sarebbe un enorme piacere!».

«Charlotte... lavori sodo, quei soldi dovresti spenderli per te!».

«O per me!» Commentò Matt facendoci ridere. «Che c'è? Sono o non sono un fratello meraviglioso?».

«Lo sei mostriciattolo, ma tu il vestito lo hai già!» Risi. «Senti papà, non preoccuparti ok? Posso permettermelo e poi, questi modelli che hai provato fino ad ora non ti rendono!».

«Charlotte, costano la metà di quello in vetrina!».

«Sì, ma sono anche di parecchi anni fa e... non permetterò mai che tu indossi uno smoking color... che colore è Romeo?».

«Bruno Van Dyck, signorina Foster» rispose raggiungendoci.

«Con tutto il rispetto per Van Dyck ma no, non indosserai quell'abito! Concordi con me Carlos?» Domandai al ragazzino che in disparte se ne stava a guardarci.

«Sì Lottie...» sorrise.

Era timido e aveva sempre paura di sentirti di troppo.

«Forza... vieni!» Lo incitai ad avvicinarsi. «Secondo te, questo potrebbe piacere alla mamma?» Gli indicai lo smoking che Romeo aveva appena portato a mio padre.

«Assolutamente sì e... inoltre Anthony, a mamma non piace il marrone!».

«Accidenti! Hai perfettamente ragione!» Commentò papà portandosi una mano sulla fronte. «Ma...».

«Niente ma, Foster. Vai a provare questo!» Gli impartii facendo segno a Romeo di scortarlo fino al camerino.

Nell'attesa Carlos e io ci andammo a sedere vicino a Matt. Sui divenenti davanti allo specchio.

Guardai la nostra immagine riflessa e sorrisi.

Eravamo proprio belli insieme.

«Ci siamo quasi ragazzi» dissi. «Manca pochissimo al matrimonio, siete felici?».

«Tantissimo Lottie... non vedo l'ora!» Gli occhi di Carlos iniziarono a brillare. «Ho sempre sognato di avere una sorella e un fratello».

Lo abbracciai.

Io ero stata fortunata ad avere Matt nella mia vita e l'idea di avere un secondo fratello mi rese ancora più felice. Mi sarei presa cura di Carlos, Ines e Jasmine come avevo sempre fatto con papà e Matthew.

«Cavolo!» Esclamò improvvisamente Matt. Ci voltammo tutti verso la porta del camerino proprio nel momento in cui papà la stava attraversando.

Era bellissimo, elegante e sofisticato.

Il vestito sembrava essergli stato cucito addosso.

Gli indicai lo specchio. «Guardati».

Il suo sorriso mi diede la conferma che volevo.

Era quello giusto per lui.

Avevamo trovato anche l'abito per papà.

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