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Il buon animatore

Oggi, al terzo incontro del corso animatori, è venuto un ragazzo esterno al nostro oratorio per spiegarci quale dev'essere il ruolo dell'animatore. 

Mi aspettavo la solita lezioncina con le solite raccomandazioni: "Date sempre il buon esempio", "Controllate che non si scannino a vicenda", "Se qualcuno si fa male, chiamate subito gli educatori più grandi", "Non dite le parolacce in presenza di bambini, e ancor meglio se non le dite proprio". 

E invece, non è andata così. 

Il ragazzo si è servito di alcuni oggetti quotidiani per raccontarci chi è il buon animatore. 

Prima di iniziare a parlare, però, ci ha fatto posizionare nella stanza gli uni ben distanziati dagli altri e ci ha fatto fare ginnastica. Apri le braccia e falle ruotare, piega le ginocchia e mantieni la posizione, sdraiati a terra e solleva i glutei: è stato abbastanza faticoso. Poi, ha poggiato sul tavolo un asciugamano. "Se a fine giornata avete la maglietta asciutta, non avete dato tutti voi stessi. Il buon animatore deve trovarsi nella condizione di necessitare un panno per asciugare le gocce di sudore, le gocce di fatica che è disposto a versare per i suoi bambini. Il buon animatore non si risparmia; un buon animatore deve sapersi mettere in gioco."

Il secondo oggetto a comparire al centro del tavolo è stato un ombrello. "Il buon animatore si organizza preventivamente. Se, guardando fuori dalla finestra, vede un nuvolone nero, non pensa: "Ma sì, al massimo cammino raso al muro e faccio in fretta." Perché se piove di traverso, la pioggia la prende tutta addosso"

Accanto all'asciugamano e all'ombrello, è apparso uno specchio. "Il buon animatore conosce sé stesso e sa il motivo che lo spinge ad esserlo. Se ognuno si chiedesse: "Perché sono qui? Perché ogni anno vengo all'oratorio estivo?", nella risposta, troverebbe sé stesso. E' vero, i bambini sono teneri e coccolosi, ma non venite al grest solo per loro. Altrimenti avreste fatto tutti i baby-sitter: due o tre bambini, aria condizionata, televisione e wifi in confronto ai cento bambini, il caldo afoso, gli spazi ristretti e le sedie scomode dell'oratorio. Il confronto non avrebbe potuto reggere. Eppure c'è qualcosa che capovolge quel confronto. E' compito vostro trovare quel qualcosa."

Poi, un paio di cuffie nere hanno raggiunto gli altri oggetti. "Sul tram, in metro, per strada, nel letto: quanto è bello mettersi le cuffie e tagliare i contatti con il resto del mondo? All'oratorio, però, le cuffie non devono esserci. L'oratorio è luogo di incontro, di amicizia, di compagnia. Un buon animatore non solo conosce sé stesso, ma conosce gli altri animatori. Li conosce, non è per forza suo amico. Ma li conosce e sa come comportarsi con loro per non infastidirli."

L'ultimo oggetto è stato un fischietto. "Spesso, il fischietto è un mezzo per richiamare il bambino che non vuole giocare. E altrettanto spesso, il fischietto fallisce. Perché se il bambino non vuole giocare, non basterà un fischio a fargli cambiare idea. Come in molti problemi, la soluzione è trovarne le cause. Un buon animatore capisce i suoi bambini e cerca di andar loro incontro." 

E così, con qualche oggetto e qualche parola, ha smontato il mito dell'animatore come ruolo semplice e banale...


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