22. Perfetti sconosciuti
Che diavolo stava succedendo?
Provai a non pensarci ma non ci riuscii.
Tutto mi ricordava Beatrix e alla sua decisione di voler lasciare Harry, per non parlare poi di quello che invece aveva in mente Harry per lui e Bea.
Una tragedia!
E adesso chi glielo diceva a quel povero ragazzo che la sua proposta di matrimonio non avrebbe avuto un esito positivo?
Mi sarei aspettata di tutto, ma non che Beatrix volesse lasciarlo. Quella sera rimasi impietrita, ferma immobile davanti a lei.
Bevvi io l'acqua che le avevo versato nel bicchiere.
«Stai bene?» mi chiese preoccupandosi.
«Sì, è solo che non me lo aspettavo» confessai.
«Ti capisco ma è meglio così, credimi».
«Ne sei sicura?» le chiesi.
«Sicura, questa relazione sta diventando qualcosa di troppo serio e io non sono pronta per tutto questo».
«Ma Bea... siamo giovani, questo è vero ma dopo tanta sofferenza... non credi che sia bello avere qualcuno con il quale riuscire a condividere le nostre giornate? Trovare un po' di stabilità? Avere delle certezze?».
«Certezze? Amica mia, le corna arrivano anche con una fede al dito!».
E chi aveva parlato di matrimonio? Beatrix mi aveva forse sentita parlare con Harry?
Solitamente la pessimista tra le due ero io, cosa stava succedendo?
«Non credo che Harry sia il tipo. Insomma si vede lontano un miglio che pende dalle tue labbra. Quel ragazzo ti ama!» ammisi.
«Ne sei sicura?» domandò guardandomi dritta negli occhi.
Credevo in Harry e nel suo amore verso Beatrix, specialmente dopo la conversazione che avevo avuto con lui qualche minuto prima. Ma non potevo dare garanzie. Nessuno poteva farlo.
«Senti, sei stanca e probabilmente anche molto confusa. Perché non vai a letto? Ne parliamo domani a mente serena, che ne dici?».
«Sul fatto che io sa stanca, ti do ragione, ma per il resto sono più che convinta che sia la cosa giusta da fare!»
«Dormi...» le dissi. «Vedrai che domani avrai già cambiato idea!»
«Ne dubito» rispose.
L'accompagnai in camera, poi la salutai.
«Ci vediamo domani a lavoro» le dissi lasciandole un bacio sulla guancia.
«Guida con prudenza» mi salutò.
Uscii dal suo appartamento e proprio nel momento in cui mi chiusi la porta alle spalle, il cellulare segnò l'arrivo di un nuovo messaggio.
Era Harry.
"Credo proprio che la prossima settimana andrò a comprarle l'anello!"
Mi portai entrambe le mani sul viso. Che bel casino che era l'amore!
Uscì dal portone ma non appena misi piede fuori mi scontrai con un passante.
«Scusi» gli dissi senza voltarmi. Era tardi e non avevo intenzione di imbattermi in qualche malintenzionato.
«Charlotte?» riconobbi la voce.
«Adam... ciao!» risposi.
Mi voltai per guardarlo ma nello stesso istante mi accorsi che non era da solo.
«Alexander».
«Ciao Lottie» rispose con voce calma e lenta.
«Come stai?» domandò Adam. Era divertito dalla situazione. Sicuramente Alex gli aveva raccontato tutto.
E solo in quell'attimo mi resi conto che era stata proprio colpa sua e di Carl se Alexander e io eravamo capitati per caso, e soprattutto di nuovo, nella vita dell'altro.
Mi sentii in imbarazzo.
«Sto bene, ma adesso devo proprio andare» dissi e fu proprio in quel momento che due ragazze in minigonna e visibilmente brille si diressero verso di noi.
Una di loro scaraventò le braccia al collo di Alexander lasciandogli poi una lunga scia di baci sulla guancia.
«Andiamo Alex, dai... non perdiamo altro tempo qui!» gli sussurrò ma io riuscii a sentirla perfettamente.
Mi venne il volta stomaco.
Forse Beatrix aveva ragione.
Perché fidarsi degli uomini?
Alexander mi lanciò uno sguardo che io non riuscii a sostenere.
Martin sembrava così dolce, così vero eppure... in tutta quella storia non c'era assolutamente niente di reale.
Come una sciocca mi sono lasciata trasportare dai sentimenti verso qualcuno che non esisteva o meglio, esisteva ma era tutt'altro da ciò che avevo immaginato.
Martin era solo un lontano ricordo, mentre la sua immagine era stata sostituita dal ritorno di Alexander.
«Vi auguro una buona serata» dissi voltandomi.
«Ci puoi giurare» rispose la ragazza di Alex per poi emettere una risatina maliziosa.
A passo svelto attraversai la strada in direzione della mia auto. Cercai frenetica le chiavi dentro la borsa e quando le trovai mi apprestai ad aprire lo sportello.
Fu nel momento in cui lanciai la borsa sul sedile del passeggero che mi sentii chiamare.
Non ebbi bisogno di voltarmi. Avrei riconosciuto il suono della sua voce fra mille.
«Sono molto stanca Alexander, è tardi e domani devo lavorare» dissi severa.
«Sei arrabbiata con me, perché?».
Sorrisi tra me e me.
Astuti gli uomini, davvero molto astuti!
«Io non sono arrabbiata con nessuno!» dissi voltandomi per guardarlo ma ovviamente me ne pentii subito. I suoi occhi... i suoi occhi erano sempre stati per me qualcosa di immenso.
«Non rispondi quasi più ai miei messaggi e quando lo fa, sei fredda».
«Ti sbagli, sono solo impegnata e a quanto pare lo sei anche tu!» me ne pentii subito di averlo detto.
«Alex, dai sbrigati!» gli urlò ancora quella ragazza.
«Ti stanno aspettando» gli feci notare.
«Non m'importa» rispose.
«Come scusa?».
«Che aspettino pure. Sto parlando con te».
«No» risi. «Ritieniti libero perché io sto andando via, quindi buona serata Alexander Noel».
Mi voltai ma quando fui pronta per entrare in auto, Alexander mi prese il polso fermandomi.
«Devo parlarti».
«Non credo proprio».
«Invece è così. Esci con me Charlotte, ti chiedo solo un po' del tuo tempo».
«Tempo per cosa?» domandai.
«Per noi» rispose.
Scossi la testa.
«Tu non sei Martin, tu non lo sei mai stato e io non voglio continuare con questa messa inscena!».
«Di cosa stai parlando?» mi chiese.
«Di te e di questo tuo modo strano per chiedermi scusa!».
«Quindi?».
«Quindi dimenticati di nuovo di me, proprio come hai fatto tanti anni fa e chiudiamola qui!».
Alexander si portò una mano tra i capelli.
Faceva sempre così quando era nervoso.
«Hai ragione» disse interminabili secondi dopo.
«Forse non dovrei più perdere tempo dietro una come te».
«Una come me? Ti ricordo che lo stronzo della situazione sei tu! Tu mi hai lasciata, tu ti sei dimenticato di me e sempre tu, sei ricomparso nella mia vita con un inganno!» dissi arrabbiata.
«Volevo riprovarci Lottie, ma tu sei andata avanti e va bene così. Non torni indietro. Tu non lo fai».
Scossi la testa.
Ma su questo aveva ragione, io non tornavo indietro.
«Pensavo potessimo farcela. Pensavo potessimo dimenticare e andare avanti, anche grazie a Martin ma a quanto pare mi sono sbagliato. Mi dispiace. Dopo aver capito che eri tu, non avrei dovuto scriverti più ma... è stato più forte di me. Martin ha illuso te, ma ha illuso anche me. Tu volevi lui, non Alexander. Forse se tu non fossi stata tu e io non fossi stato io, le cose sarebbero andate diversamente. Ma è andata così, entrambi abbiamo scelto Chicago per voltare pagina. Pensavamo di non rincontrarci mai più eppure, eccoci qui. Il destino ha voluto che noi due ci scontrassimo di nuovo. Ci ha provato, intendo la vita, ci ha provato a darci un'altra opportunità ma tutto questo non fa per noi. Non siamo più dei ragazzini Lottie. Ci siamo voluti bene... tanto bene ma anche questo ormai sembra essere un lontano ricordo. Condividevamo tutto, ed è difficile ammetterlo ma adesso ci siamo persi. Dall'essere tutto siamo passati all'essere come due perfetti sconosciuti che fanno difficoltà anche solo a guardarsi negli occhi».
Alexander accennò un sorriso, poi scosse la testa.
Aveva dannatamente ragione.
«Divertente vero? Noi che un tempo siamo stati bene, siamo stati tutto, perfetti insieme, adesso non siamo più nulla.».
Abbassai lo sguardo per un momento.
Ma quando lo rialzai, lui era già andato via.
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