37. L'amore
Buonanotte così, con il nuovo capitolo. Spero che vi piaccia ♥️
Non avevo parole per descrivere come mi sentivo.
Alexander mi aveva sorpresa, proprio come quando eravamo due adolescenti.
Per un attimo lo avevo visto, l'amore, quello che mi aveva lasciata senza respiro. Quello che mi aveva fatta innamorare e battere il cuore all'impazzata.
Avevo rivisto quel ragazzo, quello studente sbadato che mi aveva fatto cadere per terra tutti i libri ma che con la sua gentilezza mi aveva aiutato a raccogliere.
Quel giorno non abbiamo parlato di noi, del nostro passato e degli errori commessi e... siamo stati bene.
Al termine del giro al giardino, siamo tornati a Chicago e durante il tragitto in auto, abbiamo parlato di musica. Ma non di quella che ascoltavamo un tempo, quella avrebbe potuto ricordare i nostri primi baci. Abbiamo parlato di quella che ascoltavamo ora. Un po' per capire se i nostri gusti erano cambiati, un po' per scappare dal passato.
Ero stata bene e avevo paura ad ammetterlo.
Tra lavoro e impegni vari, il weekend arrivò in un batter d'occhio e così decisi di dedicare tutto il fine settimana alla mia famiglia.
Eravamo semplicemente noi; io, mio fratello e papà. Ce ne stavamo sul divano a guardare una serie tv su Netflix quando il telefono di Anthony squillò.
«Carlos, ciao... che succede?» rispose sorridente. «Aspetta tesoro, non capisco. Parla lentamente... Carlos calmati. La mamma dov'è? Là dove?».
Io e Matt ci guardammo in faccia. Non riuscivamo a capire ma non doveva essere nulla di buono se lo sguardo di mio padre era diventato improvvisamente cupo.
«Carlos cosa è successo alla mamma?» disse alzandosi di scatto. «Okay...okay tu resta lì, vengo da te. Ah va bene, vado in ospedale dalla mamma ma tu non uscire da casa solo. Verranno Charlotte e Matthew da te. Nel frattempo tu cerca di stare tranquillo. Vado io da tua madre e appena so qualcosa ti chiamo».
Papà iniziò a farci dei gesti, come a dire "Correte a mettere le scarpe e il cappotto, dobbiamo fare in fretta!".
Nessuno di noi aprì bocca. Andammo a prepararci e in meno di cinque minuti fummo fuori.
Papà se ne stava a guardarsi intorno.
«Non ricordo dove ho posteggiato la macchina» ammise in difficoltà.
«Papà, respira e pensa. Nel frattempo io e Matt la cerchiamo da quella parte» dissi indicando alla mia destra. Alzai lo sguardo e lo vidi.
Era dall'altra parte della strada e stava parlando con un amico.
«Alex» sussurrai ma inspiegabilmente lui spostò lo sguardo su di me. Come se in qualche modo mi avesse sentita.
Chiese scusa al ragazzo che era con lui e corse da me.
«C'è Alexander, guarda!» disse Matthew.
«Charlotte, Matt, buongior...» non lo feci finire.
«Ho bisogno del tuo aiuto» ammisi quasi con le lacrime agli occhi.
«Che succede? State bene?» domandò allarmato.
«La compagna di mio padre, lei...non lo so Alex, so solo che è successo qualcosa e mio padre è entrato nel panico. Non ricorda dove ha posteggiato l'auto» ci voltammo tutti a guardare Anthony che con le mani tra i capelli guardava ogni auto posteggiata lungo la via.
«Hai possibilità di accompagnarci in ospedale?» chiesi.
«Andiamo, la macchina è lì!» non esitò a rispondere.
Afferrai la mano di mio fratello e di corsa andai verso mio padre.
«Papà, ci accompagna Alex. Non perdiamo tempo, vieni!».
Papà si sentì quasi sollevato e ringraziando con lo sguardo Alexander, entrò in auto.
«Cosa è successo? Che ha Jasmine?» osai chiedere proprio nel momento in cui Alexander accese l'auto e partì.
«Carlos mi ha detto che sua madre è svenuta. Stava preparando il pranzo quando è caduta per terra senza riuscire a riprendere i sensi per alcuni minuti. Carlos ha chiamato prima l'ambulanza e poi me».
Ringraziai mentalmente Dio perché Carlos era davvero un bambino sveglio ed era riuscito a mantenere lucidità in un momento di vero terrore.
Accompagnammo mio padre in ospedale facendogli promettere che ci avrebbe chiamati una volta scoperto qualcosa e noi andammo da Carlos.
Carlos aveva la stessa età di mio fratello e fin da subito siamo riusciti ad entrare in sintonia.
Quando arrivammo a casa sua, ci aprì con le lacrime agli occhi.
Lo abbracciai e lui scoppiò a piangere.
Improvvisamente sembrò più piccolo e indifeso.
Alexander non ci volle lasciare da soli e ci tenne compagnia.
Nelle ore successive si prese cura di noi.
Preparò una tazza di tè e un sandwich per tutti ma che nessuno mangiò.
Il tempo passava e Matthew se ne stava seduto accanto a Carlos, cercava di consolarlo.
Mentre io osservavo fuori dalla finestra pensando al peggio.
«Sono preoccupata» ammisi ad Alexander cercando di non farmi sentire dai ragazzi.
«Non posso dirti di stare tranquilla, perché non servirebbe a nulla ma sappi che io sono qui. Okay? Mi prendo cura io di voi o se preferisci vado in ospedale da tuo padre».
«No» dissi d'istinto. «Resta qui con me... se ti va».
«Resto, sono qui».
Alexander cercò di accennare un sorriso per poi stringermi a sé.
«Andrà tutto bene» sussurrò tra i miei capelli.
«Lo spero. Jasmine è una donna fantastica e mio padre ha ritrovato il sorriso grazie a lei».
«L'amore rende forti ma al tempo stesso fragili» disse, poi mi guardò. «Charlotte, io...».
Alexander fu interrotto dal suono del mio telefono.
«Pronto?».
«Lottie, sono papà. Ti chiamo con il telefono del fratello di Jasmine. Ma non far capire a Carlos e Matt che sono io».
«Zia, ciao» dissi.
«Bene figliola. Adesso vai fuori in balcone, devo parlarti di una cosa».
«Sono già fuori» Con il cuore in gola aspettai che mio padre parlasse.
Alexander non si mossa dal mio fianco.
E mentre mi accarezzava la schiena, con lo sguardo sorvegliava i ragazzi seduti in salotto.
«Che succede?» domandai avendo paura della risposta.
«Cancro al seno» rispose scoppiando a piangere.
Mi si gelò il cuore.
Mi voltai verso Alexander come se lui in qualche modo potesse risolvere le cose.
Non disse niente, mi abbracciò soltanto.
Gli dissi all'orecchio quello che avevo appena appreso e lui mi strinse più forte.
«Ti voglio bene, papà» mi rivolsi alla persona devastata dall'altra parte del telefono mentre Alexander sosteneva il peso di entrambi i corpi.
Rimanemmo fermi lì, stretti l'uno all'altra anche dopo che chiusi la chiamata con Anthony.
«Non sono riuscita a chiedergli quanto sia grave la situazione» dissi nascondendo il volto sulla spalla di Alexander. «Ma non sapevo cosa dire».
«Non c'è nulla che puoi dire o fare in questi momenti per far sentire meglio tuo padre. Devi solo rimanere intera, per sostenerlo».
«E come si fa? Era devastato. Non lo avevo mai sentito così».
«E normale, il suo amore sta male».
«Non è normale niente in questa vita» ero furiosa. «Perché tutto questo?».
«Il perché? Credo che non ci sia un perché e se c'è non lo so nemmeno io. Non c'è giustificazione a tutto questo male».
«Eppure esiste, il cancro, è reale».
Alexander si distaccò di poco da me e mi guardò dritto negli occhi.
«Tuo padre è fortunato, sai? Ho conosciuto Jasmine alla festa di compleanno di Matt e ho capito che era quella giusta per lui proprio quando la sorpresi a guardare te».
«Me?» domandai non riuscendo a capire.
Annuì.
«Guardava te come se fossi un po' anche sua figlia e si prendeva cura di Matthew come se fosse il terzo figlio. E lì ho pensato; "Dio quanto sono belli. Sono riusciti a trovarsi. Loro, in questa vita sono riusciti a trovarsi"».
«Lei è una bella persona».
«Lei ha trovato voi, come voi avete trovato lei e ciò che vi lega è più forte di qualsiasi altra cosa. Il vostro amore vi renderà più forti. Lotterete. Insieme lotterete contro la malattia. Ma tu devi essere un po' più forte per tuo padre. Anthony ti ama e se non vede te cadere, non lo farà nemmeno lui».
Portò entrambe le sue mani sul mio volto e mi asciugò le lacrime.
«Respira» disse e io respirai.
«Di nuovo, più lentamente».
Respirai, di nuovo, più lentamente.
Chiusi gli occhi per alcuni secondi e Alexander mi lasciò un bacio sulla guancia.
«Alex?».
«Sì?».
«Hai detto che l'amore rende più forti».
«Esatto».
«Però a me l'amore fa paura».
«A me sai cosa fa paura?» domandò.
Scossi la testa
Mi guardò ma non rispose.
Fummo interrotti da Matt e Carlos.
«Hai notizie della mamma?» mi chiese con voce provata dal pianto.
Il mio cuore si spezzò in mille pezzi.
Come potevo dirgli che sua madre aveva il cancro? Come? C'era forse un modo meno doloroso?
«Andiamo dentro» disse Alexander. «Fuori c'è un po' di vento, non vorrei vi raffreddaste».
I ragazzi lo presero in parola rientrando in casa.
«Sarà Jasmine a parlare con lui» sussurrò al mio orecchio. «Mai nessuno sarà in grado di prepararlo a questa cosa, ma lei è sua madre e nessuno meglio di lei saprà gestire la situazione».
Annuii.
Raggiungemmo i ragazzi in cucina e insieme ad Alex preparammo qualcosa per merenda. Nessuno di noi aveva mangiato a pranzo e non potevamo continuare così.
Cercammo di distrarre Carlos facendogli cucinare una torta.
Lo aiutò Alexander a rompere le uova e a infornare.
Sorrise un po' ma sapevamo tutti che la sua mente era altrove.
Papà ci informò che avrebbe trascorso la notte in ospedale per tenere compagnia alla madre di Jasmine e così noi portammo Carlos a casa con noi.
Durante il tragitto verso casa comprammo due pizze e le mangiammo seduti per terra, in salotto, mentre la televisione trasmetteva uno dei film di Johnny Depp.
Notai di tanto in tanto Alexander guardarmi e sorridere. Sapeva che Depp era il mio attore preferito e questo lo divertiva.
«Depp è Depp» dissi convinta.
«Anche Noel è Noel» rise.
Era quasi mezzanotte quando portammo Matt e Carlos a letto.
Alexander rimase un altro po' a guardare la tv con me ma quando notai la stanchezza nei suoi occhi, gli dissi di andare a letto.
«Hai fatto tanto per noi oggi. Grazie, davvero».
«Non ringraziarmi, non devi».
Eravamo davanti la porta d'ingresso.
Aspettai l'ascensore insieme a lui.
Quando le porte si aprirono, Alexander si diresse verso la cabina. Ma un momento prima che si richiudessero lui mi richiamò.
«Charlotte?».
«Sì?».
«Sai cosa mi fa paura a me?» Domandò riprendendo il discorso di oggi.
Scossi la testa.
«Quello che provo per te».
Sorrise e andò via.
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