4. Adam
A mia madre davo tantissime colpe, una di queste era quella di avermi insegnato a fuggire dalle situazioni.
La paura di ferire, di essere feriti e il terrore del nuovo erano cose che avevo ereditato da lei ed era per questo che non ero riuscita a dire la verità ad Adam.
Quel ragazzo non mi piaceva, o almeno non mi piaceva nel senso in cui avrebbe voluto lui.
Adam sembrava un bravo ragazzo ma tutto quello che avrei potuto dargli era la mia amicizia.
Ammiravo molto Beatrix per il suo saper dire le cose sempre al momento giusto. Io invece, che il momento giusto lo aspettavo da una vita andavo a braccetto con tutte le mie paranoie.
Quella sera Beatrix mi mise a disposizione il suo intero armadio.
Non appena entrai in cucina mi squadrò dalla testa ai piedi.
«Così lo farai innamorare non allontanare» disse.
«Dici che ho sbagliato outfit?» Chiesi preoccupata.
«Se la tua intenzione è quella di fargli capire che tu non sei quella giusta per lui... beh decisamente sì! Con questo vestito gli farai venire uno svenimento. Sei bellissima Charlotte!».
«Davvero?» Domandai triste.
Beatrix scoppiò a ridere.
«Stai scherzando? Ogni ragazza vorrebbe un corpo come quello tuo e tu ci resti male se ti dico che sei bella?» Scosse la testa. «Non oso immaginare se ti avessi detto che sei orribile!».
«Lo so, ma è quello che invece sarei dovuta essere. Adesso ritorno in camera e vado a mettere una di quelle tute sbiadite che usi quando resti casa!».
«No no e no, tu non andrai da nessuna parte. Sei meravigliosa Lottie, magari questa sera conoscerai altri ragazzi. Sono stanca di vederti sempre da sola!».
«Sto bene così».
«Tu fingi di stare bene così» puntualizzò.
Il vestito che avevo scelto glielo avevano regalato a Bea per il compleanno scorso.
Me ne ero innamorata subito; il corpino nero con tulle glitterato e scollo a duchessa veniva spezzato poco sotto al seno da un'aderente fascia stile smoking, la parte inferiore consisteva invece in una lunga gonna in organza color "burro"; era così che definiva il colore Bea.
Un insieme di elementi che davano vita ad un abito dei sogni. Avevo osato.
Avevo decisamente osato.
Ma non uscendo quasi mai, non avevo mai modo di indossare qualcosa del genere.
Così quella sera mi sembrò il momento giusto ma come al solito, avevo sbagliato il tempismo.
«Spero che ad Adam questo abito faccia schifo» mormorai uscendo dalla macchina.
«Scordatelo, un vestito così è solo da ammirare. Ringrazio il mio ex per avermelo regalato».
«Così non mi aiuti Bea! Come farò ad allontanare Adam da me?». Per una volta in vita mia, sapevo di essermi impegnata molto. Avevo curato anche i capelli e il trucco. Nulla di che ma nell'insieme, per una volta, ero riuscita a sentirmi bella anche io.
Beatrix e io entrammo nel locale e fummo avvolte da un odore intenso di vaniglia.
Se ne stavamo tutti seduti in dei comodi divenenti di pelle bianca il che ci fece attirare l'attenzione di tutti.
«Che mortorio è questo?!» Sussurrò Beatrix.
Lei era abituata a locali diversi da questo.
Musica ad alto volume, ragazzi scatenati che ballano in pista e angolo open bar.
«Scappiamo» continuò ma io la fermai non appena vidi Adam e Carl camminare verso di noi.
«Perché mai sono vestiti come due testimoni di nozze?».
«Non lo so» risposi a denti stretti.
«Charlotte, Beatrix, benvenute» ci saluta Carl.
«Charlotte... sei bellissima» continuò Adam imbarazzato.
«Sei molto gentile» gli risposi.
Lanciai uno sguardo a Bea che alzò le sopracciglia in segno di "Te lo avevo detto!".
Adam e Carl ci fecero segno di seguirli e così andammo a sederci.
«Più che un locale sembra una sala di ricevimento per un matrimonio» si lasciò sfuggire Beatrix non appena i due ragazzi si allontanarono per prenderci qualcosa da bere.
Mi guardai attorno, effettivamente Bea aveva ragione.
Cinque minuti dopo scoprimmo che Adam ci aveva invitate al cinquantesimo compleanno della madre di un suo amico.
Fu scioccante quando la signora venne a presentarsi.
«Tu dovresti essere la ragazza di Adam e tu...e tu quella di Carl». I due ragazzi abbassarono lo sguardo per terra.
Sembravano due quindicenni alle prese con gli ormoni.
«La prossima volta non ti accompagno» disse severa Bea mentre da lontano osservavamo la signora Malon tagliare la torta. «Andiamo Beatrix, non mettere il muso. Alla fine questo posto non è poi così male» cercai di mentire ma fallii miseramente. «Okay, troviamo una scusa e andiamocene».
«Perché non dici semplicemente ad Adam che non ti piace?». «Perché... perché ho paura. Sono stata ferita tante volte che ho paura di fare del male. So come si ci sente ad essere evitati, so come si ci sente a non essere accettati e... ed è difficile per me ma quando sto con Adam non sto bene. Adam non fa per me, in realtà mi infastidisce quasi tutto di lui. Quando mezz'ora fa ha provato a baciarmi ho provato uno strano senso di naus...».
«Puttana» sentii sussurrare a denti stretti dietro di me.
Mi volto e lo vedo.
Adam era proprio davanti a me, con gli occhi rossi e i pugni stretti.
Vicino a lui, anche Carl mi osservava con disprezzo.
«Okay ragazzi, calmiamoci, non credo che questo sia il luogo né il momento adatto per fare una scenata. Charlotte stava cercando di dire che...».
«Non giustificarla, la tua amica è una vipera!» Le rispose Carl. Appoggiai una mano sulla spalla di Bea sperando che non lanciasse un pugno sul muso di Carl e mi feci avanti.
«So che qualsiasi cosa io possa dire in questo momento non ti farà cambiare idea su di me e, hai pienamente ragione Adam. Avevo paura di sbagliare nei tuoi confronti e la verità è che ho sbagliato tutto con te. I modi, soprattutto. Ti chiedo scusa e se non riuscirai a perdonarmi lo capirò ma credimi, ferirti era l'ultima cosa che avrei voluto fare».
Adam scosse la testa.
Era furioso e tutto questo era più che comprensibile.
Non avrei mai dovuto dire quelle cose su di lui, questa non ero io. Non era da me parlare così di un'altra persona.
Ma in Adam non c'era una sola cosa che mi faceva stare bene e io non ero quella giusta per lui.
Io lo avevo capito e forse, anche lui non aveva capito me.
«Vattene via!» Disse.
«Vado via e ti prego di scusarmi ancora Adam. Sono sicura che troverai una ragazza migliore di me che saprà accettarti per la splendida persona che sei».
«Sarò pure una splendida persona ma tu non hai esitato nemmeno un secondo a dire tutte quelle cose orribili su di me!».
«Io...» provai a dire ma Beatrix mi prese per mano. Mi voltai verso di lei mentre mi fece segno di andare.
Ero stata ingiusta con Adam.
Lo avevo ferito, nel profondo.
«Forse avrei dovuto dargli una chance» dissi quando Beatrix fermò la macchina sotto casa mia.
«Charlotte...» sospirò la mia amica. «Sì forse non avremmo dovuto parlare in quel modo di Adam al locale, ma tu hai capito dal primo istante che lui non era quello giusto. Non puoi stare vicino a una persona che non ti fa stare bene. Avresti potuto dirglielo in faccia, ma ormai è andata così. Volta pagina!».
«Vedi Bea... io non sono come te. Mi sento una merda».
«Beh lui ti ha mentito sulla festa e ti ha chiamata puttana! Andiamo Lottie, hai preso in faccia così tanti pugni dalla vita che questo per te, non dovrebbe essere niente! Vedrai che Adam se ne farà una ragione».
«Ma io...».
«Ma tu cosa? Ricordi quando mi hai raccontato della prima volta in cui sei uscita con Adam? A cena sei andata un attimo in bagno per poi tornare e sorprenderlo flirtare con un'altra! Io al posto tuo gli avrei dato una sberla in faccia. Invece sei rimasta calma e lo hai lasciato fare. Ti ha messa a disagio. E poi? Ricordi quando lo hai sorpreso messaggiare con la sua ex? Dio Charlotte non stare male per lui!».
«Non sono mai riuscita a parlare seriamente con lui. Qualcosa in quel ragazzo mi ha sempre messa in soggezione» ammisi.
«Hai paura di dire quello che provi veramente perché hai terrore che tu possa dire qualcosa che possa ferire chi ti sta accanto ma non per questo devi privarti di vivere la tua vita come ti pare e piace».
«La verità è che sono una codarda come mia madre. Invece di affrontare le situazioni, quando ho paura, scappo».
Beatrix scosse la testa.
«Tu e Olivia siete due persone completamente diverse e sai perché?».
«No».
«Perché tu nel bene o nel male cerchi sempre di prenderti cura delle persone che ti stanno accanto. Lei invece ha solo pensato a se stessa».
«Sì ma con Adam è diverso!».
«Credi? Hai solo avuto paura di ferirlo, tutto qui. A me lui non è mai piaciuto e ho sempre cercato di dirtelo ma tu sei voluta comunque uscire qualche volta con lui. La sua possibilità con te, se l'è giocata male. Andiamo, ti ha portata al cinquantesimo di una tizia che a poco non sa nemmeno lui chi sia!».
Scoppiammo a ridere.
«Non stare lì a rimuginare sempre sulle stesse cose. Ci sono persone che ti feriscono e poi, come se nulla fosse, se ne vanno in giro come se non ti avessero spezzato il cuore. E tu? Tu pensi ancora a fatti che sono successi dieci anni fa!».
«Hai ragione» sorrisi amaramente.
Guardai per un attimo davanti a me.
«La scorsa settimana, a cena, è stato davvero uno stronzo con me. Se ne stava tutto il tempo con il telefono in mano e quando passava una bella ragazza, lui era lì, pronto a guardarle il fondoschiena!».
«Ecco! Quindi perché pensare ancora a quel deficiente?».
«Già, perché farlo?» Iniziai a capire che alla fine era lui ad essersi comportato male con me. Adam aveva bisogno solo di una brava ragazza da presentare in occasioni formali come quella di questa sera.
«Al diavolo gli uomini» dissi infuriata.
Beatrix scoppiò in una rumorosa risata.
«Troppi complessi. Quando capirai che la vita è migliore quando lasci indietro tutte queste paranoie che ti fa?».
«Hai sempre ragione, mi chiedo come farei senza di te!».
«Me lo chiedo anch'io ma per fortuna mi hai incontrata!».
Risi per poi abbracciarla.
«Ti ringrazio, per tutto quello che fai per me».
«Non devi ringraziarmi. Io ti voglio bene e ci sono. Sono sempre qui. Ma la prossima, puoi incaricare me di congedare uno dei tuoi spasimanti? Sai, per evitare che tu ti metta in queste spiacevoli situazioni».
«Adam era l'unico interessato a me. Sta tranquilla Bea, non ce ne sarà bisogno!».
L'abbracciai ancora una volta per poi uscire dalla macchina.
Ero strana, ero decisamente strana.
Gli altri non si preoccupavano di deludermi mentre io, mi facevo mille paranoie.
Pensavo troppo. Vivevo troppo poco.
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