Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Mattia

Era un orribile mercoledì: l'autobus in ritardo di mezz'ora e la combo di vento e pioggia facevano sì che la pensilina della fermata non potesse far nulla per ripararmi dalle gelide gocce che si abbattevano furiosamente sulla Milano dicembrina. Come se ciò non bastasse, una bimba con i codini biondi mi indicava facendomi le pernacchie. Adorabile.

Una volta Simone mi aveva detto- testuali parole- che a guardarmi paio un "metallaro sfigato tutto borchie e cinghie ma che piange guardando Le pagine della nostra vita". Non mi sono ancora ripreso da questa sua singolare uscita. Forse la bambina aveva captato questa stessa impressione. Le feci una linguaccia di risposta, proprio maturo.

Ma in fin dei conti cosa c'era di maturo nel mio comportamento delle ultime settimane? Continuavo a far finta che nulla fosse successo, come se a spingerla sotto il tappeto la polvere sparisse, quando in realtà quel venerdì infame era esplosa una bomba H che aveva sporcato tutto: in un solo colpo avevo rovinato i rapporti con Eleonora, che se mi avesse scoperto- anzi, quando- mi avrebbe- giustamente- mandato a quel paese, ma avevo anche distrutto la speranza di poter almeno avere un rapporto civile con Veronica e messo in pericolo un'amicizia decennale. Già. Simone ancora si rifiutava di parlarmi. Fanculo, in fondo lui è più amico mio che di Veronica! Dov'è finito il bro-code? Non capisce che anche per me è difficile tutta questa situazione? Ma che razza di amico è? Tutti questi pensieri si inseguivano nella mia mente, attorcigliandosi come le mie maledette cuffiette, e mentre srotolavo le une cercavo di fare altrettanto con gli altri: calma, Mattia, Simone è tuo amico da tutta la vita e non sarà uno stupido errore a mettere in discussione ciò. Ma per farlo devi venire a patti col fatto di esserti comportato da coglione. Vero, ma perché lo avevo fatto? Quale collegamento neurale doveva essersi inceppato per avermi fatto pensare che far finta di non conoscerla fosse una buona idea? Domande senza risposta come occhi senza un volto: incomplete, enigmatiche, ma forse più rivelatrici proprio per il fatto di non essere facilmente risolvibili. Perché, forse, il movente non era nemmeno così nascosto, ma ammetterlo avrebbe significato anche accettare qualcosa di me che non necessariamente mi piaceva. Tipo che avevo chiesto a Simone come si chiamasse la sua amica carina appena tornato a casa- interrompendo così il suo interludio con Vodka Soda e ricevendo una caterva di insulti... Tipo che avevo scoperto da lui che studiava economia alla Statale e che avevo pensato all'idea di farmi trovare per caso nella sede dove stava avendo lezione... Tipo che avevo rigettato l'idea, non volendo sembrare un maniaco, salvo poi cogliere al volo l'invito di Andrea del liceo di andare a pranzo insieme a qualcuno dei nostri ex compagni che studiava casualmente in quella stessa zona prima di tornare in aula.

Mentre la mia mente seguiva questo corso di pensieri, le mie dita continuavano nella noiosa operazione di sbrogliamento, finché finalmente non fui nelle condizioni di poter infilare le cuffiette e premere play: l'autobus proprio non si decideva ad arrivare, la pioggia ormai mi aveva annaffiato da capo a piedi- come se avessi bisogno di crescere un altro po' per raggiungere lo status di giraffa-, tanto valeva incamminarmi. Maledizione, mi ritrovavo a camminare in una sera di pioggia con le cuffiette infilate ripercorrendo mentalmente tutti i miei errori passati: aveva ragione Veronica, sono proprio un cliché da film. Ed ecco che tornavo al pensiero originario, mia croce e delizia- ma soprattutto croce: Madonna.

Chissà se quando parlavamo quel giovedì si aspettava il plot twist che sarebbe crollato sulle nostre teste il giorno seguente... Roba che nemmeno Shyamalan, allucinante.

Ma perché, Mattia, perché? Veronica sembrava così terrorizzata quando si era ritrovata davanti a me alla festa, e io lo stesso: sembrava sensato, sul momento, rimandare l'agonia e le spiegazioni. Eleonora poi era così allegra quella sera, da quello che mi aveva raccontato non usciva molto, era la sua sera di spensieratezza, chi ero io per togliergliela? Questo era ciò che avevo ripetuto a Simone una decina di volte, quasi implorandolo di credermi, ma soprattutto di darmi il bollino di "bravo ragazzo" di cui in quel momento sentivo di aver tanto bisogno. Ma lui, essendo un buon amico, si era rifiutato di compiacermi: ero stato egoista, mi ero preoccupato solo di me stesso, aveva detto. Era la prima volta che sentivo Simone così glaciale, lui che di solito è sempre così frizzante anche nell'uso del vocabolario, e invece stavolta no. Me lo meritavo. O almeno, per i primi giorni facevo finta di pensarlo quando in realtà dentro ero furioso col mio amico: ma come, non poteva per una volta appoggiarmi, invece di preoccuparsi degli altri dare la precedenza a me? Lui che mi conosce così tanto, non poteva abbonarmi l'errore, darmi il pass per la cazzata dell'anno e non parlarne mai più? Tanto sa che sono un bravo ragazzo, riflettei, perché trattarmi come se fossi lo stronzo di turno?

Però poi avevo capito che aveva ragione, ma ormai era troppo tardi. Forse. Quasi sicuramente. Molto probabilmente.

Una vibrazione proveniente dalla tasca anteriore dei jeans distolse la mia attenzione: era Eleonora, mi chiedeva cosa facessi di bello.

Eleonora... Con lei mi trovavo da dio, era la ragazza più dolce e coraggiosa del mondo, uno scricciolo che aveva affrontato così tanto ma che col suo sorriso poteva trasformare un orribile mercoledì uggioso in uno splendido arcobaleno. Mi aveva rivelato il perché tenesse con sé un accendino la prima volta che ci eravamo parlati, e che da quel giorno l'aveva conservato con tanta cura sul suo comodino, così da avere vicino qualcosa che le ricordasse me quando si coricava e al risveglio... Come avevo fatto a meritarmi tanto Bene?

In così poco tempo era diventata così tanto importante, come un lume eternamente acceso che mi scaldava: se fosse stata un brano musicale, Eleonora sarebbe stata Georgia di Vance Joy.

Una volta glielo avevo detto, ma sul momento non aveva ben chiaro cosa intendessi: allora gliel'avevo fatta sentire, una cuffietta ciascuno, ed era arrossita come un peperone. Veramente bellissima.

Tuttavia, non riuscivo a godermi tutta la dolce luce che la sua presenza infondeva nella mia vita perché ero troppo spaventato che una nube potesse venire a oscurarla: ero stupito che Veronica non le avesse ancora detto nulla, ma non potevo contare troppo a lungo sul suo silenzio, e non sarebbe nemmeno stato giusto. Prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, e il mio Sole si sarebbe ritirato dietro una fitta coltre di cumulonembi.

Mentre camminavo come un automa tra le grigie vie di Milano- che quel giorno pareva ancora più cupa e aspra del solito- il vento continuava a sferzarmi il viso, goccioline invadenti mi scendevano lungo il collo andandomi a infradiciare la maglia al di sotto della felpa. Che schifo i mercoledì.

Mentre imprecavo contro l'omino del meteo che aveva promesso leggere piogge con immediate schiarite, al danno si aggiunse la beffa: Romeo and Juliet dei Dire Straits iniziò a riprodurre le sue malinconiche note dal lento e cadenzato ritmo. Galeotto fu il pulsante shuffle e chi lo premette. Avevo fatto il jackpot del pool genetico: sia un metallaro sfigato sia un cliché. Non mi aspettavo di raggiungere tali vette ad appena vent'anni.

Sembrava un disegno meschino architettato da qualche strambo uomo barbuto dentro la sua cabina di regia: la convenienza di non sapere i nostri nomi reciproci- cioè, almeno, da parte sua era così, mentre io avevo barato-, il vedersi quasi per caso un'ultima volta prima del deragliamento della situazione, una conversazione che poteva portare da qualche parte- sì, ma dove? Come va avanti la storia, Veronica?- interrotta sul più bello, lasciandomi solo con un mucchio di domande. Certo, perché io- mica scemo- non mi ero fatto scappare la possibilità di avere un informatore di prima scelta- sia lodato San Simone- a cui chiedere se Madonna avesse per caso chiesto qualcosa di me, e alla risposta negativa del mio amico, cosa potevo fare? Il breve scambio prima della sua lezione mi aveva ancor di più convinto non fosse interessata: se lo fosse stata non avrebbe continuato con quel giochetto dei nomi fittizi. Era chiaro che voleva solo una conoscenza superficiale. E poi chi poteva sospettare che le cose con Eleonora si muovessero così velocemente nel giro di veniquattr'ore? Quale oracolo poteva prevedere che vedendola in un ambiente diverso da quello dell'università, con l'impostazione da studentessa diligente disattivata, potesse cambiare tutto nel giro di pochissimo tempo?

Un pensiero mi attraversò la mente come un fulmine, mentre il cielo veniva attraversato da effettive saette: avevo letteralmente rinunciato al mio nome quando in compagnia di Veronica, questo dettaglio mi fece sorridere per l'ironia che senza volerlo avevo infuso fin dall'inizio. Magari ho un futuro da sceneggiatore di commedie rosa, pensai sconfortato.

Se con Veronica era tutto una maschera, Eleonora era invece la chiarezza del giorno che fa allontanare tutte le ombre. Però, Mattia, siamo sinceri: mica è colpa di Veronica se fino all'ultimo non vi siete rivelati, bisogna essere in due per combinare un pasticcio simile.

Ormai ero arrivato davanti al mio portone, salii le scale per arrivare al mio appartamento. Al punto in cui ero arrivato potevo tranquillamente concorrere per Miss maglietta bagnata, chissà, avrei anche potuto vincere. La chiave nella toppa girava a stento a causa del vecchio e usurato meccanismo, quando improvvisamente qualcuno, da dentro, mi dischiuse la soglia di casa mia: agghiacciato e temendo di aver sbagliato interno mi paralizzai sul posto, ma una testa riccioluta fece capolino da dietro l'uscio salvandomi da una figuraccia clamorosa. Simone.

"Che ti è successo? Sembri appena uscito dalla lavatrice" disse asciutto.

"Questo devo chiedertelo io, che ci fai a casa mia?"

"Sospettavo fossi un disastro e che avessi bisogno di un amico oggi, piove ed è mercoledì"

"Mi pare sensato"

Rimanemmo per un istante muti, cosa che mai era avvenuta in dieci anni che ci conoscevamo, circostanza che ancor di più accrebbe la pesantezza di quel silenzio.

"Ho sbagliato. Avevi ragione su tutta la linea. Sono un'idiota" dissi tutto d'un fiato, come a volermi liberare di un macigno che da qualche settimana era in vacanza sul mio petto.

"Dai entra, non ti si può vedere così, sai che non sei per niente affascinante completamente fradicio? Fossi in te eviterei di farmi vedere in ambienti acquatici. Sirenetto fallito."

E fu così che, semplicemente, con quell'abilità che si ha da bambini e che quando si entra nell'età adulta si pensa di aver perduto, Simone riuscì a mettere tutto da parte- almeno per una sera- e a tornare a essere quello in cui siamo più bravi: due amici di vecchia data.

"Comunque resti un coglione anche da bagnato"

Come non detto.

Spazio autrice:

Buondì ragazzuole/i! 

Capitolo dal punto di vista di Mattia, che ne pensate? Siete team Mattianora o Mattionica? Ma soprattutto, dite che Simone ha fatto bene a perdonare Mattia? Se vi è mai capitato qualcosa di simile lasciate un commento, sarei curiosa di sapere qualcosa in più su di voi! Battete un colpo se ci siete!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro